i-se08

Scheda di lavoro del Gruppo Ppi del Senato
Commissione parlamentare d’inchiesta sul dissesto dei consorzi agrari
Dieci anni di gestione
dei consorzi agrari

Istituzione e compiti della Commissione; notizie e dati sulla vicenda Federconsorzi

di Raffaella Di Sipio

ISTITUZIONE
La Commissione parlamentare d’inchiesta sul dissesto della Federazione italiana dei consorzi agrari viene istituita con la legge 2 marzo 1998, n.33 ed è composta da 20 senatori e da 20 deputati.

COMPITI DELLA COMMISSIONE D’INCHIESTA
- Esaminare le attività, la gestione, la situazione economico-finanziaria della Federconsorzi dal 1982 al 1991.
- Accertare cause, responsabilità e conseguenze del dissesto della Federconsorzi.
- Verificare le condizioni di ammissione della Fedit alla procedura di concordato preventivo.
- Verificare i presupposti per la vendita in massa dei beni nonché il prezzo offerto dalla Società gestione per il realizzo (SGR Spa).
- Valutare l’azione di dismissione e le procedure seguite dalla SGR Spa per la liquidazione del patrimonio e per il pagamento dei creditori e le successive cessioni immobiliari.
- Verificare la situazione economico-finanziaria nonché le ragioni e le modalità del ricorso alle procedure di liquidazione o commissariamento dei consorzi agrari in stato di liquidazione coatta amministrativa o di commissariamento.

DURATA
Ai sensi della legge istitutiva la Commissione deve concludere i propri lavori entro otto mesi dalla data della costituzione (avvenuta il 13 gennaio 1999) con la presentazione di una relazione finale.

Breve cronologia della vicenda della Federconsorzi
Aprile 1892 -
Viene costituita la Federazione italiana dei consorzi agrari. Si tratta di una società cooperativa a responsabilità limitata volta a dare stimolo allo sviluppo della cooperazione in agricoltura. Secondo lo statuto originario la Federconsorzi è una struttura aperta sia a soci singoli, sia a soci delegati da enti. Fin dall’inizio l’organizzazione stringe forti legami con il sistema bancario, in particolare con le banche popolari.
1921 - Nasce la Banca nazionale dell’agricoltura il cui capitale è in larga parte sottoscritto dalla Federconsorzi.
Legge n.1760 del 1928 - La legge riconosce alla Federconsorzi un ruolo centrale nella intermediazione del credito agrario attribuendole il compito di provvedere alla erogazione di forniture con pagamento dilazionato al raccolto e garantito dallo stesso.
Legge 16 giugno 1938, n.1008 - Si introduce la costituzione di consorzi provinciali obbligatori (CAP) tra produttori agricoli dotati di personalità giuridica propria.
Legge n.159 del 1939 - Trasforma la Federconsorzi ed i consorzi agrari in enti morali al servizio delle finalità della politica agraria del Governo.
R.D.L. 16 marzo 1936, n.392 - Rende gli ammassi obbligatori e ciò amplia notevolmente l’ambito di operatività della Federconsorzi.
Legge 18 maggio 1942, n.566 - Restituisce ai consorzi la natura di persone giuridiche private.
D.Lgs. 7 maggio 1948, n.1235 (ratificato con la legge 17 aprile 1956, n.561) - Disciplina il nuovo ordinamento dei consorzi agrari e della Federconsorzi e li definisce società cooperative a responsabilità limitata. In sostanza, il decreto riafferma la natura privatistica della Federconsorzi che in passato aveva dato luogo ad approfonditi dibattiti1. Questo è un passaggio molto importante perché comporta la conseguenza che Federconsorzi e consorzi agrari devono essere considerati alla stregua di un sistema socioeconomico che, pur se ispirato a fini mutualistici, avrebbe comunque dovuto operare secondo criteri di economicità e di efficienza nell’interesse dei soci. Sulla base del nuovo ordinamento i consorzi agrari risultano sostanzialmente diversi da vere e proprie cooperative in quanto la legge nei loro confronti non solo prevede una serie di controlli ma ne determina le finalità, non consente ai soci di mutare gli scopi societari, determina la loro dimensione territoriale, stabilisce la necessaria adesione del consorzio alla Federconsorzi, prevede il possibile annullamento delle deliberazioni.
Periodo che intercorre tra l’immediato dopoguerra e l’inizio degli anni Sessanta - La Federconsorzi sviluppa una politica di creazione, acquisto e sviluppo di una serie di società operanti principalmente nel settore agro-industriale. Proprio in questo contesto vengono poste le premesse della crisi che scoppierà alla fine degli anni Ottanta quando emergeranno la situazione debitoria e la connessa questione della definizione dei rendiconti delle gestioni di ammasso.
17 maggio 1991 - Il Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste, con proprio decreto, scioglie il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Sindacale nominando tre Commissari Governativi per gli esercizi 1991 e 1992.
4 luglio 1991 - I Commissari Governativi, ottenuta l’autorizzazione ministeriale, presentano al Tribunale Civile di Roma - Sezione Fallimentare - domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni.
18 luglio 1991 - Il Tribunale di Roma dichiara la Federconsorzi ammessa alla procedura di concordato preventivo.
Aprile 1993 - Si costituisce la Società gestione per il realizzo S.p.a. (SGR) e viene stipulato un atto quadro in base al quale la Federconsorzi (soggetto liquidatore) si impegna a trasferire alla SGR tutte la attività della procedura concordataria dietro pagamento di un corrispettivo pari a 2150 miliardi.
1994 - Viene istituita una Commissione ministeriale di indagine sulla gestione e la crisi economico-finanziaria della Federconsorzi nel periodo che va dal 1982 al 17 maggio 1991.

Risultanze dell’indagine ministeriale condotta dalla Commissione istituita nel 1994
La Commissione ministeriale istituita nel 1994 evidenzia che la Federconsorzi, pur avendo natura mista di impresa e di azienda di erogazione/consumo, si è sostanzialmente configurata quale azienda di consumo. Comunque, anche in questo caso la gestione avrebbe dovuto svolgersi secondo regole economiche: una azienda di erogazione/consumo deve realizzare i fini istituzionali ma in condizioni di equilibrio economico (proventi uguali alle spese) e di efficienza (alti rendimenti e bassi costi). Tali principi sono stati sostanzialmente disattesi. La gestione del gruppo federconsortile (comprendente i CAP e le società partecipate) non ha rispettato né il proprio ordinamento giuridico né la logica del libero mercato. Si è così prodotto un dissesto di enormi proporzioni2.
Il dissesto avviene in presenza di "molteplici cause equivalenti o perlomeno concomitanti"3.
Vi è una responsabilità dei vertici aziendali che a partire dal 1989 avrebbero dovuto avere consapevolezza delle condizioni di dissesto della società. Si sono quindi registrati da un lato sprechi ingiustificati vista la linea di rigore che la situazione senza dubbio richiedeva e, dall’altro, uscite di rilevantissimi flussi di denaro in favore di Coldiretti e Confagricoltura fino alla vigilia del commissariamento.
Le organizzazioni professionali di appartenenza (Coldiretti e Confagricoltura) hanno assunto il ruolo se non di amministratori di fatto almeno di azionisti di comando e di riferimento.
Si devono inoltre considerare:
la politica creditizia verso i CAP e le società controllate;
l’uso discutibile dell’Agrifactoring;
la dilatazione delle spese generali;
il disordine amministrativo contabile;
il costoso utilizzo di consulenti;
la carente gestione delle risorse umane;
la carenza dei controlli sui consorzi agrari e sulle società controllate.
Non ultima responsabilità va ascritta alle banche finanziatrici per la continua espansione del credito in misura incongrua rispetto alla meritevolezza della Federconsorzi.
Non si può infine non sottolineare il mancato esercizio delle funzioni di indirizzo e controllo previste dalla legge da parte del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste.
E’ facile capire le molteplici ripercussioni negative della vicenda per lo Stato. La Federconsorzi è senza dubbio stata l’unica holding agroalimentare che per quasi cento anni ha operato al servizio dell’agricoltura italiana e che, se fosse stata gestita secondo principi di efficienza e di economicità, attualmente sarebbe stata sicuramente preziosa per assistere il settore agroalimentare del nostro Paese soprattutto nell’affrontare la nuova politica agricola comunitaria.

La attuale situazione dei consorzi agrari: alcuni dati
4
Consorzi in amministrazione ordinaria= 25
Consorzi in gestione commissariale (art.2543 cod.civ.)= 4
Consorzi posti in liquidazione coatta amministrativa con autorizzazione all’esercizio provvisorio d’impresa (L. fallimentare)= 45
Consorzi della regione Sicilia posti in liquidazione coatta amministrativa con vigilanza della regione= 6

Audizione del procuratore della Repubblica di Perugia, dott. Nicola Miriano, e del sostituto procuratore, dott. Dario Razzi.
20 aprile 1999
L’inchiesta sul passaggio del patrimonio della Federconsorzi alla SGR è stata condotta dalla Procura della Repubblica di Perugia ai sensi dell’articolo 11 del cod.proc.pen. per il fatto che tra gli indagati vi è il dottor Ivo Greco che era presidente del Tribunale fallimentare di Roma.
Si ripercorrono di seguito le principali fasi dell’indagine esposte dal dottor Nicola Mariano e dal dottor Dario Razzi alla Commissione d’inchiesta nella seduta del 20 aprile 1999.
Il primo punto su cui si deve concentrare l’attenzione è la data del 27 maggio 1992. In questa data si verificano tre circostanze concomitanti.
1) Viene depositato il bilancio FEDIT dal quale risulta che l’organizzazione ha perso il capitale sociale. Per tale ragione, secondo il diritto civile, i tre commissari governativi (nominati il 17 maggio 1991 per condurre in porto la liquidazione della FEDIT) avrebbero dovuto convocare una assemblea straordinaria per mettere in liquidazione ordinaria la Federconsorzi.
2) Uno dei tre commissari governativi FEDIT presenta presso il tribunale fallimentare di Roma, davanti al quale è già pendente la procedura fallimentare della FEDIT, una istanza in cui si segnala la necessità della messa in stato di liquidazione della stessa. Come già detto sub 1) la immediata conseguenza di detta istanza dovrebbe essere la convocazione di una assemblea straordinaria.
3) L’avvocato Casella presenta per conto di una costituenda società (la SGR) una proposta di acquisto in blocco di tutte le attività del patrimonio FEDIT per un prezzo pari a lire 2.150 miliardi.
In merito al punto 2) si nota che l’istanza presentata dai commissari governativi è tenuta "in qualche modo custodita" dal dottor Ivo Greco e non ha quindi nessun seguito. Secondo la Procura della Repubblica di Perugia questa circostanza è spiegabile se si pensa che la eventuale effettiva convocazione di una assemblea straordinaria di decine di consorzi in grandi difficoltà avrebbe potuto rendere il Ministro competente politicamente più sensibile all’adozione di un provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.
Questo è il passaggio chiave. La procedura concorsuale in piedi davanti al Tribunale di Roma era il concordato preventivo. La procedura richiesta dai commissari governativi nella istanza era la liquidazione ordinaria5. Nel caso in cui il Ministro avesse disposto una liquidazione coatta amministrativa (che è invece un provvedimento amministrativo) sarebbero stati automaticamente scavalcati il concordato preventivo già in corso e la liquidazione ordinaria oggetto della istanza in questione. La conseguenza più importante dell’adozione di tale provvedimento da parte del Ministro sarebbe stata il probabile fallimento della proposta dell’avvocato Casella.
In merito al punto 3) è opportuno soffermarsi sul prezzo pari a 2.150 miliardi di lire offerto dall’avvocato Casella per il fatto che in base ai parametri tecnici di riferimento si arriva ad una stima diversa del complesso delle attività FEDIT.
Da una perizia collegiale disposta dal Tribunale fallimentare di Roma si ricava un valore minimo di 4.800 miliardi di lire.
In una stima del commissario giudiziale si parla, attuando una percentuale di diminuzione in via prudenziale, di circa 3.900-4.000 miliardi di lire.
Di conseguenza, non c’è alcun atto di carattere tecnico o tecnico-finanziario che supporti la plausibilità dell’accettazione della proposta dell’avvocato Casella.
Vi è un’altra anomalia nella procedura. La Procura della Repubblica di Perugia ha rinvenuto nel corso dell’inchiesta una parcella di 10-20 milioni di lire per una serie di stime fatte dal professor Carbonetti, di cui due concernenti la congruità dell’offerta dell’avvocato Casella. Questi poi sarà, fin dalla costituzione della SGR, amministratore delegato e, successivamente, subentrerà a Capaldo alla presidenza. Gli atti relativi alle citate consulenze sono scomparsi e il dottor Ivo Greco ha affermato di non ricordare di aver dato al professor Carbonetti quegli incarichi.
Inoltre, il procuratore della Repubblica di Perugia e il sostituto procuratore evidenziano una sproporzione tra il prezzo pagato dalla SGR e le stime. Tale sproporzione ha fatto dimettere i tre commissari governativi ed il commissario che a loro è succeduto.
Partiamo dalla struttura finanziaria dell’accordo tra la FEDIT e la SGR. L’accordo ha la forma di un preliminare ed oggetto della compravendita non sono i beni esistenti al momento della stipula del contratto (aprile 1993) ma i beni esistenti al novembre 1991. Visto che, medio tempore, parte di questi beni potrebbero essere stati ceduti l’accordo prevede che quanto già incamerato sarebbe dovuto andare in detrazione dal prezzo da corrispondere (cioè i 2.150 miliardi di lire). Vengono inoltre stabilite tre rate.
La prima rata è integralmente pagata con quanto trovato in cassa. Le altre rate sono state pagate attraverso compensazioni con quello che continuava ad affluire in cassa. Restava una ultima rata pari a 700-725 miliardi.
Si ritiene però che l’impegno effettivo sia stato minore di questa cifra in virtù di due meccanismi contrattuali:
LA RATEIZZAZIONE PREVISTA AD UN ANNO E MEZZO - da 2.150 miliardi si scenderebbe perciò a 2.000 miliardi di lire;
LA GESTIONE LASCIATA IN CAPO A FEDIT DELLE VENDITE, CESSIONI DEI CREDITI E TRANSAZIONI - questa scelta comportava che la eventuale vendita dei beni prima della scadenza della terza rata faceva ottenere ad SGR il beneficio dell’incameramento del controvalore che, fino alla scadenza della stessa rata, avrebbe prodotto interessi.
La conseguenza è che dall’impegno effettivo dei circa 700-750 miliardi si arriva a quantificare in circa 600 miliardi la spesa realmente sostenuta da SGR.
4 maggio 1999

Note

1La natura privatistica è stata confermata dalla suprema Corte di Cassazione con sentenza del 9 dicembre 1948 e dal Consiglio di Stato (2^ sez.) con parere del 9 gennaio 1950. In particolare, nel parere del Consiglio di Stato si precisa che l’attività dominante dei Consorzi e della Federazione dei Consorzi agrari è di tipo commerciale ed industriale e che tale attività è orientata al fine del lucro nell’interesse dei soci.
2
Cfr. COMMISSIONE MINISTERIALE DI INDAGINE SULLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI in "Problemi di struttura e di funzionamento della Federazione italiana dei Consorzi agrari e cause del dissesto", pp. 93 e ss.
3
Cfr. COMMISSIONE MINISTERIALE DI INDAGINE SULLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI, Ibidem, pp.145 e ss.
4
Dati elaborati dal Servizio Studi della Camera dei Deputati nel settembre 1996.
5
Conseguenza della perdita del capitale documentata nel bilancio depositato il 27 maggio 1992.


10 agosto 1999
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