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Articolo 5
(Patrimonio immobiliare dello Stato)

1. Al comma 86 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono soppresse le seguenti parole: "aventi valore significativo" ed é aggiunto in fine il seguente periodo: "Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica si avvale a tal fine di uno o piú consulenti finanziari o immobiliari, incaricati anche della valutazione dei beni, scelti, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, con procedure competitive tra primarie società nazionali ed estere".
2. Il comma 87 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, é abrogato.
3. Il comma 99 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, é sostituito dal seguente:
" 99. I beni immobili e i diritti immobiliari appartenenti al patrimonio dello Stato non conferiti nei fondi di cui al comma 86, individuati dal Ministro delle finanze, possono essere alienati secondo programmi, modalità e tempi definiti, di concerto con il Ministro delle finanze, dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, che ne cura l'attuazione. In detti programmi vengono altresí stabilite le modalità di esercizio del diritto di prelazione previsto dal comma 113, i diritti attribuiti ai conduttori e gli obblighi a carico degli stessi. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica si avvale a tal fine di uno o piú consulenti immobiliari, incaricati anche della valutazione dei beni, scelti, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, con procedure competitive tra primarie società nazionali ed estere. I beni e i diritti immobiliari dello Stato, an che non compresi nei programmi, sono alienati in deroga alle norme di contabilità di Stato. Lo Stato venditore é esonerato dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà o al diritto sul bene producendo apposita dichiarazione di titolarità del diritto. I beni e i diritti immobiliari compresi nei programmi possono essere alienati a uno o piú intermediari scelti con procedure competitive e secondo i termini che seguono. Gli intermediari acquirenti corrispondono al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica l'importo pattuito e si impegnano a rivendere gli immobili entro il termine concordato, corrispondendo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la differenza tra il prezzo di rivendita e il prezzo di acquisto, al netto di una commissione percentuale progressiva calcolata su tale differenza. Nel caso in cui l'intermediario non proceda alla rivendita degli immobili nel termine concordato, l'intermediario corrisponde al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la differenza tra il valore di mercato degli immobili, indicato dal consulente di cui al comma 86, e il prezzo di acquisto, al netto della commissione percentuale di cui al periodo precedente calcolata su tale differenza. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, puó essere previsto che l'alienazione degli immobili ad intermediari avvenga senza obbligo di rivendita successiva. All'alienazione singola dei beni e diritti immobiliari, anche non compresi nei programmi, a soggetti diversi dagli intermediari, provvede il Ministero delle finanze".
4. Il comma 100 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, é sostituito dal seguente:
" 100. Lo Stato venditore é esonerato dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà o al diritto sul bene producendo apposita dichiarazione di titolarità del diritto. Gli onorari notarili sono ridotti al 20 per cento. Le valutazioni di interesse storico e artistico sui beni da alienare sono effettuate secondo le modalità e i termini stabiliti con il regolamento adottato ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento le valutazioni di interesse storico e artistico devono essere effettuate entro trenta giorni dalla richiesta da parte dell'ente alienante; decorso tale termine senza che la valutazione sia stata effettuata il bene puó essere alienato.".
5. Al comma 102 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le parole: "approvati e resi esecutivi" sono sostituite dalla seguente: "stipulati".
6. I commi 103 e 104 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono abrogati.
7. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano fino alla piena operatività dell'Agenzia del demanio di cui all'articolo 65 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
8. Il comma 1 dell'articolo 19 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, é sostituito dal seguente:
" 1. Nell'ambito del processo di dismissione o di valorizzazione del patrimonio immobiliare statale, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro delle finanze, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, puó conferire o vendere a società per azioni, anche appositamente costituite, compendi o singoli beni immobili o diritti reali su di essi, anche se per legge o per provvedimento amministrativo o per altro titolo posti nella disponibilità di soggetti diversi dallo Stato che non ne dispongano per usi governativi, per la loro piú proficua gestione. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica si avvale di uno o piú consulenti immobiliari o finanziari, incaricati anche della valutazione dei beni, scelti, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, con procedure com petitive tra primarie società nazionali ed estere. I valori di conferimento, ai fini di quanto previsto dall'articolo 2343 del codice civile, sono determinati in misura corrispondente alla rendita catastale rivalutata. I valori di vendita sono determinati in base alla stima del consulente di cui al presente comma. Lo Stato é esonerato dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà o al diritto sul bene. Il Ministro delle finanze produce apposita dichiarazione di titolarità del diritto. Gli onorari notarili sono ridotti al 20 per cento. Le valutazioni di interesse storico e artistico sui beni da alienare sono effettuate secondo le modalità e i termini stabiliti con il regolamento adottato ai sensi dell'articolo 32 della presente legge. Fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento le valutazioni di interesse storico e artistico devono essere effettuate entro trenta giorni dalla richiesta da parte dell'ente alienante; decorso tale termine senza che la valutazione sia stata effettuata il bene puó essere alienato".
9. Le risorse derivanti dalle alienazioni e gestioni degli immobili effettuate ai sensi dell'articolo 44 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dell'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, ai fini delle previste riassegnazioni, al netto di quanto spettante per le attività svolte dalla società incaricata delle attività di dismissione e valorizzazione.
10. La riassegnazione prevista dal comma 95 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, non si applica per gli anni 2000, 2001 e 2002.

L’articolo 5 in esame interviene su una materia, quella relativa ai beni immobili dello Stato, con riferimento sia alla sottoscrizione di quote di fondi immobiliari, sia al loro conferimento o vendita a società per azioni per la loro più proficua gestione, sulla quale il Governo ha adottato, negli ultimi anni, numerose e talora contraddittorie iniziative.
La prima modifica, contenuta nei commi 1-7, riguarda le disposizioni contenute nell’articolo 3, commi 86-105 della legge n. 662 del 1996 (collegato alla legge finanziaria 1997), che si proponevano l’obiettivo di accelerare il processo di dismissione di tali beni attraverso il ricorso all’istituto dei fondi immobiliari chiusi, regolati dalla legge n. 86 del 1994.
Le modifiche prospettate traggono origine dalla constatazione, di cui alla relazione illustrativa, per cui la procedura introdotta dalle disposizioni richiamate si sarebbe, nonostante le intenzioni, dimostrata estremamente complessa, impedendo l’avvio di significative operazioni di dismissione. Merita ricordare che in materia di alienazione di beni immobili appartenenti al demanio dello Stato sono stati adottati, successivamente all'entrata in vigore del codice civile e del codice della navigazione, numerosissimi provvedimenti, larga parte dei quali riguardanti specifiche situazioni di alienazioni di beni ad enti locali. Si è quindi determinata una stratificazione di norme con le quali si sono indicate procedure e modalità per l'alienazione dei singoli beni spesso non coordinate. In particolare, la legge n. 579/1993, per un verso introduce una disciplina generale diretta ad agevolare il trasferimento agli enti locali dei beni immobili dello Stato, demaniali o patrimoniali, non utilizzati in conformità alla propria destinazione pubblicistica, e per l’altro dispone in ordine all'alienazione di singoli beni immobili dello Stato, sulla base di specifiche indicazioni contenute in alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare.
L'articolo 1 autorizza il Ministro delle finanze, fino alla data di entrata in vigore di una disciplina organica e unitaria sulla gestione economica dei beni demaniali e patrimoniali indisponibili dello Stato, a disporre con propri decreti il trasferimento agli enti locali territoriali dei beni del demanio pubblico e del patrimonio indisponibile dello Stato. La condizione per richiedere tale trasferimento è che tali beni non risultino utilizzati in conformità al soddisfacimento degli interessi pubblici cui sono destinati.
L'articolo 2 dispone che la cessione dei beni possa essere effettuata a trattativa privata; il primo atto per l'attivazione della procedura è la richiesta dell'ente territoriale che deve indicare la destinazione finale del bene e fornire indicazioni essenziali sui tempi e le modalità di realizzazione e gestione delle opere o di svolgimento dell'attività progettata. Questi elementi sono valutati, insieme ai presupposti generali previsti dalla legge stessa ed alla compatibilità con gli altri vincoli urbanistici, ambientali, paesaggistici nonché storici ed artistici, dal Ministro delle finanze, come previsto dall'articolo 3, comma 1, il quale autorizza con decreto la cessione.
Per quanto concerne il prezzo di cessione, l'articolo 3, comma 3 stabilisce che esso non possa essere inferiore alla metà del valore determinato dall'UTE e che tale valore debba semplicemente essere calcolato tenendo conto delle condizioni stabilite dal suddetto decreto del Ministro delle finanze e delle destinazioni di piano, senza alcun riferimento alla corrispondenza col valore di mercato. In conformità alle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990, l'articolo 3, comma 2, stabilisce il termine per la conclusione del procedimento, cioè per l'emanazione del decreto di autorizzazione alla cessione a trattativa privata, in sei mesi, a meno che l'Amministrazione finanziaria non chieda chiarimenti o integrazioni, nel qual caso lo stesso è prorogato di 4 mesi.
Successivamente al decreto di autorizzazione inizia la procedura di trattativa privata e la stipula dell'atto di cessione, il quale deve prevedere la risoluzione espressa del contratto nel caso di mancata utilizzazione dei beni (in questo caso si considerano espressamente i soli beni immobili, ciò che potrebbe essere interpretato come previsione di non obbligatorietà della clausola di risoluzione per i beni mobili) nei termini indicati dal progetto di massima - il quale oltre ad essere conforme al decreto di autorizzazione, deve essere allegato all'atto di cessione - ovvero nel caso di utilizzo difforme degli stessi rispetto alle finalità indicate nella richiesta. (articolo 4). La procedura si conclude con l'emanazione di un secondo decreto da parte del Ministro delle finanze, di approvazione dell'atto di cessione. Il decreto deve essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale entro 15 giorni dalla stipulazione del contratto (articolo 4, comma 3).
Gli articoli da 6 a 9 dettavano invece norme che in sede di prima applicazione della legge autorizzavano il Ministro delle finanze a procedere alla cessione di taluni beni immobili agli enti locali interessati.
Successivamente, in materia di trasferimento agli enti locali di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato sono intervenute le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 37 e 38, della legge n. 549/1995 (collegato per il 1996).
In particolare, il comma 37 prevede che su richiesta di comuni e di altri enti locali siano trasferiti in proprietà agli enti medesimi i beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato che risultino non utilizzati alla data del 30 giugno 1995 o che, anche successivamente a tale data, risultino non più utili ai fini istituzionali delle Amministrazioni dello Stato.
Il trasferimento degli immobili deve essere disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sentiti i Ministri competenti ed il prezzo di cessione viene fissato in misura pari ai due terzi del valore determinato dall'UTE competente per territorio.
La norma prevede che il trasferimento sia effettuato prioritariamente nei confronti dei comuni ed in via subordinata nei confronti degli altri enti locali che ne abbiano fatto richiesta.
Ulteriori disposizioni in merito all'alienazione di beni immobili dello Stato sono contenute quindi ai commi 86-105 dell'articolo 3 della citata legge n. 662/96. Peraltro, mentre le disposizioni di cui ai commi 86-96 riguardano specificamente la dismissione di beni appartenenti al patrimonio dello Stato mediante il loro conferimento a fondi immobiliari da istituire ai sensi della legge n. 86/94, i commi 99-105 si riferiscono genericamente a beni immobili e a diritti reali su immobili appartenenti allo Stato e, quindi, presumibilmente, anche ai beni demaniali oltre che a quelli del patrimonio statale. Le disposizioni richiamate prevedono che i beni immobili dello Stato non conferiti in fondi immobiliari possono essere alienati direttamente mediante asta pubblica e, qualora quest'ultima vada deserta, mediante trattativa privata, sulla base del miglior prezzo di mercato. Al fine di accelerare le procedure di dismissione è inoltre stabilito che i relativi procedimenti, qualunque sia il valore dei beni da alienare, siano curati dagli uffici dell'amministrazione finanziaria della provincia ove i beni stessi sono situati. Inoltre, vengono decuplicati i limiti di valore vigenti ai fini della richiesta del parere del Consiglio di Stato. E' poi stabilito che i contratti siano approvati e resi esecutivi, a secondo del relativo valore, dal direttore generale del dipartimento del territorio del Ministero delle finanze ovvero dal direttore centrale del demanio, ovvero dai direttori delle direzioni compartimentali del territorio. Infine, il prezzo di vendita deve essere determinato, entro e non oltre 60 giorni dalla richiesta di apposita perizia, a seguito di documentate indagini di mercato eseguite a livello locale e tenuto conto dei valori rilevati dall'osservatorio del mercato dei valori immobiliari istituito presso il dipartimento del territorio. La normativa da ultimo richiamata è stata parzialmente modificata dalle disposizioni di cui al comma 12 dell’articolo 14, della legge n. 449/97 (collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1998), che, tra le altre cose, ha stabilito che l’alienazione dei beni a trattativa privata da parte dell’amministrazione finanziaria può essere effettuata soltanto qualora il valore di mercato degli stessi non superi i 300 milioni. Inoltre, allo scopo di favorire il diritto di prelazione degli enti locali territoriali previsto al comma 113 della citata legge n. 662/96 in caso di alienazione dei beni già conferiti ai fondi immobiliari da istituire ai sensi della medesima legge, si prevede l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di informare della determinazione di vendere e delle relative condizioni il comune ove il bene è situato.
Da ultimo, nella legge n. 127/97, la cosiddetta legge Bassanini sullo snellimento delle procedure amministrative, è stata introdotta, al comma 65 dell'articolo 17, un'altra norma in materia che rimanda ad un regolamento, da adottare ai sensi della legge n. 400/1988, ai fini dell'individuazione dei casi e delle modalità con le quali beni immobili dello Stato possono essere ceduti a titolo gratuito agli enti locali e alle regioni. I beni interessati devono essere iscritti in catasto del demanio civile e militare ed essere inutilizzati da almeno dieci anni. Tale ultima disposizione trae origine dalla intenzione, largamente condivisa, di semplificare le procedure di alienazione anche mediante una parziale delegificazione della materia.
I commi 1 e 2 dell’articolo in esame, con la modifica al comma 86 e l’abrogazione del comma 87 dell’articolo 3 della legge n. 662, ampliano l’ambito dei beni immobili apportabili nei fondi immobiliari, prima limitati a quelli "aventi valore significativo", individuato nel valore catastale non inferiore a lire 2 miliardi. In secondo luogo si consente al Ministro del tesoro di avvalersi, per tale operazione, di uno o più consulenti finanziari o immobiliari, incaricati anche della valutazione dei beni. Tali soggetti devono essere scelti, anche in deroga alle norme di contabilità dello Stato, con procedure competitive tra primarie società nazionali ed estere.
Il successivo comma 3 riscrive il comma 99 dell’articolo 3 della legge n. 662.
Il comma 99 reca una diversa disciplina per l'alienazione dei beni immobili dello Stato che non sono conferiti nei fondi immobiliari chiusi. I beni immobili e i diritti reali su tali beni possono essere alienati direttamente dall'Amministrazione finanziaria, qualunque sia il loro valore di stima, mediante asta pubblica e, qualora quest'ultima vada deserta, mediante trattativa privata, sulla base del miglior prezzo di mercato. Si intendeva superare in questo modo la farraginosa procedura di vendita a mezzo di incanti che risale alla legge n. 783 del 1908 e al successivo regolamento di esecuzione n. 454 del 1909 e si consente l'esperibilità del ricorso alla trattativa privata.
Le modifiche riguardano in primo luogo il soggetto competente a gestire il processo di alienazione. Infatti, non è più l’amministrazione finanziaria a procedere direttamente all’alienazione, ma questa avverrà secondo programmi, modalità e tempi definiti dal Ministro del tesoro di concerto con quello delle finanze. E’ inoltre previsto che anche a tal fine il Ministro del tesoro, che curerà la stessa attuazione del programma, possa avvalersi anche in questo caso di uno o più consulenti finanziari o immobiliari (cfr. comma 1). I programmi devono stabilire le modalità di esercizio del diritto di prelazione previsto dal comma 113 dell’articolo 3 della legge n. 662 in favore degli enti locali, nonché i diritti dei conduttori e gli obblighi a carico degli stessi.
Si stabilisce, inoltre, che l’alienazione possa avvenire attraverso intermediari scelti con procedure competitive ovvero a soggetti diversi dagli intermediari. Nel primo caso, il Ministero del tesoro vende il bene all’intermediario pattuendo un importo per l’acquisto da parte dell’intermediario stesso che si impegna a rivendere il bene e a versare al Ministero stesso la differenza tra il prezzo di rivendita e quello di acquisto, al netto di una commissione percentuale. In caso di mancata rivendita, l’intermediario corrisponde al Ministero la differenza tra il valore di mercato degli immobili, stabilito dai consulenti di cui al comma 86, e il prezzo di acquisto, sempre al netto della commissione percentuale. Con DPCM può essere stabilito che l’alienazione avvenga anche senza obbligo di rivendita. In sostanza la riscrittura del comma 99 sembra trovare origine nella constatazione della incapacità degli uffici dell’amministrazione finanziaria di curare direttamente la vendita dei beni; conseguentemente, si prospetta il ricorso ad intermediari specializzati. Si può peraltro segnalare che la norma non fornisce elementi precisi quanto alla misura della commissione da corrispondere agli intermediari, salvo affermare che la stessa dovrebbe essere progressiva e calcolata sulla differenza tra il valore di mercato e il prezzo corrisposto al momento dell’acquisto originario, il che potrebbe favorire notevolmente l’intermediario nel caso in cui il prezzo iniziale fosse molto basso.
All’alienazione di singoli beni provvede, invece, a soggetti diversi dagli intermediari provvede invece il Ministero delle finanze.
Merita peraltro rilevare che la norma in base alla quale lo Stato venditore è esonerato dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà o al diritto del bene producendo apposita dichiarazione di titolarità del diritto è contenuta sia nel nuovo comma 99 (quinto periodo) sia nel nuovo comma 100 (primo periodo: cfr. comma 4 dell’articolo in esame).
Il successivo comma 4 riscrive completamente il comma 100, stabilendo, in primo luogo, la riduzione degli onorari notarili al 20% e intervenendo in materia di valutazioni di interesse storico e artistico sui beni da alienare. Per gli aspetti relativi a quest’ultimo argomento si rinvia alla scheda concernente l’articolo 3 del provvedimento in esame.
Si ricorda che il comma 100 dell’articolo 3 della legge n. 662 vigente stabilisce che, qualunque sia il valore dei beni da alienare, i procedimenti sono sempre curati dagli uffici dell'Amministrazione finanziaria della provincia ove i beni o, nell'ipotesi di vendita a lotti, la maggior parte di essi, sono situati. In questo modo si risolvono i dubbi interpretativi concernenti l'individuazione degli organi competenti in caso di vendita a lotti di immobili siti in province diverse (uffici del registro o sezioni distaccate delle direzioni compartimentali del territorio), nascenti a seguito del trasferimento di competenze agli uffici periferici.
Il comma 5 modifica il comma 102 dell’articolo 3, prevedendo che i soggetti indicati procedano non all’approvazione e alla esecuzione dei contratti bensì direttamente alla loro stipula, mentre il comma 6 abroga i commi 103 e 104, in considerazione delle nuove procedure di alienazione stabilite dalle disposizioni in commento.
In base al comma 102 vigente, i contratti sono approvati e resi esecutivi, rispettivamente, dal direttore generale del dipartimento del territorio del Ministero delle finanze per importi superiori a 2 miliardi di lire, dal direttore centrale del demanio per importi nel limite compreso tra 600 milioni e 2 miliardi di lire, dai direttori delle direzioni compartimentali del territorio per importi nel limite dei 600 milioni di lire. In tal modo si dispone un decentramento di competenze che dovrebbe agevolare il tempestivo perfezionamento delle procedure di alienazione.
Il prezzo di vendita degli immobili (il cui pagamento può essere anche rateizzato ai sensi del comma 104) da porre a base del pubblico incanto o dell'eventuale trattativa privata viene determinato (comma 103), entro e non oltre sessanta giorni dalla richiesta della perizia, dall'osservatorio del mercato dei valori immobiliari istituito presso il dipartimento del territorio, a seguito di documentate indagini di mercato eseguite a livello locale e tenuto conto dei valori rilevati, all'attualità. Per quanto riguarda la rateizzazione, è previsto che essa avvenga per non più di dieci rate con cadenza bimestrale ed entro venti mesi dalla stipula del contratto.
Infine, il comma 7 stabilisce che le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano fino alla piena operatività dell’Agenzia del demanio, prevista dall’articolo 65 del D. Lgs. n. 300 del 1999, di riforma dell’organizzazione del Governo, che prevede l’articolazione del Ministero delle finanze in quattro agenzie fiscali: entrate, dogane, territorio e demanio, demandando a quest’ultima il compito di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di provvista, anche mediante l’acquisizione sul mercato, di utilizzo di manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni immobili dello Stato.
Il comma 8 riscrive quasi per intero il comma 1 dell’articolo 19 della legge n. 448 del 1998, il quale contiene ulteriori disposizioni in materia di beni immobili dello Stato, da un lato, prevedendo una diversa modalità per la loro privatizzazione e comunque per la loro gestione in forme privatistiche (commi da 1 a 4 e 6) e, dall’altro, disponendo l’eliminazione di una serie di termini fissati dalla vigente normativa in materia, che ne circoscrivono temporalmente l'efficacia (comma 5).
In particolare, il comma 1 dell’articolo 19 consente al Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle finanze e, nel caso di immobili vincolati, del Ministro per i beni e le attività culturali, non solo di vendere, ma anche di conferire a società per azioni compendi, singoli beni immobili (non destinati ad usi governativi) o diritti reali su di essi anche se posti nella disponibilità di soggetti diversi dallo Stato - in virtù di leggi, atti amministrativi o a qualunque altro titolo -, ciò al fine di assicurarne una più proficua gestione.
Si tratta, com’è evidente, di una ulteriore modalità di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico realizzata attraverso il semplice conferimento dei beni a società per azioni al cui capitale possono partecipare sia amministrazioni pubbliche che privati (comma 4) e il cui precipuo scopo sociale, come chiarito dalla relazione illustrativa, sia quello di "vendere o gestire in senso più razionale ed economicamente produttivo i beni stessi, fermo restando i vincoli su di essi gravanti".
Quanto agli utili di tali società, nonché ai proventi derivanti dalla alienazione dei beni, il comma 2 rinvia al citato comma 95, lettera b) dell’articolo 3 della legge n. 447 del 1996, per il quale gli utili spettanti all’erario (in relazioni agli utili derivanti dalle quote nei fondi immobiliari chiusi), nonché i proventi delle vendite, confluiscono al bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati, entro certi limiti (in misura non inferiore al 5 e non superiore al 15 per cento del loro valore) ai comuni nel cui territorio i beni ricadono. Occorre a quest’ultimo riguardo segnalare come nella relazione illustrativa la quota da riassegnare ai comuni sia individuata in una misura tra il 10 ed il 25 per cento, mentre, come accennato, la lettera b dell’articolo 3 della legge n. 447 cui il comma 2 in esame prevede una riassegnazione "in misura non inferiore al 5 per cento e non superiore al 15 per cento del valore" del conferimento.
In alternativa, sempre il comma 2 prevede che, ove i beni ricadano nella circoscrizione di un solo comune, venga attribuita ad esso una partecipazione alla società cui il bene viene venduto o riferito, sempre però nei limiti fissati dalla norma richiamata.
Il successivo comma 3 detta una particolare disciplina per i beni "che non possono essere alienati" (in questa nozione potrebbero essere ricompresi i beni demaniali e quelli del patrimonio indisponibile), prevedendo che questi possano essere conferiti a società che ne curano l’esercizio e la valorizzazione, corrispondendo un compenso annuo allo Stato a titolo di corrispettivo per la loro utilizzazione.
Finalizzato ad una più efficiente gestione del patrimonio immobiliare statale è anche il comma 6, ove si prevede che gli immobili non più utilizzati dall’Amministrazione e dagli enti locali possano essere affidati, in concessione o sulla base di semplici contratti, a privati o ad altre amministrazioni pubbliche che si impegnino a ristrutturarli o, se necessario, a ricostruirli al fine di una proficua utilizzazione degli stessi. Il prezzo da corrispondere all’Amministrazione statale e agli enti locali per l’utilizzazione di tali beni è fissato tenendo conto dell’impegno finanziario derivante dalla realizzazione del progetto di ristrutturazione e del valore di mercato del bene. Si prevede poi che la concessione del bene possa essere revocata – o il contratto, con cui il bene viene affidato possa essere risolto - nel caso di mancato adempimento, da parte del concessionario o del contraente privato, delle obbligazioni contratte da questi soggetti con i terzi finanziatori, e ciò parrebbe essere una misura volta a rafforzare la garanzia della serietà dell’impegno assunto dai concessionari
Il comma 7, infine, rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio la disciplina attuativa della normativa richiamata, mentre il comma 5, come si è anticipato, sopprime i termini fissati dall’articolo 3 della legge n. 662 del 1996 per la redazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dell’elenco dei beni e diritti reali in funzione dell’apporto iniziale ai fondi immobiliari chiusi previsti dal medesimo articolo 3. Si prevede altresì la soppressione del termine previsto per promuovere la costituzione della società di gestione di tali fondi immobiliari.
Il comma 8 stabilisce che rimane fermo quanto disposto dall’articolo 3, comma 114, della legge n. 662/1996, il quale stabilisce che i beni immobili e i diritti reali sugli immobili appartenenti allo Stato e situati nei territori delle regioni a statuto speciale possono essere conferiti nei fondi immobiliari di cui alla legge n. 86/1994, sentite le regioni che si pronunciano in conformità dei rispettivi statuti.
Il comma 9 contiene una disposizione che attiene ad una normativa diversa da quella oggetto dei restanti commi, che modifica il termine previsto nel primo periodo del comma 5 dell'articolo 12 della legge n. 127 del 1997, portando tale termine da novanta a centoventi giorni.
Infine, il comma 10 stabilisce che in merito all'attuazione delle disposizioni previste nell'articolo in commento, all'entità e qualità della valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato e all'attività della società di cui al comma 3, venga presentata una relazione annuale al Parlamento da parte dei Ministri del tesoro e delle finanze, sull'attuazione delle misure di privatizzazione e gestione in forme privatistiche dei beni immobili dello Stato, sull'entità e sulla qualità della valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, nonché sulle attività delle società che curano l'esercizio e la valorizzazione dei beni inalienabili.
La nuova formulazione dell’articolo 19, comma 1, fa in primo luogo venir meno il concerto con il Ministero per i beni culturali per il conferimento o l’alienazione di beni immobili soggetti a tutela. In secondo luogo, viene ripresa per intero la procedura prevista dalla nuova formulazione dei commi 99 e 100 dell’articolo 3 della legge n. 662 del 1996, in materia di scelta dei consulenti immobiliari, di determinazione dei valori di conferimento, di esonero dalla consegna dei documenti di proprietà, di valutazioni di interesse storico e artistico.
Il comma 9 prevede specificamente che le risorse derivanti dall’attuazione del programma di dismissioni dei beni immobiliari della Difesa, disciplinato dall’articolo 3, comma 112, della legge n. 662/1996 e dall’articolo 44 della legge n. 448/1998, siano versate all’entrata del bilancio statale, per poi essere riassegnate al Ministero della Difesa per finalità di ammodernamento e potenziamento operativo, strutturale e infrastrutturale delle Forze armate, "al netto di quanto spettante per le attività svolte dalla società incaricata delle attività di dismissione e valorizzazione", in base alla citata norma delle legge n. 662.
La norma innova rispetto al regime attuale, in base al quale le somme spettanti alla società affidataria, determinate secondo apposita convenzione, sono a questa corrisposte da parte del Ministero della difesa, soltanto dopo l’avvenuta riassegnazione dei proventi introitati.
In proposito si rileva che non appare chiara la sequenza procedurale prevista da tale disposizione: in particolare non è individuato il soggetto cui compete il versamento dell’importo spettante alla società affidataria, né vengono definite le procedure contabili mediante le quali tale importo è detratto dalle somme da versare all’entrata del bilancio statale.
Si pone pertanto la questione di specificare se, con la disposizione in esame, si intenda autorizzare la società affidataria a trattenere direttamente la somma ad essa spettante, prima ancora del versamento dei proventi all’entrata del bilancio statale. In tal caso, peraltro, la norma non sembrerebbe produrre apprezzabili effetti finanziari, salvo ipotizzare che un’acquisizione anticipata dei corrispettivi possa stimolare la società affidataria ad incrementare le proprie attività.
Per quanto concerne le dismissioni dei beni immobiliari della Difesa, si ricorda che l'articolo 3 della legge n. 662/1996, al comma 112, ha introdotto una speciale disciplina della materia, nel quadro del più generale processo di dismissioni dei beni immobili dello Stato.
In particolare, la norma prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze, siano individuati gli immobili della Difesa da inserire nel programma di dismissioni. Le alienazioni, permute, valorizzazioni e gestioni di tali beni avvengono mediante conferimento di apposito incarico a società a prevalente capitale pubblico, con particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare. I contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa. Per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990.
In attuazione di tali disposizioni è stato emanato il D.P.C.M. 11 agosto 1997, "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662", con il quale è stato approvato un programma di dismissioni riguardante 302 beni immobili, divisi a seconda della regione in cui sono collocati.
Sulla base del complesso processo così avviato, è poi intervenuto l’articolo 44, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante "Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo", che ha disposto in sostanza la continuazione del programma di dismissioni, integrando le relative norme di attuazione. In particolare, tale norma ha introdotto il principio del diritto di prelazione degli immobili della Difesa a favore degli enti locali e, con riguardo all’assegnazione delle risorse introitate, ha precisato che esse siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreto del Ministro del tesoro, allo stato di previsione del Ministero della difesa, nel complessivo limite di 1.400 miliardi, e utilizzate per il conseguimento degli obiettivi di ammodernamento e potenziamento operativo, strutturale e infrastrutturale delle Forze armate. È stato previsto inoltre che il Ministro della difesa comunichi semestralmente alle Commissioni parlamentari competenti le dismissioni effettuate, i proventi realizzati e le relative destinazioni, e che le medesime comunicazioni siano rese anche al Comitato misto paritetico per le servitù militari delle regioni interessate, limitatamente ai provvedimenti che le riguardano.
Con riguardo al diritto di prelazione sui beni immobili della difesa da parte degli enti locali, si ricorda infine che l’art. 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. "collegato ordinamentale", ha previsto che, nell'ambito degli accordi di programma relativi alla dismissione di tali beni, ai sensi dell'articolo 3, comma 112, della legge n. 662/1996, possa essere riconosciuta in favore degli enti locali una quota non superiore al 20% del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a "scomputo" del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.
Si ricorda infine che l’attuazione del programma di dismissioni, disciplinato dalle disposizioni normative ora menzionate, si è concretamente avviato soltanto dopo l’aggiudicazione alla società CONSAP dell’incarico di gestire il programma di dismissioni, avvenuta il 23 gennaio 1998 al termine di una gara pubblica a livello comunitario. La relativa convenzione tra il Ministero della difesa e la predetta società, firmata il 6 marzo 1998, è stata registrata dalla Corte dei conti il successivo 14 aprile. Peraltro l’operatività a pieno titolo della CONSAP ha potuto realizzarsi soltanto a partire dal mese di maggio 1998, dopo il rigetto dei ricorsi contro la procedura di aggiudicazione, presentati al TAR del Lazio da parte di altre società partecipanti alla gara d’appalto.
Quanto ai dati generali sul programma in atto, si fa presente che, alla data del 6 luglio 1999, sul complesso dei 302 beni individuati nel D.P.C.M. 11 agosto 1997, risulta attualmente alienato un solo bene immobile. Il cespite è stato acquistato dal comune di Bologna con atto del 4 novembre 1998 al prezzo di 4.080 milioni.
Nei mesi di ottobre e novembre 1998 sono stati peraltro posti in vendita, mediante avviso pubblicato su stampa nazionale e locale, ovvero affissioni murali e all'albo pretorio, 28 beni, per un importo complessivo di 15.150 milioni. In data 23 febbraio 1999 sono stati posti in vendita 20 immobili, per un importo complessivo di 23.058 milioni, con le stesse procedure. In data 16 giugno 1999 sono stati posti in vendita 32 immobili, per un ammontare complessivo di circa 35 miliardi.
Sono stati conclusi accordi di vendita per 16 beni, per un importo di 7.800 milioni. Per i restanti sono stati interpellati gli enti locali territoriali ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione al prezzo base o comunque per raggiungere un'intesa di vendita.
Quanto alla parte della legge che prevede gli accordi di programma o le permute con i comuni, i dati risultano in uno stato più avanzato.
Si segnala inoltre che la materia è stata recentemente oggetto di un'indagine conoscitiva avviata dalla IV Commissione Difesa della Camera dei deputati il 13 gennaio 1999 e conclusa con l’approvazione del documento conclusivo nella seduta del 27 luglio scorso, che ha consentito di porre in evidenza gli aspetti problematici del programma di dismissioni.
A seguito della conclusione dell’indagine conoscitiva, è stato predisposto un nuovo testo della proposta di legge n. 5836 (Spini ed altri), di modifica della normativa vigente in materia di dismissioni nel settore della Difesa, già all’esame della Commissione, al fine di recepire le principali proposte individuate nel documento conclusivo dell’indagine stessa. In data 5 ottobre 1999, il nuovo testo è stato adottato come testo base dalla Commissione.
Infine, il comma 10 stabilisce la non applicazione, per gli anni 2000, 2001 e 2002, della riassegnazione degli utili spettanti all’erario in relazione alle quote di fondi immobiliari nonché dei proventi derivanti dalla vendita dei beni secondo quanto disposto dal comma 95 dell’articolo 3 della legge n. 662 del 1996
Il richiamato comma 95 stabilisce che gli utili spettanti all'erario in relazione alle quote dei fondi immobiliari, nonché i proventi derivanti dalla vendita dei beni immobili non conferiti nei fondi di cui al comma 86, vengano versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati:
- all'amministrazione dello Stato che deteneva o utilizzava i beni o era titolare dei diritti conferiti nel fondo, in misura non inferiore al 10 per cento e non superiore al 25 per cento del valore dell'apporto al fondo medesimo. Le risorse sono finalizzate al potenziamento dell'attività istituzionale;
- al Ministero dell'interno, per la successiva attribuzione ai comuni nel cui territorio ricadono i beni ed i diritti conferiti nel fondo, in misura non inferiore al 5% e non superiore al 15 % del valore dell'apporto al fondo. Viene confermata la destinazione delle somme al finanziamento di investimenti.
La relazione tecnica quantifica in 400 miliardi per il 2000 e il 2001 le maggiori entrate derivanti dall’articolo in esame

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14 ottobre1998
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