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Articolo 21, commi 1-7, 9
(Patto di stabilità interno)

1. A titolo di concorso agli obiettivi di stabilizzazione della finanza pubblica, le regioni, le province autonome, le province e i comuni riducono per l'anno 2000 il disavanzo definito dall'articolo 28, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in misura pari ad almeno un ulteriore 0,1 punti percentuali del prodotto interno lordo (PIL) previsto dal documento di programmazione economico-finanziaria e suoi aggiornamenti; l'importo cosí risultante rimane costante nei tre anni successivi. Gli enti che non hanno raggiunto, in tutto o in parte, l'obiettivo fissato per l'anno 1999 sono tenuti a recuperare il differenziale nell'anno 2000.
2. Gli enti tenuti a fornire informazioni al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica ai sensi dell'articolo 28, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, sono tenuti a trasmettere altresí una relazione illustrativa delle misure adottate o che si intendono adottare per conseguire l'obiettivo di cui al comma 1 e dei riflessi delle misure stesse sulle previsioni di competenza del bilancio. La relazione predisposta dalle regioni e dalle province autonome deve fare particolare riferimento alle azioni poste in essere per garantire il contributo degli enti del Servizio sanitario nazionale al perseguimento dell'obiettivo.
3. Le giunte regionali, provinciali e comunali riferiscono trimestralmente ai rispettivi consigli sul perseguimento dell'obiettivo del comma 1, proponendo, ove necessario, le opportune variazioni di bilancio.
4. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica riferisce trimestralmente alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e, successivamente, alle competenti Commissioni parlamentari in ordine al rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno.
5. Qualora l'obiettivo di cui al comma 1 venga complessivamente conseguito per l'anno 2000 é concessa, a partire dall'anno successivo, una riduzione dello 0,5 per cento del tasso d'interesse applicato sui mutui della Cassa depositi e prestiti in essere al 31 dicembre 1998, con esclusione di quelli il cui ammortamento é interamente a carico dello Stato. Qualora l'obiettivo non venga complessivamente conseguito la riduzione é concessa esclusivamente agli enti che hanno conseguito l'obiettivo.
6. Ai fini dell'applicazione del comma 5 gli enti sono tenuti a presentare apposita certificazione firmata rispettivamente dal presidente della giunta o dal sindaco e dal responsabile del servizio finanziario dell'ente. Tempi e modalità della certificazione sono stabiliti con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito, per quanto di competenza, il Ministro dell'interno.
7. All'articolo 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, dopo il comma 2, é inserito il seguente:
" 2- bis. Tra le specifiche misure da adottare in relazione a quanto previsto dal comma 2 gli enti dovranno in particolare:
a) ridurre la spesa per il personale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 39, commi 19 e 20- bis , della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni;
b) limitare il ricorso ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica ed alle consulenze esterne, laddove tali iniziative siano previste dai rispettivi ordinamenti e procedere alla soppressione degli organismi collegiali non ritenuti indispensabili, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
c) sviluppare le iniziative per la stipula di contratti di sponsorizzazione, accordi e convenzioni previsti dall'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, allo scopo di realizzare maggiori economie nella gestione;
d) ridurre il ricorso all'affidamento diretto a società controllate o ad aziende speciali nella concessione di servizi pubblici".
8. I trasferimenti erariali per l'anno 2000 di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 31, commi 11 e 12, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ed alle successive disposizioni in materia. La distribuzione dell'incremento di risorse pari al tasso di inflazione programmato per l'anno 2000 avviene con i criteri e le finalità di cui all'articolo 31, comma 11, della predetta legge n. 448 del 1998.
9. Al monitoraggio del rispetto del patto di stabilità interno provvede il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, avvalendosi anche del personale di cui all'articolo 47, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449; i contratti relativi agli esperti estranei alle amministrazioni pubbliche possono essere rinnovati sino all'anno 2003.

Al fine di potenziare il concorso degli enti territoriali al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l’articolo 21 prevede un rafforzamento delle misure del patto di stabilità interno, di cui all’articolo 28 della legge n. 448/1998 (provvedimento collegato alla manovra 1999).

Normativa vigente
Con il "patto di stabilità interno" l’articolo 28 della legge n. 448/1998 "Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo" ha introdotto nella disciplina dei rapporti finanziari fra lo Stato, le regioni e gli enti locali, il principio di corresponsabilità diretta di questi ultimi nei confronti degli obiettivi e dei vincoli assunti dallo Stato nei confronti della Unione europea.
Come conseguenza di questi, le regioni e gli enti locali devono concorrere nel 1999 a ridurre il deficit dei conti pubblici attraverso il miglioramento dei propri conti in misura pari ad "almeno 0,1 punti percentuali del prodotto interno lordo" (2.200 miliardi) e a ridurre il rapporto debito/PIL. Questo miglioramento deve essere conservato per gli anni 2000 e 2001.
L’articolo 28 non indica in dettaglio né la cifra complessiva, né come questa debba ripartirsi fra i diversi enti territoriali; tuttavia il riferimento al risparmio sulle spese di questi enti fa sì che, in proporzione a quanto ciascun comparto ha speso nel 1998, il risparmio sia così distribuito (l’importo relativo agli enti locali e alle regioni a statuto ordinario è stato successivamente confermato dalle Circolari del Ministero del Tesoro n. 11 e n. 12 del 12 marzo 1999):
- regioni a statuto ordinario, compresa la spesa sanitaria mld. 1.000
- regioni a statuto speciale, compresa la spesa sanitaria " 380
- province " 100
- comuni " 700
- comunità montane " 20
Totale mld. 2.200
Come specificato dalla Direttiva interministeriale del 18 febbraio 1999, "il Patto di stabilità interno, così come formulato dall’articolo 28, indica dei risultati da raggiungere e, in questo senso, è prescrittivo, ma non pone dei vincoli sulle modalità di raggiungimento dei risultati, che possono essere diversamente calibrate, e in questo senso è programmatico. […] Conseguentemente le indicazioni contenute nel comma 2 non costituiscono requisiti di legittimità dei documenti di bilancio e delle delibere […] delle amministrazioni interessate. […].
Ciò significa che le prescrizioni contenute nell’articolo 28 sono irrilevanti dal punto di vista del controllo della legittimità dei bilanci, ma sono rilevanti dal punto di vista della responsabilità finanziaria in cui gli enti possono incorrere in caso di mancato raggiungimento dei risultati […]".
Quanto all’obiettivo della riduzione del rapporto debito/PIL, nella Direttiva si chiarisce che "esso è di natura non diretta ma derivata, nel senso che esso dipende da due operazioni: la riduzione del disavanzo finanziario e le politiche di dismissioni mobiliari."

Il miglioramento del saldo degli enti locali
Il risultato che ciascun ente deve conseguire sui propri conti è calcolato, in termini di cassa, come riduzione del disavanzo, o come corrispondente miglioramento del proprio avanzo, nel caso in cui nel 1998 le entrate dell’ente abbiano superato le spese.
Con riferimento agli enti locali, l’importo di 820 miliardi corrisponde all’1% della spesa corrente complessiva per il 1998 e all’1,1% della spesa al netto degli interessi. Tenuto conto, inoltre, del fatto che la crescita del disavanzo tendenziale è stata stimata pari a circa il 3,6%, il risparmio complessivo di 820 miliardi per ciascuno degli anni 1999-2001 potrà essere raggiunto attraverso l’adozione di interventi correttivi tali da determinare un miglioramento del saldo tendenziale pari alla maggior cifra tra l’1,1% della spesa corrente al netto degli interessi e il 3% del saldo tendenziale stesso.
La determinazione del saldo per ciascun ente deriva dalla differenza tra le entrate finali effettivamente riscosse, inclusi i proventi delle dismissioni dei beni immobiliari, e le uscite finali di parte corrente al netto degli interessi.
Tra le entrate non sono considerati: i trasferimenti dello Stato ordinari, perequativi e consolidati e quelli in conto capitale; le entrate derivanti dalla vendita di valori mobiliari e la riscossione dei crediti; le entrate sostitutive di trasferimenti erariali.
Come sottolineato nelle circolari ministeriali, da tale elencazione e da quella relativa alle politiche che gli enti devono porre in atto per il miglioramento del saldo, emerge chiaramente l’intento del legislatore di evitare che gli obiettivi siano raggiunti attraverso la riduzione della spesa per investimenti.

Il miglioramento del saldo delle regioni a statuto ordinario
Con riferimento alle regioni a statuto ordinario, gli obiettivi di risanamento si applicano al complesso dell’attività regionale comprensiva delle entrate delle entrate e delle spese per l’assistenza sanitaria coinvolgendo di fatto, nel processo di risanamento dei conti pubblici, anche le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere.
Al fine di conseguire il risparmio di 1.000 miliardi a livello aggregato (corrispondente all’1% della spesa corrente complessiva per il 1998) ciascuna regione deve concorrere al risanamento migliorando il proprio saldo consolidato tendenziale 1999 (pari al saldo 1998 comprensivo dei saldi delle ASL e delle aziende ospedaliere, incrementato del 3,6%).
La determinazione del saldo per ciascuna regione deriva dalla differenza tra le entrate effettivamente riscosse, inclusi i proventi delle dismissioni dei beni immobiliari, e le uscite finali di parti corrente al netto degli interessi.
Tra le entrate non sono considerati: i trasferimenti dello Stato correnti e in conto capitale; le entrate derivanti dalla vendita di valori mobiliari e la riscossione dei crediti; in particolare si terrà conto delle variazioni del gettito IRAP (in aumento o in diminuzione) che sarà eventualmente deciso dalle regioni nel 1999 e del gettito dell’addizionale IRPEF.
Si tiene conto infine delle entrate e le spese relative all’assistenza sanitaria, consolidando il bilancio regionale con quello delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere.

Le azioni utili per il miglioramento dei saldi
Il comma 2 dell’articolo 28 definisce cinque politiche di bilancio attraverso le quali regioni ed enti locali dovranno perseguire la riduzione del disavanzo:
sul lato della spesa sono indicate, in primo luogo, azioni dirette alla riduzione generalizzata della spesa di ciascun ente fissando un tasso di crescita annuale inferiore a quello degli anni precedenti (lettera b); le azioni specifiche dovranno essere dirette in primo luogo ad aumentare l’efficienza e la produttività dei servizi pubblici che ciascun ente fornisce e, in generale, a ridurne i costi di gestione (lettera a);
sul versante delle entrate le azioni dovranno essere dirette ad aumentare le entrate tributarie proprie ampliando la base imponibile attraverso la riduzione dell’evasione (lettera c); un secondo obiettivo è quello di tendere a coprire interamente con prezzi e tariffe i costi dei servizi pubblici a domanda individuale (lettera d); viene infine indicata anche in questo contesto la dismissione dei beni immobili non funzionali allo svolgimento dell’attività istituzionale (lettera e).
E’ da osservare che il comma 7 dell’articolo 28 enuncia un criterio direttivo inteso ad evitare che la riduzione del disavanzo si traduca in una riduzione dei servizi resi dall’ente. La disposizione impegna gli enti a conservare "la corrispondenza" fra le funzioni che esplica e le risorse che vi dedica; a conservare cioè finanziamenti adeguati alle funzioni da svolgere, anche in presenza delle economie da realizzare. In termini positivi ciascun ente (regioni, province autonome, provincie e comuni e, le non citate comunità montane) deve verificare tale corrispondenza evidenziandola attraverso le procedure del controllo economico di gestione.

La riduzione del rapporto debito/PIL
L’altro obiettivo cui è diretto il "Patto di stabilità interno" è la riduzione del rapporto debito/PIL degli enti locali e delle regioni. Tale obiettivo è di natura derivata, nel senso che esso discende dalla riduzione del disavanzo; potrà essere perseguito, inoltre, favorendo un programma speciale di dismissioni di partecipazioni mobiliari (comma 3 dell’articolo 28).
La norma in esame definisce inoltre un procedimento premiale inteso a favorire ed accelerare la riduzione dell’ammontare di debito, consentendo il rimborso anticipato dei prestiti che gli enti locali e le regioni hanno contratto con la Cassa depositi e prestiti.
Questi possono presentare al Ministero del tesoro, Dipartimento del tesoro, che si avvale della Cassa depositi e prestiti per lo svolgimento di queste attività, uno o più piani finanziari di riduzione - progressiva e continuativa - del proprio stock di debito rispetto al PIL.
I piani, di durata almeno quinquennale, devono indicare le azioni che gli enti intendono intraprendere e cioè l’aumento dell’avanzo di parte corrente e il programma di dismissioni.
A tale condizione è consentito agli enti di estinguere anticipatamente il residuo debito con la Cassa depositi e prestiti senza corrispondere oneri aggiuntivi e l’indennizzo previsto per le estinzioni anticipate dei mutui. Qualora l’ente non realizzi gli obiettivi del piano sarà tenuto a corrispondere una penale calcolata in base alle vigenti disposizioni, da effettuarsi in tre anni. Per la penale il Ministero dell’interno potrà rivalersi direttamente sui trasferimenti erariali spettanti a quell’ente.

Il monitoraggio dell’andamento dei conti e le azioni correttive
I commi 5, 6, 7 e 8 dell’articolo 28 disciplinano il monitoraggio dell’andamento dei conti di regioni ed enti locali, in relazione ai risultati loro richiesti; determinano le modalità con le quali sono imposte le eventuali misure correttive e stabiliscono il trasferimento delle eventuali sanzioni europee in capo agli enti responsabili.
In particolare il comma 8 trasferisce a carico delle regioni e degli enti locali l’eventuale sanzione comminata dagli organi europei in caso di scostamento eccessivo del deficit dal parametro di convergenza. La sanzione è posta a carico degli enti che non hanno realizzato gli obiettivi "per la quota ad essi imputabile". I criteri per definire le quote di responsabilità da imputare alle regioni e agli enti locali e le circostanze in cui il governo farà valere questa responsabilità sono stabiliti, rispettivamente per regioni ed enti locali, dalle due conferenze.

Le regioni a statuto speciale e le province autonome
Il comma 15 dell’articolo 28 conferma che le regioni a statuto speciale e le province autonome sono anch’esse soggetti tenuti alla "realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica previsti da presente articolo" ma li esclude dalle procedure ordinarie perché dispone che per esse "si provvede con le modalità stabilite dall’articolo 48, comma 2, secondo periodo, della legge 27 dicembre 1997, n. 449". Questa disposizione, a sua volta, esclude le regioni a statuto speciale e le province autonome dalla disciplina generale del monitoraggio per la limitazione del fabbisogno di tesoreria generato dalla spesa delle regioni e degli enti locali.
Stabilisce inoltre le regioni a statuto speciale perseguiranno gli obiettivi posti secondo "criteri e procedure stabiliti d'intesa tra il Governo e i presidenti delle giunte regionali e provinciali nell'ambito delle procedure previste negli statuti e nelle relative norme di attuazione".
Per l’intesa non è prescritto alcun atto formale. Gli statuti e le norme di attuazione non contengono norme specifiche che disciplinano questi aspetti. Il richiamo ed il rinvio fatto dal comma 15 può intendersi alle norme che regolano la finanza di ciascuna regione e provincia autonoma e a quelle che dispongono - espressamente solo per alcune - le modalità di accredito alle regioni delle entrate da compartecipazione ai tributi erariali e altre speciali norme di tesoreria.

Contenuto
Il comma 1 prevede che le regioni, le province autonome, le province e i comuni nel 2000 riducano il disavanzo di un ulteriore 0,1 punti percentuali di PIL. L’importo della riduzione deve permanere costante nei tre anni successivi.
Dato il valore del PIL nominale indicato nella relazione tecnica (che riprende le stime contenute nella Nota di aggiornamento del DPEF), la riduzione dell’indebitamento netto è stimato in circa 2.200 miliardi annui.
Gli enti che non avessero raggiunto, in tutto o in parte l’obiettivo fissato per il 1999 sono tenuti a recuperare il differenziale nel 2000. Nella relazione tecnica si osserva al riguardo che "sulla base dei dati finora acquisiti tale differenziale ammonta a circa 1.100 miliardi che, aggiunti ai 2.200 miliardi previsti per ciascuno degli anni 2000-2003, fanno prevedere una riduzione complessiva di circa 3.300 miliardi dell’indebitamento netto del conto delle pubbliche amministrazioni per ciascun anno.
E’ da evidenziare (infatti) ce del mancato raggiungimento dell’obiettivo per il 1999 si è tenuto conto nelle proiezioni tendenziali a legislazione vigente contenute nel DPEF per gli anni 2000-20032.
Il comma 2 prevede che gli enti territoriali sottoposti a monitoraggio ai sensi del comma 5 dell’articolo 28 della legge n. 44871998 trasmettano al Ministero del tesoro, in aggiunta ai dati attualmente forniti, una relazione illustrativa delle misure che intendono adottare ai fini del contenimento del disavanzo, quantificandone gli effetti sui bilanci, in termini di competenza.
Nel caso delle regioni e delle province autonome particolare evidenza deve essere data nella relazione alle azioni di contenimento del disavanzo da parte degli enti del servizio sanitario nazionale.
Al riguardo l’articolo 28 della legge n. 448/1998 prevede che ai fini del calcolo del disavanzo si considerino anche le entrate e le spese relative all’assistenza sanitaria, consolidando il bilancio regionale con quello delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Agli enti del Servizio sanitario nazionale non si applicano quindi "direttamente" gli obiettivi del patto di stabilità, prevedendosi che per la spesa sanitaria gli obiettivi devono essere realizzati dalle regioni (così l’ultimo periodo del comma 4). Tuttavia, proprio per osservare l’andamento della spesa sanitaria e il disavanzo che si determina a carico delle regioni, il comma 5 riconduce in questo contesto anche il monitoraggio mensile delle spese degli enti del Servizio sanitario nazionale. A questo fine, il Ministro del tesoro, bilancio e programmazione, d’intesa con il Ministro della sanità, individua le modalità di rilevazione, acquisizione e valutazione dei dati.
Il comma 3 prevede che le giunte regionali, provinciali e comunali informino i rispettivi consigli circa le azioni poste in essere per il raggiungimento degli obiettivi e, in caso di scostamenti, propongano le misure correttive e le corrispondenti variazioni di bilancio.
Il comma 4 prevede l’obbligo per il Ministero del tesoro di riferire con cadenza trimestrale alla Conferenza Stato-regioni e alla Conferenza Stato-città circa il rispetto del patto di stabilità.
I commi 5-7 introducono incentivi e strumenti operativi a favore degli enti territoriali per facilitare il raggiungimento degli obiettivi di stabilizzazione della finanza pubblica stabiliti dal "Patto di stabilità interno" e dal comma 1 dell’articolo in esame.
In particolare, il comma 5 stabilisce che, qualora l’obiettivo posto per l’anno 2000 dal comma 1 dell’articolo 21 in esame venga complessivamente raggiunto, agli enti territoriali di cui al comma 1 (regioni, province autonome, province e comuni) è concessa a partire dall’anno 2001 una riduzione dello 0,5 per cento del tasso di interesse applicato sui mutui concessi dalla Cassa Depositi e Prestiti in essere al 31 dicembre 1998, con esclusione di quelli il cui onere di ammortamento sia interamente a carico dello Stato.
Nel caso in cui gli obiettivi di stabilizzazione della finanza pubblica siano stati raggiunti soltanto parzialmente, la riduzione del tasso di interesse è concessa ai soli enti che abbiano effettivamente conseguito l’obiettivo.
A tal fine, gli enti sono tenuti a presentare una apposita certificazione che attesti il conseguimento dell’obiettivo del "Patto di stabilità interno", firmata dal Presidente della Giunta – se si tratta di regione, provincia o provincia autonoma - o dal Sindaco – se si tratta di un comune - e dal responsabile del servizio finanziario dell’ente (comma 6).
Il comma 7 specifica ulteriori azioni e misure attraverso le quali regioni ed enti locali dovranno conseguire il miglioramento dei saldi. Come si è ricordato avanti, già il comma 2 dell’articolo 28 della legge n. 448/98 indica gli obiettivi e le misure cui le regioni e gli enti locali sono tenuti al fine di conseguire la riduzione delle spese e l’incremento delle entrate che determinano il miglioramento dei saldi richiesto dal patto di stabilità interno. Il comma in esame aggiunge a quelle indicazioni quattro ulteriori azioni rivolte al contenimento delle spese di funzionamento dell’ente: la riduzione delle spese per il personale, la soppressione di organismi collegiali che non siano indispensabili al funzionamento dell’ente, un freno all’affidamento diretto dei servizi. La quarta indicazione è diretta a reperire risorse aggiuntive tramite il ricorso a contratti, accordi e convenzioni di sponsorizzazione.
Dopo il comma 2 dell’articolo 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, viene inserito il comma 2-bis che specifica queste misure. In particolare:
-
la riduzione della spesa per il personale interno;
questo obiettivo colloca in questo contesto un vincolo già imposto alle regioni e agli enti locali con l’articolo 39 della legge n. 449 del 1997. Quelle disposizioni (comma 19), come modificate successivamente dall’articolo 22 della legge n. 448 del 1998, impongono alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, agli enti locali, alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale di conseguire una riduzione programmata delle spese per il personale come risultato della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Qualora ciò fosse necessario, gli enti indicati devono modificare i propri ordinamenti in modo che questi consentano di conseguire la riduzione delle spese per il personale. La misura della riduzione delle spese non è tuttavia quantificata. Un limite quantitativamente definito è posto per le nuove assunzioni con l’introduzione di un nuovo comma 20-bis all’articolo 39 della legge n. 449 del 1997. Il comma è introdotto per altro dall’articolo 11, comma 1, lettera g) dello stesso disegno di legge in esame: Per le misure che questo prevede si fa rinvio alla scheda relativa alle misure complessivamente introdotte da questo articolo.
la riduzione della spesa per il personale esterno all’ente;
la disposizione prevede che, qualora lo statuto dell’ente consenta che sia possibile ricorrere a prestazioni di lavoro di personale esterno all’amministrazione, nelle diverse forme contrattuali possibili o tramite rapporto di consulenza, anche queste spese devono essere ridotte come contributo al miglioramento dei saldi; inoltre, la medesima lettera b) impone di sopprimere tutti gli organi collegiali istituiti dall’ente medesimo se questi non possono ritenersi indispensabili ai sensi dell’articolo 41, comma 1, della legge n. 449/1997. Quella disposizione fa carico agli organi di direzione politica dell’ente dichiarare – con apposito provvedimento ricognitivo ed entro sei mesi dall’inizio di ciascun esercizio finanziario – quali comitati, commissioni, consigli o altro organismo collegiale siano indispensabili alla realizzazione dei fini istituzionali dell’ente"; a partire dal mese successivo alla emanazione del provvedimento gli enti dovranno sopprimere gli organismi che non siano dichiarati indispensabili e attribuire ad altri uffici le funzioni che questi svolgevano;
-
l’incremento delle entrate straordinarie acquisite tramite sponsorizzazioni;
anche in questo caso la disposizione richiama in questo contesto una misura esistente. L'articolo 43 della L. 449, prevede che le pubbliche amministrazioni, possano ricorrere a strumenti di natura privatistica o di gestione aziendale (quali contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione, convenzioni, richiesta di contributi a fronte di servizi resi, economie di gestione), allo scopo di innovare e migliorare la qualità dei servizi prestati. La disposizione è finalizzata inoltre a consentire risparmi di spesa o maggiori entrate alle stesse pubbliche amministrazioni.
In particolare, il comma 1 dell’articolo 43 disciplina le attività di collaborazione e sponsorizzazioni delle pubbliche amministrazioni. Il comma 2 detta i limiti all'attività di sponsorizzazione che sono:
- perseguimento di interessi pubblici;
- esclusione di forme di conflitto di interesse tra attività pubblica e privata;
- risparmi di spesa sugli stanziamenti disponibili.
Di questi risparmi il comma 2 prevede la seguente destinazione:
- per il 5% alla retribuzione di risultato dei dirigenti che hanno effettuato il risparmio;
- per il 65% nella disponibilità dell'amministrazione che ha effettuato il risparmio;
- per il 30% ad economia di bilancio.
Il richiamo fatto in questo contesto non modifica queste destinazioni;
-
ridurre il ricorso all’affidamento diretto dei servizi pubblici locali;
la misura è diretta ai comuni e alle province, in relazione allo sviluppo delle forme di affidamento dei servizi pubblici sviluppatesi a seguito delle innovazioni introdotte dagli articoli 22 e 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e alla possibilità di trasformare le aziende speciali in società per azioni a seguito della facoltà prevista con l’articolo 17, comma 51, della legge n. 127/1997.
Il comma 3 del citato articolo 22 prevede – alla lettera c) – che i comuni e le province possano gestire i servizi pubblici tramite "azienda speciale" quando i servizi abbiano rilevanza economica ed imprenditoriale; la successiva lettera e) consente che quei servizi siano gestiti a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico. Come si è detto, la legge n. 127/1997 consente che le aziende speciali siano ora trasformate in società per azioni. Gli enti locali affidano direttamente la gestione del servizio è alle aziende speciali (da loro costituite) o alle società controllate. I rapporti – giuridici e finanziari – fra le aziende speciali e l’ente locale sono disciplinati da un "contratto di servizio" stipulato fra i due soggetti secondo quanto prevede l’articolo 4, comma 5, lettera a), del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 1995, n. 95.
La disposizione in esame (comma 7) prevede che gli enti locali debbano limitare il ricorso all’affidamento diretto e, quindi, fare maggiore ricorso all’affidamento tramite gara, quale forma di affidamento in grado di ridurre il costo (anche finanziario) del contratto di servizio. Si ricorda in proposito che questa specifica misura è articolatamente prevista dal disegno di legge AS n. 4014, "Modifica degli articoli 22 e 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, in materia di riordino dei servizi pubblici locali e disposizioni transitorie".
Secondo il comma 9, il monitoraggio circa il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità resta affidato al Ministero del Tesoro che si avvale del personale comandato da altre amministrazioni, degli esperti, nonché di personale assunto a tempo determinato che, ai sensi dell’articolo 47, comma 10, della legge n. 449/1997 (provvedimento collegato per il 1998) svolgono attualmente questa attività.
La possibilità di utilizzare personale estraneo all’amministrazione è limitata a 30 unità, che potranno essere assunte con contratti annuali, rinnovabili per non più di due volte.
Il comma 9 in esame modifica la norma prevedendo che i contratti degli esperti possano essere rinnovati fino al 2003 (anno coincidente con l’orizzonte temporale della manovra).

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14 ottobre1998
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