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La proposta di politica economica del Governo
con la Legge Finanziaria 1999
L'Italia è tornata
un paese "che conta"
Grazie alle decisioni politiche e finanziarie è in grado di concertare
in Europa anche la politica sociale. Si affrontano i temi
delle nuove povertà, si punta sul ruolo della famiglia
di Romualdo Coviello

La proposta di politica economica fatta dal Governo con la Legge Finanziaria 1999 conferma la condizione di stabilità per l'Italia e le certezze raggiunte nella prima fase della legislatura con l'ingresso nell'Unione monetaria europea e l'avvio dell'Euro; organizza lo sforzo del Paese per dare soluzione all'emergenza del lavoro, del Mezzogiorno, alle riforme sociali e all'organizzazione amministrativa dello Stato, con il pieno coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali. Per questo non valutiamo la proposta del Governo come l'elenco delle intenzioni, o la ripetizione di cose già dette e di difficile realizzazione. Verifichiamo invece, dal puntuale riferimento ai temi e alle questioni posti dai partiti della coalizione ed al coerente disegno politico che lo sostiene, che vi è l'impegno di una svolta reale verso l'occupazione e il Mezzogiorno e le nuove politiche sociali, svolta resa possibile dai risultati che hanno costituito il fulcro centrale della prima fase di risanamento finanziario ed economico.
Noi vi abbiamo contribuito con la pazienza, la temperanza dei cattolici-popolari, pensosi della sorte del Paese. Abbiamo offerto temi di riflessione, soluzioni eque alle complesse e contrastanti questioni, anche della giustizia.
Siamo soddisfatti per i contenuti dei documenti di bilancio e ci rammarichiamo perché il partito della Rifondazione Comunista abbia dichiarato non soddisfacente la proposta del Governo. Si introduce in tal modo, una forma di precarietà nell'attuale equilibrio politico, che può produrre il rallentamento dell'azione del Governo che si voleva invece accelerare.
I Popolari hanno assecondato il difficile impegno in questi ventisei mesi al Governo, stimolando, analizzando, integrando, perfezionando ed approvando le sue stesse proposte.
Vi è l'apprezzamento per il lavoro compiuto per il pieno ingresso nell'Euro con la messa in equilibrio della finanza pubblica senza strozzature al sistema economico, per aver preservato da dolorosi sacrifici le parti deboli della comunità nazionale; per le opportunità che derivano al nostro Paese, dalla ripresa economica e dal recupero del ruolo internazionale dell'Italia.

Nel segno della continuità europea
La strategia indicata dalla Legge Finanziaria segna il nuovo percorso del Governo, fissa ora le condizioni per la permanenza dei fattori virtuosi innescati con il risanamento, dirigendosi sempre più verso il cambiamento e le riforme, l'ulteriore apertura verso il mercato, la concorrenza, la competizione, il ridisegno dello stato sociale e la ristrutturazione dell'amministrazione pubblica.
L'Italia è tornata ad essere un Paese "che conta" anche nell'Unione Europea e potrà procurare nuovi consensi, a quel livello, alla politica di concertazione tra le parti sociali, ai temi della disoccupazione, alla coesione sociale, all'apertura ad est con i Paesi centro-europei ma anche a sud con il Mediterraneo.
Ma il Governo e le istituzioni con questa Finanziaria devono confermare gli impegni con l'Unione Europea presi con il "patto di stabilità" e promuovere una forte azione di qualificazione del sistema creditizio, dei servizi e dell'apparato amministrativo.

Meno debiti, più sviluppo
Siamo dell'opinione che si debba porre l'accento sulla "unicità" del processo da governare: rientro dal debito/sviluppo guidato/maggiori investimenti, con una immancabile dose, decrescente, di politiche attive del lavoro e con questa "fase interlocutoria" nei confronti della spesa previdenziale che, per tanti segni, continua a pesare nel nostro sforzo teso a qualificare la spesa pubblica.
In tal senso la Finanziaria deve essere letta coerentemente con la relazione previsionale e programmatica che quest'anno corregge dati fondamentali contenuti nel Dpef: in particolare l'andamento del PIL 1999-2001, dei tassi di interesse, l'occupazione e le entrate. Dalla nuova situazione registrata alla vigilia dell'approvazione della Finanziaria si accoglievano due dati, uno positivo, l'altro negativo, che la relazione approvata dal Governo fa propri. Nel primo caso il tasso di sviluppo al di sotto delle previsioni del PIL; nel secondo una occupazione ulteriormente in regresso, soprattutto nelle aree del mezzogiorno. Ci sono stati eventi positivi quali una minore spesa per gli interessi rispetto alle previsioni e maggiori entrate tributarie. Si tratta di dati che rimettono in equilibrio i conti pubblici per il 1998-2000.

I quattro obiettivi
La Finanziaria contiene delle novità vere rispetto al risanamento con politiche correttive rivolte sostanzialmente a quattro obiettivi.
1) Sviluppa la domanda dei contenuti interni anche per far fronte alla riduzione della domanda estera e sostenere cosi' la crescita del PIL al di sopra del 2,5 per cento almeno per il 1999.
2) Affronta i problemi della nuova occupazione sia con politiche attive, sia rivedendo la politica degli incentivi e la riduzione della pressione fiscale sul costo del lavoro.
3) Affronta gli irrisolti problemi delle nuove povertà e delle condizioni strategiche di cui il Paese è sprovvisto: infrastrutture e formazione, scuola, universita' e ricerca.
4) Infine, sostiene la famiglia e le parti più deboli della società, i vecchi e i giovani, con l'avvio di nuove politiche sociali e con la riforma del wellfare.
Questi quattro pilastri sono stati costruiti con azione costante e decisa del Governo e della maggioranza pur tra contrasti e contraddizioni dovuti alla congiuntura di nuove politiche di risanamento e di sviluppo che sono state sempre più apprezzate e condivise non solo dai tradizionali componenti economico sociali del Paese e delle istituzioni europee ma anche dalla finanza internazionale. In questo senso il Gruppo del Ppi ha contribuito con le proprie proposte politiche sia per quanto riguarda il Mezzogiorno sia per le politiche sociali scuola e famiglia.
Tuttavia, occorre dare forza alla ripresa degli investimenti e dell'occupazione, là dove, come nel Mezzogiorno, la disoccupazione generale supera il 20% e quella giovanile il 55% e i pericoli derivanti della riduzione del PIL si riversano con una grave prospettiva. E' solo dalla conferma dei tassi di crescita sostenuti del PIL che deriva la possibiltà di realizzare i due obiettivi di fondo: riduzione della pressione fiscale e crescita annua del 10% degli investimenti pubblici. Sono obiettivi che devono esplicare effetti, soprattutto nel breve periodo; e nel Mezzogiorno per le tante e note ragioni che fanno registrare qui una situazione ormai al livello di guardia e per la relativa scarsità delle risorse.

Far funzionare la pubblica amministrazione
Ma qui vengo al nodo che dobbiamo saper effettivamente sciogliere con la proposta del Governo e con la Finanziaria del 1999 che non devono restare sulla carta. E cioè: la gestione di bilancio non deve muoversi, come per il passato, né si deve consentire che la Pubblica Amministrazione continui a funzionare al vecchio modo. Di qui nasce l'apprezzamento per le indicazioni del "Collegato" alla Finanziaria per il '99 che riprende e rende possibile la strategia per la convergenza economica del Paese. E' questo anche un fattore fondamentale per tentare di conseguire il tasso di crescita elevato e duraturo. Il PIL dovrà risultare più elevato di quello registrato nel terzo trimestre del 1998 se si mettono a frutto i fattori della produzione e le risorse umane e territoriali ancora non utilizzate. Il Mezzogiorno con la Finanziaria 1999 diventa non solo una scelta utile per l'area, e per soddisfare il programma di giustizia sociale delle forze popolari e riformiste del centro sinistra, essa diventa una opportunità da cogliere per l'intero Paese per rafforzare la competitività dell'economia nel contesto europeo e per aiutarlo a vincere la sfida della globalizzazione dei mercati. Per far diventare concreta e reale questa opportunità occorrerà perseguire con fermezza la eliminazione dei principali ostacoli allo sviluppo. E tra gli ostacoli vi è stata finora la tendenza a relegare il Sud ad un subobiettivo rispetto ai termini del risanamento: così dimostrano la verifica nella Commissione Bilancio e i dati del documento della SVIMEZ, ma anche dell'ANCE che hanno quantificato il freno della gestione della finanza pubblica sugli interventi per le aree depresse.


5/10/1998
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