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Giorni dell'Europa

Martedì 23 marzo 1999

1. KOSSOVO
Sia Holbrooke che i tre mediatori del negoziato di pace si sono recati da Milosevic per un estremo tentativo di raggiungere un accordo. I colloqui Holbrooke – Milosevic proseguiranno anche stamattina. L’UE e gli Stati Uniti hanno invitato Milosevic ad accettare il piano di pace, mentre da Mosca è giunto un invito a riprendere le trattative. Il leader serbo ha respinto critiche e minacce, chiedendo anche un intervento del Consiglio di Sicurezza allo scopo di fermare il dispositivo militare della NATO, che segue da vicino la crisi.
Ultimi tentativi di mediazione: Holbrooke, dopo una mattinata dedicata ad incontrare Solana, Cook, Vedrine e Fischer (il Ministro Dini avrebbe dovuto essere presente all’incontro, ma è dovuto rientrare a Roma per la visita del Presidente cinese) allo scopo di coordinare un messaggio per Milosevic, si è recato a Belgrado per incontrare quest’ultimo in un estremo tentativo di convincerlo ad accettare il piano di pace del gruppo di Contatto. I colloqui, protrattisi fino a tarda notte, non hanno portato ad "alcun sostanziale progresso" secondo quanto dichiarato da Holbrooke. Unico segnale positivo la richiesta di Washington a Holbrooke di proseguire anche stamattina i colloqui. Milosevic ha anche incontrato ieri i tre mediatori del negoziato di Rambouillet e Parigi, l’americano Hill, il russo Maiorski e l’austriaco Petritsch.
Per sostenere l’azione dei mediatori, i Ministri degli Esteri dell’Unione Europea, nel corso della riunione del Consiglio Affari Generali, hanno approvato una dichiarazione in cui si invita Milosevic a non sprecare questa "ultima possibilità per una soluzione pacifica" ammonendolo anche che, in caso contrario, dovrà affrontare le più gravi conseguenze. Da Mosca, Primakov ha invece dichiarato di non ritenere esaurita la fase negoziale, invitando le parti a riprendere il dialogo. Il premier russo ha anche ribadito la sua contrarietà all’uso della forza in Jugoslavia, che avrebbe pesanti effetti destabilizzanti su tutta l’Europa. In serata è arrivata anche la dichiarazione di Clinton, che ha attribuito le responsabilità del mancato accordo alla Serbia.
La NATO nel frattempo continua i preparativi seguendo da vicino l’evolversi della crisi, e Solana ha annullato una visita a Praga preventivata per mercoledì prossimo perché proprio in tale data potrebbero iniziare i raids dell’Alleanza.
Milosevic ha naturalmente respinto questo coro di critiche sostenendo che chi minaccia la Serbia dovrebbe vergognarsi perché il suo Paese si limita a "combattere il separatismo" e a "difendere il propri cittadini dal terrorismo". E’ stato anche reso noto ieri che il Governo di Belgrado, nel tentativo di allentare la tensione e di prendere tempo, ha richiesto la convocazione del Consiglio di Sicurezza per richiedere alla NATO di cessare dall’esercitare minacce e di ritirare le proprie truppe dalla regione.
Sono proseguiti ieri violenti scontri a Pristina fra polizia serba e separatisti, tanto che centinaia di persone hanno evacuato le loro case, anche a seguito dell’esplosione di due bombe che avrebbero causato due morti e quattro feriti.

2. BOSNIA
Tensioni nel campo croato-bosniaco che, dopo il sanguinoso attentato della settimana scorsa contro il vice-ministro degli Interni, ondeggia tra reazioni moderate e di invito al dialogo e di protesta e di boicottaggio delle istituzioni dello Stato e della Federazione.
Il sentimento di disagio della comunità croata in seno alla Federazione croato-musulmana – una delle due entità che formano, assieme alla Repubblica Sprska, la Bosnia Erzegovina – data da tempo e l’attentato contro il vice-ministro degli Interni della Federazione, di etnia croata, ha ulteriormente esasperato gli animi. E’ stato quindi con positiva sorpresa che si è reagito alla posizione moderata assunta dal Presidente Jelavic che, in un incontro con il corpo diplomatico accreditato a Saraievo, ha dichiarato la volontà di "mantenere una Bosnia Erzegovina stabile, unita, indivisibile, auto-sostenibile e autenticamente multi-etnica" ricordando che essa è anche "la patria del popolo croato". Questo semplicemente, secondo Jelavic, non vuole più essere trattato "come una minoranza etnica" e perciò avanza una serie di proposte, peraltro già note, come la cantonalizzazione, lo spostamento della capitale da Saraievo a Tracnik, un più equilibrato accesso alla rete televisiva, misure per la crescita culturale dei croati, efficaci decisioni per il ritorno dei rifugiati. Richiesta tutto sommato moderate e comunque non destinate a creare una "terza entità" nell’ambito della Bosnia Erzegovina.
In totale contrapposizione con questo approccio, il direttivo del partito di maggioranza croato HDZ di Bosnia ha invece decretato una sospensione nella partecipazione dei propri rappresentanti alle attività di tutte le istituzioni dello Stato e della Federazione, in atto da ieri fino al 28 marzo. Questa decisione, che si aggiunge a quella serbo-bosniaca di boicottaggio decisa per protestare contro la rimozione del Presidente della loro entità Poplasen ed il lodo arbitrale su Brcko, accresce la tensione in una regione che, al di là dei noti problemi interni, vede aumentare seri rischi di destabilizzazione i pari passo con l’aggravarsi della crisi in Kossovo.

Giorni dell'Europa


25/4/1999
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