1. KOSSOVO La forza di pace prende terreno. Prosegue il dispiegamento della KFOR. Aumentano le resistenze dellUCK a
deporre le armi ed il numero dei serbi in fuga dalla regione. Continua il ritiro delle
truppe di Milosevic. Questi in Parlamento ha perso l'appoggio dei nazionalisti di Seselj e
con esso la maggioranza che lo sosteneva. Scoperte fosse comuni, testimonianza degli
eccidi perpetrati dai serbi durante l'occupazione.
Prosegue ininterrottamente l'entrata delle truppe della forza multinazionale di sicurezza
nella regione kossovara e la capitale Pristina, che nella notte tra venerdì e sabato era
stata oggetto del "blitz" dei paracadutisti russi, è ormai sotto il controllo
delle truppe inglesi. Anche gli altri contingenti proseguono senza particolari difficoltà
nella attività di occupazione del territorio (in Kosovo sono già presenti oltre 14.000
uomini della forza multinazionale) ed i bersaglieri della "Garibaldi" sono
giunti a Pec, dove lo scenario presentatosi davanti ai loro occhi è quello tipico di una
città fantasma. I problemi più gravi derivano dalla resistenza che i guerriglieri
dellUCK stanno opponendo nella consegna delle armi: solo pochi di loro accettano di
deporle mentre la maggioranza si rifiuta. Il leader dei guerriglieri, Thaci, ha sostenuto
che è impossibile che siano consegnate in quanto questa è una richiesta che può essere
mossa ad un gruppo di guerriglieri ma non ad un esercito regolare qual è lUCK.
Inoltre, lo stesso Thaci teme che l'esercito russo possa prendere, in Kosovo, il posto di
quello serbo ed ha ammonito che non può assolutamente garantire per la sicurezza dei
militari russi. Prosegue, in generale positivamente ma con non pochi scontri armati, il
ritiro delle truppe della RFJ dalla regione, le quali durante la ritirata non mancano di
perpetrare gli ultimi saccheggi. Il ritiro delle forze serbe dal Kosovo ha dato adito al
leader dei nazionalisti serbi, Seselj, di ritirare il proprio appoggio in parlamento al
presidente Milosevic, che da ieri non gode più di una maggioranza parlamentare.
Altro effetto del dispiegamento della KFOR è l'abbandono della regione da parte della
popolazione serba. Quello che era un timore alla vigilia dell'operazione, si va ora
delineando come una realtà, estremamente sintomatica delle difficoltà che si profilano
per il completo successo dell'intera operazione che era stata presentata come un'azione da
svolgersi in "terreno favorevole".
Intanto, ai militari della forza multinazionale si presentano le atrocità commesse negli
ultimi mesi in Kossovo. La scoperta di fosse comuni a Prizen e Kacanik testimonia la
durezza delle atrocità commesse negli ultimi mesi da parte dei serbi.
2. BENELUX Cambiano le maggioranze. Elezioni legislative in Belgio e Lussemburgo. Nel Granducato cambia la
maggioranza e si afferma il centro-destra. In Belgio i cristiano-sociali perdono dopo
circa cinquanta anni la maggioranza relativa a scapito dei liberali. Grossa affermazione
dei verdi sia nella regione vallone sia nelle Fiandre. Le dimissioni del Primo Ministro
Dehaene, in carica dal 1991.
Particolarmente pesante la sconfitta per il partito fiammingo cristiano-sociale CVP del
Primo Ministro Jean-Luc Dehaene, che ha già rassegnato le dimissioni al Re Alberto II e
non esclude di lasciare la vita politica attiva, pur lanciando un appello alle forze
politiche belghe per una rapida formazione di un nuovo governo che possa "affrontare
nella pienezza dei poteri le conseguenze del caso diossina".
In realtà, il quadro politico che pare delinearsi dalle elezioni non sembra consentire
facili ottimisti per un'immediata costituzione di un nuovo esecutivo a Bruxelles. La
maggioranza uscente cristiano-sociale e socialista, chiaramente messa in discussione dagli
elettori, non dispone ormai più della maggioranza parlamentare, mentre il partito
liberale diventa il primo del Belgio, superando quello cristiano-sociale, cardine di ogni
maggioranza negli ultimi cinquant'anni. Forte affermazione dei verdi - sia per quanto
riguarda i francofoni "Ecolò" che i fiamminghi "Agalev" - che
sembrano aver catalizzato sia la protesta per come è stato fronteggiato il recente
scandalo della diossina (le cui conseguenze stanno colpendo pesantemente l'economia
nazionale) sia l'insoddisfazione che affonda in episodi più lontani nel tempo, come
l'indignazione che attraversò il paese in occasione della colpevole inefficienza
dimostrata dalla forze dell'ordine nelle inchieste sui casi di pedofilia in Vallonia.
Sarebbe insomma stato inviato dagli elettori belgi un chiaro messaggio sulla voglia di
cambiamento del panorama politico, con una manifesta stanchezza dell'elettorato verso
quelle pratiche, definite "compromis à la belge", accusate di aver
prodotto scandali ed inefficienza, senza mai veramente giungere alle definizione dei
responsabili.
Anche nel vicino Granducato del Lussemburgo i risultati delle elezioni politiche di
domenica bocciano la maggioranza al potere, spostando verso destra l'asse politico del
paese. I liberali superano infatti i socialisti e diventano il secondo partito, alle
spalle dei cristiano-sociali, che si confermano prima forza del Granducato sia pure con
una lieve flessione e perdita dei seggi. Le conseguenze dovrebbero comunque essere meno
traumatiche che in Belgio: il Primo Ministro uscente, il cristiano-sociale Jean Claude
Juncker, dovrebbe con ogni probabilità essere incaricato di formare il nuovo esecutivo di
centro-destra che governerà il paese nella nuova legislatura. Attualmente, tra i Quindici
soltanto la Spagna e l'Irlanda sono governate da maggioranze di centro-destra.
3. ELEZIONI EUROPEE Cala dovunque la partecipazione. I dati sull'affluenza confermano il calo di partecipazione a livello europeo
rispetto alle elezioni del 1994. Il Partito Popolare Europeo per la prima volta partito di
maggioranza relativo all'Assemblea di Strasburgo. Soddisfazione per i dati sul voto degli
italiani residenti nei Paesi dell'Unione.
In calo la partecipazione in tutti i paesi dell'Unione, con i soli Paesi iberici in
controtendenza assieme all'Irlanda. Accanto ai record negativi di Regno Unito (23% dei
votanti) e dei Paesi Bassi (29,9%) colpisce anche il basso livello di partecipazione nei
paesi che hanno aderito nel 1995, con in testa la Finlandia (30,1%), alla vigilia della
sua prima Presidenza di turno, la Svezia (38,3%) e l'Austria (49%). Anche in Francia e
Germania più della metà degli aventi diritto non si sono recati alle urne, mentre
l'Italia, pur se con una partecipazione in diminuzione rispetto al 1994 (70,8% contro
74,8%), resta tra i paesi con l'elettorato maggiormente partecipativo, superata soltanto
dal Lussemburgo e Belgio, dove il voto è obbligatorio e dove si svolgevano in
concomitanza le elezioni legislative.
Dai risultati ormai quasi definitivi, emerge che il Partito Popolare Europeo ha ottenuto
la maggioranza relativa nella nuova Assemblea di Strasburgo, per la prima volta da quando
sono state introdotte le elezioni a suffragio universale e diretto per il Parlamento
Europeo. Ciò sposta verso destra il panorama politico nell'Europarlamento, in
concomitanza con l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam e con gli accresciuti
poteri del Parlamento. Qualche analista ipotizza futuri ed accresciuti contrasti con il
Consiglio, espressione invece di governi in larga parte di centro-sinistra (con la sola
eccezione di Spagna, Irlanda e molto presto del Lussemburgo, dopo i risultati delle
elezioni di domenica): in realtà le maggioranze richieste in ambito parlamentare a
Strasburgo sono tali che rendono sempre necessaria l'intesa tra i gruppi principali (PPE,
PSE e liberali), probabilmente senza grossi cambiamenti.
Soddisfazione per il dato sul voto degli italiani residenti nei 14 paesi dell'Unione che
ha visto salire la percentuale dei votanti al 19,4, segnando un incremento del 2% rispetto
ai dati del 1994. Tale incremento della partecipazione al voto, in controtendenza con i
dati nazionali e continentali, è stato reso possibile in virtù dello sforzo di
coordinamento messo in atto dall'Unità Elezioni Europee del Ministero degli Esteri
nonché dall'intera rete diplomatico-consolare, e si è verificato sebbene l'attuale
normativa, a differenza di quanto quella in vigore nella precedente tornata elettorale,
permettesse ai connazionali di votare anche negli Stati di residenza.