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Articolo 35
(Riduzione oneri sociali e tutela della maternità)

1. Con riferimento ai parti, adozioni o affidamenti intervenuti successivamente al 1º luglio 2000 per i quali è riconosciuta dal vigente ordinamento la tutela previdenziale obbligatoria della maternità, il complessivo importo della prestazione dovuta se inferiore a lire 3.000.000, ovvero una quota fino a lire 3.000.000 se il predetto complessivo importo risulta pari o superiore a tale valore, è posto a carico del bilancio dello Stato. Conseguentemente, e subordinatamente all'adozione dei decreti di cui al comma 2, sono ridotti gli oneri contributivi per maternità, a carico dei datori di lavoro, per 0,20 punti percentuali. Relativamente agli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti per le gestioni dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri, artigiani ed esercenti attività commerciali la misura del contributo annuo di cui all'articolo 6 della legge 29 dicembre 1987, n. 546 è rideterminata in lire 14.500. Nei confronti degli iscritti alle altre gestioni previdenziali che erogano trattamenti obbligatori di maternità alla ridefinizione dei contributi dovuti si provvede con i decreti di cui al comma 9, sulla base di un procedimento che preliminarmente consideri una situazione di equilibrio tra contributi versati e prestazioni assicurate.
2. All'onere derivante dal comma 1, pari a lire 255 miliardi per l'anno 2000, a lire 625 miliardi per l'anno 2001, a lire 469 miliardi per l'anno 2002 e a lire 581 a decorrere dall'anno 2003, si provvede con una quota parte delle maggiori entrate derivanti dai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, emanati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie ovvero in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per le quali sono in atto o sono stati versati contributi per la tutela economica obbligatoria della maternità, è corrisposto, per ogni figlio nato, o per ogni minore adottato o in affidamento preadottivo dalla stessa data di cui al comma 1, un assegno di importo complessivo pari a lire 3.000.000, per l'intero nel caso in cui non sia corrisposta alcuna prestazione per la tutela economica obbligatoria della maternità, ovvero per la quota differenziale rispetto alla prestazione complessiva in godimento se questa risulta inferiore, quando si verifica uno dei seguenti casi:
a) quando la donna lavoratrice ha in corso di godimento una qualsiasi forma di tutela previdenziale della maternità e possa far valere almeno tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita o all'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare;
b) qualora il periodo intercorrente tra la data della perdita del diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento, per almeno tre mesi, di attività lavorativa, così come individuate coi decreti di cui al comma 9, e la data della nascita o dell'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare, non sia superiore a quello del godimento di tali prestazioni, e comunque non sia superiore a nove mesi. Con i medesimi decreti è altresì definita la data di inizio del predetto periodo nei casi in cui la medesima non risulti esattamente individuabile;
c) in caso di recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro durante il periodo di gravidanza, qualora la donna possa far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai diciotto ai nove mesi antecedenti alla nascita.
4. L'assegno di cui al comma 3, che è posto a carico dello Stato, è concesso ed erogato dall'INPS, a domanda dell'interessato, da presentarsi in carta semplice nel termine perentorio di sei mesi dalla nascita o dall'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare.
5. Restano ferme le disposizioni dell'articolo 17 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.
6. L'importo della quota di cui al comma 1 e dell'assegno di cui al comma 3 sono rivalutati al 1º gennaio di ogni anno, sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
7. A decorrere dal 1º luglio 2000 l'assegno di cui all'articolo 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è concesso alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso di carta di soggiorno ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che non beneficiano di alcuna tutela economica della maternità, alle condizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo 66 della legge n. 448 del 1998, per ogni figlio nato dal 1º luglio 2000, o per ogni minore adottato o in affidamento preadottivo dalla stessa data. All'assegno di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui al comma 6.
8. Con i decreti di cui al comma 9 sono disciplinati i casi nei quali gli assegni, se non ancora concessi o erogati, possono essere corrisposti al padre o all'adottante del minore.
9. Con uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono emanate le disposizioni regolamentari necessarie per l'attuazione del presente articolo. Fino all'entrata in vigore delle suddette disposizioni restano in vigore, per quanto applicabili, le disposizioni emanate ai sensi della disciplina previgente.
10. L'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, con esclusione di quello di cui al comma 1, è valutato in lire 92 miliardi per l'anno 2000 e in lire 186 miliardi a decorrere dal 2001.

Il comma 1 pone a carico dello Stato una quota della spesa relativa ai trattamenti obbligatori di maternità, con riferimento ai parti, alle adozioni o agli affidamenti intervenuti successivamente al 1° luglio 2000. Tuttavia, il trasferimento di tale quota di onere alla fiscalità generale - e la conseguente riduzione dell'onere contributivo (di cui al medesimo comma 1) - è subordinato (comma 2) all'adozione - o meglio, all'entrata in vigore - di nuovi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri con cui, ai sensi dell’art. 8, comma 5, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, sono progressivamente incrementate le aliquote delle accise sugli oli minerali e sui consumi di carbone.
In particolare, viene posta a carico dello Stato una quota pari lire 3 milioni per ogni prestazione complessiva ovvero l'intero importo nel caso in cui esso sia inferiore a tale limite - il quale viene rivalutato annualmente ai sensi del successivo comma 6 -.
Si ricorda che le lavoratrici dipendenti private hanno diritto ad un'indennità, a carico dell'INPS, pari rispettivamente all'80% e al 30% della retribuzione per il periodo di astensione obbligatoria e di quella facoltativa dal lavoro per maternità (art. 15 della L. 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni e integrazioni) .
L'indennità di maternità (sempre a carico dell'INPS) per le coltivatrici dirette, mezzadre e colone, per le artigiane e le donne esercenti attività commerciali è regolata dalla L. 29 dicembre 1987, n. 546.
La L. 11 dicembre 1990, n. 379, regola quella relativa alle libere professioniste - iscritte agli enti di previdenza e assistenza individuati dalla Tabella A allegata all'art. 1 della stessa legge; l'indennità è a carico dei medesimi -.
L'art. 59, comma 16, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, e il D.M. di attuazione 27 maggio 1998, e successive modificazioni e integrazioni, hanno disciplinato il trattamento di maternità per i soggetti iscritti alla Gestione INPS di cui all'art. 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335 - trattamento a carico della medesima Gestione -.
Non rientra nell'ambito di applicazione del presente comma 1 l'assegno di maternità per i soggetti che non beneficino già di relativi trattamenti previdenziali, di cui all'art. 66 della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni e integrazioni, in quanto esso è già interamente a carico dello Stato (riguardo a tale istituto, cfr. sub il successivo comma 7).
All'imputazione alla fiscalità generale della quota di spesa suddetta consegue - sempre, come detto, con operatività non diretta ed immediata - una riduzione degli oneri contributivi nei seguenti termini:
per i lavoratori dipendenti (privati) l'aliquota è diminuita di 0,20 punti percentuali (la misura attuale è pari, di regola, a 0,66 punti nei settori dell'industria e dell'artigianato, a 0,44 in quello del commercio e a 0,23 per la categoria degli operai agricoli; si ricorda che essa è interamente a carico del datore);
per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, per gli artigiani e gli esercenti attività commerciali, il contributo annuo è ridotto a 14.500 lire (l'importo attuale è pari a 18.000 per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni e a 18.936 per gli altri soggetti in esame);
nei confronti degli iscritti alle altre gestioni previdenziali che erogano trattamenti obbligatori di maternità i contributi sono ridefiniti con i decreti ministeriali di cui al successivo comma 9, previa verifica della sussistenza di una situazione di equilibrio tra contributi e prestazioni - non è chiaro, a quest'ultimo riguardo, se si debba far riferimento esclusivamente alla tutela della maternità o al complesso della gestione previdenziale -.
Il comma 2 provvede alla copertura dell'onere di cui al precedente comma 1 mediante utilizzo di una quota delle maggiori entrate derivanti dai summenzionati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanati successivamente all'entrata in vigore della presente legge.
L'onere è quantificato in lire 255 miliardi per il 2000, 625 miliardi per il 2001, 469 miliardi per il 2002 e a 581 miliardi a decorrere dal 2003.
Il comma 3 prevede, qualora ricorrano talune fattispecie, la concessione, se altrimenti non spettante, di un trattamento di maternità pari complessivamente a 3 milioni, ovvero l'integrazione fino a tale misura, se inferiore, dell'assegno a cui si abbia già diritto. L'importo suddetto di 3 milioni è rivalutato annualmente ai sensi del successivo comma 6.
I benefici in esame riguardano le donne residenti (anche cittadine di altri Paesi dell'Unione Europea, nonché, se in possesso della carta di soggiorno di cui all'art. 9 del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, di Stati extracomunitari). Essi sono concessi per i parti, le adozioni o gli affidamenti preadottivi intervenuti a decorrere dal 1° ovvero forse dal 2 luglio 2000 - la norma non è chiara al riguardo -, sempre che siano in atto o siano stati versati contributi per forme di tutela economica obbligatoria della maternità e che ricorra una delle seguenti condizioni:
il soggetto possa godere di una forma di tutela economica obbligatoria in materia e abbia almeno 3 mesi di contribuzione nel periodo intercorrente tra i 18 e i 9 mesi antecedenti alla nascita o all'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare;
si siano goduti di trattamenti previdenziali o assistenziali e il periodo che intercorra tra la loro cessazione e la data della nascita (o dell'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare) non sia superiore a quello di godimento dei medesimi né, in ogni caso, a 9 mesi. I suddetti trattamenti previdenziali o assistenziali devono derivare dallo svolgimento, per almeno 3 mesi, di prestazione lavorativa e sono individuati con i decreti ministeriali di cui al successivo comma 9; questi ultimi definiscono altresì, ove necessario, i criteri per la determinazione della data di perdita dei trattamenti stessi;
il rapporto di lavoro cessi, anche per dimissioni, durante il periodo di gravidanza e la donna possa far valere almeno 3 mesi di contribuzione - relativa sempre, è da intendersi, a una forma di tutela economica obbligatoria di maternità - nel periodo intercorrente tra i 18 e i 9 mesi antecedenti alla nascita.
L'assegno o l'integrazione di cui al comma 3 sono concessi ed erogati dall'INPS su domanda del soggetto interessato, da presentarsi in carta semplice nel termine perentorio di 6 mesi dalla nascita o dall'effettivo ingresso del minore nel nucleo familiare (comma 4). L'onere è a carico dello Stato.
Il comma 5 specifica che restano ferme le disposizioni poste dall'art. 17 della L. 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni e integrazioni, concernenti il diritto al trattamento di maternità per le dipendenti private, nel caso di sospensione o di risoluzione del rapporto di lavoro.
Gli importi di cui ai precedenti commi 1 e 3 sono rivalutati annualmente, con decorrenza dal 1° gennaio, sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (comma 6).
Il comma 7 estende l'ambito di applicazione dell'assegno di maternità relativo ai soggetti che non beneficino già di relativi trattamenti previdenziali, di cui all'art. 66 della L. 23 dicembre 1998, n. 448, come modificato dagli artt. 50 e 63 della L. 17 maggio 1999, n. 144, e al relativo D.M. di attuazione 15 luglio 1999, n. 306.
L'estensione opera sia sotto un profilo oggettivo che sotto uno soggettivo.
Riguardo al primo, l'assegno viene riconosciuto anche per le adozioni e gli affidamenti preadottivi, purché intervenuti a decorrere dal 1° luglio 2000.
L'ampliamento dei soggetti beneficiari concerne - sempre a condizione della residenza in Italia - le cittadine di altri Paesi dell'Unione Europea e le donne extracomunitarie in possesso della carta di soggiorno di cui all'art. 9 del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 -.
L'assegno in esame - concesso, su domanda, dai comuni ed erogato dall'INPS, con onere a carico dello Stato - è riconosciuto qualora il nucleo familiare di appartenenza non superi un determinato limite di risorse economiche. Quest'ultimo è pari per il 1999, nel caso di nucleo costituito da tre persone, a 50 milioni annui, determinati in base ai valori del cosiddetto "Indicatore della situazione economica" (ISE) (di cui al D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 109). Nelle altre ipotesi di composizione, tale importo deve essere ricalcolato sulla base della scala di equivalenza prevista dall’ISE e tenendo anche conto delle maggiorazioni ivi previste.
L'assegno - che non costituisce reddito ai fini fiscali e contributivi - è pari (per il 1999) a 200.000 lire per 5 mensilità, decorrenti dalla data del parto. La misura è elevata a 300.000 lire mensili con riferimento ai parti successivi al 1° luglio 2000.
Gli importi dell'assegno e quelli relativi ai requisiti economici sono rivalutati annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.
Qualora l'indennità di maternità spettante in base ad una diversa forma di tutela risulti inferiore all'assegno in esame, i soggetti interessati possono richiedere ai comuni la liquidazione della relativa differenza.
Il comma 7 in esame conferma che l'assegno è rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati - con il rinvio al precedente comma 6 si specifica che l'adeguamento decorre dal 1° gennaio (data che è implicita nella disciplina vigente) -.
Il comma 8 prevede che i decreti di cui al successivo comma 9 definiscano anche i casi nei quali gli assegni possano essere corrisposti, in via alternativa, al padre o all'adottante del minore. Si deve intendere, alla stregua anche della relazione tecnica, che l'estensione concerne sia gli assegni di cui ai commi 3, 4 e 6 (ivi compreso l'istituto della quota integrativa) che quelli di cui al comma 7.
Il comma 9 demanda a uno o più decreti del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con il Ministro del lavoro e con quello del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, la definizione delle norme regolamentari necessarie per l'attuazione del presente articolo. Fino all'entrata in vigore di queste ultime, restano valide, in quanto applicabili, le norme attuative già esistenti.
Il comma 10 quantifica l'onere derivante dal presente articolo - con esclusione del comma 1 (per il quale cfr. la relativa scheda) - in lire 92 miliardi per il 2000 e in 186 miliardi a decorrere dal 2001. Si osserva che, in contrasto con quest'ultima formulazione, la relazione tecnica stima per gli anni 2002 e 2003 un onere superiore a quello relativo all'anno 2001 e pari, rispettivamente, a 188 e a 190 miliardi.

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13 ottobre1998
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