Sono passati sei mesi dalla prima approvazione qui in Senato della Legge Comunitaria 2002. E siamo già nel 2003: il governo non è riuscito a far approvare dal parlamento entro l'anno la Legge Comunitaria annuale. Ritornano così abitudini che avevamo cercato di superare nella scorsa legislatura. È poi un brutto segnale, se confrontato con la speditezza che altri disegni di legge, anche non governativi, hanno registrata: vuol dire che per il governo non si è trattato di una questione prioritaria, di una scadenza da onorare anche per ragioni di messaggio politico, oltre che di contenuto.
Dico il governo, ma una qualche distinzione va fatta: forse qualcuno di noi si ricorda che il ministro per le Politiche comunitarie era pur venuto in Senato prima della fine del 2002 per discutere la legge e se ne era dovuto andare senza nulla di fatto. Gliene do volentieri atto e riassumo in questo il riconoscimento dello sforzo dell'on. Rocco Buttiglione di tenere non solo vivo il dialogo con il Parlamento, ma di considerarlo una risorsa.
Dico il governo, ma devo aggiungere il Senato. Qui il disegno di legge giace da tre mesi; qui la commissione ha concluso fin dal 13 novembre l'esame. La concomitanza della sessione di bilancio e delle festività natalizie non è una scusante, ma un'aggravante: si tratta di punti fissi del calendario parlamentare, prevedibili e ai quali è quindi armonizzabile il resto del programma dell'Aula. Se siamo riusciti a votare in sessione di bilancio la legge sulla devoluzione, potevamo anche discutere di Europa e di Italia in Europa. Si è scelto di non farlo e il giudizio politico non può che essere negativo.
Da questo inaccettabile calendario della Legge Comunitaria 2002 derivano dunque osservazioni che occorre ribadire o proporre, sia preliminarmente alla discussione in terza lettura qui in Senato, sia in vista del futuro comportamento di governo e parlamento.
La prima improcrastinabile esigenza, ormai per il futuro, è che all'esame della legge comunitaria vengano dedicati tempi certi e programmati nel calendario parlamentare, così da permettere un esame approfondito, perché su di essa si potrà concentrare l'attenzione di tutto un ramo del Parlamento.
A partire dalla presentazione del disegno di legge da parte del Governo (presentazione che mi auguro non sconti i ritardi che ha subito quello ancora al nostro esame), Senato e Camera devono concordare l'esame e incardinarne la discussione secondo un calendario prestabilito e condiviso.
Un calendario vincolante per le due Camere ma anche per il governo. La legge comunitaria non può essere un contenitore che si amplia a seconda dei tempi. È la seconda esigenza che ci sentiamo di ribadire. Un'esigenza per il futuro o per il presente? Per il futuro certamente. Per il presente, cioè per questa discussione, mi auguro che il dibattito - e possibilmente gli emendamenti - diano almeno delle risposte alle incertezze.
Nel corso dell'esame in seconda lettura alla Camera è stato infatti introdotto il recepimento di dodici nuove direttive nell'allegato A e una nell'allegato B; è stata inoltre trasferita dall'allegato A all'allegato B la direttiva 2001/110/CE, concernente il miele.
La Camera ha poi introdotto gli articoli dal 29 al 31. Qui riappare un altro vizio che nella scorsa legislatura eravamo riusciti ad estirpare dalla Legge Comunitaria. Siamo infatti di fronte ad una vera e propria nuova legge su alcuni aspetti del credito.
In generale è riaffiorato il vizio - nel governo e nel parlamento - di approfittare della Legge Comunitaria per scaricarvi sopra questioni che potevano essere risolte meglio e forse anche prima nelle Commissioni di merito. Questo strumento non può diventare sostitutivo delle vecchie leggi omnibus, con l'aggravante rispetto a queste che si mette di mezzo l'Europa mentre si tratta prevalentemente di problemi che non si riesce a risolvere a livello nazionale.
Non è solo una questione di metodo. Anche il merito della legge ne soffre. Ad un disegno di legge che la Camera dei deputati ha così "arricchito" (oltre che modificato in decisioni già prese dal Senato), la Commissione competente ha dedicato appena due sedute, lodevolmente preoccupata, certo, di rispettare i tempi di approvazione finale. Due mesi dopo la conclusione dell'esame in Commissione siamo ancora qui e - quello che dispiace di più - senza aver potuto approfondire finora temi molto interessanti.
Richiamo ad esempio l'attenzione sul nuovo articolo 26, concernente l'attuazione della direttiva 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali. Se è apprezzabile la volontà del governo di dare rapida attuazione ad una disposizione comunitaria del 12 luglio 2002, sarebbe interessante essere rassicurati sulle conseguenze che lo slittamento dei tempi ora accolto potrebbe avere sui programmi Schengen di controllo delle frontiere e sull'attività di Europol, tanto per citare due settori che intersecano quello della protezione dei dati personali, oggetto di questo nuovo articolo 26.
Così come interessante ed apprezzabile è il punto f) dell'articolo 19, introdotto dalla Camera, concernente il mantenimento delle prestazioni del servizio postale a livelli adeguati alle esigenze degli utenti su tutto il territorio nazionale. Quello delle prestazioni dei servizi pubblici è però un tema di carattere generale in Europa, sul quale negli ultimi mesi il presidente Romano Prodi ha richiamato l'attenzione sia politico-economica che culturale: questa specificazione relativa agli uffici postali rientra in questo dibattito? Che sviluppo intendiamo darle in altri servizi? Oppure è un episodio, destinato a rimanere una pia esortazione, poiché non è inserito in un quadro normativo coerente?
C'è una terza esigenza che proprio l'andamento della Comunitaria 2002 ha evidenziato: è indispensabile che il governo mantenga una propria coerenza nel passaggio da un ramo all'altro del Parlamento, per evitare che modifiche formali o sostanziali che non è riuscito ad ottenere al Senato siano poi introdotte dalla Camera o viceversa. La coerenza dovrebbe riguardare in particolare lo strumento scelto per il recepimento della normativa comunitaria nel nostro ordinamento.
Faccio un caso concreto: la nuova formulazione dell'articolo 11, per il quale si passa dal recepimento diretto alla delega.
Nel nuovo testo dell'articolo 11 viene autorizzato il Governo ad apportare modifiche al terzo comma dell'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 719 del 1958, che contempla la possibilità di aggiungere nelle bevande analcoliche sostanze diverse da quelle indicate dallo stesso decreto, previa specifica autorizzazione del Ministero della salute, senza però stabilire il contenuto minimo delle sostanze. La nuova formulazione precisa che il divieto dell'aggiunta di tali sostanze può discendere unicamente dall'esigenza di tutela della salute umana e sulla base di dati scientifici riconosciuti e che l'aggiunta è consentita previa comunicazione all'autorità sanitaria competente.
Ecco un esempio di norma che andrebbe perfezionata. In relazione alla lettera c) dell'articolo 11, poiché non è certo sufficiente la comunicazione del produttore delle bevande analcoliche all'autorità sanitaria competente per garantire i consumatori, deve essere chiaro che questa norma va collegata al terzo comma dell'articolo 15 del regolamento, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 719 del 1958, che prevede che l'aggiunta di sostanze diverse da quelle indicate deve essere autorizzata di volta in volta dall'autorità sanitaria competente. In questo modo la comunicazione di cui alla lettera c) diventa un rafforzamento della norma vigente.
Ma questa norma richiama anche una questione di carattere più generale.
Certo, sul divieto da parte delle autorità italiane alla commercializzazione delle bevande energetiche che presentano un tenore di caffeina superiore a 125 mg/l è stato presentato ricorso, in quanto privo dell'indicazione dei dati scientifici. La soluzione al contenzioso è solo tecnica? Io credo di no. Credo che su una materia come questa, semplice, quotidiana, comprensibile a ciascun cittadino, il coinvolgimento del Parlamento nel tipo di risposta da dare alla Commissione europea dovrebbe diventare una norma. Non si tratta di allungare le procedure, ma di applicare anche alla fase del contenzioso la partecipazione del parlamento, in modo che non si tratti di risposte burocratiche e tecniche a materie che il Parlamento aveva approfondito o sulle quali l'Italia può dare il suo contributo ad innovare le norme comunitarie.
Ci aiuta in questa proposta un altro articolo della Comunitaria 2002, uno di quelli aggiunti nella discussione alla Camera. Si tratta del nuovo articolo 28 concernente i prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare. Anche su questo l'argomento c'è il ricorso presentato dalla Commissione Europea, che considera un ostacolo alla libera circolazione del prodotto la normativa italiana che prevede l'obbligo di un'autorizzazione preventiva per la commercializzazione di prodotti alimentari per sportivi legalmente fabbricati e commercializzati in altri Stati membri senza aver dimostrato il carattere necessario e proporzionato di tale esigenza.
Si tratta di prodotti destinati ad una alimentazione particolare, sinora sottoposti ad un regime di autorizzazione da parte del Ministero. È proprio indispensabile sottrarre a qualsiasi autorizzazione prodotti che vengono utilizzati da lattanti o da malati di diabete o da sportivi in allenamento, cioè da persone che vanno particolarmente tutelate sotto il profilo dell'alimentazione e della salute?
Sulla materia degli integratori alimentari c'era stata un'azione di indirizzo del Senato italiano nella scorsa legislatura, con la conferma di specifiche cautele a salvaguardia dei consumatori: mi chiedo quanti e quali di quegli indirizzi si trovano oggi nella norma che il governo propone per rispondere al ricorso della Commissione; ma soprattutto mi domando se il governo ha utilizzato quelli indirizzi nelle controdeduzioni alla Commissione, prima di modificare la norma.
Anche l'articolo 12, che riguarda la commercializzazione delle paste fresche, costituisce un esempio del diverso modo di recepimento di norme comunitarie nel testo del Senato e in quello della Camera.
Dico subito che resto fedele al testo del Senato ed ho proposto un emendamento che lo reintroduce. Nell'illustrazione di quell'emendamento evidenzierò i rischi specifici della delega per quanto riguarda le paste alimentari.
Resto nell'ambito alimentare, ma per un altro aspetto, quello del lavoro, non quello della produzione, per richiamare l'attenzione sull'articolo 21, che riguarda il lavoro notturno. Dalla deroga per i panificatori, cui il Senato si era attenuto, la Camera di fatto è passata ad una nuova norma di carattere generale. Uno stravolgimento che propongo di eliminare attraverso un emendamento, sul quale svolgerò anche qualche considerazione di carattere generale in sede di illustrazione.
Per alcune altre modifiche introdotte dalla Camera mi limito alla citazione.
È stato inserito un nuovo articolo 10, che modifica l'articolo 15 del decreto legislativo n. 239 del 2001, di attuazione della direttiva 98/778/CE, relativa alla vigilanza supplementare sulle imprese di assicurazione appartenenti ad un gruppo assicurativo.
È stato inserito poi l'articolo 14, che prevede, in particolare, che le confezioni dei farmaci non soggetti a prescrizione medica vengano escluse dall'obbligo di applicazione dei bollini autoadesivi a lettura automatica, contrariamente a quanto previsto per le confezioni di medicinali erogabili dal Servizio sanitario nazionale.
All'articolo 15 è stato inserito il comma 3, che prevede sanzioni amministrative pecuniarie per chi effettua pubblicità di dispositivi medici che possono essere venduti soltanto su prescrizione medica o essere impiegati con l'assistenza di un medico.
L'articolo 16, comma 3, lettera c), prevede che la richiesta dei diplomi, certificati e altri titoli rilasciati dagli altri Stati membri dell'Unione europea da parte del Ministero dell'istruzione sia facoltativa e non obbligatoria, al contrario di quanto disposto dal testo approvato dal Senato.
L'articolo 29 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per attuare la direttiva 2001/24/CE in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi. Nell'attuazione di questa delega il Governo dovrà tenere conto della riforma del diritto fallimentare di cui è in corso l'iter parlamentare; dovrà in proposito essere valutata con attenzione la possibilità di mantenere un regime distinto per le imprese bancarie.
L'articolo 30 proroga di sei mesi il termine per il recepimento della direttiva 2001/65/CE sulle regole di valutazione per i conti annuali e consolidati di taluni tipi di società, banche ed altre istituzioni finanziarie. L'articolo 31, infine, delega il Governo ad adottare decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2002/47/CE, relativa ai contratti di garanzia finanziaria.
Come avevo annotato questi ultimi tre articoli costituiscono una vera e propria legge dentro la legge su enti creditizi, banche e istituti finanziari. E si tratta di una legge-delega. Anche se riconosco l'esigenza di un adeguamento alle direttive comunitarie, non posso non rilevare anche in questo caso che si tratta di ulteriori deleghe in materie di grande rilevanza.
È una prassi che contestiamo per motivi istituzionali su tutte le materie, ma, in particolare, non è condivisibile per alcune categorie di argomenti.
Gli articoli 2 e 3 del disegno di legge comunitaria, infatti, evidenziano bene questa prassi: siamo di fronte ad un eccesso di delega in una materia come la giustizia che offre un terreno particolarmente delicato e controverso. Ricordo che stiamo trattando, all'articolo 2, di sanzioni amministrative e penali per le infrazioni e le disposizioni dei decreti legislativi che dettano l'attuazione delle direttive comunitarie, mentre, all'articolo 3, di una delega al Governo per disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative e per le violazioni di direttive e regolamenti comunitari.
Gli emendamenti che ho presentati puntano a precisare almeno alcuni aspetti della delega.
Insomma questa terza lettura della Legge Comunitaria 2002 potrà essere assai interessante qui in Senato. Gli emendamenti sono stati presentati proprio con la finalità positiva di facilitare questa discussione. Mi auguro che l'obiettivo sia raggiunto.
Mi auguro che anche questo confronto serva a determinare regole più adeguate per il parlamento e per il governo in questa materia: per noi, ma anche per offrire strumenti sempre più collaudati ai parlamenti che si apprestano ad avere le nostre stesse opportunità. Mi riferisco ai prossimi membri dell'Unione.
Credo infatti che non si possa discutere nel Senato italiano di questioni europee per la prima volta nel 2003 senza sottolineare quanto è avvenuto a Copenaghen domenica 15 dicembre, ormai un mese fa. La riunione del Consiglio europeo nella capitale danese si è conclusa verso le 22, con un incontro in 25 e una foto collettiva sulla quale figurano tutti i membri della futura Europa dei 25.
Quella foto è qualcosa di più di un'immagine storica. È la rappresentazione di una visione comune di un'Europa integrata.
Salutiamo i dieci paesi che si assoceranno a noi per condividere il nostro futuro comune e rafforzare la nostra Unione.
Sarà la prima volta che l'Europa sarà un'unica Europa. Questo allargamento ad altri dieci Stati membri, che chiude il XX secolo, permetterà all'Unione europea di svolgere un ruolo preponderante nel futuro, perché l'Unione europea non corre il rischio di diluirsi, grazie all'impegno che sta dimostrando alla Convenzione e che dovrà essere confermato dalla Conferenza intergovernativa che le farà seguito; Convenzione e Cig sono la prossima grande sfida.
L'Europa si rafforzerà perché l'accordo raggiunto tra i Quindici e i paesi candidati è una prova di solidarietà. "Siamo venuti da una Polonia solidale per entrare in un'Unione europea solidale", ha affermato il primo ministro polacco, Leszek Miller.
In effetti i 40 miliardi e 800 milioni di euro del pacchetto finanziario approvato a Copenaghen per accompagnare l'allargamento costituiscano molto di più di una decisione finanziaria. Questi investimenti renderanno possibile la crescita economica nei nuovi Stati membri e permetteranno di controllare più efficacemente i problemi di emigrazione e immigrazione, perché in questi paesi si creeranno ricchezze e benessere. Entro un decennio questi paesi otterranno risultati paragonabili a quelli raggiunti dalla Spagna, dal Portogallo e dalla Grecia. E il vantaggio sarà per tutta l'Unione.
L'Europa si rafforza perché abbiamo concluso con dieci paesi, ma il processo di allargamento non si fermerà qui. Adesso si tratta di accelerare la preparazione della Romania e della Bulgaria. Il Consiglio europeo ha confermato la volontà di accogliere la Bulgaria e la Romania nell'Unione europea nel 2007. Gli aiuti di pre-adesione per questi due paesi saranno maggiorati del 20% nel 2004 e di un altro 20% nel 2006.
E non è tutto. Il tempo è giusto per avviare un vero e proprio dibattito sui confini dell'Europa, non per chiuderci, ma per creare insieme "circolo di amici che vada dalla Russia al Mar Nero e alla sponda meridionale del Mediterraneo", come ha detto il presidente Romano Prodi.
Dedicandoci alle paste alimentari e al lavoro notturno nei panifici abbiamo in mente i cittadini di questo grande spazio di libertà, sicurezza e giustizia.