1. GEORGIA - Nelle elezioni politiche vittoria di Shevardnadze.
Si profila come un trionfo il risultato del partito del Presidente georgiano
Eduard Shevardnadze, "Unione dei cittadini della Georgia", che nelle elezioni
politiche di domenica ha riportato il 44,5% dei suffragi, distanziando nettamente il
principale partito d'opposizione "Rinascita", guidato da Abashize che ha
ottenuto il 22,8% dei consensi. Il successo dell'ex Ministro degli esteri dell'Urss, oltre
a rappresentare un ottimo viatico per la scadenza presidenziale in calendario nella
primavera del 2000, avrà ripercussioni anche sulla politica internazionale.
Dei 33 partiti in lizza ben pochi vedranno eletto un proprio rappresentante al parlamento
di Tiblisi, in quanto la legge elettorale georgiana prevede una soglia del 7% per ottenere
un seggio in Parlamento. L'assise parlamentare georgiana è composta da 225 parlamentari,
mentre vedranno confermato il loro mandato i rappresentanti della regioni autonomista
dell'Abkhazia, dove per ragioni di sicurezza non è stato possibile allestire i seggi.
Il verdetto delle urne sarà fondamentale per il futuro schieramento della Georgia sulla
scena internazionale. Il Presidente Shevardnadze ha recentemente affermato che è sua
intenzione richiedere l'ingresso della Georgia nella Nato, nonché procedere allo
smantellamento delle basi militari che la Russia continua a detenere sul territorio
georgiano. Molto più filo-russa è invece la posizione di Abashize, cui intenzione è
anche intensificare i rapporti con gli altri soggetti della Comunità di Stati
Indipendenti. Shevardnadze ha commentato i risultati affermando che quella di ieri è
"una vittoria della democrazia e che i risultati testimoniano che la Georgia merita
di essere ammessa al Consiglio di Europa".
2. MACEDONIA - Le seconde elezioni presidenziali. I timori, espressi a vari livelli nel periodo pre elettorale, per il ritiro
dalla scena politica del Presidente Grigorov hanno trovato immediata conferma nelle
cronache della giornata elettorale. Infatti, le seconde elezioni presidenziali da quando
nel 1991 è nata la Repubblica di Macedonia, svoltesi domenica, sono state caratterizzate
da episodi di violenza verificatisi un po in tutto il paese.
In particolare, a Kumanovo, località a nord di Skopje, sono avvenuti scontri tra
esponenti del partito per l'Unità Nazionale Macedone e dell'Unione Social Democratica. Ma
gli incidenti di Kumanovo non sono rimasti isolati. Altri ne sono stati registrati, sempre
nelle vicinanze di Skopje, tra gruppi di albanesi appartenenti a differenti schieramenti
politici.
E' con questo scenario che si sta svolgendo lo spoglio dei voti che presumibilmente
porterà al ballottaggio, in quanto nessuno dei sei candidati alla presidenza raggiungerà
il quorum del 50%. Al momento, a riportare il maggior numero di voti sarebbero stati Tito
Petkvoski, candidato del partito comunista riformatore di Grigorov, con circa il 35% dei
voti e Boris Trajakovski, del partito di centro destra. Nel prossimo ballottaggio, in un
paese multietnico come la Macedonia, un ruolo fondamentale, se non addirittura cruciale,
potrebbe averlo il voto della minoranza albanese.
3. NORVEGIA - Vertice fra Usa, Israele e palestinesi a Oslo. E' iniziato ieri con una serie di incontri bilaterali e proseguirà nella
giornata di oggi con un summit a tre il vertice di Oslo dedicato al processo di pace in
Medio Oriente. Sebbene appare molto difficile che da questo incontro possano scaturire
risultati determinanti, il vertice odierno dovrebbe risultare utile per mettere a punto un
programma ed un calendario negoziale approvato da tutte le parti. I nodi da sciogliere
rimangono quelli di sempre: dallo status di Gerusalemme alle frontiere definitive del
nuovo Stato palestinese, dagli insediamenti israeliani a Gaza ed in Cisgiordania (per i
quali Arafat si attende da Clinton una pronuncia in favore delle sue tesi) ai profughi
palestinesi, con sullo sfondo la questione dello sfruttamento delle risorse idriche,
considerato sempre più come elemento chiave della futura pace.
Nella giornata di ieri un autorevole quotidiano israeliano ha affermato che Barak sarebbe
ormai pronto a riconoscere la fondazione di uno stato palestinese con capitale Gerusalemme
est, in cambio dell'annessione a Israele di tre grandi insediamenti in Cisgiordania. Il
riconoscimento dovrebbe avvenire, alla luce di quanto previsto negli accordi di Sharm
el-Sheikh, nel quadro dell'accordo che Israele e Autorità Nazionale Palestinese
dovrebbero concludere entro il prossimo febbraio. Nell'incontro bilaterale che ha avuto
luogo ieri sera, il premier israeliano Barak ha esposto al Presidente Clinton il suo
progetto per un regolamento definitivo della questione palestinese, informandolo di quelle
che sono le questioni irrinunciabili per Israele, quelle su cui è possibile fare piccole
concessioni ed, infine, quelle su cui c'è piena disponibilità a negoziare. Molto
positivo, stando a fonti degli entourage di entrambe le parti, è stato il successivo
incontro tra Barak ed Arafat, sebbene non avrebbero affrontato, nella discussione di circa
un'ora e mezza, nessuna delle questioni più spinose, nella consapevolezza che sarebbe
stato troppo presto, per il bene delle trattative confrontarsi fin da subito sui temi più
controversi.
Per quanto attiene il formato dei negoziati, gli Stati Uniti hanno interesse a colloqui a
tre, ai quali il Presidente Clinton tiene particolarmente nella speranza di potersi
fregiare, prima della scadenza del proprio mandato, di essere stato l'artefice della pace
in Medio Oriente. Da parte israeliana si propende invece per incontri bilaterali preceduti
da una mini conferenza stile Camp David.
Alla due giorni di Oslo prendono parte anche rappresentanti di Stati che nel corso degli
anni hanno giocato un ruolo, più o meno di primo piano, nel dipanarsi del processo di
pace medio orientale. Tra questi, il primo Ministro russo Putin, intenzionato a
sottolineare il ruolo che potrà essere svolto anche in futuro dalla Russia, nonché
esponenti marocchini, giordani e tunisini.
4. UCRAINA - Ballottaggio fra Kuchma e Simonenko per la
presidenza. I risultati delle elezioni svoltesi domenica per scegliere il prossimo Capo
dello Stato dell'Ucraina rendono necessario il ricorso al ballottaggio che dovrebbe aver
luogo il prossimo 14 novembre. L'incertezza sulla data è data dalla richiesta pervenuta
dal presidente della Commissione elettorale di rinviare il previsto secondo turno per
l'impossibilità di preparare e consegnare in tempo utile, presso i 33.000 seggi
elettorali sparsi in tutto il paese, le schede per il voto.
Al Presidente uscente Leonid Kuchma sono andati circa il 37% delle preferenze contro il
22,5 del capo del partito comunista Petro Simonenko. Kuchma cerca di difendere la sua
posizione di attuale presidente dal voto di protesta di una parte della popolazione
ucraina che sembra guardare con una certa nostalgia ai tempi dell'Urss. Di questo
sentimento si è fatto interprete Simonenko, che ha inserito nel suo programma di governo
non solo la ricostituzione dell'Urss, ma anche, ed è ciò che più conta, lo
smantellamento delle privatizzazioni già effettuate ed il ripristino dell'economia
socialista. Peraltro, in ragione dell'ampio margine con il quale Kuchma si è aggiudicato
la prima tornata elettorale, al secondo turno una vittoria di Simonenko non appare
plausibile anche sommando i volti dei candidati comunisti battuti a quelli da lui
ottenuti.