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Giorni dell'Europa

Venerdì 19 marzo 1999

1. LE DIMISSIONI DELLA COMMISSIONE EUROPEA
Proseguono i contatti del Cancelliere Schroeder con i Capi di Governo degli Stati membri. Spagna e Francia frenano su una rapida nomina del nuovo Presidente. In dubbio la possibilità di una decisione al vertice di Berlino del 26 marzo.
Il Presidente di turno tedesco sta completando il giro, peraltro già previsto prima dello scoppio della crisi, delle capitali dei Quindici per incontrare, alla vigilia del Consiglio Europeo di Berlino, i Capi di Governo. Dopo le prime indicazioni, provenute soprattutto da Regno Unito e Italia, per una rapida designazione del successore di Santer, indicazioni in senso contrario starebbero emergendo, soprattutto da parte di Parigi e Madrid.
La Francia nutrirebbe serie perplessità sull’efficacia di presentare in questo momento davanti all’Assemblea di Strasburgo un candidato, per forte che sia politicamente come potrebbe essere un ex premier di qualche Stato membro, che verrebbe a scontrarsi con un Parlamento aspramente diviso ed ormai pienamente impegnato nella campagna elettorale per le elezioni di giugno, con tutto il rischio di irrigidimenti che una situazione del genere può provocare. Il governo francese teme, da un lato, un blocco dei negoziati in corso e, dall’altro, un esito molto negativo delle elezioni europee, con un forte astensionismo ed una crescita delle liste antieuropeiste. Inoltre Parigi preferirebbe attendere l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam – che associa pienamente il Parlamento nella designazione del Presidente della Commissione in luogo dell’attuale consultazione – per poter scegliere un Presidente nella pienezza dei suoi poteri.
Da parte spagnola, invece, le riserve per un’immediata scelta del successore di Santer poggiano sul negoziato in corso su Agenda 2000. La Spagna ritiene che sia improponibile completare questo difficile esercizio con una nuova Commissione e che l’attuale dovrebbe quindi restare in carica perlomeno fino alla definizione delle intese. Madrid inoltre insiste sull’opportunità che il nuovo Presidente sia eletto una volta entrato in vigore il Trattato di Amsterdam e dopo lo svolgimento delle elezioni europee.
Sembrerebbe quindi farsi sempre più concreta l’ipotesi della convocazione di un Consiglio Europeo straordinario ad aprile per risolvere la questione, anche se il Cancelliere Schroeder continua a non escludere la possibilità di giungere ad un’intesa a Berlino.

2. TRATTATO DI AMSTERDAM
Il Senato francese approva la legge di autorizzazione alla ratifica dell’Accordo, completando così il processo parlamentare di ratifica. Manca adesso soltanto la firma del Presidente Chirac – che non dovrebbe tardare - sull'atto di ratifica perché anche nell’ultimo Stato tra i Quindici si completi il processo ed il Trattato possa entrare pienamente in vigore.
La votazione al Palais de Luxembourg non ha riservato sorprese, con una netta maggioranza a favore –271 favorevoli contro 42 contrari – dell’autorizzazione alla ratifica. I voti contrari provengono dai comunisti, i gollisti dissidenti raccolti attorno all’ex Ministro degli Interni Charles Pasqua e qualche indipendente di centro-destra. Giunto in concomitanza con la crisi in seno alle istituzioni comunitarie, il dibattito ha fornito però l’occasione per l’esibizione dei temi anti-europeisti in forma particolarmente roboante.
Con la firma francese si completa il processo di ratifica del Trattato tra i Quindici. Appena il Presidente Chirac completerà formalmente la procedura ed il Governo di Parigi avrà depositato il suo strumento di ratifica inizierà a decorrere il termine dei due mesi per l’entrata in vigore definitiva dell’accordo. Questo elemento temporale è oggi divenuto particolarmente importante, in considerazione delle innovazioni che il Trattato di Amsterdam statuisce in materia di partecipazione del Parlamento Europeo nella nomina del Presidente della Commissione. Anche questo, come illustrato sopra, è uno degli elementi che frenano Parigi in una rapida scelta del successore di Santer.

3. KOSSOVO
La delegazione albanese ha firmato l’accordo di Rambouillet, mentre Belgrado respinge l’intesa. Si rafforza il dispositivo militare serbo con grossi movimenti di truppe verso il confine con la Macedonia, zona controllata dagli indipendentisti. Concessa ai serbi una proroga fino al 24 marzo per aderire all’accordo. L’intransigenza di Belgrado rafforza la determinazione della NATO di colpire bersagli militari jugoslavi dopo la scadenza del nuovo ultimatum; solo la Russia contraria all’intervento militare. Washington apre agli albanesi.
Gli albanesi hanno accettato integralmente l’accordo sull’autonomia della regione raggiunto il 23 febbraio scorso a Rambouillet, procedendo quindi alla firma nel tardo pomeriggio di ieri. Ciò ha già prodotto un primo importante risultato, con un invito loro rivolto dal Segretario di Stato americano Albright a recarsi a Washington, per esaminare approfonditamente gli obiettivi politici perseguiti dai kossovari di etnia albanese. L’invito sarebbe stato esteso a tutte le componenti albanesi, compresa quindi anche l’UCK.
Si è accentuato l’isolamento dei serbi, che hanno fatto marcia indietro rispetto all’accettazione, in febbraio, del pacchetto politico; la loro posizione è estremamente intransigente sia sugli aspetti politici che in particolare su quelli militari – con il previsto dispiegamento di 28.000 militari della Nato – dell’accordo sull’autonomia della regione. Belgrado sarebbe rimasta sorda anche ad un pressante appello lanciato dal Ministro degli Esteri russo Ivanov per una rapida firma perlomeno della parte politica degli accordi. Starebbe quindi proseguendo, secondo fonti OSCE, un consistente dispiegamento di truppe e mezzi corazzati serbi sul confine con la Macedonia –in violazione degli accordi dell’ottobre scorso- con l’obiettivo per il momento di isolare le milizie dell’UCK e bloccarne i rifornimenti, ma anche di rafforzare la minaccia di un intervento in larga scala contro gli albanesi al primo effettivo sentore di un intervento armato della NATO.
Sul fronte negoziale si è deciso di lasciare un’ultima porta aperta ai serbi, configurando una sorta di aggiornamento dei lavori per qualche giorno con un invito ultimativo a Belgrado di aderire alle intese raggiunte a Rambouillet. Resta da capire cosa possa convincere Milosevic (che ha già rifiutato le offerte di Holbrooke in materia di progressiva eliminazione delle sanzioni). Il presidente jugoslavo sembra avere ormai deciso di mettere alla prova la NATO, valutando che subirne l’intervento militare sia preferibile ad una concessione di autonomia al Kossovo e, soprattutto, ad una garanzia internazionale "robusta" della sua attuazione.
Nel frattempo il Dipartimento di Stato ha invitato i cittadini statunitensi a lasciare il territorio jugoslavo per evitare che possano divenire bersaglio di rappresaglie nel caso di interventi armati della NATO mentre si starebbe organizzando l’evacuazione del personale non indispensabile dell’Ambasciata a Belgrado.

4. FRANCIA
Incoraggianti risultati economici per il 1998 diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica Economica. La crescita sarebbe stata superiore alle aspettative, mentre dati positivi proverrebbero anche dalla bilancia commerciale.
Le dinamiche positive illustrate dall’Istituto starebbero inducendo ad un clima di rinnovato ottimismo ed il Ministro dell’Economia Strauss-Kahn sottolinea la solidità delle basi sulle quali agiscono le attuali favorevoli tendenze. Secondo il rapporto diffuso, la crescita media generale dell’economia transalpina avrebbe toccato nel 1998 il 3,2%, con un risultato che supera abbondantemente il dato dell’anno precedente, ma anche le previsioni di crescita governative indicate nella legge finanziaria per il 1998. In aumento il consumo della famiglie, sostenuto da un forte incremento del potere d’acquisto, gli investimenti (con un rilancio sensibile degli acquisti di nuove case ed una ripresa degli investimenti delle imprese dopo la stagnazione del 1997) ed anche i posti di lavoro e l’occupazione.
Commentando questi risultati, il Ministro Strauss-Kahn ha evidenziato come abbiano finito per prevalere sui fenomeni congiunturali le ristrutturazioni profonde cui l’economia francese si è sottoposta. Dal Ministero dell’Economia provengono dati incoraggianti anche per quanto riguarda la bilancia commerciale, con un aumento di oltre il 6% delle esportazioni, anche se c’è da registrare un peggioramento nei conti con i paesi dell’Unione Europea.

Giorni dell'Europa


25/4/1999
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