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Giorni dell'Europa

Giovedì 20 maggio 1999

1. KOSSOVO – La Serbia comincia a cedere.
Gli oltre 50 giorni di pressione militare iniziano a scalfire le posizioni di Milosevic: il lungo colloquio di otto ore con Cernomyrdin a Belgrado sembra aver registrato un avvicinamento del leader serbo ai soli principi indicati nel documento del G8, che sarebbe accettato da Milosevic come base negoziale, mentre rimane ancora molto da discutere in relazione alle condizioni operative del piano di pace. Immediata la risposta della NATO: non appena il mediatore russo lascia la capitale serba per recarsi a Mosca, dove oggi discuterà con Talbott circa gli esiti degli incontri, la parziale accettazione delle condizioni della NATO causa un immediato e fortissimo bombardamento su Belgrado, dove un missile colpisce un ospedale nel centro della città e la sede dell'Ambasciata di Svezia. Proseguono i lavori del G8. Cenni di malessere arrivano anche dalle truppe serbe che ieri hanno registrato i primi ammutinamenti.
Accertare se gli spiragli di apertura filtrati negli ultimissimi giorni da Belgrado sono sostenuti da un’effettiva volontà di negoziare e, in caso positivo, tentare di convincere Slobodan Milosevic a cogliere l'attimo favorevole per mettere fine alla guerra. Questo era l'obiettivo dell'ennesimo viaggio a Belgrado di Victor Cernomyrdin. La base negoziale da mettere sul tavolo di Milosevic era stata messa a punto dallo stesso Cernomyrdin con Strobe Talbott e con Martti Ahtisaari, coi quali oggi il mediatore russo tornerà ad incontrarsi a Mosca per valutare gli esiti del lungo incontro, elemento questo che fa ritenere che, come detto da Talbott, non ci sono differenze sostanziali tra Mosca e Washington per la soluzione della crisi. Ma ai segnali di disponibilità che negli ultimi giorni erano giunti da Belgrado ha fatto seguito, nei colloqui di ieri, l'accettazione solo dei principi stabiliti nel documento elaborato dal G8, e la conseguente volontà serba di sedersi attorno ad un tavolo per negoziare sulla base di quegli stessi principi. I nodi ancora da sciogliere rimangono sempre gli stessi: l'impegno circa le modalità ed i tempi del ritiro delle truppe serbe dal Kosovo nonché la composizione della forza di pace che dovrà schierarsi nella regione kossovara per facilitare il rientro dei profughi.
Al successo parziale della missione di Cernomyrdin, come per ribadire l'irrevocabilità delle condizioni poste, ha fatto seguito un cruentissimo bombardamento su Belgrado, il più duro nelle ultime due settimane. Non appena l'aereo del mediatore russo ha lasciato la capitale serba, una serie di missili si sono abbattuti sulla città, dove un missile NATO ha causato un nuovo danno collaterale". In particolare, è stato colpito l'ospedale "Dragisa Misovic", probabilmente il migliore di Belgrado, ubicato non lontano da un deposito di gas che rappresentava il vero obiettivo. L'incidente ha causato la morte di almeno tre persone ed il ferimento di numerose altre. Dai missili NATO è stata colpita anche la sede dell'Ambasciata di Svezia.
Ciò nonostante, i commenti provenienti dalle capitali occidentali erano improntati ad un cauto ottimismo: il portavoce del Dipartimento di Stato Rubin ha affermato che "il lavoro diplomatico sta facendo consistenti progressi" e dichiarazioni positive sono state rilasciate anche dai direttori politici del G8 riuniti in Germania. Nel corso della riunione di Bonn sono stati compiuti progressi, non determinanti, in vista della stesura del testo di una risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza che goda dei favori sia della NATO sia di Mosca. Uno dei punti da chiarire riguarda la composizione della forza, la quale dovrebbe essere composta almeno da 45.000 militari, il doppio rispetto al numero precedentemente pensato. Il sempre maggiore "recupero" delle Nazioni Unite come cornice all'interno della quale inquadrare il negoziato è registrato anche dal maggiore coinvolgimento dei suoi inviati nelle consultazioni in corso: Karl Bildt e Kukan, tra oggi e domani, si recheranno a Mosca per incontrare Cernomyrdin ed Ivanov.
Per supportare la proposta italiana, oggi il Presidente del Consiglio si reca a Bruxelles dove incontrerà Solana al quale esporrà nei dettagli la posizione del Governo.
Nel frattempo, gli effetti dei bombardamenti iniziano a farsi avvertire sulle truppe serbe: un numero imprecisato di riservisti serbi, tra 500 e 1000, avrebbe abbandonato nei giorni scorsi l'esercito determinando un ulteriore aggravio di "lavoro" sulla polizia militare, più vicina, anche politicamente a Milosevic.

2. UNGHERIA – Discussione sulla Voivodina.
Il dibattito sul futuro della Voivodina, connesso con l'evolversi della crisi del Kossovo, riporta dopo decenni alla ribalta delle forze politiche e dell'opinione pubblica ungherese la questione delle minoranze magiare all'estero e della loro autonomia.
Il conflitto del Kossovo, ed in misura maggiore la soluzione politica che sarà adottata al termine dell'intervento armato (autonomia con garanzia internazionale o Kossovo indipendente) hanno riacceso per analogia in Ungheria un dibattito sul futuro della regione jugoslava della Voivodina, dove vive una consistente minoranza magiara che assomma tra i trecento e i trecentocinquantamila individui. Lo sviluppo di tale dibattito porta però intrinsecamente con sé anche una dimensione più larga, coinvolgendo, per il momento ancora in embrione, una considerazione generale sulla situazione delle minoranze ungheresi all'estero e sulla loro autonomia, con rischi di tensione nei rapporti con la Romania, la Slovacchia e l'Ucraina.
In effetti, fino a prima dello scoppio della crisi in Kossovo, né il governo né le forze politiche ungheresi avevano mai posto, perlomeno formalmente, il problema del ripristino dell'autonomia in Voivodina e Budapest era stata attenta a non creare particolari tensioni con Belgrado sulla questione. Adesso, però, con il nuovo scenario in fase di creazione, l'ipotesi di un Kossovo indipendente non solo non viene visto come un tabù, ma anzi sarebbe interpretato come un evento positivo che potrebbe aprire la via a soluzioni analoghe per gli ungheresi della Voivodina (e frange più estremiste non escluderebbero riunificazioni con la madrepatria) ed, in prospettiva, creare analoghi scenari per le comunità ungheresi negli altri paesi limitrofi.
Le posizioni delle varie componenti politiche ungheresi appaiono sfaccettate, ma le idee più radicali non sarebbero esclusivo appannaggio dell'estrema destra, ma anche di alcuni esponenti della maggioranza governativa. Al di là della posizione estrema, sembrerebbe però farsi sempre più strada nelle forze politiche di maggioranza l'idea che, al momento opportuno, i negoziati di pace dovrebbero affrontare, assieme al futuro del Kossovo, anche quello della Vojvodina e che, oltre al ripristino dell'autonomia in generale della provincia, la tutela specifica della minoranza magiara dovrebbe essere assicurata da ulteriori forme di autonomia territoriale da riferirsi alle zone abitate in maggioranza da ungheresi all'interno della regione. Più defilata la posizione dell'opposizione, che lascerebbe alla minoranza stessa l'individuazione delle forme più opportune.
Su tale problema, ed in particolare sul legame tra i futuri assetti di Kossovo e Voivodina, l'atteggiamento del governo si sarebbe finora rivelato contraddittorio, con riconoscimenti e negazioni di tale interdipendenza. Questa indecisione sembrerebbe riflettere da un lato la ricordata posizione dei partiti che sostengono la maggioranza, ma dall'altro anche la chiara percezione che in ambito NATO eventuali prese di posizioni ufficiali di Budapest sulla Voivodina e sulla questione delle minoranze magiare all'estero sarebbero poco apprezzate.

3. PAESI BASSI - Le dimissioni del governo.
Il premier Kok cade dopo la bocciatura al Senato del progetto di legge per l'istituzione del referendum ad iniziativa popolare.
Al potere dal 1994 con una coalizione formata da laburisti, liberali di destra e liberali di sinistra confermata alle elezioni dello scorso anno, il Primo Ministro Wim Kok ha rassegnato le dimissioni nelle mani della Regina Beatrice dopo che un senatore del partito liberale di destra, votando contro al Senato, aveva determinato la bocciatura del disegno di legge volto ad introdurre anche nei Paesi Bassi l'istituto del referendum ad iniziativa popolare, fortemente sostenuto dalla formazione D66 (liberali di sinistra). Lo scenario che si apre non ha i contorni ben definiti: taluni ipotizzano la formazione di una "grande coalizione" tra i laburisti ed i popolari (la principale forza di opposizione), ma non si esclude anche il ricorso anticipato alle urne.

4. CONSIGLIO EUROPEO CULTURA - Riunione informale a Weimar, capitale europea della cultura per il 1999.
Nel corso di due giorni di riunione, i delegati hanno raggiunto un accordo su un progetto di finanziamento per circa 170 milioni di euro a favore del Programma 2000 da sottoporre all'approvazione formale del Consiglio Cultura nella sua sessione del 28 giugno prossimo a Lussemburgo. Ampio spazio e' stato anche dedicato alla crisi del Kossovo ed alle conseguenze sul patrimonio culturale della crisi in atto nella regione. E' stata altresì unanimemente sottolineata la necessità che non sia cancellata l'identità culturale delle centinaia di migliaia di profughi costretti a lasciare la regione.

5. POLONIA – In Italia il primo ministro.
Il Presidente del Consiglio D'Alema ha incontrato il collega polacco Buzek per colloqui incentrati sulle relazioni bilaterali, sulla situazione nei Balcani, sui seguiti del vertice NATO di Washington e sul processo di adesione della Polonia all'Unione Europea. Al termine dei colloqui, il Presidente D'Alema ha evidenziato il "grande senso di amicizia" che lega i due Paesi.

Giorni dell'Europa


31 luglio 1999
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