i-p215

Articolo 39
(Rimborso della tassa sulle concessioni governative)

1.L’importo del netto ricavo relativo all’emissione dei titoli pubblici per il prosieguo delle attività di rimborso della tassa sulle concessioni governative per l’iscrizione nel registro delle imprese, di cui all’articolo 11 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è determinato per l’anno 2000 in lire 2.500 miliardi.
2Il predetto importo sarà versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del ministero delle Finanze, che provvederà a soddisfare gli aventi diritto con le modalità di cui al comma 6 del predetto articolo 11 della legge n. 448 del 1998.

L'articolo 39 in esame consente di proseguire, anche per l'anno 2000, l'attività di rimborso della tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 448 del 1998.
Il comma 1, infatti, destina al prosieguo di tale attività l'importo di 2.500 miliardi per l'anno 2000, quale netto ricavo relativo all'emissione di titoli pubblici.
Il predetto importo sarà versato, ai sensi del comma 2, all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero delle finanze, che provvederà a soddisfare gli aventi diritto con le modalità previste dal comma 6 dell'articolo 11 della legge n. 448 del 1998.
Il citato articolo 11 della legge n. 448 del 1998 disciplina le modalità di rimborso della tassa di concessione governativa per l'iscrizione nel registro delle imprese, di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641.
In particolare, il comma 5 dell'articolo 11 in parola autorizza il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica ad effettuare, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 38 della legge 30 marzo 1981, n. 119, e successive modificazioni (si tratta delle disposizioni che elencano le tipologie di strumenti finanziari - buoni poliennali, certificati di credito, titoli denominati in altra valuta, prestiti internazionali ecc. - ai quali si può fare ricorso per l'indebitamento), emissioni di titoli del debito pubblico per ciascuna delle annualità comprese tra il 1999 e il 2001; tali emissioni non concorrono al raggiungimento del limite dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici annualmente stabilito dalla legge di approvazione del bilancio. Si ricorda che il limite massimo di emissione dei BOT, al netto di quelli da rimborsare, nonché il limite massimo di circolazione venivano determinati annualmente con la legge di bilancio ai sensi del comma 3 dell'articolo 39 della legge n. 119/1981 (legge finanziaria 1981); tale disposizione è stata abrogata dalla legge n. 362/1988 (di modifica della legge n. 468/1978) e sostituita (dall'articolo 2, comma 9, della legge n. 468/1978, come sostituito dalla legge n. 362/1988) dalla fissazione in bilancio dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare.
Il ricavo netto delle suddette emissioni, limitato a lire 2.500 miliardi per la prima annualità (1999), sarà versato al Ministero delle finanze che provvederà a soddisfare gli aventi diritto con le modalità di cui al successivo comma 6 Per le annualità successive l'importo di emissione dei titoli pubblici per il completamento delle attività di rimborso sarà determinato con legge finanziaria, in relazione all'esatta quantificazione dell'ammontare complessivo dei crediti da rimborsare.
Il comma 6 prevede l'emissione, sulla base degli elenchi di rimborso predisposti dal Ministero delle finanze ai sensi del comma 4, di uno o più ordinativi diretti collettivi di pagamento estinguibili mediante commutazione di ufficio in vaglia cambiari non trasferibili della Banca d'Italia, con imputazione al competente capitolo dello stato di previsione della spesa del ministero delle Finanze; detti vaglia sono spediti per raccomandata dalla competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato all'indirizzo del domicilio fiscale vigente degli aventi diritto, ove gli stessi non abbiano provveduto all'indicazione di uno specifico domicilio.
Tale previsione è diretta a tutelare i contribuenti, in quanto si fa carico all'Amministrazione finanziaria di inviare i vaglia all’effettivo domicilio fiscale dei soggetti interessati al rimborso, intendendosi che, ove tali soggetti abbiano nel frattempo cambiato domicilio, l’Amministrazione è tenuta a provvedere alla trasmissione a quello attuale. Inoltre, si prevede l'obbligo di avviso.
Quanto alla vicenda relativa all'applicazione della tassa di concessione governativa per l'iscrizione nel registro delle imprese, occorre ricordare che l'articolo 4 della tariffa allegata al D.P.R n. 641/72 prevedeva, inizialmente, che per la iscrizione degli imprenditori nel registro delle imprese dovesse essere versata una tassa il cui ammontare, in seguito agli aumenti apportati alla misura originaria, risultava stabilito in lire 81.000 .
Successivamente, con l'articolo 3, commi 18 e 19 del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, convertito, con modificazioni dalla L. 17 febbraio 1985, n. 17 l'ammontare della tassa venne stabilito in lire cinque milioni per le società per azioni, in lire un milione per le società a responsabilità limitata ed in lire 100.000 per tutti gli altri tipi di società, stabilendosi l'obbligo del versamento della tassa sia per l'iscrizione dell'atto costitutivo della società, sia per gli anni successivi entro il 30 giugno di ciascun anno solare.
Con il successivo D.L. 30 maggio 1988, n. 173, la tassa di iscrizione e quella annuale furono elevate:
- a lire quindici milioni per le società per azioni;
- a lire 3.500.000 per le società a responsabilità limitata;
- e a lire 500.000 per le società di altro tipo.
La legge di conversione 26 luglio 1988, n. 291 approvò con modifiche l'articolo 8 del suddetto D.L., fissando l'ammontare della tassa in correlazione con l'entità del capitale sociale delle società per azioni, secondo il seguente metro di progressività: da lire nove milioni per le società per azioni con capitale da 200 a 499 milioni, fino a lire 120 milioni per quelle con capitale superiore a 10.000 milioni; mentre restò fissata in lire 2.500.000 la tassa per le società a responsabilità limitata, ed in lire 500.000 per le società di altro tipo.
La disciplina fu ulteriormente modificata con il D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, nella L. 27 aprile 1989, n. 154 e la tassa in questione fu stabilita (articolo 36, comma 8) nella misura di lire 12 milioni per le società per azioni, di lire 3.500.000 per quelle a responsabilità limitata e di lire 500.000 per le società di altro tipo.
Infine, con il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modifiche, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359, l'ammontare della tassa fu ridotto:
in lire quattro milioni per le società per azioni;
in lire due milioni per le società a responsabilità limitata;
in lire 500.000 per le società di altro tipo.
L'articolo 61 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla L. 29 ottobre 1993 n. 427, sostituendo l'articolo 4 della tariffa annessa al D.P.R. n. 641 del 1972 ha, da un lato, modificato la tassa per l'iscrizione, e dall'altro ha provveduto alla definitiva abolizione della tassa annuale sulle società.
Le tasse in parola sono poi state definitivamente soppresse, a decorrere dal 1° gennaio 1998, per effetto delle disposizioni contenute nel comma 138 dell'articolo 3 della legge n. 549 del 1995.
In particolare, il citato articolo 61 aveva stabilito che per le iscrizioni nel registro delle imprese relative a società nazionali e a società estere aventi la sede legale o l'oggetto principale nel territorio dello Stato le seguenti misure di tassa:
a) atto costitutivo: lire 500.000
b) altri atti sociali soggetti ad iscrizione in base alle disposizioni del codice civile: lire 250.000
Per le iscrizioni nel registro delle imprese relative a società estere con sede secondaria nel territorio dello Stato, a imprenditori individuali, a consorzi ed altri enti pubblici e privati con o senza personalità giuridica diversi dalle società la tassa era prevista nella misura di lire 250.000
La nota 2 all'articolo 4 della tariffa (successivamente divenuto articolo 3) precisava che le tasse non erano dovute dalle cooperative sociali, di mutua assicurazione e di mutuo soccorso, dalle società sportive di cui all'articolo 10 della legge 23 marzo 1981, n. 91, e dalle società di ogni tipo che non svolgono attività commerciali i cui beni immobili sono totalmente destinati allo svolgimento delle attività politiche dei partiti rappresentati nelle assemblee nazionali e regionali, delle attività culturali, ricreative, sportive ed educative dei circoli aderenti ad organizzazioni nazionali legalmente riconosciute, delle attività sindacali dei sindacati rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
A fronte della sopra esposta situazione normativa di diritto interno, si è posto l'orientamento del diritto comunitario, espresso nella direttiva del Consiglio CE 17 luglio 1969 n. 335, dichiaratamente rivolta ad intervenire nella materia dell'imposizione indiretta sulla raccolta di capitali, al fine di eliminare (attraverso le opportune armonizzazioni delle legislazioni degli Stati membri) le discriminazioni, le doppie imposizioni, e ogni forma di disparità di regime tale da ostacolare la libera circolazione dei capitali all'interno della Comunità.
In particolare, la direttiva prevede la riscossione, per una sola volta, di una imposta sui conferimenti di capitali, con carattere di uniformità non solo nelle aliquote ma anche nella struttura; e nell'articolo 10 stabilisce che oltre a tale imposta, gli Stati membri non applicano, relativamente a società, associazioni o enti che perseguano fini di lucro, alcuna altra imposizione sotto qualsiasi forma, con la precisazione che il divieto riguarda anche l'ipotesi della costituzione di una società o l'aumento del suo capitale (lettera a) e quella dell'immatricolazione o di qualsivoglia altra formalità preliminare all'esercizio di un'attività alla quale la società o l'ente possano essere sottoposti in ragione della loro forma giuridica (lettera c). In deroga al divieto di cui sopra agli Stati membri resta consentita, in base all'articolo 12 lettera e) della direttiva, l'applicazione di diritti di carattere rimunerativo: a chiarimento di quest'ultima nozione, la Corte di giustizia CE ha affermato che l'onere imposto può ritenersi proporzionato al servizio reso (e come tale legittimamente imposto) a condizione che il suo ammontare non superi il costo effettivo delle operazioni in occasione delle quali il diritto è percepito (v. sentenza 25 gennaio 1977 in causa 46/176, sentenza 31 maggio 1979 in causa 132/78, sentenza 9 novembre 1991 in causa 111/89).
La stessa Corte di giustizia, in relazione alla tassa di concessione governativa prevista dal diritto italiano, con la sentenza 20 aprile 1993 resa nelle cause 71/91 e 178/91, (la nota sentenza Ponente Carni) ha affermato: che l'articolo 10 della direttiva deve essere interpretato nel senso che, fatte salve le disposizioni derogatorie del successivo articolo 12, esso vieta un tributo annuale dovuto in ragione dell'iscrizione delle società di capitali, anche qualora il gettito di tale tributo contribuisca al finanziamento del servizio incaricato della tenuta del registro in cui sono iscritte le società; che l'articolo 12 deve essere interpretato nel senso che i diritti di carattere rimunerativo di cui al n. 1, lettera e) dello stesso articolo possono essere remunerazioni riscosse come corrispettivo di operazioni imposte dalla legge per uno scopo di interesse generale, come per esempio l'iscrizione delle società di capitali; che in particolare, "il fatto che il tributo sia dovuto non soltanto all'atto dell'iscrizione della società ma anche ogni anno successivo non può di per sé sottrarre il tributo stesso al divieto di cui all'articolo 10"; che "ogni diversa interpretazione priverebbe di efficacia pratica la disposizione dell'articolo 10 in quanto consentirebbe agli Stati membri di imporre alle società di capitali un onere fiscale annuale il cui unico presupposto è il mantenimento dell'iscrizione della società".
Come ricordato, in seguito alla sentenza, il D.L. n. 331 del 1993 ha ridotto la tassa di concessione a lire 500.000 per tutte le società e soppresso la sua riscossione annuale.
Si è tuttavia instaurato un ulteriore contenzioso in merito alla ripetibilità delle tasse riscosse in violazione della normativa comunitaria, con particolare riferimento al termine di decadenza per la richiesta di rimborso.
Proprio recentemente, con sentenza 15 settembre 1998, la Corte di giustizia CE si è pronunciata in merito ai termini di decadenza per la richiesta di rimborso della cosiddetta tassa società, riconoscendo l'applicabilità del termine triennale.
In particolare, la Corte di giustizia delle Comunità europee a riconosciuto allo Stato nazionale il diritto a stabilire per il recupero delle imposte dichiarate in contrasto con la normativa comunitaria dei termini per l'azione di ripetizione diversi da quelli validi per l'indebito civile
La Corte europea ha anche stabilito che il diritto comunitario non vieta a uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione di una direttiva un termine nazionale di decadenza che decorra dalla data del pagamento dei tributi di cui trattasi, anche se, a questa data, la direttiva non era stata ancora correttamente attuata nell'ordinamento nazionale.
Va rilevato che il termine breve per la ripetizione del tributo era stato già sancito dalla Corte di cassazione con la sentenza 3458/96 e ribadita con le pronunce 5731/96 e 6269/98. La Cassazione con la sentenza 8651/98 ha stabilito poi che gli interessi sulle somme ingiustamente versate allo Stato decorrono dalla data delle richiesta di rimborso e non da quella del versamento di ciascuna rata del tributo. Sulla questione del termine per la restituzione, alcune sentenze dei giudici di merito, tra le quali si ricorda quella del tribunale di Firenze del 23 aprile 1996 ritenevano valido il termine decennale applicabile in materia di recupero dell'indebito civile.
Con l'articolo 11 della legge n. 448 del 1998 viene quindi dettata una disciplina per il rimborso della tassa di concessione governativa per l'iscrizione nel registro delle imprese, confermando quindi la legittimità della tassa.
Il meccanismo di restituzione prevede una rideterminazione in via retroattiva della misura della tassa per gli anni dal 1985 al 1992, attraverso una interpretazione autentica (comma 1) delle disposizioni recate dall'articolo 61, comma 1, del D.L. n. 331/93, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/1993.
Il rimborso avverrà sulla base della differenza tra i nuovi importi fissati dal comma 1 e quelli effettivamente corrisposti dalle società per il medesimo periodo.
In effetti, la stessa Corte di giustizia europea, nella sentenza del 1993, ha ritenuto compatibile la previsione di un tributo remunerativo del servizio reso per l'assolvimento di operazioni imposte dalla legge nell'interesse pubblico: in tale contesto, trovano giustificazione le disposizioni del comma 1 che prevedono la corresponsione della tassa di concessione governativa per le iscrizioni nel registro delle imprese anche per gli anni nei quali è stata in vigore la tassa annuale dichiarata in contrasto con il diritto comunitario.
Il comma 1 fissa, per ciascuno degli anni compresi tra il 1985 e il 1992, in lire 500.000 la misura della tassa dovuta per l'iscrizione dell'atto costitutivo.
Inoltre, si determinano le seguenti misure forfetarie annuali per l’iscrizione degli altri atti sociali, per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992:
- per le società per azioni e in accomandita per azioni: lire 750.000 per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992;
- per le società a responsabilità limitata: lire 400.000 per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992;
- per le società di altro tipo: lire 90.000 per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992.
Le tasse sono relative all'iscrizione degli altri atti sociali (viene meno il riferimento alle disposizioni del codice civile contenuto nel testo originario).
Condizione essenziale per ottenere il rimborso (comma 2) è quella di aver presentato istanza nei termini previsti dall'articolo 13 del D.P.R. n. 641 del 1972. Tale ultima norma prevede che il contribuente può richiedere la restituzione delle tasse erroneamente pagate entro il termine di decadenza di tre anni a decorrere dal giorno del pagamento o, in caso di rifiuto dell'atto sottoposto a tassa, dalla data della comunicazione del rifiuto stesso. Tale termine appare conforme alla pronuncia adottata dalla Corte di giustizia della Comunità europea il 15 settembre 1998, precedentemente citata.
Il comma 3 prevede la corresponsione degli interessi sull'importo da rimborsare, calcolati al tasso legale vigente alla data di pubblicazione del presente provvedimento sulla Gazzetta ufficiale e decorrenti dalla data di presentazione dell'istanza. Attualmente il tasso legale è fissato nella misura del 5 per cento.
Per quanto concerne la procedura di rimborso, il comma 4 stabilisce che nel corso del 1999 il Ministero delle finanze è tenuto ad esaminare le istanze di rimborso a suo tempo presentate e controllare la validità e la tempestività delle stesse; a partire dal secondo semestre dello stesso anno verranno avviate le procedure di rimborso, che saranno eseguite secondo l'ordine cronologico di presentazione delle istanze e a partire da quelle di minore importo.

RITORNA ALL’INDICE DELLA FINANZIARIA 2000


9 ottobre1998
webmaster@euganeo.it
home page
il collegio senatoriale di
Tino Bedin