i-p13
La proposta di politica
economica del Governo
con la Legge Finanziaria 1999
L'Italia è tornata
un paese "che conta"
Grazie alle
decisioni politiche e finanziarie è in grado di concertare
in Europa anche la politica sociale. Si affrontano i temi
delle nuove povertà, si punta sul ruolo della famiglia
di Romualdo
Coviello
La proposta di politica economica fatta dal Governo con la
Legge Finanziaria 1999 conferma la condizione di stabilità per
l'Italia e le certezze raggiunte nella prima fase della
legislatura con l'ingresso nell'Unione monetaria europea e
l'avvio dell'Euro; organizza lo sforzo del Paese per dare
soluzione all'emergenza del lavoro, del Mezzogiorno, alle riforme
sociali e all'organizzazione amministrativa dello Stato, con il
pieno coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali. Per
questo non valutiamo la proposta del Governo come l'elenco delle
intenzioni, o la ripetizione di cose già dette e di difficile
realizzazione. Verifichiamo invece, dal puntuale riferimento ai
temi e alle questioni posti dai partiti della coalizione ed al
coerente disegno politico che lo sostiene, che vi è l'impegno di
una svolta reale verso l'occupazione e il Mezzogiorno e le nuove
politiche sociali, svolta resa possibile dai risultati che hanno
costituito il fulcro centrale della prima fase di risanamento
finanziario ed economico.
Noi vi abbiamo contribuito con la pazienza, la temperanza dei
cattolici-popolari, pensosi della sorte del Paese. Abbiamo
offerto temi di riflessione, soluzioni eque alle complesse e
contrastanti questioni, anche della giustizia.
Siamo soddisfatti per i contenuti dei documenti di bilancio e ci
rammarichiamo perché il partito della Rifondazione Comunista
abbia dichiarato non soddisfacente la proposta del Governo. Si
introduce in tal modo, una forma di precarietà nell'attuale
equilibrio politico, che può produrre il rallentamento
dell'azione del Governo che si voleva invece accelerare.
I Popolari
hanno assecondato il difficile impegno in questi ventisei mesi al
Governo, stimolando, analizzando, integrando, perfezionando ed
approvando le sue stesse proposte.
Vi è l'apprezzamento per il lavoro compiuto per il pieno
ingresso nell'Euro con la messa in equilibrio della finanza
pubblica senza strozzature al sistema economico, per aver
preservato da dolorosi sacrifici le parti deboli della comunità
nazionale; per le opportunità che derivano al nostro Paese,
dalla ripresa economica e dal recupero del ruolo internazionale
dell'Italia.
Nel segno della continuità
europea
La strategia indicata dalla Legge Finanziaria segna il
nuovo percorso del Governo, fissa ora le condizioni per la
permanenza dei fattori virtuosi innescati con il risanamento,
dirigendosi sempre più verso il cambiamento e le riforme,
l'ulteriore apertura verso il mercato, la concorrenza, la
competizione, il ridisegno dello stato sociale e la
ristrutturazione dell'amministrazione pubblica.
L'Italia è tornata ad essere un Paese "che conta"
anche nell'Unione Europea e potrà procurare nuovi consensi, a
quel livello, alla politica di concertazione tra le parti
sociali, ai temi della disoccupazione, alla coesione sociale,
all'apertura ad est con i Paesi centro-europei ma anche a sud con
il Mediterraneo.
Ma il Governo e le istituzioni con questa Finanziaria devono
confermare gli impegni con l'Unione Europea presi con il
"patto di stabilità" e promuovere una forte azione di
qualificazione del sistema creditizio, dei servizi e
dell'apparato amministrativo.
Meno debiti, più sviluppo
Siamo dell'opinione che si debba porre l'accento sulla
"unicità" del processo da governare: rientro dal
debito/sviluppo guidato/maggiori investimenti, con una
immancabile dose, decrescente, di politiche attive del lavoro e
con questa "fase interlocutoria" nei confronti della
spesa previdenziale che, per tanti segni, continua a pesare nel
nostro sforzo teso a qualificare la spesa pubblica.
In tal senso la Finanziaria deve essere letta coerentemente con
la relazione previsionale e programmatica che quest'anno corregge
dati fondamentali contenuti nel Dpef: in particolare l'andamento del PIL
1999-2001, dei tassi di interesse, l'occupazione e le entrate.
Dalla nuova situazione registrata alla vigilia dell'approvazione
della Finanziaria si accoglievano due dati, uno positivo, l'altro
negativo, che la relazione approvata dal Governo fa propri. Nel
primo caso il tasso di sviluppo al di sotto delle previsioni del
PIL; nel secondo una occupazione ulteriormente in regresso,
soprattutto nelle aree del mezzogiorno. Ci sono stati eventi
positivi quali una minore spesa per gli interessi rispetto alle
previsioni e maggiori entrate tributarie. Si tratta di dati che
rimettono in equilibrio i conti pubblici per il 1998-2000.
I quattro obiettivi
La Finanziaria contiene delle novità vere rispetto al
risanamento con politiche correttive rivolte sostanzialmente a
quattro obiettivi.
1) Sviluppa la domanda dei contenuti interni anche per far fronte
alla riduzione della domanda estera e sostenere cosi' la crescita
del PIL al di sopra del 2,5 per cento almeno per il 1999.
2) Affronta i problemi della nuova occupazione sia con politiche
attive, sia rivedendo la politica degli incentivi e la riduzione
della pressione fiscale sul costo del lavoro.
3) Affronta gli irrisolti problemi delle nuove povertà e delle
condizioni strategiche di cui il Paese è sprovvisto:
infrastrutture e formazione, scuola, universita' e ricerca.
4) Infine, sostiene la
famiglia e le parti più deboli della società, i vecchi e i
giovani, con l'avvio di nuove politiche sociali e con la riforma
del wellfare.
Questi quattro pilastri sono stati costruiti con azione costante
e decisa del Governo e della maggioranza pur tra contrasti e
contraddizioni dovuti alla congiuntura di nuove politiche di
risanamento e di sviluppo che sono state sempre più apprezzate e
condivise non solo dai tradizionali componenti economico sociali
del Paese e delle istituzioni europee ma anche dalla finanza
internazionale. In questo senso il Gruppo del Ppi ha contribuito con le proprie
proposte politiche sia per quanto riguarda il Mezzogiorno sia per
le politiche sociali scuola e famiglia.
Tuttavia, occorre dare forza alla ripresa degli investimenti e
dell'occupazione, là dove, come nel Mezzogiorno, la
disoccupazione generale supera il 20% e quella giovanile il 55% e
i pericoli derivanti della riduzione del PIL si riversano con una
grave prospettiva. E' solo dalla conferma dei tassi di crescita
sostenuti del PIL che deriva la possibiltà di realizzare i due
obiettivi di fondo: riduzione della pressione fiscale e crescita
annua del 10% degli investimenti pubblici. Sono obiettivi che
devono esplicare effetti, soprattutto nel breve periodo; e nel
Mezzogiorno per le tante e note ragioni che fanno registrare qui
una situazione ormai al livello di guardia e per la relativa
scarsità delle risorse.
Far funzionare la pubblica
amministrazione
Ma qui vengo al nodo che dobbiamo saper effettivamente
sciogliere con la proposta del Governo e con la Finanziaria del
1999 che non devono restare sulla carta. E cioè: la gestione di
bilancio non deve muoversi, come per il passato, né si deve
consentire che la Pubblica Amministrazione continui a funzionare
al vecchio modo. Di qui nasce l'apprezzamento per le indicazioni
del "Collegato" alla Finanziaria per il '99 che
riprende e rende possibile la strategia per la convergenza
economica del Paese. E' questo anche un fattore fondamentale per
tentare di conseguire il tasso di crescita elevato e duraturo. Il
PIL dovrà risultare più elevato di quello registrato nel terzo
trimestre del 1998 se si mettono a frutto i fattori della
produzione e le risorse umane e territoriali ancora non
utilizzate. Il Mezzogiorno con la Finanziaria 1999 diventa non
solo una scelta utile per l'area, e per soddisfare il programma
di giustizia sociale delle forze popolari e riformiste del centro
sinistra, essa diventa una opportunità da cogliere per l'intero
Paese per rafforzare la competitività dell'economia nel contesto
europeo e per aiutarlo a vincere la sfida della globalizzazione
dei mercati. Per far diventare concreta e reale questa
opportunità occorrerà perseguire con fermezza la eliminazione
dei principali ostacoli allo sviluppo. E tra gli ostacoli vi è
stata finora la tendenza a relegare il Sud ad un subobiettivo
rispetto ai termini del risanamento: così dimostrano la verifica
nella Commissione Bilancio e i dati del documento della SVIMEZ,
ma anche dell'ANCE che hanno quantificato il freno della gestione
della finanza pubblica sugli interventi per le aree depresse.
5/10/1998 webmaster@euganeo.it |
il collegio senatoriale
di Tino Bedin |