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Articolo 70
(Modifiche alle disposizioni
in materia di contratti di riallineamento retributivo)

Gli articoli 70, 72 e 73 contengono un pacchetto di disposizioni volte a promuovere l’emersione del lavoro sommerso, in attuazione di una specifico punto della risoluzione con la quale è stato approvato il DPEF 1999-2001. La risoluzione, al punto B-3, impegna infatti tra l’altro il Governo "a favorire l’emersione dell’economia sommersa con un complesso di azioni dirette a determinare il rispetto della legalità e perché nella legalità le aziende emerse possano sviluppare sul mercato e a costi sostenibili le proprie attività".
Le misure proposte si ricollegano d’altra parte anche agli esiti della indagine conoscitiva svolta sulle questioni relative al lavoro nero e minorile dalla Commissione lavoro della Camera, il cui documento conclusivo è stato approvato nella seduta del 28 aprile 1998.
Mentre l’articolo 70 modifica profondamente la normativa che disciplina lo strumento già da tempo apprestato per favorire l’emersione del lavoro sommerso, cioè i contratti di riallineamento retributivo, allo scopo tra l’altro, come afferma la relazione, di fare chiarezza sulle conseguenze fiscali e contributive dell’emersione in relazione ai periodi precedenti la stipula del contratto di riallineamento, e riapre nel contempo i termini per la conclusione dei contratti stessi, limitandone peraltro l’ambito di applicabilità territoriale e settoriale, i successivi articoli 72 e 73 prevedono nuove misure di carattere organizzativo, istituendo a livello centrale e periferico organi con funzioni di analisi e coordinamento delle iniziative volte a favorire i processi di emersione, e prescrivendo il coordinamento delle attività ispettive per la repressione del lavoro non regolare.
La relazione tecnica afferma che le norme in commento "comportano effetti positivi non solo in termini di sviluppo e di occupazione, ma anche sulla finanza pubblica in quanto generano maggior gettito contributivo e fiscale. Maggior gettito per la quantificazione del quale al momento non sono disponibili sufficienti elementi".

Al fine di illustrare il contenuto delle nuove disposizioni recate dall'articolo 70 in materia di contratti di riallineamento retributivo, occorre ricordare che l'articolo 6 del D.L. n. 338/1989, nel disporre alcune misure di fiscalizzazione degli oneri sociali in favore dei datori di lavoro, aveva disposto, al co. 9, lett. c), che la fiscalizzazione medesima non spettasse per tutti quei lavoratori retribuiti con paghe inferiori ai livelli legislativi o contrattuali vigenti per il settore. Il successivo comma 11 del medesimo articolo 6 aveva però reso inoperante tale sanzione per le imprese operanti nel Mezzogiorno che attuassero, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, un "programma graduale di riallineamento" ai predetti livelli contrattuali. Successivamente l'articolo 2-bis del D.L. 4 giugno 1990. n. 129, convertito nella L. 3 agosto 1990, n. 210, aveva fissato il termine di inizio della sospensione (della sanzione) in oggetto a far data dal 1° gennaio 1988, ma alla condizione che gli accordi provinciali ed aziendali finalizzati all'attuazione dei programmi di riallineamento retributivo venissero depositati presso gli Uffici del lavoro e le sedi dell'INPS entro il 31 maggio 1991.
L’art. 5 del D.L. 1° ottobre 1996, n.510, convertito con modificazioni dalla legge n. 608/1996, ha quindi riaperto sino al 1° dicembre 1997 i termini per la stipula ed il recepimento a livello aziendale degli accordi provinciali di riallineamento retributivo, cioè dei contratti mediante i quali le imprese che erogano retribuzioni (e conseguenti contribuzioni) inferiori a quelle previste dai contratti collettivi di settore, stabiliscono un piano di graduale elevazione delle retribuzioni da esse erogate fino al raggiungimento dei livelli stipendiali legali o contrattuali vigenti; contestualmente, la disciplina dei predetti contratti è stata ampiamente riformulata, con l’inserimento tra l’altro di disposizioni in base alle quali la regolare ottemperanza al programma di riallineamento comporta la sanatoria, anche per i periodi pregressi, per le pendenze contributive, mentre la retribuzione stabilita nei contratti di riallineamento (anziché quella legale o contrattuale vigente per il settore, come previsto dal D.L. n. 338/1989) viene presa come base anche per i versamenti contributivi.
I termini di cui sopra sono poi stati ulteriormente prorogati con l’art. 23, comma 2, della legge 24 giugno 1997, n. 196, "Norme in materia di promozione dell’occupazione"(c.d. pacchetto Treu) sino al 19 luglio 1998 (dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge).
L’art. 23 della legge n. 196/1997 ha inoltre innovato la disciplina dei contratti di riallineamento, per i seguenti profili:
l’ambito di applicazione è stato esteso a tutte le imprese operanti nei territori del Mezzogiorno, anziché alle sole "imprese industriali ed artigiane" operanti nei medesimi territori, rimuovendo così la limitazione introdotta dal D.L. n. 510/1996 ;
le disposizioni relative alla sanatoria contributiva (estesa ai periodi pregressi) per le imprese che ottemperano al programma di riallineamento retributivo (art. 5, co. 3, del D.L. 510/1996) sono state integrate, precisandosi che la sanatoria riguarda anche le sanzioni e disponendo inoltre: la sospensione, fino alla data di riallineamento, dei provvedimenti di esecuzione in corso; l'estinzione, ad opera dell'intervenuto riallineamento, dei reati e delle sanzioni amministrative in materia contributiva; la salvezza dei giudizi pendenti promossi dai lavoratori ai fini del riconoscimento della parità di trattamento retributivo ;
per quanto riguarda gli aspetti fiscali, l'impresa aderente al contratto di riallineamento è stata ammessa a versare, senza applicazione di interessi o sanzioni, entro i 60 giorni successivi alla scadenza del termine per la stipulazione del contratto, le maggiori ritenute fiscali, dovute in qualità di sostituto d'imposta, relative alle retribuzioni effettivamente corrisposte fino all'entrata in vigore della legge e risultanti dal contratto di riallineamento. Conseguentemente, entro il medesimo termine previsto per il versamento, l'impresa è ammessa a presentare , senza applicazione di sanzioni, per ciascun periodo di imposta a cui si riferiscono le maggiori ritenute, dichiarazioni integrative, utilizzando i modelli ordinari approvati per i medesimi periodi con decreto del Ministro delle finanze. Per le ritenute indicate nella dichiarazione integrativa non può essere esercitata la rivalsa sui percettori dei relativi compensi, né esse possono essere dedotte dalla base di calcolo delle imposte sui redditi. Le suddette disposizioni di sanatoria si applicano anche qualora le violazioni siano già state rilevate, ferme restando le somme già pagate alla data di entrata in vigore della legge, a titolo di soprattasse, pene pecuniarie e interessi. Le controversie pendenti, nonché quelle che si instaurano entro il limite finale per la presentazione delle dichiarazioni integrative, concernenti i maggiori compensi corrisposti fino all'entrata in vigore della legge, sono estinte mediante ordinanza, subordinatamente alla certificazione dell'avvenuta dichiarazione e del relativo versamento ;
sono stati modificati i criteri per la determinazione della retribuzione da prendere a riferimento per i versamenti contributivi (che già a norma del comma 4 dell'art. 5 del D.L. 510/1996 doveva essere quella stabilita dagli accordi di riallineamento e non più, come invece stabiliva il D.L. 338/1989, quella legale o contrattuale del settore); tale retribuzione non deve comunque essere inferiore - comma 1, lett. d) – al 25% del minimale di retribuzione introdotto dall'art. 1, 1° e 2° comma, del D.L. 29 luglio 1981, n. 402 (conv. dalla L. 537/1981); detta percentuale è poi elevata al 50% per il periodo successivo (non meglio individuato nella norma) fino all'elevamento, da completare entro 36 mesi, al 100%;
è stato riconosciuto alle imprese interessate, all'atto del definitivo riallineamento retributivo ai livelli contrattuali previsti nei contratti nazionali di categoria sottoscritti dalle organizzazioni sindacali "comparativamente più rappresentative", il diritto agli incentivi previsti dalla vigente normativa per le eventuali nuove assunzioni, per i lavoratori oggetto degli accordi di recepimento ;
i soggetti che si avvalgono degli accordi oggetto dell'articolo in esame sono stati esclusi, fino al completo riallineamento, dalle gare di appalto, indette da enti pubblici, per interventi da realizzare in territori diversi da quelli del Mezzogiorno.

L’articolo in commento, al comma 1, lett. a), ridefinisce innanzitutto, a seguito degli accordi intervenuti con l’Unione Europea, l’ambito di applicazione della normativa sui contratti di riallineamento retributivo, modificando l’art. 5 del D.L. n. 510/1996 nel senso di sostituire alla dizione "per le imprese operanti nei territori individuati dall’articolo 1 della legge 1° marzo 1986, n. 64" l’altra "per le imprese operanti nei territori di cui alle zone 92, 3a del Trattato istitutivo dell’Unione europea, ad eccezione di quelle appartenenti ai settori disciplinati dal trattato CECA, delle costruzioni navali, delle fibre sintetiche, automobilistico ed edile (quest'ultimo settore è stato aggiunto dalla Camera)".
Per effetto di tale riformulazione vengono escluse dall’ambito territoriale di applicazione della norma, adesso circoscritta alle sole regioni del Mezzogiorno (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia) le regioni Abruzzo e Molise, le province di Frosinone e Latina, i comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, i comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto, i comuni della provincia di Roma compresi nella zona della bonifica di Latina, l'Isola d'Elba, i comuni dell'isola del Giglio e dell'isola di Capraia. Anche per le regioni del Mezzogiorno opera d’altra parte l’esclusione delle imprese operanti nei settori del carbone e dell’acciaio, delle costruzioni navali, delle fibre sintetiche, dell’automobile e dell'edilizia.
La formulazione della suddetta modifica, la quale opera in termini di novella all’art. 5 del D.L. n. 510/1996, potrebbe creare problemi interpretativi in ordine alla decorrenza della modifica stessa, in particolare per quanto riguarda la disciplina dei contratti già stipulati in aree e settori adesso esclusi. Si tenga inoltre presente, a questo riguardo, che l’ultimo punto del comma in esame sopprime il comma 6-bis del medesimo art. 5 del D.L. n. 510/1996, che riconosce alle imprese che abbiano realizzato il riallineamento gli incentivi previsti per i casi di nuova occupazione.

Il comma 1, lett. b), introduce poi, dopo il comma 2 dell’art. 5 del D.L. n. 510/1996, i commi aggiuntivi 2-bis, 2-ter e 2-quater, con i quali si dettano specifiche disposizioni per consentire alle imprese aderenti agli accordi di riallineamento un graduale adeguamento, senza alcuna penalizzazione, alla normativa in materia di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
Il comma 2-bis consente infatti al datore di lavoro che abbia recepito un accordo di riallineamento e si trovi nella situazione di non aver integralmente assolto agli obblighi in materia di sicurezza del lavoro, di richiedere all’organo di vigilanza competente (per la cui individuazione si veda l’art. 23 del D.Lgs. n. 626/1994) la fissazione di un termine (non superiore a dodici mesi; la riformulazione operata dalla Camera ha soppresso la previsione di un limite minimo, pari a quattro mesi) per la relativa regolarizzazione. L’organo di vigilanza, tenendo conto dei tempi tecnicamente necessari per eliminare le violazioni e della gravità del rischio, stabilisce con apposita prescrizione tale termine. La Camera ha soppresso un'originaria ipotesi di proroga, che poteva essere richiesta dall’interessato, per una sola volta e per una durata non superiore a sei mesi, ove ricorressero specifiche condizioni (particolare complessità od obiettiva difficoltà dell’adempimento, ritardo nella regolarizzazione conseguente a circostanze non imputabili al richiedente).
Entro i sessanta giorni dalla scadenza del termine per la regolarizzazione, l’organo di vigilanza verifica i risultati della stessa, dandone comunicazione al datore di lavoro e, nel caso vi siano procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti, all’autorità procedente.
Il comma 2-ter definisce gli effetti dell’avvenuta (purché tempestiva) regolarizzazione, la quale "estingue i reati contravvenzionali e le sanzioni amministrative e civili connessi alla violazione degli obblighi"; dalla data di emanazione della prescrizione sino a quella della verifica della regolarizzazione non possono comunque essere iniziati o proseguiti procedimenti giudiziari o amministrativi relativi ai reati ed alle sanzioni di cui sopra.
Per quanto riguarda in particolare l’aspetto penale, la norma prende dunque in considerazione solo i reati di natura contravvenzionale, sanzionati cioè con l’arresto o l’ammenda. Si segnala al riguardo che la recente normativa in materia di sicurezza del lavoro introdotta in recepimento delle direttive comunitarie prevede esclusivamente reati di natura contravvenzionale; esistono tuttavia fattispecie delittuose previste nel codice penale (art. 437, Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro; art. 451, Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro) che la dottrina ritiene non abrogate dalla normativa successiva, anche se diversi sono gli orientamenti sui rapporti tra i delitti medesimi e le fattispecie contravvenzionali più recenti.
Il comma 2-quater detta poi norme di coordinamento tra le nuove disposizioni introdotte con i due commi precedenti e la vigente disciplina di carattere generale in materia di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, contenuta nel capo II del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, che ha modificato, in base alla delega conferita con la legge 6 dicembre 1993, n. 499, la disciplina sanzionatoria in materia di lavoro. Gli articoli 20 e seguenti del D.Lgs. n. 758/1994 già prevedono, infatti, una procedura agevolata per la estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza del lavoro: tale procedura prevede che l’organo di vigilanza, accertata la contravvenzione, fissi con apposita prescrizione un termine per la regolarizzazione; l’adempimento tempestivo della prescrizione consente al contravventore di ottenere, con il pagamento di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa, l’estinzione della contravvenzione stessa.
Ai sensi del comma 2-quater in esame, le disposizioni del D.Lgs. n. 758/1994 restano applicabili anche nella fattispecie disciplinata dai precedenti commi 2-bis e 2-ter, per quanto non espressamente previsto dalle nuove disposizioni (e in quanto compatibili con esse): è però espressamente escluso l’obbligo di pagamento della somma di cui all’art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 758/1994, sicché le imprese aderenti ai contratti di riallineamento hanno la possibilità di una regolarizzare la propria posizione antinfortunistica a titolo totalmente gratuito.
L’ultimo periodo del comma disciplina infine l’ipotesi in cui il datore di lavoro effettui la regolarizzazione oltre il termine previsto nella prescrizione, ma comunque in un lasso di tempo valutabile come congruo in base ai criteri indicati nel comma 2-bis (non è peraltro chiaro a chi spetti questa ultima valutazione di congruità). In questo caso la pena e le sanzioni amministrative e civili sono senz’altro ridotte alla metà: nell’analoga fattispecie di applicabilità generale (art. 24, comma 3, del D.Lgs. n. 758/1994) l’adempimento tardivo è invece valutato dal giudice ai fini della ammissione al beneficio dell’oblazione pari alla metà del massimo dell’ammenda (art. 162-bis del codice penale).

Il comma 1, lett. c), introduce nell’art. 5, comma 3, del D.L. n. 510/1996, un periodo aggiuntivo, collocato dopo il quarto periodo, con il quale si intende, come afferma la relazione, evitare possibili abusi dell’istituto del contratto di riallineamento, richiedendosi perciò, quale requisito per la concessione dei relativi benefici, il mantenimento dei livelli occupazionali dichiarati all’atto dell’adesione all’accordo.
Quindi, ove al termine del periodo fissato per il completamento del riallineamento il numero dei lavoratori risulti inferiore a quello dichiarato nel verbale aziendale di recepimento dell’accordo provinciale, a meno che la riduzione di organico non sia stata concordata con le associazioni sindacali firmatarie dell’accordo stesso, il datore di lavoro potrà beneficiare della sanatoria solo pagando una somma pari alla differenza (alla metà della differenza nel testo originario, così modificato, dalla Camera) tra il minimale retributivo e la retribuzione corrisposta - ovvero, è da intendersi, che doveva corrispondersi - per tutto il periodo considerato dal programma di riallineamento (come precisa la riformulazione operata dalla Camera) ai lavoratori cessati. L’espressione virgolettata non appare per la verità del tutto chiara: sembra tuttavia che il calcolo debba farsi computando il minimale retributivo per l’intero periodo coperto dal programma di riallineamento e la retribuzione effettiva per il solo periodo in cui questa è stata di fatto corrisposta nell’arco del programma stesso (come impone la lettera della norma); se infatti si limitasse il raffronto, anche per il minimale, al solo periodo di effettiva utilizzazione dei lavoratori, si ridurrebbe la base di calcolo della differenza da corrispondere e risulterebbe quindi favorita l’impresa che abbia ridotto prima il personale.

Il comma 1, capoverso 4 (lettera d), sostituisce gli attuali commi da 3-bis a 3-quinquies dell’art. 5 del D.L. n. 510/1996 con cinque nuovi commi, numerati dal 3-bis al 3-sexies.
I commi da 3-bis a 3-quinquies riscrivono le corrispondenti parti dell’art. 5 del D.L. n. 510/1996 che disciplinano gli effetti fiscali dell’emersione per i periodi precedenti alla stipula degli accordi provinciali di riallineamento cui le imprese interessate abbiano aderito.
In particolare, il nuovo comma 3-bis riproduce le disposizioni dell’attuale testo del corrispondente comma in ordine alla possibilità per le imprese aderenti ai contratti di riallineamento di presentare apposite dichiarazioni integrative per i periodi d’imposta precedenti la stipula dei contratti e di versare, senza applicazione di sanzioni e interessi, le ritenute o le maggiori ritenute non effettuate; il nuovo testo, oltre ad eliminare ogni riferimento alla qualità di sostituto d’imposta dell’impresa in riallineamento, è però molto più dettagliato nel determinare la base di calcolo delle ritenute da effettuare. Mentre infatti il testo vigente fa riferimento alle ritenute "relative ai compensi, risultanti dai suddetti accordi, effettivamente corrisposti sino alla data di entrata in vigore della presente legge", il testo in esame precisa che le ritenute sono calcolate "sulla medesima quota percentuale della base imponibile contributiva di cui al comma 4, risultante dagli accordi medesimi. Le somme dovute devono essere versate negli stessi termini e nelle stesse modalità stabilite dal comma 3-sexies per i versamenti da effettuare ai fini contributivi".

Il comma 3-ter riproduce invece alla lettera (salvo l’omissione della qualificazione di "integrative" per le dichiarazioni di cui al comma 3-bis) il comma vigente, garantendo a chi presenti le dichiarazioni ed effettui i versamenti di cui al comma 3-bis la non punibilità per i reati previsti dalla legge n. 516/1982.

Il comma 3-quater, nel testo vigente, stabilisce che il datore di lavoro non può rivalersi sui percettori dei compensi (non assoggettati originariamente a ritenuta) per le ritenute indicate nella dichiarazione integrative, e che tali dichiarazioni non danno titolo a deduzioni ai fini delle imposte sui redditi; il nuovo testo riproduce queste disposizioni, precisando inoltre che:
i percettori dei compensi sono esonerati da qualsiasi adempimento tributario e nei loro confronti l’amministrazione finanziaria non può esercitare l’attività di accertamento (naturalmente solo per quanto riguarda i compensi risultanti dalle dichiarazioni integrative);
ogni eventuale maggior costo derivante dalle dichiarazioni integrative non assume rilevanza agli effetti tributari.
Il comma 3-quinquies disciplina l’applicabilità della sanatoria tributaria alle violazioni che siano già state rilevate prima dell’adesione al riallineamento, escludendo tuttavia la ripetibilità delle somme già pagate al riguardo e disciplinando le modalità di estinzione delle controversie pendenti. Il nuovo testo conferma i principi del testo vigente, con alcune differenze di formulazione. In particolare:
sono non ripetibili le somme pagate "anteriormente alla presentazione delle dichiarazioni" anche a titolo di "sanzioni ed interessi" (il testo vigente fa riferimento alle somme dovute a titolo di "soprattasse, pene pecuniarie ed interessi");
il datore di lavoro può ottenere l’estinzione delle controversie pendenti presentando agli organi del contenzioso tributario copia, anche fotostatica, della documentazione comprovante l’avvenuta regolarizzazione; il testo vigente prescrive, più analiticamente, l’invio di copia della dichiarazione integrativa, della ricevuta comprovante la consegna all’ufficio postale della raccomandata di trasmissione della dichiarazione, della ricevuta ed attestato di versamento delle ritenute.

Il comma 3-sexies, che non trova alcun riscontro nel testo vigente, disciplina analiticamente gli aspetti contributivi connessi alla regolarizzazione del periodo antecedente la stipula del contratto di riallineamento, integrando la generica previsione di "sanatoria per i periodi pregressi" contenuta all’art. 5, comma 3, del D.L. n. 510/1996, previsione la cui genericità, per l’appunto, ha operato da freno rispetto alla diffusione dei contratti di riallineamento.
Si prevede quindi che, all’atto della sottoscrizione del verbale aziendale di recepimento dell’accordo di riallineamento, le imprese possano individuare, d’intesa con le parti che hanno sottoscritto l’accordo provinciale e previa adesione in forma scritta dei lavoratori interessati - in quel momento in forza all’azienda, come specifica la riformulazione operata dalla V Commissione del Senato -, i periodi di attività precedenti al recepimento dell’accordo per i quali richiedere la sanatoria, indicando contestualmente i lavoratori cui si riferisce la sanatoria stessa. Per questi periodi gli obblighi contributivi saranno assolti nella misura derivante dalla retribuzione fissata nel contratto di riallineamento e comunque non inferiore al 25% del minimale contributivo. Il pagamento potrà avvenire in unica soluzione ovvero in 40 rate trimestrali di pari importo, a decorrere dalla fine del secondo trimestre solare successivo al recepimento dell’accordo, con applicazione degli interessi nella misura del 7% annuo; il pagamento comporta l’estinzione della relativa contravvenzione, ovvero di ogni altra sanzione amministrativa e civile.
Si precisa altresì che le prestazioni previdenziali spettanti ai lavoratori interessati saranno commisurate all’entità dei contributi versati.
La riformulazione del presente comma 3-sexies operata dalla Camera specifica che le imprese del settore agricolo che percepiscono l'accordo provinciale di riallineamento possono utilizzare per gli adempimenti contributivi in esame, anche mediante dichiarazioni sostitutive, i dati delle dichiarazioni trimestrali presentate all'INPS.

Il comma 1, capoverso 5 (lettera e), inserisce nell’art. 5 del D.L. n. 510/1996 un comma 5-bis, con un intervento meramente formale, volto a ricondurre all’interno di detto articolo, destinato a costituire, come già segnalato, la fonte unitaria di disciplina dei contratti di riallineamento retributivo, le disposizioni attualmente contenute nell’art. 23, comma 3, della legge n. 196/1997, comma che infatti viene abrogato dal successivo comma 2 dell’articolo in esame. Le disposizioni in questione sono quelle che escludono i soggetti che si avvalgono degli accordi, fino al completo riallineamento, dalle gare di appalto, indette da enti pubblici, per interventi da realizzare in territori diversi da quelli nei quali possono essere stipulati gli accordi stessi.

La Camera ha soppresso il capoverso 6 (lettera f) del comma 1. Tale lettera abrogava il comma 6-bis dell’art. 5 del D.L. n. 510/1996, che riconosce alle imprese che abbiano realizzato il riallineamento gli incentivi previsti per i casi di nuova occupazione. Anche questa modifica, che poneva peraltro problemi di diritto transitorio in relazione ai contratti già in essere, appariva riconducibile ai vincoli imposti dall’U.E.

Il comma 3 dell’articolo in esame riapre infine (per dodici mesi, a decorrere dal 1° gennaio 1999, data di entrata in vigore della presente legge) i termini per la stipula degli accordi provinciali ed aziendali di riallineamento retributivo; tali termini sono scaduti il 19 luglio 1998. Nel periodo di tempo intercorrente tra quest'ultima data e quella del 1° gennaio 1999 suddetta - come specifica la riformulazione operata dalla Camera - sono, in ogni caso, fatti salvi i verbali aziendali di recepimento sottoscritti tra le parti.

NOTE

1 La modifica alla disciplina dei contratti di riallineamento retributivo è operata con l’inserimento di una serie di novelle all’interno dell’art. 5 del D.L. n. 510/1996, destinato a costituire la fonte unitaria di disciplina della materia.
L’ambito territoriale di applicazione della norma è definito mediante rinvio all'art. 1 della L. 1° marzo 1986, n. 64, la quale a sua volta rimanda all'art. 1 del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218: sono pertanto ricomprese le regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia; le province di Frosinone e Latina; i comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, i comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto, i comuni della provincia di Roma compresi nella zona della bonifica di Latina, l'Isola d'Elba, i comuni dell'isola del Giglio e dell'isola di Capraia.
2 Sono abilitate a stipulare gli accordi provinciali le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni nazionali di categoria firmatarie del contratto collettivo naziobnale di riferimento.
3 Ai sensi dell'art. 1, co. 2, del D.L. n. 338/1989, il limite minimo di retribuzione giornaliera, ai fini della contribuzione previdenziale ed assistenziale obbligatoria, non può essere inferiore al 9,5% del trattamento mensile minimo di pensione nel regime generale INPS (pari a L. 697.700 per il 1998).
4 Per la differenza tra la retribuzione di riferimento per il versamento dei suddetti contributi e il limite minimo di retribuzione giornaliera stabilito dall'art. 1, co. 2, del citato D.L. n. 338/1989, possono essere accreditati contributi figurativi, ai fini sia del diritto che della misura della pensione, con onere a carico del Fondo per l'occupazione, di cui all'art. 1, co. 7, della L. n. 236/1996, nel limite massimo delle risorse preordinate allo scopo.
5 Per una sintetica descrizione di tale normativa, contenuta in numerosi decreti legislativi di recepimento delle disposizioni comunitarie, uno dei quali (il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626) di portata più generale ed altri riferiti a specifici settori di attività, si rinvia al Dossier Studi- serie indagini conoscitive- n. 8 del febbraio 1997.
6 Cfr. T. Padovani, Diritto penale del lavoro, in G.Pera, Diritto del lavoro, CEDAM 1996, pag.639.
7 Si fa evidentemente riferimento al comma 4 dell’art. 5 del D.L. n. 510/1996, nel quale si colloca la norma in commento; tale comma determina la retribuzione imponibile ai fini contributivci per le imprese in riallineamento (V. supra).
8 Introdotto ex-novo con l’articolo in commento.
9 Il testo vigente recita invece "anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione".
10 La misura è quella fissata dall’art. 20, comma 2, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, "Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell’imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni".


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13/12/1998
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