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Giorni dell'Europa

Martedì 15 giugno 1999

1. KOSSOVO – La forza di pace prende terreno.
Prosegue il dispiegamento della KFOR. Aumentano le resistenze dell’UCK a deporre le armi ed il numero dei serbi in fuga dalla regione. Continua il ritiro delle truppe di Milosevic. Questi in Parlamento ha perso l'appoggio dei nazionalisti di Seselj e con esso la maggioranza che lo sosteneva. Scoperte fosse comuni, testimonianza degli eccidi perpetrati dai serbi durante l'occupazione.
Prosegue ininterrottamente l'entrata delle truppe della forza multinazionale di sicurezza nella regione kossovara e la capitale Pristina, che nella notte tra venerdì e sabato era stata oggetto del "blitz" dei paracadutisti russi, è ormai sotto il controllo delle truppe inglesi. Anche gli altri contingenti proseguono senza particolari difficoltà nella attività di occupazione del territorio (in Kosovo sono già presenti oltre 14.000 uomini della forza multinazionale) ed i bersaglieri della "Garibaldi" sono giunti a Pec, dove lo scenario presentatosi davanti ai loro occhi è quello tipico di una città fantasma. I problemi più gravi derivano dalla resistenza che i guerriglieri dell’UCK stanno opponendo nella consegna delle armi: solo pochi di loro accettano di deporle mentre la maggioranza si rifiuta. Il leader dei guerriglieri, Thaci, ha sostenuto che è impossibile che siano consegnate in quanto questa è una richiesta che può essere mossa ad un gruppo di guerriglieri ma non ad un esercito regolare qual è l’UCK. Inoltre, lo stesso Thaci teme che l'esercito russo possa prendere, in Kosovo, il posto di quello serbo ed ha ammonito che non può assolutamente garantire per la sicurezza dei militari russi. Prosegue, in generale positivamente ma con non pochi scontri armati, il ritiro delle truppe della RFJ dalla regione, le quali durante la ritirata non mancano di perpetrare gli ultimi saccheggi. Il ritiro delle forze serbe dal Kosovo ha dato adito al leader dei nazionalisti serbi, Seselj, di ritirare il proprio appoggio in parlamento al presidente Milosevic, che da ieri non gode più di una maggioranza parlamentare.
Altro effetto del dispiegamento della KFOR è l'abbandono della regione da parte della popolazione serba. Quello che era un timore alla vigilia dell'operazione, si va ora delineando come una realtà, estremamente sintomatica delle difficoltà che si profilano per il completo successo dell'intera operazione che era stata presentata come un'azione da svolgersi in "terreno favorevole".
Intanto, ai militari della forza multinazionale si presentano le atrocità commesse negli ultimi mesi in Kossovo. La scoperta di fosse comuni a Prizen e Kacanik testimonia la durezza delle atrocità commesse negli ultimi mesi da parte dei serbi.

2. BENELUX – Cambiano le maggioranze.
Elezioni legislative in Belgio e Lussemburgo. Nel Granducato cambia la maggioranza e si afferma il centro-destra. In Belgio i cristiano-sociali perdono dopo circa cinquanta anni la maggioranza relativa a scapito dei liberali. Grossa affermazione dei verdi sia nella regione vallone sia nelle Fiandre. Le dimissioni del Primo Ministro Dehaene, in carica dal 1991.
Particolarmente pesante la sconfitta per il partito fiammingo cristiano-sociale CVP del Primo Ministro Jean-Luc Dehaene, che ha già rassegnato le dimissioni al Re Alberto II e non esclude di lasciare la vita politica attiva, pur lanciando un appello alle forze politiche belghe per una rapida formazione di un nuovo governo che possa "affrontare nella pienezza dei poteri le conseguenze del caso diossina".
In realtà, il quadro politico che pare delinearsi dalle elezioni non sembra consentire facili ottimisti per un'immediata costituzione di un nuovo esecutivo a Bruxelles. La maggioranza uscente cristiano-sociale e socialista, chiaramente messa in discussione dagli elettori, non dispone ormai più della maggioranza parlamentare, mentre il partito liberale diventa il primo del Belgio, superando quello cristiano-sociale, cardine di ogni maggioranza negli ultimi cinquant'anni. Forte affermazione dei verdi - sia per quanto riguarda i francofoni "Ecolò" che i fiamminghi "Agalev" - che sembrano aver catalizzato sia la protesta per come è stato fronteggiato il recente scandalo della diossina (le cui conseguenze stanno colpendo pesantemente l'economia nazionale) sia l'insoddisfazione che affonda in episodi più lontani nel tempo, come l'indignazione che attraversò il paese in occasione della colpevole inefficienza dimostrata dalla forze dell'ordine nelle inchieste sui casi di pedofilia in Vallonia.
Sarebbe insomma stato inviato dagli elettori belgi un chiaro messaggio sulla voglia di cambiamento del panorama politico, con una manifesta stanchezza dell'elettorato verso quelle pratiche, definite "compromis à la belge", accusate di aver prodotto scandali ed inefficienza, senza mai veramente giungere alle definizione dei responsabili.
Anche nel vicino Granducato del Lussemburgo i risultati delle elezioni politiche di domenica bocciano la maggioranza al potere, spostando verso destra l'asse politico del paese. I liberali superano infatti i socialisti e diventano il secondo partito, alle spalle dei cristiano-sociali, che si confermano prima forza del Granducato sia pure con una lieve flessione e perdita dei seggi. Le conseguenze dovrebbero comunque essere meno traumatiche che in Belgio: il Primo Ministro uscente, il cristiano-sociale Jean Claude Juncker, dovrebbe con ogni probabilità essere incaricato di formare il nuovo esecutivo di centro-destra che governerà il paese nella nuova legislatura. Attualmente, tra i Quindici soltanto la Spagna e l'Irlanda sono governate da maggioranze di centro-destra.

3. ELEZIONI EUROPEE – Cala dovunque la partecipazione.
I dati sull'affluenza confermano il calo di partecipazione a livello europeo rispetto alle elezioni del 1994. Il Partito Popolare Europeo per la prima volta partito di maggioranza relativo all'Assemblea di Strasburgo. Soddisfazione per i dati sul voto degli italiani residenti nei Paesi dell'Unione.
In calo la partecipazione in tutti i paesi dell'Unione, con i soli Paesi iberici in controtendenza assieme all'Irlanda. Accanto ai record negativi di Regno Unito (23% dei votanti) e dei Paesi Bassi (29,9%) colpisce anche il basso livello di partecipazione nei paesi che hanno aderito nel 1995, con in testa la Finlandia (30,1%), alla vigilia della sua prima Presidenza di turno, la Svezia (38,3%) e l'Austria (49%). Anche in Francia e Germania più della metà degli aventi diritto non si sono recati alle urne, mentre l'Italia, pur se con una partecipazione in diminuzione rispetto al 1994 (70,8% contro 74,8%), resta tra i paesi con l'elettorato maggiormente partecipativo, superata soltanto dal Lussemburgo e Belgio, dove il voto è obbligatorio e dove si svolgevano in concomitanza le elezioni legislative.
Dai risultati ormai quasi definitivi, emerge che il Partito Popolare Europeo ha ottenuto la maggioranza relativa nella nuova Assemblea di Strasburgo, per la prima volta da quando sono state introdotte le elezioni a suffragio universale e diretto per il Parlamento Europeo. Ciò sposta verso destra il panorama politico nell'Europarlamento, in concomitanza con l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam e con gli accresciuti poteri del Parlamento. Qualche analista ipotizza futuri ed accresciuti contrasti con il Consiglio, espressione invece di governi in larga parte di centro-sinistra (con la sola eccezione di Spagna, Irlanda e molto presto del Lussemburgo, dopo i risultati delle elezioni di domenica): in realtà le maggioranze richieste in ambito parlamentare a Strasburgo sono tali che rendono sempre necessaria l'intesa tra i gruppi principali (PPE, PSE e liberali), probabilmente senza grossi cambiamenti.
Soddisfazione per il dato sul voto degli italiani residenti nei 14 paesi dell'Unione che ha visto salire la percentuale dei votanti al 19,4, segnando un incremento del 2% rispetto ai dati del 1994. Tale incremento della partecipazione al voto, in controtendenza con i dati nazionali e continentali, è stato reso possibile in virtù dello sforzo di coordinamento messo in atto dall'Unità Elezioni Europee del Ministero degli Esteri nonché dall'intera rete diplomatico-consolare, e si è verificato sebbene l'attuale normativa, a differenza di quanto quella in vigore nella precedente tornata elettorale, permettesse ai connazionali di votare anche negli Stati di residenza.

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15 giugno 1999
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