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Giorni dell'Europa

Giovedì 25 marzo 1999

1. KOSSOVO
Sferrati i primi attacchi da parte della NATO. Colpiti obiettivi militari con più raid in partenza dalle basi italiane dell’Alleanza in Serbia, Kossovo e Montenegro. Attacchi a Pristina, Belgrado, Podgorica e Novi Sad. Il Presidente Clinton in un appello televisivo spiega all’opinione pubblica americana la ragioni dell’intervento mentre ottiene l’approvazione del Congresso. I Capi di Stato e di Governo dei Quindici, riuniti a Berlino, confermano l’appoggo all’azione. Il Presidente Eltsin ammonisce sulle conseguenze nelle relazioni con la Nato se le azioni dovessero proseguire. Forti critiche anche da parte cinese che parla di aggressione a stato sovrano. Da Belgrado per ora reazioni improntate al nazionalismo, mentre si denuncia la morte di civili. Critiche del Montenegro alla politica di Milosevic.
Scattata all’imbrunire, l’operazione "Determined Force" ha colpito pesantemente aeroporti, fabbriche ed installazioni militari in Serbia, Montenegro e nello stesso Kossovo. Sono stati colpiti l’aeroporto militare di Batajnica, vicino Belgrado, quello di Nis, seconda città della Serbia, di Novi Sad, capoluogo della Vojvodina, e di Podgorica, capitale del Montenegro. Altri obiettivi centrati dalle bombe alleate sarebbero la principale fabbrica d’armi jugoslava a 120 km a sud di Belgrado, l’apparato radar al confine tra Montenegro ed Albania e la fabbrica di aerei a Pancevo nelle immediate vicinanze della capitale federale. Pesantemente colpita anche Pristina, la capitale del Kossovo.
Il Presidente degli Stati Uniti Clinton, in un discorso televisivo alla nazione, ha spiegato le ragioni alla base della decisione, ricordando la politica nazionalista di Milosevic in Bosnia ed i negoziati di Rambouillet, falliti per l’intransigenza jugoslava, ed ha sostenuto che in questa crisi e nella capacità di reazione della NATO si decidono le sorti dell’Europa e gli interessi degli Stati Uniti. Clinton ha ribadito la necessità di intervenire affermando che un non intervento avrebbe esteso la crisi in un’area molto più vasta, citando anche l’Italia tra i paesi a rischio ed ha preannunciato che i bombardamento continueranno senza quartiere fino a quando la Serbia rinuncerà ai suoi piani o non avrà più la forza per portarli a termine. Nella giornata di ieri il Congresso americano ha approvato l’azione, con una nettissima maggioranza alla Camera dei Rappresentanti (un solo voto contrario) ed un risultato più di misura al Senato.
Nel frattempo a Berlino i Capi di Stato e di Governo dei Quindici hanno ribadito l’appoggio dell’Unione Europea all’azione Nato, addossando a Milosevic ed alla sua intransigenza le responsabilità della crisi.
Violente le critiche da parte di Mosca all’iniziativa della NATO. Il Presidente Eltsin, dopo aver richiamato per consultazioni il Rappresentante russo presso la NATO ed ordinato di sospendere i programmi di collaborazione con l’Alleanza, ha ammonito gli Stati Uniti e l’Europa sulle conseguenze del prolungamento dell’azione, definita un aperta aggressione nei confronti della Jugoslavia che potrebbe far esplodere l’intera regione balcanica e l’Europa stessa. Anche Pechino parla di aggressione ad uno stato sovrano, chiedendo l’immediata sospensione dei bombardamenti.
Su richiesta russa e cinese, si è riunito il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha preso atto della dichiarazione del Segretario Generale Kofi Annan in cui, nel deplorare lo scoppio delle ostilità a causa dell’intransigenza di Milosevic, si ricorda che ai sensi della Carta delle Nazioni Unite ogni intervento di "peace enforcement", anche se attuato da organizzazioni regionali, deve essere approvato in ambito di Consiglio di Sicurezza. La Russia ha comunque preannunciato che oggi presenterà una risoluzione di condanna dei bombardamenti sulla Serbia.
Da parte jugoslava, è da registrare una ferma reazione di Belgrado che ha proclamato lo stato di guerra ed ha chiesto alle Nazioni Unite di far sospendere i bombardamenti, paragonati a quelli subiti da parte della Germania nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Belgrado parla di vittime tra i civili, ma anche dell’intenzione di continuare la lotta fino alla fine: nessuna apertura insomma nella questione del Kossovo. Sembra invece profilarsi una crisi interna alla Jugoslavia: il Presidente del Montenegro, Milo Djukanovic, ha denunciato la "politica insensata di confronto con il mondo intero" condotta dal Presidente della Federazione Milosevic, politica che, a suo dire, minaccia la sopravvivenza dello stato comune formato da Serbia e Montenegro. Lo stesso Djukanovic ha comunque anche lui chiesto l’immediata cessazione dei raids aerei della Alleanza Atlantica sulla Jugoslavia.
Dopo notizie contrastanti, soprattutto per quanto riguardava un caccia tedesco, fonti NATO hanno ufficialmente smentito qualsiasi perdita degli aerei impegnati stanotte.

2. MACEDONIA
Il governo di Skopje chiede il sostegno dell’UE per l’assistenza ai profughi. Smentita la notizia della chiusura della frontiera con la Jugoslavia.
Fonti ufficiali affermano che la frontiera viene mantenuta aperta per ragioni umanitarie e per non chiudere la porta ai profughi del Kossovo. Sarebbero invece respinti i cittadini serbi che tentano di entrare in territorio macedone. Calcoli delle autorità governative parlano di circa 20.000 profughi kossovari già presenti in Macedonia, più 12.000 soldati della NATO e 1.500 osservatori dell’OSCE. Oltre che all’UE la Macedonia ha chiesto anche alla Grecia, alla Romania ed alla Bulgaria un contributo per l’accoglienza dei profughi, elaborando sforzi coordinati soprattutto nella presumibile intensificazione dell’esodo.
La situazione è peraltro già molto grave secondo l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, che parla di un numero totale di 443.500 civili che sono fuggiti dalle zone di combattimento e da quelle dove la presenza dell’esercito e della polizia serba si è fatta più massiccia. Di questo numero un poco più della metà sono sfollati all’interno della stessa provincia kossovara, 81.000 nell’ex Jugoslavia, circa 20.000 in Albania e 100.000 nell’Europa occidentale ed orientale. Nelle ultime settimane, peraltro, la via di fuga privilegiata, secondo l’UNHCR, è diventata proprio la Macedonia, in considerazione del minamento della zona di frontiera con l’Albania effettuata dalle forze militari serbe che ha de facto bloccato l’esodo verso il mare Adriatico: laddove non ci sono le mine vi sarebbe un cordone di militari e poliziotti serbi che serve da ulteriore deterrente psicologico.

3. MALTA
Il Ministro degli Esteri Guido De Marco sarà il nuovo Presidente maltese.
L’elezione formale, da parte della Camera dei Deputati di La Valletta, avverrà lunedì prossimo, ma la maggioranza di cui gode il Partito Nazionalista non lascia dubbi sul risultato. De Marco, che è anche vice Primo Ministro e vice Capo del Partito Nazionalista, si è già dimesso da tutte le sue cariche. Succederà al Presidente uscente, Ugo Mifsud Bonnici. Fra i principali esponenti del partito del Primo Ministro Fenech Adami, De Marco ha ricoperto l’incarico di Ministro degli Esteri dell’isola nel corso di tutto il decennio, con l’intervallo del breve governo laburista.

4. COMMISSIONE EUROPE
Raggiunto l’accordo politico dei Quindici a Berlino sulla nomina dell’On. Romano Prodi alla Presidenza della Commissione.
La nomina dovrà essere ufficialmente approvata dal Parlamento Europeo, mentre il resto della Commissione sarà scelta soltanto a luglio, dopo le elezioni europee di giugno e l’insediamento del nuovo Parlamento. La scelta di Prodi, pur se ormai largamente attesa, ha sorpreso per la sua rapidità, tenendo presente che nelle giornate precedenti al vertice sembrava sempre più probabile uno slittamento ad aprile della decisione. Non si esclude che l’evolversi della situazione in Kossovo abbia contribuito ad affrettare la soluzione della crisi aperta dalle dimissioni di Santer la settimana scorsa. Il Cancelliere Schroeder, Presidente di turno, ha ribadito che il mandato conferito a Prodi è "un mandato pieno di cinque anni, con scadenza nel 2004". Con la nomina dell’ex Presidente del Consiglio, l’Italia torna alla Presidenza della Commissione dopo quasi trenta anni e per la seconda volta nella storia comunitaria. Non viene invece rispettata la regola non scritta che voleva un’alternanza tra un popolare ed un socialista al vertice dell’esecutivo comunitario: dopo il popolare Santer viene nominato infatti Prodi che, anche se non fa formalmente parte di nessuna forza politica popolare sicuramente non è un socialista.

5. CONSIGLIO EUROPEO
Riprendono oggi i lavori su Agenda 2000.
Dopo l’inattesa e rapida decisione sulla nomina di Prodi alla Presidenza della Commissione e l’attenzione rivolta all’evolversi della crisi kossovara, il vertice europeo riprende oggi i lavori su quello che era originariamente il primo punto dell’agenda fissato dalla Presidenza, l’approvazione del pacchetto Agenda 2000. L’accordo sui punti maggiormente controversi ancora deve essere raggiunto, in particolare per quanto riguarda le risorse proprie ed i fondi strutturali. Non dovrebbe invece essere riaperto il negoziato agricolo, dopo l’intesa raggiunta al Consiglio Agricoltura delle settimane scorse e malgrado le persistenti riserve francesi.
Sarà comunque necessario un notevole sforzo negoziale per consentire il raggiungimento dell’intesa tra i Quindici, obiettivo irrinunciabile per la Presidenza tedesca.

6. ITALIA. ATTUAZIONE DEL DIRITTO COMUNITARIO
Convegno a Roma sui nuovi strumenti di attuazione delle normative comunitarie.
Il ritardo nell’attuazione del diritto continua a rappresentare un punto sensibile nel rapporto tra l’Italia e l’Unione Europea, determinando sovente una situazione che penalizza i cittadini e le imprese e produce conseguenze negative in termini di opportunità mancate, di risorse comunitarie disperse, colpendo la credibilità del nostro Paese nei confronti delle istituzioni comunitarie e l’azione comunitaria nel suo complesso in Italia. A questo problema è dedicato un convegno organizzato dal Ministro per le Politiche Comunitarie, Enrico Letta, che si svolge a Roma con la partecipazione, tra gli altri, del Presidente del Senato, di quello della Camera, del Sottosegretario Ranieri e del Commissario Monti.

Giorni dell'Europa


25/4/1999
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