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Articolo 48
Commi 1 e 2
(Fondo unico per gli incentivi alle imprese)

L'articolo 48, comma 1, non modificato dalla Commissione Bilancio del Senato, provvede a costituire il fondo unico per gli incentivi alle imprese gestiti dal Ministero dell'industria, anticipando una misura prevista dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 ("Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59"), che prevede una procedura di attuazione il cui termine massimo è fissato in un anno dall’entrata in vigore del decreto stesso e può quindi giungere sino al mese di maggio del 1999.
Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123 razionalizza il sistema di sostegno pubblico alle imprese attraverso la definizione di alcuni criteri generali relativi alla programmazione, al monitoraggio, alla concessione e alla erogazione dei contributi. In particolare, l'articolo 7, comma 9, ha istituito presso ciascuna amministrazione statale competente un fondo unico per gli interventi agevolativi alle imprese, al quale affluiscono tutti gli stanziamenti destinati all'attuazione degli interventi di competenza della medesima amministrazione. In altre parole, ogni ministero che gestisca una qualche forma di agevolazione alle imprese deve riportare le varie voci di spesa del proprio stato di previsione in un unico fondo, cui affluiscono tutte le risorse disponibili per il commercio, il turismo, l'industria e in generale per le attività produttive. La logica sottesa al fondo unico è quella di riordinare gli incentivi in modo dar loro un unico centro di riferimento specializzato, anche per poter procedere ad una selezione degli incentivi stessi, in modo tale da favorire quelli che si dimostrano più efficaci.
Ai fini dell'articolo in esame, rileva anche l'articolo 10, comma 2, del D.Lgs. 123/98 che dispone che le autorizzazioni legislative di spesa concernenti interventi agevolativi alle imprese, a decorrere dall'anno finanziario 1999, vengano determinate ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, disposizione che regola il contenuto della finanziaria. In particolare, la lettera d) prevede la determinazione, in apposita tabella, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (Tabella C). L'importo così determinato viene iscritto sotto la voce "Ministero del tesoro", per essere ripartito tra i fondi unici, negli stati di previsione della spesa dei Ministeri competenti alla concessione degli interventi, in conformità alle indicazioni del documento di programmazione economico-finanziaria.
L'applicabilità della riforma prevista dal D.Lgs. 123/98, secondo quanto disposto dall'articolo 12 del decreto medesimo, è subordinata all’entrata in vigore delle leggi regionali che uniformano i propri ordinamenti ai criteri generali di sostegno alle imprese sopra descritti e alla entrata in vigore dei regolamenti di semplificazione previsti dall'allegato della legge 59/97 che riguardano i procedimenti di concessione dei benefici. In ogni caso, il decreto deve essere attuato entro un anno dalla sua entrata in vigore, e quindi entro il 16 maggio 1999. Entro tale termine dovranno pertanto essere attivati anche i fondi unici, anche in mancanza delle leggi regionali e dei regolamenti di semplificazione.
L'articolo 48 in esame, dunque, anticipa al 1° gennaio 1999 (data prevista per l'entrata in vigore del collegato 1999) l'istituzione del fondo unico del Ministero dell'industria. Come si legge nella relazione illustrativa, "tale anticipo si impone non solo per perfezionare i meccanismi di gestione dei fondi destinati alle agevolazioni alle imprese ma anche per consentire una rapida attuazione del processo di decentramento amministrativo previsto dal decreto legislativo n. 112/98".
Non sembra peraltro che l’anticipo dell’applicabilità della norma sul fondo unico richieda necessariamente un intervento legislativo, se non per derogare alla condizione sospensiva costituita dall’adozione dei regolamenti di semplificazione. Il termine di un anno dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 123/98 è infatti chiaramente il termine massimo per l’istituzione del Fondo unico.

Alla razionalizzazione degli interventi, operata dal D.Lgs. 123/98 è strettamente collegata la riforma introdotta dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, il decreti legislativo attuativo della legge 59/97 (la c.d. "legge Bassanini") che ha provveduto a trasferire numerosi compiti e funzioni dallo Stato alle regioni e agli enti locali. Per quanto riguarda gli incentivi alle imprese l'articolo 18 del citato decreto provvede a delimitare il campo di attività proprio dello Stato, conservando allo Stato i compiti di carattere generale in materia, come la definizione dei criteri generali di concessione dei benefici e il controllo su alcuni strumenti di incentivazione di rilevanza nazionale. Alle regioni compete invece la gestione di gran parte degli strumenti agevolativi, comprendendo l'erogazione e la concessione dei contributi, nel quadro, come si è appena detto, dei criteri generali stabiliti dello Stato.
L'articolo 18 del decreto n. 112 ha indicato quali strumenti rimangono sotto la gestione centrale. I principali di questi sono:
le forme di sostegno al commercio estero,
i fondi per la ricerca applicata e la innovazione tecnologica (legge 46/82);
gli aiuti alle aree depresse (legge 488/92);
la promozione dell'imprenditoria femminile (legge 251/92) e dell'imprenditoria giovanile (legge 44/86);
il fondo di garanzia istituito dal collegato '97 (legge 662/96, art. 2, co. 2, lett. a).
Si ricorda, inoltre, che il Ministero dell’industria si è recentemente dotato di un centro decisionale unico per la gestione degli incentivi, attraverso la creazione della Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese, costituita nell'agosto 1997 ai sensi del regolamento di riorganizzazione del Ministero (DPR 28 marzo 1997, n. 220).
Il comma 2 dell'articolo in esame, non modificato dalla Commissione Bilancio del Senato, dispone che il Ministro dell'industria, con proprio decreto, provvede a ripartire tra i vari interventi le risorse affluite al fondo unico. Un emendamento approvato nel corso dell'esame da parte della Camera dei deputati ha disposto che il decreto del Ministro dell'industria sia emanato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
Questa facoltà, non prevista dal decreto legislativo n. 123, sembra in realtà costituire il cuore dell’articolo, ma bisogna sottolineare che si tratterebbe non più di un’anticipazione della riforma contenuta nello stesso decreto n. 123, ma di un suo energico rafforzamento che precede e – per il 1999 - prescinde dall’impostazione dello stesso decreto legislativo n. 123, in base al quale prima si procede alla programmazione degli interventi con la relazione sugli interventi a sostegno delle attività economiche e produttive prevista dalla legge n. 266/97 ("legge Bersani"), allegata al DPEF, e poi si determina nella legge finanziaria (tabella C) l’ammontare delle autorizzazioni legislative di spesa concernenti interventi agevolativi alle imprese.
Si segnala infine che l’approvazione di questo articolo renderà necessario adeguare sia la tabella C del disegno di legge finanziaria sia lo stato di previsione del Ministero dell’industria del disegno di legge di bilancio.
Appare necessario un chiarimento sulla portata e sui limiti della norma, che sembra consentire la gestione in via amministrativa di tutte le agevolazioni previste per le imprese, prescindendo dalle ripartizioni fra i vari strumenti stabilite dalle varie leggi che hanno istituito gli incentivi.
Nel corso dell'esame presso la Camera si è proceduto ad una modifica meramente formale laddove, al comma 1, si è sostituito alla parola "gestite" con "gestiti".


Commi 3 e 4
(Proroga dei termini per la riforma della legge
sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi
)

Il comma 3 dell’articolo in esame, introdotto dalla Camera dei deputati, e non modificato dalla Commissione Bilancio del Senato, proroga al 30 settembre 1999 il termine entro il quale attuare la delega prevista dall’articolo 1 della legge n. 274 del 1998.
Si tratta della delega al Governo ad emanare un decreto legislativo recante la nuova disciplina dell’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza oggi disciplinato dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, (cosiddetta "legge Prodi") di cui si prevede l’abrogazione. Con quest'ultima legge si è introdotto nell’ordinamento giuridico italiano – accanto alle procedure concorsuali tradizionali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata e concordato) – l’amministrazione straordinaria. Tale istituto tende, nel dissesto della grande impresa, a contemperare la tutela dei creditori (rispettando il tradizionale principio della par condicio) con il proseguimento delle attività produttive (per le aziende sanabili), in modo da contribuire a conservare i livelli occupazionali.
La "legge Prodi" venne introdotta alla fine degli anni ’70 per evitare il fallimento di imprese di rilevante interesse pubblico. Essa è quindi nata come strumento temporaneo ed eccezionale, volto a consentire la verifica delle situazioni aziendali più rilevanti e l’individuazione, sulla base di criteri socio-economici, delle attività risanabili e di quelle da liquidare.
L’amministrazione straordinaria esclude il fallimento dell’impresa e prevede l’intervento di uno o più commissari, sotto la vigilanza del Ministero dell’industria. Tale procedura comporta la continuazione dell’esercizio dell’impresa e impone al commissario di formulare un piano di risanamento, consentendogli di perseguirlo gestendo l’impresa con ampiezza di strumenti e avvalendosi della garanzia pubblica sui nuovi finanziamenti.
La riforma dell’istituto dell’amministrazione straordinaria prevista dalla legge n. 274 del 1998, si rende necessaria per armonizzare tale disciplina agli orientamenti comunitari.
La Commissione dell’Unione europea ha, infatti, avviato la procedura di infrazione (
ex articolo 93.2 del Trattato CEE) nei confronti dello Stato italiano, con riferimento alla disciplina della legge 3 aprile 1979, n. 95, ritenendo che la medesima concreti potenzialmente un aiuto di Stato, con riferimento sia alla previsione (articolo 2-bis) della possibilità di concessione di garanzia del Tesoro sui finanziamenti contratti con il sistema bancario, sia, più in generale, alla complessiva disciplina dell’istituto, che sarebbe tale da consentire l’artificiosa permanenza sul mercato di imprese altrimenti destinate alla chiusura. In particolare, è criticata dalla Commissione la discrezionalità conferita dalla legge all’autorità amministrativa con riferimento al potere di autorizzare e revocare l’esercizio d’impresa.

Il comma 4 dell’articolo in esame, anch’esso introdotto dalla Camera dei deputati, (non modificato dalla Commissione Bilancio del Senato) prevede che il Ministro dell’industria, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possa autorizzare per un ulteriore anno la prosecuzione dell’esercizio d’impresa, oltre i termini previsti dalla "Legge Prodi", al fine di salvaguardare le attività produttive ed i livelli occupazionali; tale possibilità di proroga è anche prevista per le imprese in amministrazione straordinaria per le quali la scadenza dell’esercizio sia intervenuta nel corso del 1998.
La disposizione del comma 4 in esame, parrebbe quindi contenere una normativa transitoria che, in attesa dell’attuazione della delega sulla riforma della "legge Prodi", consenta una dilazione dei termini in essa previsti.


Comma 5
(Salvezza degli effetti prodottisi
sulla base della temporanea vigenza del D.L. 27 luglio 1998, n. 248)

Il comma 5 - introdotto dalla Camera - fa salvi gli atti e gli effetti prodottisi sulla base della temporanea vigenza del D.L. 27 luglio 1998, n. 248, decaduto per decorrenza dei termini.
Si osserva, tuttavia, che la norma sulla salvezza degli effetti del suddetto D.L. n. 248 è già contenuta dall'art. 1, comma 2, della L. 27 novembre 1998, n. 409, di conversione del D.L. 29 settembre 1998, n. 335.

Il D.L. n. 248 in esame conteneva due articoli (oltre al terzo relativo all'entrata in vigore del medesimo).
L'art. 1 prorogava dal 19 luglio 1998 al 30 settembre 1998 il termine finale del periodo di esenzione dall'obbligo di comunicazione del ricorso a lavoro straordinario compreso tra le 40 e le 48 ore settimanali. Si ricorda che ora la materia è disciplinata dall'art. 1 del citato D.L. n. 335 del 1998 (convertito nella L. n. 409 del 1998).
L'art. 2 - a cui è stata data in realtà piena attuazione con il D.M. 31 luglio 1998 - ha disposto la proroga, su richiesta delle aziende, per ulteriori 6 mesi dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria concessi alle imprese in crisi sottoposte al regime di amministrazione straordinaria ai sensi della L. 3 aprile 1979, n. 95, a decorrere dalla scadenza delle precedenti proroghe di 6 e di 8 mesi concesse - anche in deroga alla L. 23 luglio 1991, n. 223 - rispettivamente ai sensi dell'art. 3, comma 3, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67 (convertito, con modificazioni, nella L. 23 maggio 1997, n. 135), per i trattamenti in essere alla data del 25 marzo 1997.
La misura dei trattamenti straordinari eventualmente prorogati è ridotta del 10% (ai sensi del citato art. 1, comma 3, del D.L. n. 4 del 1998).
La proroga è stata concessa nel limite massimo di lire 1,3 miliardi, con onere a carico del Fondo per l'occupazione (di cui all'art. 1 del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni e integrazioni) .
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del D.L. n. 248 ricordava che la proroga era destinata in modo specifico ai dipendenti della Nuova Cartiera di Arbatax. Per tale azienda è infatti in corso un procedimento di vendita; la proroga semestrale dovrebbe consentire la definizione del suddetto procedimento "senza pregiudicare i diritti e le aspettative dei lavoratori interessati".
Proprio con riferimento a tale azienda il citato D.M. 31 luglio 1998 ha concesso la proroga del trattamento di integrazione salariale ai sensi dell'articolo 2 in esame.

NOTE

1 La legge n. 223, all'art. 3, stabilisce che il trattamento CIGS, nei casi di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata, è concesso per un periodo non superiore a dodici mesi; entro la scadenza di tale periodo, quando sussistano fondate prospettive di continuazione o ripresa dell'attività e di salvaguardia anche parziale dei livelli d'occupazione, tramite la cessione anche parziale dell'azienda, il trattamento può essere prorogato per un ulteriore periodo non superiore a sei mesi. Successivamente l'art. 7, comma 10-ter, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 236, ha disposto, relativamente all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, che la durata dell'intervento di cassa integrazione straordinaria sia in tali casi equiparata al termine previsto per l'attività del commissario, che, a norma dell'art. 2 del D.L. 30 gennaio 1979, n. 26, conv. in L. 3 aprile 1979, n. 95, può essere disposta con decreto del Ministro dell'industria per un periodo non superiore a due anni, prorogabile non più di due volte, su parere del CIPE, complessivamente per non oltre due anni. Da ultimo l'art. 4, comma 34, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, ha chiarito che la durata dell'intervento di integrazione straordinaria è in ogni caso equiparata a quella della procedura di amministrazione straordinaria, anche in deroga ai limiti di durata complessiva posti per il primo istituto dall'art. 1, comma 9, della L. 23 luglio 1991, n. 223, come modificato dall’art. 4, comma 35, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 novembre 1996, n. 608. Si ricorda che in base a questi ultimi limiti, i trattamenti relativi alla medesima unità produttiva non possono avere una durata superiore a 36 mesi nell’arco di un quinquennio (il quale decorre dal mese iniziale del primo dei trattamenti in considerazione); nel computo sono inclusi anche i periodi di integrazione salariale ordinaria relativa a situazioni temporanee di mercato.
2Si ricorda che l'importo del trattamento di integrazione salariale è eguale all’80% della retribuzione che sarebbe spettata, fino ad un limite massimo pari, nel 1998, a 1.403.503 lire mensili, ovvero a l. 1.686.875 nel caso in cui la retribuzione di riferimento sia superiore a 3.036.374 lire mensili (per la determinazione di quest’ultimo importo l’ammontare della retribuzione annua viene diviso per 12 mensilità) (art. unico della L. 13 agosto 1980, n. 427, come modificato dall’art. 1, comma 5, del D.L. 16 maggio 1994, n. 299 convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1994, n. 451). Sull'importo si applica l'aliquota contributiva a carico dei lavoratori apprendisti (attualmente pari a 5,54 punti percentuali, interamente relativi al Fondo pensioni lavoratori dipendenti INPS).
3Si ricorda che il Fondo per l’occupazione è stato istituito per iniziative di sostegno per l’occupazione, tra cui: l’erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto alle unità occupate alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 148 del 1993; il finanziamento dei lavori socialmente utili (disciplinati, da ultimo, dal suddetto D.lgs. 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni) e dei piani per l’inserimento professionale dei giovani privi di occupazione (di cui all’art. 15 del D.L. n. 299 del 1994, convertito nella L. n. 451 del 1994, e successive modificazioni e integrazioni).


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13/12/1998
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