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La fecondazione medicalmente assistita

La selezione del "donatore": irrealistico il numero di esami medici
Per questo la donazione non può essere che all’interno della famiglia

A guidare la riflessione del parlamento in tema di fecondazione artificiale ci sono principalmente riflessioni di carattere costituzionale. Considerazioni di carattere medico e di ordine sociale hanno comunque il loro peso nell’orientare verso il no alla fecondazione artificiale eterologa e verso la tutela della salute e della vita dell'embrione umano.

Per quanto riguarda l’aspetto medico, infatti, accanto ai problemi medici comuni alle tecniche di fecondazione artificiale eterologa ed omologa (la plurigemellarità, l'aumentata incidenza di prematurità con basso peso alla nascita ed aumentato rischio di compromissione della crescita e dello sviluppo psicomotorio, a rischio a cui viene esposta la donna a seguito delle procedure richieste), se ne aggiungono altri specifici della fecondazione eterologa, tra cui, ad esempio, quelli conseguenti alla richiesta di selezionare i donatori di gameti.

È noto, infatti, come sia stato previsto da parte di chi gestisce le cosiddette "banche del seme" che i donatori vengano selezionati per escludere la possibilità di contagio di malattie infettive o di trasmissione di malattie genetiche. La selezione rappresenta, però, un'illusione. Allo stato attuale è possibile individuare nel donatore la presenza di geni alterati responsabili dell'insorgenza di una malattia genetica nel nascituro; è altresì possibile individuare una vasta gamma di predisposizioni morbose che vanno dal diabete all'arteriosclerosi ed altre malattie. Questi esami, che in effetti vengono eseguiti solo in parte sul donatore, andrebbero poi eseguiti anche sulla donna ricevente: una prospettiva questa che comporterebbe una spesa molto elevata oltre ad essere, data la potenziale ampiezza di questi esami, irrealistica. Una volta effettuata la diagnosi di futura malattia o di predisposizione morbosa, si porrebbe poi il problema se utilizzare o meno quel determinato seme per fecondare una donna o più donne con la necessità di ripetere ogni volta tutte le indagini genetiche.

Ma, a parte la intrinseca natura di selezione eugenetica di tale prassi, a chi dovrà spettare la decisione se e quante volte utilizzare lo stesso seme: al direttore del centro? Alla ricevente? Al coniuge consenziente? Ad una commissione di esperti? La considerazione dei rischi a cui potrebbero andare incontro il nascituro e la madre e il rispetto per la pari dignità dei soggetti della fecondazione motivano, poi, da una parte il divieto a qualsiasi forma di manipolazione (compresa la sperimentazione a scopi terapeutici) e di soppressione degli embrioni fecondati in vitro, chiedendo che siano fecondati solo quelli che possono essere trasferiti nelle vie genitali della donna, e, dall’altra, la richiesta che l'accesso alle tecniche di fecondazione artificiale omologa sia preceduto da un attenta azione di consiglio, nell'ambito della quale vengono spiegati alla coppia tutti gli aspetti sanitari (compresi gli eventuali insuccessi), psicologici, giuridici della fecondazione artificiale, e prospettata la possibilità di ricorrere alle procedure di adozione e di affidamento.


12/06/1998
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