Nei poco meno di vent'anni in cui in Italia non siamo riusciti a fare una legge sulla fecondazione umana non biologica, abbiamo almeno imparato ad usare le parole giuste. Il primo atto normativo, la circolare dell'1 marzo 1985 del ministro della Sanità Degan, parla di "inseminazione artificiale". Quando finalmente - e sperabilmente presto - avremo la prima legge in materia, essa parlerà di "procreazione medicalmente assistita".
Non è una differenza solo lessicale. Non è neppure il ricorso a giri di parole per dire la stessa cosa. La differenza segnala la diversa consapevolezza che ormai c'è nel parlamento e nella società: l'inseminazione artificiale è solo uno dei momenti di un atto di procreazione che come tale coinvolge primariamente direttamente i due genitori e il nascituro e nel quale l'assistenza medica si configura come strumentale e non primaria (anche se determinante).
Questa progressiva presa di coscienza spiega anche la lentezza della elaborazione normativa. Ed infatti il dibattito, attualmente in corso al Senato dopo l'approvazione della Camera, sul disegno di legge richiede necessariamente una riflessione sulla vita di tutti i soggetti coinvolti, i genitori, il loro diritto ad essere genitori, ma anche i figli, il loro diritto ad avere un padre ed una madre certi.
Nella Costituzione italiana e nella Carta europea dei diritti. Non si tratta più di fissare solo le regole tecniche di un intervento. Il legislatore deve tentare di aiutare a vincere una malattia - la sterilità, l'infertilità - e, allo stesso tempo, di aiutare chi all'inizio è solo l'oggetto di un forte desiderio di una coppia a diventare embrione e, dunque, persona.
In questo tentativo i riferimenti etici sono ineludibili: siano essi i principi fondamentali della nostra Costituzione che formano un codice etico condiviso; o siano le norme della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, dove è proclamata centralità della persona umana. Perché restino espressione e strumento della comune cittadinanza, questi codici etici devono essere largamente condivisi nella concretezza della loro applicazione. È una specifica responsabilità del legislatore.
Regolando modalità non consuete di procreazione, il legislatore deve poi cercare di offrire una tutela a diritti, nuovi anche per il pensiero giuridico, in questo momento di strepitose potenzialità scientifiche. È una legge importante per questo e non solo perché tende a mettere fine a una estrema licenza di interventi ed esperimenti.
Avere a cuore la sofferenza. Sia l'obiettivo di applicare codici etici condivisi, sia quello di tutelare nuovi diritti, mettono il legislatore nella condizione di incidere su molte speranze, ma anche su molti dolori: di coppia e personali. Non stiamo regolamentando diritti economici, né decidendo sul infrastrutture: decidiamo letteralmente sulla carne delle donne, sul cuore delle coppie, che con titubanza, inquietudine e interrogativi si rivolgono alla procreazione assistita.
Questo richiede grandissimo rispetto per le persone coinvolte e un supplemento di prudenza rispetto ad altre leggi.
A me pare, a proposito di prudenza, che l'articolo 4 del disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati esprima una forte consapevolezza del "senso del limite": le tecniche di fecondazione artificiale non sono in grado di risolvere tutti i problemi della coppia; il tasso di successo di tali terapie risulta attualmente piuttosto basso; la fecondazione eterologa potrebbe accrescere i problemi della coppia anziché ridurli.
Il rispetto per tutti i soggetti coinvolti è invece messo all'inizio della legge, all'articolo 1: la procreazione assistita è intesa come un aiuto eccezionale alle coppie infertili, non come una tecnica per ampliare la libertà di procreazione; paternità e maternità infatti sono normalmente costituite su un legame biologico.
Da qui in particolare deriva la tutela dei diritti del concepito contemplata in questo articolo; il nascituro è portatore d'interessi meritevoli di tutela, avendo una capacità giuridica che diventerà definitiva al momento della nascita.
Non ci può essere "frontismo" sui diritti. Questi diritti fanno parte delle materie in cui è necessaria una prova di forza tra cattolici e laici? Se la legge sarà approvata, il fronte cattolico avrà sconfitto il fronte laico, come hanno titolato i giornali dopo il voto della Camera?
Rispondo con altre domande.
È una vittoria cattolica quella che ha affermato nell'ambito della procreazione assistita il diritto di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito? Lo Stato laico invece glielo avrebbe potuto negare?
Mettersi dalla parte del nascituro, scrivendo norme in tema di procreazione medicalmente assistita, non significa dare attuazione a Dichiarazioni internazionali e soprattutto alla nostra Costituzione?
Per quanto riguarda la scelta della coppia eterosessuale per l'intervento, è "cattolica" e discriminatoria l'aspirazione di chi ritiene che vada garantito il diritto di un figlio ad avere figure genitoriali complementari?
Per quanto riguarda l'inseminazione eterologa, se accettiamo anche il diritto dei figli ad avere madri e padri certi, possiamo eludere la domanda: quanti genitori per ciascun figlio?
Sulle risposte a queste e ad altre domande si è determinato alla Camera e si determinerà prevedibilmente anche al Senato un voto differenziato non per schieramento e per partito, ma per parlamentari. E le differenze non riguardano direttamente scelte di fede, ma l'applicazione concreta di codici etici pubblici che ho citati: Costituzione, Carta europea.
Una materia "non definitiva". Il rispetto e la prudenza, che ho indicato come virtù del legislatore nell'approccio alla procreazione assistita, sono virtù da applicare anche alla valutazione delle risposte, pur diverse. Non perché - in posizione agnostica - si possa affermare che tutte le risposte sono buone, ma perché la materia richiede che il dialogo continui al di là della auspicabile conclusione dell'attuale tappa parlamentare.
Due sono le ragioni.
Comincio dalle esigenze vere delle persone e della società. Il problema della sterilità sta aumentando a ritmi considerevoli e la scienza e la tecnologia offrono soluzioni impensabili nel passato. Questo consente speranze e apre prospettive nella riproduzione umana, ma propone anche problemi sanitari, psicologici, etici e giuridici.
Il rapporto tra scienza e persona, ad esempio, non va considerato solo nella prospettiva delle nuove possibilità offerte dalla ricerca scientifica, ma anche nell'ottica degli indirizzi che la persona è chiamata a dare all'attività scientifica, come argini in grado di incanalarne e valorizzarne la spinta.
Si tratta complessivamente di scelte che attengono innanzitutto alla libertà responsabile delle coppie e dei singoli e che quindi solo una vasta e consapevole convergenza di consensi può rendere efficace. Per questo è importante che in sede parlamentare si determini un ampio consenso su problematiche che incidono nella sfera della coscienza individuale. Occorre in ogni caso sottolineare i punti di convergenza, nell'interesse della stessa autorevolezza della legge.
Questo può avvenire - al di là delle distinzioni che si verificheranno nel voto - per il "relativismo" della normativa in discussione, visto che le ricerche scientifiche potrebbero in futuro aprire nuove prospettive e porre nuovi problemi.
È la seconda delle ragioni che richiedono rispetto e prudenza nelle valutazione delle risposte che verranno date dai parlamentari.
Sottrarre le coppie al mercato della vita. In questo quadro una delle azioni da intraprendere con urgenza è il superamento della situazione di arbitrio (derivante da una lacuna dell'ordinamento giuridico), che ha consentito uno sviluppo abnorme delle tecniche di fecondazione artificiale. Nella materia c'è attualmente una sorta di "anarchia legalizzata", che rende evidente la necessità di individuare con legge risposte adeguate alle aspettative dei cittadini.
Ho detto "con legge". Non è pensabile affidare tutto a regolamenti del Ministero della salute.
Innanzi tutto questi regolamenti dovrebbero limitarsi ad una presa d'atto dell'esistente, fissando esclusivamente i requisiti igienico-sanitari necessari per l'esercizio della procreazione medicalmente assistita.
In secondo luogo l'evoluzione federale del nostro ordinamento, finirebbe col determinare regolamenti regionali. Questi però risulterebbero inevitabilmente delle semplice linee guida regionali, ciascuna troppo debole, per la mancanza di un riferimento che abbia la forza di legge nazionale.
Solamente l'approvazione di una legge può mettere quei paletti e può fissare quelle norme che tutelino l'aiuto medico alla procreazione e il diritto del nascituro alla vita e alla dignità.
Con tutti i dubbi e le sofferenze che un simile tema comporta, al legislatore viene chiesta ormai la tempestività nel porre un limite al far west, sottraendo le coppie al mercato della vita.