Gli oltre 50 giorni di pressione militare iniziano a scalfire le posizioni di
Milosevic: il lungo colloquio di otto ore con Cernomyrdin a Belgrado sembra aver
registrato un avvicinamento del leader serbo ai soli principi indicati nel documento del
G8, che sarebbe accettato da Milosevic come base negoziale, mentre rimane ancora molto da
discutere in relazione alle condizioni operative del piano di pace. Immediata la risposta
della NATO: non appena il mediatore russo lascia la capitale serba per recarsi a Mosca,
dove oggi discuterà con Talbott circa gli esiti degli incontri, la parziale accettazione
delle condizioni della NATO causa un immediato e fortissimo bombardamento su Belgrado,
dove un missile colpisce un ospedale nel centro della città e la sede dell'Ambasciata di
Svezia. Proseguono i lavori del G8. Cenni di malessere arrivano anche dalle truppe serbe
che ieri hanno registrato i primi ammutinamenti.
Accertare se gli spiragli di apertura filtrati negli ultimissimi giorni da Belgrado sono
sostenuti da uneffettiva volontà di negoziare e, in caso positivo, tentare di
convincere Slobodan Milosevic a cogliere l'attimo favorevole per mettere fine alla guerra.
Questo era l'obiettivo dell'ennesimo viaggio a Belgrado di Victor Cernomyrdin. La base
negoziale da mettere sul tavolo di Milosevic era stata messa a punto dallo stesso
Cernomyrdin con Strobe Talbott e con Martti Ahtisaari, coi quali oggi il mediatore russo
tornerà ad incontrarsi a Mosca per valutare gli esiti del lungo incontro, elemento questo
che fa ritenere che, come detto da Talbott, non ci sono differenze sostanziali tra Mosca e
Washington per la soluzione della crisi. Ma ai segnali di disponibilità che negli ultimi
giorni erano giunti da Belgrado ha fatto seguito, nei colloqui di ieri, l'accettazione
solo dei principi stabiliti nel documento elaborato dal G8, e la conseguente volontà
serba di sedersi attorno ad un tavolo per negoziare sulla base di quegli stessi principi.
I nodi ancora da sciogliere rimangono sempre gli stessi: l'impegno circa le modalità ed i
tempi del ritiro delle truppe serbe dal Kosovo nonché la composizione della forza di pace
che dovrà schierarsi nella regione kossovara per facilitare il rientro dei profughi.
Al successo parziale della missione di Cernomyrdin, come per ribadire l'irrevocabilità
delle condizioni poste, ha fatto seguito un cruentissimo bombardamento su Belgrado, il
più duro nelle ultime due settimane. Non appena l'aereo del mediatore russo ha lasciato
la capitale serba, una serie di missili si sono abbattuti sulla città, dove un missile
NATO ha causato un nuovo danno collaterale". In particolare, è stato colpito
l'ospedale "Dragisa Misovic", probabilmente il migliore di Belgrado, ubicato non
lontano da un deposito di gas che rappresentava il vero obiettivo. L'incidente ha causato
la morte di almeno tre persone ed il ferimento di numerose altre. Dai missili NATO è
stata colpita anche la sede dell'Ambasciata di Svezia.
Ciò nonostante, i commenti provenienti dalle capitali occidentali erano improntati ad un
cauto ottimismo: il portavoce del Dipartimento di Stato Rubin ha affermato che "il
lavoro diplomatico sta facendo consistenti progressi" e dichiarazioni positive sono
state rilasciate anche dai direttori politici del G8 riuniti in Germania. Nel corso della
riunione di Bonn sono stati compiuti progressi, non determinanti, in vista della stesura
del testo di una risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza che goda dei favori
sia della NATO sia di Mosca. Uno dei punti da chiarire riguarda la composizione della
forza, la quale dovrebbe essere composta almeno da 45.000 militari, il doppio rispetto al
numero precedentemente pensato. Il sempre maggiore "recupero" delle Nazioni
Unite come cornice all'interno della quale inquadrare il negoziato è registrato anche dal
maggiore coinvolgimento dei suoi inviati nelle consultazioni in corso: Karl Bildt e Kukan,
tra oggi e domani, si recheranno a Mosca per incontrare Cernomyrdin ed Ivanov.
Per supportare la proposta italiana, oggi il Presidente del Consiglio si reca a Bruxelles
dove incontrerà Solana al quale esporrà nei dettagli la posizione del Governo.
Nel frattempo, gli effetti dei bombardamenti iniziano a farsi avvertire sulle truppe
serbe: un numero imprecisato di riservisti serbi, tra 500 e 1000, avrebbe abbandonato nei
giorni scorsi l'esercito determinando un ulteriore aggravio di "lavoro" sulla
polizia militare, più vicina, anche politicamente a Milosevic.
2. UNGHERIA Discussione sulla Voivodina. Il dibattito sul futuro della Voivodina, connesso con l'evolversi della crisi
del Kossovo, riporta dopo decenni alla ribalta delle forze politiche e dell'opinione
pubblica ungherese la questione delle minoranze magiare all'estero e della loro autonomia.
Il conflitto del Kossovo, ed in misura maggiore la soluzione politica che sarà adottata
al termine dell'intervento armato (autonomia con garanzia internazionale o Kossovo
indipendente) hanno riacceso per analogia in Ungheria un dibattito sul futuro della
regione jugoslava della Voivodina, dove vive una consistente minoranza magiara che assomma
tra i trecento e i trecentocinquantamila individui. Lo sviluppo di tale dibattito porta
però intrinsecamente con sé anche una dimensione più larga, coinvolgendo, per il
momento ancora in embrione, una considerazione generale sulla situazione delle minoranze
ungheresi all'estero e sulla loro autonomia, con rischi di tensione nei rapporti con la
Romania, la Slovacchia e l'Ucraina.
In effetti, fino a prima dello scoppio della crisi in Kossovo, né il governo né le forze
politiche ungheresi avevano mai posto, perlomeno formalmente, il problema del ripristino
dell'autonomia in Voivodina e Budapest era stata attenta a non creare particolari tensioni
con Belgrado sulla questione. Adesso, però, con il nuovo scenario in fase di creazione,
l'ipotesi di un Kossovo indipendente non solo non viene visto come un tabù, ma anzi
sarebbe interpretato come un evento positivo che potrebbe aprire la via a soluzioni
analoghe per gli ungheresi della Voivodina (e frange più estremiste non escluderebbero
riunificazioni con la madrepatria) ed, in prospettiva, creare analoghi scenari per le
comunità ungheresi negli altri paesi limitrofi.
Le posizioni delle varie componenti politiche ungheresi appaiono sfaccettate, ma le idee
più radicali non sarebbero esclusivo appannaggio dell'estrema destra, ma anche di alcuni
esponenti della maggioranza governativa. Al di là della posizione estrema, sembrerebbe
però farsi sempre più strada nelle forze politiche di maggioranza l'idea che, al momento
opportuno, i negoziati di pace dovrebbero affrontare, assieme al futuro del Kossovo, anche
quello della Vojvodina e che, oltre al ripristino dell'autonomia in generale della
provincia, la tutela specifica della minoranza magiara dovrebbe essere assicurata da
ulteriori forme di autonomia territoriale da riferirsi alle zone abitate in maggioranza da
ungheresi all'interno della regione. Più defilata la posizione dell'opposizione, che
lascerebbe alla minoranza stessa l'individuazione delle forme più opportune.
Su tale problema, ed in particolare sul legame tra i futuri assetti di Kossovo e
Voivodina, l'atteggiamento del governo si sarebbe finora rivelato contraddittorio, con
riconoscimenti e negazioni di tale interdipendenza. Questa indecisione sembrerebbe
riflettere da un lato la ricordata posizione dei partiti che sostengono la maggioranza, ma
dall'altro anche la chiara percezione che in ambito NATO eventuali prese di posizioni
ufficiali di Budapest sulla Voivodina e sulla questione delle minoranze magiare all'estero
sarebbero poco apprezzate.
3. PAESI BASSI - Le dimissioni del governo. Il premier Kok cade dopo la bocciatura al Senato del progetto di legge per
l'istituzione del referendum ad iniziativa popolare.
Al potere dal 1994 con una coalizione formata da laburisti, liberali di destra e liberali
di sinistra confermata alle elezioni dello scorso anno, il Primo Ministro Wim Kok ha
rassegnato le dimissioni nelle mani della Regina Beatrice dopo che un senatore del partito
liberale di destra, votando contro al Senato, aveva determinato la bocciatura del disegno
di legge volto ad introdurre anche nei Paesi Bassi l'istituto del referendum ad iniziativa
popolare, fortemente sostenuto dalla formazione D66 (liberali di sinistra). Lo scenario
che si apre non ha i contorni ben definiti: taluni ipotizzano la formazione di una
"grande coalizione" tra i laburisti ed i popolari (la principale forza di
opposizione), ma non si esclude anche il ricorso anticipato alle urne.
4. CONSIGLIO EUROPEO CULTURA - Riunione informale a Weimar,
capitale europea della cultura per il 1999. Nel corso di due giorni di riunione, i delegati hanno raggiunto un accordo su
un progetto di finanziamento per circa 170 milioni di euro a favore del Programma 2000 da
sottoporre all'approvazione formale del Consiglio Cultura nella sua sessione del 28 giugno
prossimo a Lussemburgo. Ampio spazio e' stato anche dedicato alla crisi del Kossovo ed
alle conseguenze sul patrimonio culturale della crisi in atto nella regione. E' stata
altresì unanimemente sottolineata la necessità che non sia cancellata l'identità
culturale delle centinaia di migliaia di profughi costretti a lasciare la regione.
5. POLONIA In Italia il primo ministro. Il Presidente del Consiglio D'Alema ha incontrato il collega polacco Buzek per
colloqui incentrati sulle relazioni bilaterali, sulla situazione nei Balcani, sui seguiti
del vertice NATO di Washington e sul processo di adesione della Polonia all'Unione
Europea. Al termine dei colloqui, il Presidente D'Alema ha evidenziato il "grande
senso di amicizia" che lega i due Paesi.