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Articolo 22
(Norme in materia di dismissioni delle partecipazioni degli enti locali)

1. In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 22, comma 3, lettera e) , della legge 8 giugno 1990, n. 142, come sostituita dall'articolo 17, comma 58, della legge 15 maggio 1997, n. 127, nonchè dell'artico lo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, l'applicazione delle disposizioni del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, alle alienazioni delle partecipazioni degli enti locali in società operanti nel settore dei trasporti, delle telecomunicazioni, delle fonti di energia, idrico o degli altri pubblici servizi, non comporta per tali società la perdita dell'affidamento diretto del servizio, ove l'ente titolare del servizio disponga di uno o piú dei poteri speciali previsti dall'articolo 2 del citato decreto-legge n. 332 del 1994 e le azioni vengano dismesse mediante le procedure di cui al decreto-legge medesimo.

L’articolo 22 reca disposizioni in ordine all’applicazione agli enti locali delle norme del D.L. n. 332/1994, che contiene la normativa fondamentale in tema di "privatizzazione sostanziale" delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici. L’articolo dispone che l’applicazione di tali norme all’alienazione delle partecipazioni detenute da enti pubblici locali in società operanti nei servizi pubblici non comporta la perdita dell’affidamento diretto del servizio, purché sia attribuito all’ente locale almeno uno dei poteri speciali (c.d. golden share) previsti dall’art. 2 del medesimo D.L. n. 332 e la dismissione delle partecipazioni avvenga con le procedure previste nel medesimo decreto.
La formulazione letterale dell’articolo prevede che ciò avvenga in deroga alle disposizioni dell’art. 22, comma 3, lett. e), della L. n. 142/1990 - che disciplina la gestione di pubblici servizi tramite società miste a maggioranza pubblica locale -, e dell’art. 12 della L. n. 498/1992 - che ha introdotto la figura della società mista a partecipazione privata maggioritaria. La relazione di accompagnamento afferma che l’articolo "è finalizzato a prevenire possibili dubbi interpretativi in ordine ai riflessi derivanti dalla disciplina sulle privatizzazioni" introdotta dal D.L. n. 332/1994 "sul regime di affidamento di retto dei servizi pubblici da parte degli enti locali".
In ordine al merito delle disposizioni in esame, si ricorda che il quadro normativo in materia di privatizzazione dei servizi pubblici locali si presenta stratificato e relativamente complesso.
In particolare, il citato articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), che, nell’individuare le diverse forme di gestione dei servizi pubblici di comuni e province (comma 1), fa riferimento, tra le altre, alle aziende speciali, qualificate come enti strumentali dell’ente pubblico locale dotati di autonomia imprenditoriale, nonché alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio (lett. e), come sostituita dall’art. 17, comma 58, della L. 15 maggio 1997, n. 127 – c.d. Bassanini 2 – su cui si tornerà nel prosieguo).
Successivamente all’entrata in vigore della L. n. 142/1990, è intervenuto in materia l’art. 12 della L. 23 dicembre 1992, n. 498, recante interventi urgenti in materia di finanza pubblica, che ha autorizzato comuni e province a costituire apposite società per azioni, senza il vincolo della proprietà maggioritaria di cui alla L. n. 142. La scelta dei soci privati e l’eventuale collocamento delle azioni sul mercato devono avvenire con procedure di evidenza pubblica.
Le modalità di costituzione e funzionamento delle predette società avrebbero dovuto essere definite con decreto legislativo, per il quale il medesimo art. 12 conferiva delega al Governo e dettava principi e criteri direttivi. Scaduto inutilmente il termine per l’esercizio della delega, è intervenuto l’art. 4 del D.L. 31 gennaio 1995, n. 26 (L. 29 marzo 1995, n. 95) che ha previsto che l’attuazione delle previsioni della L. n. 498/1992 dovesse avvenire con regolamento, nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi. Il regolamento in oggetto, emanato con D.P.R. 16 settembre 1996, n. 533, ha previsto in particolare che:
- la partecipazione dell’ente pubblico locale promotore non possa essere inferiore a un quinto del capitale sociale (art. 1, comma 3);
- la partecipazione azionaria di maggioranza, non inferiore al 51%, sia assunta da imprenditori individuali o da società (comma 4);
- la scelta del socio di maggioranza avvenga tramite procedura concorsuale ristretta, assimilata all’appalto concorso disciplinato dal D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (comma 4);
- una quota del capitale sociale debba essere riservata all’azionariato diffuso (comma 5).
Sulla disciplina della privatizzazione delle partecipazioni azionarie degli enti locali incide anche il D.L. 31 maggio 1994, n. 332 (Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni) (L. 30 luglio 1994, n. 474), cui si riferisce l’articolo 22 in esame.
Il D.L. n. 332 dispone in primo luogo, che le operazioni necessarie alle dismissioni delle partecipazioni azionarie dello Stato e degli enti pubblici possono essere compiute anche in difformità dalle norme sulla contabilità generale (art. 1, comma 1), tramite offerta pubblica di vendita e/o trattativa diretta (art. 1, comma 2).
Relativamente alle società operanti nel settore dei servizi pubblici , il D.L. n. 332 introduce supplementari forme di tutela dell’interesse pubblico, prevedendo che:
- prima di effettuare le dismissioni delle partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici è necessario istituire "organismi indipendenti per la regolarizzazione delle tariffe e il controllo della qualità dei servizi" (art. 1-bis);
- nello statuto delle società derivanti dalla privatizzazione possano essere inserite, prima della perdita del controllo, clausole che conferiscono poteri speciali all’ente che effettua la dismissione (c.d golden share, su cui si veda in dettaglio infra) (art. 2);
- nello statuto delle medesime società possa essere introdotto un limite massimo di possesso azionario non superiore al 5% (art. 3), nel qual caso si dovrà prevedere, per l’elezione degli amministratori, il voto di lista e riservare alle liste di minoranza almeno un quinto degli amministratori e un rappresentante nel collegio sindacale (art. 4).
Va rilevato, in ordine all’ambito di applicazione di tale disciplina, che gli artt. 1 e 1-bis fanno riferimento alle partecipazioni "dello Stato e degli enti pubblici", mentre gli artt. 2 (si veda il comma 3), 3 e 4, fanno riferimento più esplicitamente a quelle degli "enti pubblici, anche territoriale ed economici", oltre che dello Stato.
Sull’insieme di queste disposizioni (di cui alla L. n. 142/1990, alla L. n. 498/1992 e al D.L. n. 332/1994) è intervenuta da ultimo la già citata L. 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. Bassanini bis), il cui art. 17, commi 48 e 51-60, ha semplificato le procedure di trasformazione delle aziende speciali in società per azioni. In particolare, il comma 51 consente a comuni e province di trasformare le aziende speciali in società per azioni con atto unilaterale, con l’unico obbligo di non rimanere azionisti unici per più di due anni dalla trasformazione e di aprire la società alla partecipazione di altri soggetti, anche privati.
Per quanto qui interessa, si segnala in particolare che:
- il comma 58, novellando l’art. 22, comma 3, lett. e), della L. 142/1990, conferma la possibilità di gestire i servizi pubblici locali tramite società per azioni (o a responsabilità limitata) a prevalente capitale pubblico locale (anche se non necessariamente del solo ente promotore);
- il comma 55 prevede che le partecipazioni detenute in società costituite tramite la procedura di trasformazione di cui al comma 51 possono essere alienate anche ai fini e con le modalità dell’art. 12 della L. n. 498/1992, vale a dire costituendo società a maggioranza privata;
- il comma 54 stabilisce che le società di cui al comma 51 possono essere costituite anche ai fini dell’applicazione delle norme di cui al D.L. n. 332/1994; in ordine all’applicabilità di tale disciplina agli enti locali bisogna inoltre tener conto del comma 60, che ha abrogato il comma 6 dell’art. 1 del D.L. n. 332, che prevedeva le modalità di applicazione delle norme del medesimo articolo 1 agli enti pubblici diversi dallo Stato, e del comma 48, che, modificando l’art. 3, comma 69, della L. 28 dicembre 1995, n. 549, ha previsto che le agevolazioni fiscali di cui all’art. 13-bis del D.L. 12 gennaio 1991, n. 6 (L. 15 marzo 1991, n. 80) si applichino anche alla costituzione, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del D.L. n. 332.
Va poi ricordato che è in corso l’esame, presso la 1ª Commissione del Senato, di un disegno di legge governativo (A.S. 4014), cui sono abbinati diversi altri progetti di legge, volto al riordinamento dell’intera materia dei servizi pubblici locali, tramite l’introduzione di modifiche agli artt. 22 e 23 della L. n. 142/1990. In particolare, l’A.S. 4014 introduce una disciplina differenziata per i servizi a rilevanza industriale (energia, esclusa quella elettrica, gas, acqua, rifiuti e trasporti) e quelli a contenuto non industriale, che non possano essere gestiti in regime di concorrenza. I primi dovranno essere affidati in gestione a soggetti pubblici o privati con la procedura di gara. I secondi potranno essere gestiti in una delle forme già previste dalla legislazione vigente (con affidamento in base a gara, con affidamento diretto a una società di capitali controllata dall’ente, a mezzo di istituzione o in economia); viene peraltro eliminata la forma dell’azienda speciale. Inoltre, per i servizi che possono essere gestiti in regime di concorrenza, diversi da quelli tassativamente individuati come servizi a rilevanza industriale, sembra applicabile la previsione, recata in diversa parte del ddl, di uno specifico regime autorizzatorio, nei casi individuati da appositi regolamenti governativi. Infine, occorre ricordare che ulteriori disposizioni concernenti la privatizzazione dei servizi pubblici locali sono contenute nel disegno di legge AC 5601, recante delega per l’emanazione di un testo unico in materia di privatizzazioni, attualmente all’esame della V Commissione bilancio della Camera. In particolare, al comma 7 dell’articolo unico del DDL si stabilisce che il decreto legislativo dovrebbe definire i criteri per l’individuazione dei soggetti e degli organi competenti ad adottare i provvedimenti relativi alla trasformazione in S.p.A. degli enti pubblici economici locali. Al comma 12, si prevede, inoltre, che le amministrazioni non statali debbano adeguare i propri ordinamenti in materia di partecipazioni azionarie ai principi fissati nelle norme di delega, entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.

Contenuto dell’articolo in esame
Dal complesso delle disposizioni richiamate, sembra potersi concludere che l’ente locale possa procedere all’alienazione delle partecipazioni azionarie detenute in società per azioni (a maggioranza pubblica locale, ai sensi della L. n. 142/1990, o a maggioranza privata, ma con una quota di almeno il 20% in mano dell’ente titolare del servizio, ai sensi della L. n. 498/1992, come attuata dal D.P.R. n. 533/1996) che gestiscono pubblici servizi, anche avvalendosi delle disposizioni del D.L. n. 332/1994 (che non prevede alcun limite minimo di partecipazione pubblica).
L’articolo in esame interviene in ordine alle conseguenze di tale dismissione sul rapporto di servizio tra l’ente locale e la società per azioni privatizzata. La norma sembra riconducibile alla preoccupazione che la dismissione di partecipazioni oltre ai limiti minimi fissati dalla L. n. 142/1990 e dalla L. n. 498/1992 (o meglio, dal D.P.R. n. 533/1996, che la ha attuata) possa determinare la decadenza dell’affidamento diretto del servizio alla società privatizzata, imponendo di attivare le procedure per l’affidamento del servizio tramite concessione, ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. b), della L. n. 142/1990. A questo proposito, merita ricordare che a lungo si è discusso circa la permanenza del rapporto di affidamento diretto nel caso delle società a maggioranza pubblica locale di cui alla L. n. 142 e di quelle a maggioranza privata di cui alla L. n. 498/1992. Parte della dottrina riteneva infatti che anche in tal caso, per ragioni di tutela della concorrenza, occorresse ricorrere all’instaurazione di un nuovo rapporto tramite concessione.
Sulla questione si è pronunciata la giurisprudenza (Cassazione civile, a Sezioni Unite del 6 maggio 1995, n. 4991, ric. Società Siena Parcheggi) nel senso che la costituzione di una società per azioni a prevalente capitale pubblico locale non necessita di un ulteriore provvedimento di concessione, perché "l’opzione dell’ente per quel modello di gestione comporta l’affidamento diretto e privilegiato del servizio alla società, appositamente costituita, il cui oggetto consiste proprio nello svolgimento dell’attività economica in cui il servizio stesso si concreta".
L’articolo 22 in esame dispone che la dismissione delle partecipazioni ai sensi del D.L. n. 332/1994 non comporti la perdita dell’affidamento diretto se sono rispettate entrambe le seguenti condizioni:
- attribuzione all’ente titolare del servizio di uno o più dei poteri speciali della c.d. golden share;
si tratta di quelli previsti come eventuali dall’art. 2 del D.L. in oggetto: gradimento all’assunzione di partecipazioni o alla conclusione di patti o accordi che coinvolgano un numero di azioni superiori alla ventesima parte del capitale sociale; diritto di veto alle delibere di scioglimento, trasferimento, fusione, scissione, cambiamento dell’oggetto sociale, modifica dello statuto per la parte relativa ai poteri speciali; potere di nomina di almeno un amministratore o di un numero di amministratori non superiore ad un quarto dei membri del consiglio, e di un sindaco;
- dismissione delle azioni tramite le procedure previste dal medesimo decreto legge;
il riferimento deve essere inteso in particolare all’art. 1, commi 1 e 2, che prevedono che le alienazioni in oggetto possano essere effettuate in deroga alla norme di contabilità generale, e, di norma, tramite offerta pubblica di vendita, come disciplinata dalla L. 18 febbraio 1992, n. 149 e relativi regolamenti attuativi; in alternativa è possibile procedere tramite trattativa diretta con i potenziali acquirenti o mediante entrambe le procedure. Il comma 2 precisa che la scelta della modalità di alienazione è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro del tesoro, di concerto con quelli dell’industria e del bilancio. Tale ultima previsione non sembra peraltro applicabile alla materia qui in esame.
In proposito, si può rilevare che il testo dell’articolo 22 in esame si presta ad interpretazioni contrastanti. Infatti, se per un verso si potrebbe ritenere che esso sia diretto a incentivare la dismissione delle partecipazioni detenute dagli enti locali, per l’altro si potrebbe sostenere che esso, laddove impone, ai fini della previsione della continuità dell’affidamento diretto del servizio, l’obbligo di attenersi alle disposizioni di cui al citato DL n. 332/1994, introduce vincoli stringenti. In sostanza, una interpretazione letterale dell’articolo potrebbe indurre a ritenere che la continuità dell’affidamento si configurerebbe esclusivamente in presenza di entrambe le condizioni richiamate, vale a dire l’utilizzo delle procedure di dismissione indicate nel citato decreto-legge e la previsione della facoltà dell’ente locale di esercitare la cosiddetta golden share. Tale seconda interpretazione sembra avvalorata dal fatto che le disposizioni contenute all’articolo 22 avrebbero carattere derogatorio rispetto alla normativa vigente. Ne conseguirebbe che, in assenza delle condizioni richiamate, non potrebbe ammettersi la continuità dell’affidamento diretto. A questo ultimo riguardo si può rilevare che l’utilizzo della golden share potrebbe, tuttavia, comportare problemi in sede comunitaria, posto che le competenti autorità hanno già sollevato obiezioni circa l’utilizzo, da parte di enti locali di alcuni Stati membri, della golden share. Non può inoltre essere trascurato il fatto che il Governo italiano ha recentemente adottato alcune iniziative, quali la presentazione del DDL AC 5601, richiamato in precedenza, ovvero la adozione della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 maggio 1999, allo scopo specifico di ricondurre l’esercizio dei poteri della golden share in termini non contraddittori con le indicazioni comunitarie.
Infine, per quanto concerne i risvolti finanziari dell’articolo in esame, la stessa relazione di accompagnamento rileva che "si tratta di una misura tesa a facilitare il raggiungimento dell’obiettivo fissato dall’articolo 21 relativo al patto di stabilità interno" (si veda supra). La norma, come viene precisato anche dalla relazione tecnica, non ha, tuttavia, effetti finanziari quantificabili, potendosi tutt’al più ritenere che, nella misura in cui dovesse favorire l’avvio di processi di dismissione di partecipazioni azionarie detenute da enti locali, accedendo alla prima delle due diverse interpretazioni cui si è fatto riferimento, essa potrebbe assicurare un aumento delle entrate dei medesimi enti. Va comunque ricordato che i ricavi della cessione di partecipazioni azionarie non contribuiscono, in base alla normativa vigente, alla riduzione del disavanzo, ma soltanto alla riduzione dello stock del debito.

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14 ottobre1998
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