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Articolo 46
Comma 1, lett. a)
(Trasporto rapido di massa)

L’articolo 46, co. 1, lett. a), nel testo modificato dalla Commissione Bilancio del Senato autorizza ulteriori limiti di impegno ventennali di 80 miliardi di lire a decorrere dall’anno 2000 (erano 100 miliardi nel testo approvato dalla Camera) e di 100 miliardi a decorrere dal 2001, al fine di consentire la prosecuzione degli interventi in materia di sistemi di trasporto rapido di massa previsti dalla legge 26 febbraio 1992, n. 211.
La legge 26 febbraio 1992, n. 211, "Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa" ha disposto interventi finalizzati allo sviluppo del trasporto pubblico nelle aree urbane e al miglioramento della mobilità e delle condizioni ambientali. Sui mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti e con istituti di credito nazionali ed esteri da parte dei soggetti attuatori (città metropolitane e comuni designati), sono previsti contributi da parte dello Stato (articolo 9) in misura non superiore al 10 per cento dell'investimento e per la durata massima di trenta anni. Per la realizzazione di tali interventi sono stati in origine autorizzati limiti di impegno trentennali di 175 miliardi per il 1993 e di ulteriori 50 miliardi per il 1994.
Con delibera CIPET del 31 marzo 1992 sono state emanate direttive per l'attuazione degli interventi previsti dalla legge n. 211/1992. Si è, in particolare, destinato l'85 per cento delle risorse di cui agli articoli 9 e 10 della legge alle aree metropolitane con elevati livelli di mobilità, di traffico e di inquinamento atmosferico. Il restante 15 per cento è stato destinato alle rimanenti aree del Paese.
La legge finanziaria 1993 (legge 22 dicembre 1992, n. 500), in tabella E, ha disposto una riduzione complessiva delle autorizzazioni di spesa di cui alla legge n. 211/1992 per 370 miliardi, dei quali 175 miliardi. relativi all'articolo 9.
Le autorizzazioni di spesa previste dagli articoli 9 e 10 della legge n. 211/1992 sono state quindi rimodulate dalla legge n. 538/1993 (finanziaria 1994), dalla legge n. 725/1994 (finanziaria 1995) e dalla legge n. 550/1995 (finanziaria 1996).
Rifinanziamenti del settore e modifiche alla legge n. 211/1992, sono stati successivamente disposti dal D.L. 4 ottobre 1996, n. 517, convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1996, n. 611 (un rifinanziamento per il 1998 delle risorse di cui alla legge n. 211/1992, per un importo di 15 miliardi, è stato disposto anche dalla legge n. 450/1997 - legge finanziaria 1998).
In particolare l'articolo 1 del D.L. n. 517/1996 ha rifinanziato la legge n. 211/1992, autorizzando, per il 1997, un limite di impegno trentennale di 100 mld. per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 della legge medesima. La decorrenza di tale limite di impegno è stata differita al 1998 dalla legge n. 663/1996 (finanziaria 1997 - tabella F).
Con delibere del CIPE dell'8 maggio 1996, del 27 novembre 1996, del 30 gennaio 1997 e del 26 giugno 1997, sono state approvate ulteriori tranches di programmi di interventi ai sensi dell'articolo 9, come rifinanziato da ultimo dal D.L. n. 517/1996.
Da ultimo la legge 18 giugno 1998, n. 194, all’articolo 3, comma 4, ha previsto misure di carattere finanziario, volte a proseguire gli interventi previsti dalla legge n. 211/1992, riguardanti:
l'utilizzazione del finanziamento di lire 75 miliardi previsto nella tabella D della legge finanziaria per il 1996 (legge n. 550/1995) di rifinanziamento della legge n. 211/1992, quale apporto attualizzato per la realizzazione delle opere da approvare con delibera del CIPE (lettera a);
il rifinanziamento della legge n. 211, mediante l’autorizzazione, a partire dal 1998, di un ulteriore limite di impegno trentennale di lire 20 miliardi (lettera b). Tale limite di impegno viene destinato, per una quota pari a lire 15 miliardi, ad integrazione del contributo statale, per i progetti già approvati mediante le sopracitate delibere del CIPE, nel limite massimo del 60 per cento del costo di realizzazione degli interventi; una quota di 5 miliardi, invece è finalizzata al finanziamento di interventi corredati da progetto definitivo.


Comma 1, lett. b)
(Interventi per Venezia)

L’articolo 46, co. 1, lett. b), dispone l'autorizzazione di limiti d'impegno quindicennali per un importo pari a 70 mld. a decorrere dall'anno 1999, a 20 miliardi a decorrere dal 2000 (limite così ridotto dalla Commissione Bilancio del Senato rispetto ai 30 miliardi del testo approvato dalla Camera) e a 30 mld. dal 2001 (quest’ultimo limite di impegno è stato così modificato in seguito all’esame da parte della Camera) per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia disposti con l'articolo 3, comma 2, della legge 30 agosto 1998, n. 295 (utilizzo dei fondi speciali contenuti nella finanziaria 1998 per il Ministero dei lavori pubblici).
Le modifiche introdotte dalla Camera riguardano anche le disposizioni relative alle procedure da seguire da parte dei soggetti beneficiari che sono autorizzati a contrarre i mutui: si dispone infatti che criteri e modalità siano stabiliti con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Il comma 2 dell'articolo 3 della citata legge n. 295/1998 autorizza limiti di impegno, nella misura di 10 miliardi a decorrere dal 1999 e di altri 10 miliardi a decorrere dal 2000, destinati alla prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia.
Tale provvedimento non conteneva, a differenza dei precedenti interventi, una ripartizione delle somme per tipologia di intervento, limitandosi a prevedere che la ripartizione debba avvenire, sulla base dello stato di attuazione degli interventi, su proposta del Comitato misto istituito con l’articolo 4 della legge n. 798 del 1984. Al Comitato sono attribuiti compiti di indirizzo, coordinamento e controllo per l’attuazione degli interventi previsti dalla legge: esso si configura pertanto come istanza di raccordo tra i tre diversi livelli di competenza previsti dalla legge, vale a dire quello statale, quello regionale e quello locale.
In sede di esame presso la Camera è stato aggiunto un periodo con il quale si prevede che il Presidente del Comitato, istituito con l’articolo 4 della legge n. 798/1984, presenti ogni anno una relazione al Parlamento sullo stato di avanzamento dei lavori.
Si ricorda che il Comitato è costituito dal Presidente del Consiglio dei ministri che lo presiede, dal Ministro dei lavori pubblici, che può essere delegato a presiederlo, dal Ministro per i beni culturali e ambientali, dal Ministro per i trasporti, dal Ministro per l’ambiente, dal Ministro per la ricerca scientifica e tecnologica, dal presidente della giunta regionale del Veneto, dai sindaci dei comuni di Venezia e Chioggia o loro delegati, nonché da due rappresentanti dei restanti comuni di cui all’articolo 2, ultimo comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171, designati dai sindaci con voto limitato (i comuni sono Codevigo, Campagna Lupia, Mira, Quarto d’Altino, Iesolo e Musile di Piave). Il segretario del Comitato è il presidente del Magistrato delle acque. Al Comitato sono attribuite le funzioni di indirizzo, di coordinamento e di controllo per l’attuazione degli interventi previsti dalla legge, esso ha la possibilità di esprimere suggerimenti circa una eventuale diversa ripartizione dello stanziamento complessivo autorizzato in relazione a particolari esigenze connesse con l’attuazione dei singoli programmi di intervento. Lo stesso art. 4 dispone infine che il Comitato trasmetta al Parlamento, alla data di presentazione del disegno di legge relativo alle disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi. L’ultima relazione, aggiornata al 31 dicembre 1997, è pervenuta alla Presidenza della Camera dei deputati dal Ministro dei lavori pubblici in data 19 ottobre 1998.
La modifica in questione potrebbe pertanto risultare non necessario alla luce di quest’ultima disposizione normativa.

L’intervento straordinario in favore di Venezia è stato inaugurato dalla legge 16 aprile 1973, n. 171, che dichiara la salvaguardia della città e della sua laguna "problema di preminente interesse nazionale".
Per quanto concerne i finanziamenti più recenti, la legge 5 febbraio 1992, n. 139, ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 150 mld. a partire dal 1993 e di 100 mld. a partire dal 1994, ripartendoli tra diverse tipologie di interventi. Successivamente, il D.L. 29 marzo 1995, n. 96, conv. con mod. dalla legge n. 206 del 1996, ha modificato la ripartizione annuale di alcuni dei predetti stanziamenti.
L’art. 1 del D.L. 2 agosto 1996, n. 408, conv. con mod. dalla legge n. 515/96, ha poi previsto nuovi stanziamenti, autorizzando due limiti di impegno quindicennali, decorrenti dal 1997 e dal 1998, di importo pari rispettivamente a 125 e a 60 mld. di lire. Infine, l’art. 1, comma 7, della legge 2 ottobre 1997, n. 345 ha autorizzato due limiti di impegno quindicennali, a decorrere dal 1998 e dal 1999, di importo pari a 50 mld. per ciascuno degli anni, con una ripartizione degli interventi sostanzialmente analoga a quella contenuta nel citato D.L. 408/96.
Si ricorda infine che l’art. 54 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, dispone che gli interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua zona lagunare, "nei limiti e con le modalità di cui alle leggi speciali vigenti", rientrano tra le funzioni mantenute allo Stato.


Comma 1, lett. c)
(Ammodernamento patrimonio sanitario)

L’articolo 46, co. 1, lett. c), dispone un’autorizzazione di spesa triennale complessiva di 3000 miliardi (pari a lire 1200 miliardi per il 1999, 1300 miliardi per il 2000 e 1500 miliardi per il 2001) per l’attuazione del programma decennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico previsto dall’art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni. A seguito dell’approvazione di un emendamento da parte della Camera, tali finanziamenti sono destinati anche agli interventi finalizzati all’adeguamento delle strutture alla disciplina sulla sicurezza secondo i dettami previsti dal decreto legislativo n. 626/94.
Attualmente la disciplina relativa all'edilizia sanitaria è disciplinata dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67. Con tali disposizioni è stata autorizzata l'esecuzione di un programma pluriennale di interventi di ristrutturazione edilizia, di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti, per l'importo complessivo di 30.000 miliardi. Al finanziamento di tali interventi si provvede mediante operazioni di mutuo a carico dello Stato che le regioni sono autorizzate ad effettuare con la BEI, la Cassa depositi e prestiti ed istituti abilitati (con decreto del Ministro del Tesoro di concerto con il Ministro della sanità). La procedura per l'assegnazione dei mutui risulta alquanto complessa (e sarà infatti in seguito modificata ai sensi del D.L. 396/1993; v. oltre): il Ministro della sanità è incaricato anzitutto di istituire con proprio decreto un Nucleo di valutazione, quindi di definire con altro decreto i criteri generali per la programmazione degli interventi (finalizzati ad una serie di obiettivi dettagliatamente elencati dalla legge stessa).
Le regioni quindi, entro 4 mesi dalla pubblicazione del decreto del Ministro della sanità, predispongono il programma di interventi per il quale chiedono il finanziamento; sulla base dei programmi regionali il Ministro della sanità predispone il programma nazionale che deve essere approvato dal CIPE (il primo Programma Nazionale Straordinario di investimenti è stato predisposto dal Ministro della sanità ed approvato dal CIPE il 3.8.1990).
La legge 5 giugno 1990, n.135, Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta all'AIDS ha in seguito autorizzato l'attuazione di interventi per la costruzione e la ristrutturazione dei reparti di ricovero per malattie infettive, la realizzazione di spazi per attività di day-hospital e il potenziamento dei laboratori di virologia, microbiologia e immunologia negli ospedali.
Un intervento di rilievo sulla materia è stato operato con il D.L. 2 ottobre 1993, n. 396, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 492, Disposizioni in materia di edilizia sanitaria. Tale provvedimento, nell'abrogare l'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 20, ha stabilito che, dalla data del 30.11.1993, i progetti attuativi del programma triennale devono essere approvati dai competenti organi regionali, che accertano la completezza dei progetti esecutivi e la coerenza dei progetti con la programmazione sanitaria.
Le regioni, quindi, presentano al CIPE l'istanza per il finanziamento corredata dai provvedimenti di approvazione, da un programma temporale di realizzazione e dalla dichiarazione che i progetti sono redatti nel rispetto della normativa e sono dotati di copertura finanziaria. Il D.L. specifica che in conseguenza al trasferimento delle competenze il nucleo di valutazione è sciolto.
Successivamente l'articolo 11 del D.L. 646/1994 (convertito con modificazioni dalla legge 19/1995) ha disposto specificamente che le regioni interessate dagli eventi alluvionali del novembre 1994 (Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana), nonché le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i policlinici universitari, gli Istituti zooprofilattici sperimentali appartenenti a tali regioni, debbano procedere nel termine perentorio di 180 gg. dall'entrata in vigore del decreto, alla predisposizione ed approvazione dei progetti esecutivi relativi al programma straordinario di edilizia sanitaria e al programma di costruzione e di ristrutturazione di strutture finalizzate all'intervento contro l'AIDS.
Le regioni e gli altri enti interessati devono inviare inoltre al CIPE, entro i successivi trenta giorni, le richieste di finanziamento, sulle quali il CIPE è demandato a deliberare entro 15 giorni.
Il CIPE dispone la eventuale revoca dei finanziamenti relativi al programma straordinario di investimenti in sanità, per i quali entro i termini citati (180+30 giorni) non sia stata presentata la richiesta di finanziamento, ferma restando la riallocazione di tali finanziamenti nell'ambito dello stesso piano pluriennale di edilizia sanitaria. Tale ridestinazione è effettuata dal CIPE, su proposta del Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
L'articolo 3 del D.L. 509/1995, convertito nella legge 34/1996, ha successivamente esteso le procedure descritte a tutte le regioni italiane, abrogando nel contempo l'articolo 11 del D.L. 646: le regioni e le province autonome (co. 1) devono predisporre entro 180 gg. dall'entrata in vigore del decreto (2.6.1995) - termine perentorio - i progetti esecutivi, inviare (co. 2) entro i successivi 30 gg. la richiesta di finanziamento per tali progetti al CIPE, che delibera entro 15 gg. (co. 3). Il CIPE inoltre (co. 4) revoca i finanziamenti relativi a progetti per i quali non sia pervenuta, entro i termini, la richiesta di finanziamento, con riallocazione delle risorse a favore dei progetti in avanzato stato di attuazione.
Successivamente l'articolo 1 del decreto legge 17 maggio 1996, n. 280 , convertito dalla legge 18 luglio 1996, n. 382, ha differito al 31 luglio ed al 31 agosto 1996 i termini precedentemente fissati dall'articolo 3 del D.L. 509/95. Con lo scadere di tale termine è stata considerata conclusa la prima fase del programma nazionale straordinario di investimenti in sanità.
Da ultimo, la delibera CIPE 21 marzo 1997 ha dettato i criteri per l'avvio della seconda fase del programma nazionale straordinario di investimenti. Con tale deliberazione si stabilisce che le regioni e le province autonome debbano programmare gli investimenti in edilizia sanitaria per il completamento degli interventi previsti dalla legge 67/88 destinati alle strutture ospedaliere, alle strutture per anziani ed alle strutture territoriali tenendo conto di specifiche priorità. Relativamente alle strutture ospedaliere si fa specifico riferimento ai seguenti criteri:
- adeguamento agli standard indicati dalla normativa vigente in materia di requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio dell'attività sanitaria da parte delle strutture pubbliche;
- sistemazione di spazi per l'esercizio della libera professione;
- completamento della rete dell'emergenza, con priorità ai posti letto di rianimazione, finalizzati anche ai trapianti;
- potenziamento delle unità spinali;
- adeguamento delle strutture alla normativa prevista ai fini del miglioramento della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
miglioramento delle strutture di lungodegenza.
Si segnala infine la delibera del CIPE del 6 maggio 1998 con la quale si è dato avvio alla seconda fase del finanziamento dell’edilizia residenziale e si sono impegnate le risorse stanziate nella legge finanziaria 1998.


Comma 1, lett. d)
(Mutui regionali per terremoto Marche e Umbria)

L’articolo 42, co. 1, lett. d), in esame autorizza le regioni Marche e Umbria a contrarre mutui per la prosecuzione del programma di interventi urgenti in favore delle zone terremotate (capo I del D.L. 30 gennaio 1998, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 30 marzo 1998, n. 61). Contestualmente il Dipartimento della protezione civile è autorizzato a concorrere a tale onere con contributi ventennali. I limiti di impegno autorizzati – per effetto delle modifiche apportate dalla Camera – risultano essere pari a 100 mld. dall'anno 1999, a 150 mld. dall'anno 2000 ed a 200 mld. dall'anno 2001 (nel testo originario: 100 miliardi dal 1999, 50 miliardi dal 2000 e 100 miliardi dal 2001).
Il capo I del decreto legge n. 6/1998 è volto a disciplinare gli interventi di ricostruzione nei territori umbro-marchigiani colpiti dal sisma dell’autunno 1997. A questo scopo vengono assegnati alle regioni Marche e Umbria specifici compiti definitori delle linee cui si ispira l'attività ricostruttoria. Si definiscono il contenuto e le modalità di approvazione e realizzazione dei programmi di recupero che vengono predisposti dai Comuni e si dispone la formazione di consorzi obbligatori per la realizzazione degli interventi sugli edifici privati; si disciplinano i contributi a favore dei privati negli interventi di ricostruzione, con priorità per il risanamento delle strutture esterne distrutte o gravemente danneggiate: gli interventi si ispirano alla volontà di raggiungere un miglioramento della sicurezza sismica delle strutture. Sono poi previsti interventi a favore delle attività produttive che comprendono anche le attività agricole e sono assegnati contributi per la ripresa della produzione delle imprese che hanno subito danni ai beni mobili. Sono inoltre, disciplinati gli interventi di edilizia residenziale pubblica nei comuni colpiti dal sisma, attraverso la predisposizione di appositi programmi. Riguardo agli interventi sui beni culturali, si provvede al completamento del rilevamento analitico dei danni e al completamento degli interventi urgenti.
Sono poi previsti interventi a favore dei percettori dei redditi da pensione, misure di sostegno all'occupazione, l'erogazione di contributi a favore del Dipartimento dei servizi tecnici nazionali, dell'Istituto nazionale di geofisica, del Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti, di altri contributi a favore delle aziende di trasporto. Sono poi presenti disposizioni in materia di leva e sul servizio civile sostitutivo, nonché sgravi contributivi nel settore alberghiero, termale e dei pubblici esercizi.
Il capo citato specifica infine le risorse destinate ai fini sopra indicati, prevedendo anche l'accensione di mutui con istituti creditizi italiani ed esteri in deroga al limite di indebitamento stabilito dalla normativa vigente. Il Dipartimento della protezione civile è autorizzato a concorrere ai relativi oneri con contributi ventennali, nei limiti di impegno pari a 100 mld. annui a decorrere dal 1999 e a 20 mld. a decorrere dal 2000 fino al 2019.

NOTE

1 Viene fissato un termine per il completamento del rilevamento analitico dei danni al patrimonio culturale; e si prevede l'ultimazione degli interventi urgenti, da parte del commissario a ciò delegato, entro il termine di durata dello stato di emergenza; viene affidata alle regioni, d'intesa con il commissario delegato, la pianificazione degli interventi di ripristino, recupero e restauro, disponendo in ordine alle modalità di finanziamento dei medesimi. Gli interventi sono coordinati e resi contestuali, anche attraverso un piano-stralcio, con quelli previsti dalla L. 270/1997 sui percorsi giubilari fuori del Lazio.


Comma 1, lett. e)
(Programma ammodernamento tecnologico Forze di polizia)

L'articolo 46, co. 1, lett. e) prevede il rifinanziamento del programma di ammodernamento tecnologico delle Forze di Polizia, previsto dal D.L. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito dalla legge 28 febbraio 1992, n. 217. In particolare, vengono autorizzati limiti di impegno quindicennali pari a 108,8 miliardi per il 1999 e pari a 67,1 miliardi per il 1999 (tale limite è stato così ridotto dalla Commissione Bilancio del Senato, rispetto al limite di impegno di 82,1 miliardi previsto nel testo approvato dalla Camera).
Va ricordato che l'art. 8 di tale decreto legge prevede un programma pluriennale di interventi finalizzati all'acquisizione di opere, impianti e mezzi destinati allo sviluppo ed ammodernamento delle strutture, dotazioni ed apparati strumentali della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza. Il programma è predisposto dal Ministro dell'interno, nel quadro delle competenze di coordinamento che gli sono attribuite dall'art. 6 della legge n. 121/1981.
Si rammenta inoltre che il DPEF prevedeva espressamente, nel quadro del piano di ammodernamento delle strutture per la sicurezza pubblica, una destinazione delle risorse finanziarie sul versante del potenziamento degli strumenti tecnologici delle Forze di polizia.


Comma 1, lett. f)
(Mutui degli enti locali per nuovi edifici giudiziari)

L’articolo 46, co. 1, lett. f), consente agli enti locali di contrarre mutui con la Cassa depositi e prestiti nell'anno 1999 fino ad un complessivo importo massimo di lire 800 miliardi per le finalità e con le modalità previste dall'articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119 (legge finanziaria per il 1981).
Il Ministero di grazia e giustizia provvederà a stabilire le priorità.
I mutui eventualmente non contratti nel 1999 possono esserlo nell'anno successivo.
Per far fronte al relativo onere per capitale ed interessi è autorizzato il limite di impegno quindicennale di lire 80 miliardi dall'anno 2000.
L’articolo 19 della legge n. 119/1981 (legge finanziaria per il 1981) disponeva che gli enti locali potevano contrarre con la Cassa depositi e prestiti mutui per l'esecuzione di costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero ricostruzioni, ristrutturazioni, sopraelevazioni, completamenti, ampliamenti o restauri di edifici di proprietà comunale e delle amministrazioni provinciali, destinati o da destinare a sede di uffici giudiziari, nonché per l'acquisto, anche a trattativa privata, di edifici in costruzione o già costruiti, anche se da restaurare, ristrutturare, completare o ampliare per renderli idonei all'uso giudiziario, da adibire a sedi di uffici giudiziari, con prioritario riferimento alle maggiori esigenze connesse con la riforma della procedura penale.
I mutui suddetti potevano essere altresì contratti per fronteggiare le occorrenze relative agli edifici da destinare all'attività del giudice conciliatore.
Gli enti locali potevano, inoltre, contrarre con la Cassa depositi e prestiti mutui per maggiori oneri derivanti da costruzioni, ricostruzioni, sopraelevazioni, ampliamenti, restauri o manutenzione straordinaria di edifici destinati a casa mandamentale.
Ai fini della concessione dei mutui, gli enti locali dovevano allegare alla richiesta di finanziamento l'attestazione, a firma del segretario comunale o del segretario provinciale, che il progetto esecutivo dei lavori ha riportato il parere favorevole del Ministero di grazia e giustizia.
Il Ministero di grazia e giustizia avrebbe provveduto a promuovere, anche con la collaborazione dell'ANCI, la presentazione tempestiva dei progetti e a fornire, ove occorra, l'assistenza tecnica necessaria affinché, nell'ambito delle predette disponibilità, si potesse raggiungere nel 1981 un impiego di lire 700 miliardi.
Entro il 30 giugno 1981 il Ministro di grazia e giustizia avrebbe informato il Parlamento sul piano di massima predisposto per gli interventi previsti dal primo e dal terzo comma.
L'onere di ammortamento dei mutui era a carico del bilancio dello Stato.

Per quanto riguarda la Cassa depositi e prestiti, si ricorda che il funzionamento è regolato dal R.D. n. 453 del 1913 (testo unico sull’amministrazione della Cassa DD.PP.), mentre la legge n.197 del 1993 ha provveduto alla ristrutturazione della Cassa DD.PP. Si ricorda che l’articolo 49, comma 10, della legge n. 449 del 1997 (collegato alla legge finanziaria 1998) ha ampliato l’elenco dei soggetti che possono accedere al finanziamento della Cassa DD.PP., ricomprendendovi, oltre agli enti locali, anche le Amministrazioni statali, gli enti pubblici e le regioni.
Conseguentemente con decreto del Ministro del tesoro 7 gennaio 1998 sono state emanate le nuove norme relative alla concessione, garanzia ed erogazione dei mutui da parte della Cassa DD.PP., mentre la Cassa DD.PP., con circolare 13 marzo 1998, n. 1227, ha emanato le istruzioni generali per l’accesso al credito. Si ricorda inoltre che periodicamente il Ministro del tesoro provvede a determinare il saggio di interesse sui mutui concessi dalla Cassa DD.PP.: da ultimo il saggio è stato fissato al 5,25% dal D.M. Tesoro 30 luglio 1998.


Comma 1, lett. g)
(Prosecuzione interventi per il sistema autostradale)

L’articolo 46, co. 1, lett. g) - dopo le modifiche introdotte dalla Camera - dispone l'autorizzazione di due ulteriori limiti d'impegno quindicennali pari rispettivamente a 50 mld. a decorrere dall'anno 2000 e a 20 mld. a decorrere dall’anno 2001 per la prosecuzione degli interventi per il sistema autostradale previsti dall'articolo 3, comma 1, della legge 30 agosto 1998, n. 295 (nel testo originario era autorizzato un ulteriore limite di impegno quindicennale di 50 miliardi per l’anno 2000).
Il comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 295/1998 prevede in generale interventi in favore del settore autostradale, ed in particolare per quanto concerne le due tratte Asti-Cuneo e Siracusa-Gela. A tal fine autorizza limiti di impegno quindicennali di 53,8 mld. per il 1999 e di 61,6 mld. per il 2000 e istituisce un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dei lavori pubblici. Il fondo viene ripartito con provvedimento del Ministero dei lavori pubblici sulla base delle esigenze dell'adeguamento della rete autostradale e delle risultanze della revisione delle concessioni operata ai sensi della delibera CIPE del 20 dicembre 1996.
Sulla revisione delle concessioni autostradali, si ricorda che la Società autostrade, la Rav (Raccordo autostradale Valle d’Aosta) e l’Autobrennero hanno già ottenuto il rinnovo della concessione, mentre rimangono da rinnovare tutte le restanti concessioni. Al proposito, la delibera CIPE del 20 dicembre 1996 prevedeva il rinnovo delle convenzioni – attraverso una serie di scadenze intermedie – originariamente entro il 31 dicembre 1997. Tale data è stata poi da ultimo portata al 31 ottobre 1998 dalla delibera CIPE del 9 luglio 1998. Sul tema, ed in particolare sulla possibilità di una proroga nella durata delle concessioni medesime, vi è da ricordare il parere reso dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, la quale si è espressa in senso contrario alla proroga delle vecchie concessioni oltre la data di scadenza e in senso favorevole all’effettuazione di gare per la definizione dei nuovi regimi concessori, oltre alle posizioni espresse in sede comunitaria e dalla Corte dei conti, secondo le quali la proroga dovrebbe essere limitata alla definizione del contenzioso.
Nel testo della Legge n. 295/1998 si fa appunto menzione della realizzazione di due nuove tratte autostradali (Asti-Cuneo e Siracusa-Gela). Al proposito si ricorda che l’art. 11 della legge n. 287 del 1971, e l’art. 18-bis della legge n. 492 del 1975, hanno disposto la sospensione sia del rilascio di concessioni per la costruzione di nuove autostrade sia della costruzione di nuove tratte. D’altro canto, l’art. 2 della legge n. 531 del 1982 ha previsto l’inserimento nel piano decennale per la grande viabilità anche di opere in deroga a tali divieti qualora riguardino "il completamento e l’ammodernamento di itinerari di grande comunicazione". L’art. 14 della medesima legge dispone che "la sospensione della costruzione di nuove tratte autostradali… deve intendersi riferita ai soli lavori di primo impianto… con esclusione… di connessioni viarie e di raccordi che siano richiesti da esigenze relative alla sicurezza del traffico o al mantenimento del livello di servizio."
Sulla tratta autostradale Asti-Cuneo, vi è da dire che in base al decreto interministeriale n. 2277 del 5 aprile 1991, l’opera dovrebbe articolarsi in un collegamento autostradale Cuneo- A6 di 22 chilometri, ed in un collegamento superstradale A6-A21 (Asti est) di 55 chilometri. I due tratti sarebbero interconnessi tramite un tratto dell’autostrada A6, di circa 19 chilometri.
La tratta autostradale Siracusa-Gela è di 104 chilometri, e comprende in sostanza la sostituzione dell’attuale statale con un’autostrada a 4 corsie. L’autostrada in questione era stata inclusa, dopo il blocco derivante dall’art. 18-bis della legge n. 492 del 1975, nel piano decennale di grande viabilità, richiedendo comunque – in base alla legge n. 531 del 1982 e ad una sentenza del Consiglio di Stato – la formazione di un consorzio unico regionale per le autostrade siciliane, costituito di recente.

A seguito di un emendamento approvato dalla Camera, viene previsto che una parte delle somme stanziate per la prosecuzione degli interventi sopra indicati, e più precisamente un limite di impegno quindicennale di 40 mld. a decorrere dal 2000, sia destinata alla costruzione dell’autostrada Pedemontana Veneta, con priorità per il tratto che unisce Dueville-Thiene (Vicenza) a Treviso-Spresiano (Treviso) al fine di realizzare il collegamento tra la A31 (Vicenza – Piovene Rocchette) e la A27 (Mestre – Vittorio Veneto – Pian di Vedola).
Nel progetto dell’opera particolare rilevanza dovranno assumere l’utilizzazione dei tracciati stradali attualmente esistenti o di quelli previsti nei piani urbanistici e la possibilità di aprire alcuni tratti al traffico locale.
Al riguardo si ricorda che le procedure per l’attribuzione della concessione sono disciplinate all'interno della legge n. 109 del 1994 (Legge quadro in materia di lavori pubblici, c.d. Legge Merloni), la quale richiede come elemento necessario che la concessione abbia ad oggetto non solo la costruzione ma anche la gestione delle opere: in tal caso la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente le opere. Si ricorda che la medesima legge n. 109/94 richiede che ogni deroga debba avvenire per dichiarazione espressa, con specifico riferimento a singole disposizioni.
L''art. 19 della legge n. 109 del 1994 prevede inoltre che "qualora nella gestione dell'opera siano previsti prezzi o tariffe amministrati o controllati, il soggetto concedente assicura al concessionario l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio, anche mediante un prezzo che comunque non può superare il 50 per cento delle opere (…)".
Per quanto riguarda i problemi dell'equilibrio gestionale, dei prezzi e delle tariffe nello specifico settore autostradale, può farsi riferimento allo schema di convenzione generale approvato dal Ministero dei lavori pubblici il quale, agli artt. 6 e seguenti, disciplina i sistemi di calcolo delle tariffe di pedaggio.
I maggiori stanziamenti disponibili per il sistema autostradale nel suo complesso trovano copertura nella riduzione dei nuovi limiti di impegno per la salvaguardia di Venezia di cui alla lettera b) del presente articolo 46.

NOTE

1 Secondo quanto apparso sugli organi di stampa in data odierna (12 novembre 1998) tale termine sarebbe stato ulteriormente prorogato al 31 marzo 1999.

2 Si ricorda che sono attualmente all’esame in sede referente presso l’VIII Commissione della Camera il d.d.l. C. 4132 e le pp.dd.ll. C. 3746 e C. 4459, aventi ad oggetto la realizzazione di un tratto autostradale tra Montebello e Spresiano (Autostrada Pedemontana veneta), della lunghezza di 97 km. (nella loro redazioni, queste proposte ipotizzano quindi un tracciato più lungo di quello cui viene data priorità nell’articolo in esame, comprendendo anche un tratto tra Montebello e Dueville).


Comma 1, lett. h)
(Rifinanziamento del programma EFA - European fighter aircraft)

La lettera h) del co. 1, articolo 46 - introdotta nel corso dell'esame da parte della Camera - dispone il rifinanziamento del programma EFA (European fighter aircraft) previsto dall'articolo 4, comma 3, della legge 7 agosto 1997, n. 266 "Interventi urgenti per l'economia". Sono autorizzati, in particolare, limiti di impegno quindicennali di 24 miliardi per il 1999, di 50 miliardi per il 2000 e di 26 miliardi per il 2001.
L'articolo 4, comma 3, della l. 266/978, ha autorizzato una spesa complessiva di 1000 miliardi (100 miliardi per anno a partire dal 1998) per garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad elevato contenuto tecnologico, connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, e la partecipazione italiana al programma EFA. Si prevede, al riguardo che l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro del tesoro, in conformità alla indicazione del Ministro dell'industria di concerto con il Ministro della difesa, debba tener conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire - secondo quanto chiarito dalla relazione illustrativa del disegno di legge - una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma.
Il programma EFA, avviato nel 1988, è preordinato alla realizzazione di un velivolo militare da parte dell’Italia insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna, per assicurare appunto la difesa aerea. Il programma ha già portato alla spesa di oltre 12 mila miliardi di lire da parte dei quattro Paesi interessati per lo studio e per la costruzione dei primi sei prototipi. Rispetto al programma originario, quello tuttora in corso ha subito un ridimensionamento, a seguito delle pressioni da parte della Germania, alla fine del 1992. Ciascun velivolo avrebbe dovuto costare, secondo le previsioni originarie, 130 milioni di marchi, mentre la riduzione delle caratteristiche operative, legato anche allo scenario strategico successivo alla caduta del muro di Berlino, riuscì a portare il prezzo a 90 milioni di marchi. A produrre il caccia sarà il consorzio Eurofighter Gmbh con sede a Monaco di Baviera, costituito da quattro aziende nazionali capocommessa: l’Alenia per l’Italia (con il 21% - fusoliera anteriore e ala sinistra), la Dasa per la Germania (con il 33% - fusoliera centrale e impennaggio verticale), la British Aerospace per la Gran Bretagna (ancora con il 33% fusoliera anteriore e ala destra) e la Casa per la Spagna (con il restante 13% - fusoliera posteriore e ala destra) È previsto che ciascun partner abbia la capacità finale di assemblaggio dei velivoli. Al lavoro partecipa anche un consorzio per la produzione del motore Eurojet 2000; di questo secondo consorzio fanno parte l’inglese Rolls Royce, la tedesca Mtu, la spagnola Itp e l’italiana Fiat Avio.
Secondo quanto dichiarato dal Capo di stato maggiore dell'aeronautica, gen. Arpino, nel corso dell'audizione del 3 dicembre 1997 presso la Commissione difesa della Camera, lo Stato italiano acquisirà 121 velivoli, più una opzione su altri 9. Lo stanziamento totale è di 15.759 miliardi fino al 2014 da utilizzare per l'industrializzazione, la produzione ed il supporto logistico integrato dei 121 velivoli. Gli aerei destinati alla Germania sono 180, 140 per gli inglesi e 87 per gli spagnoli. In seguito, sempre la Commissione difesa, nella seduta del 9 dicembre 1997, ha espresso parere favorevole con osservazioni sul programma pluriennale relativo all'Eurofigther.


Comma 1, lett. i)
(Mutui per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione
delle zone terremotate della Basilicata e della Campania)

La norma – inserita dalla Camera - autorizza le regioni Basilicata e Campania a contrarre mutui per la prosecuzione del programma di interventi di ricostruzione delle zone della Basilicata e dell’Irpinia, colpite dagli eventi sismici negli anni 1980-1982, già previsto dall’art. 3, comma 2, della legge n. 32/1992, "Disposizioni in ordine alla ricostruzione nei territori di cui al testo unico delle leggi per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982, approvato con D.Lgs. n. 76/1990".
Trattasi in particolare del piano finalizzato a risolvere le esigenze abitative dei soggetti proprietari di un’unica abitazione – che avevano presentato entro i termini la relativa domanda e la prescritta documentazione ai fini della ricostruzione o della riparazione dell’immobile – nonché dei proprietari di unità immobiliari incluse nei piani di recupero dei centri storici dei comuni disastrati o gravemente danneggiati dal sisma, già approvati alla data di entrata in vigore della citata legge n. 32/1992.
La disposizione in esame prevede la possibilità di contrarre mutui ventennali in base ai seguenti limiti di impegno:
Basilicata: 4 mld. a decorrere dal 2000 e 6 mld. dal 2001;
Campania: 6 mld. a decorrere dal 2000 e 9 mld. dal 2001.
Viene pertanto data autorizzazione al Ministero del tesoro a concorrere a tale onere con contributi ventennali. I limiti di impegno concessi risultano essere pari complessivamente a 10 mld. dall'anno 2000, ed a 15 mld. dall'anno 2001; contestualmente vengono ridotti gli accantonamenti previsti nella tabella B del d.d.l. finanziaria 1999 relativamente allo stato di previsione del Ministero del tesoro.
Si ricorda che di recente l'art. 23-ter del D.L. n. 6/1998, conv. con mod. dalla legge n. 61/1998, ha previsto una delega alle regioni Campania e Basilicata per l'emanazione delle norme di semplificazione delle procedure relative al completamento del processo di ricostruzione delle abitazioni private nelle aree colpite dal sisma negli anni 1980-1982.
Le norme che le regioni possono emanare devono tenere conto dei seguenti criteri ed obiettivi:
- la gestione dell'attività di ricostruzione deve essere attribuita interamente ai comuni;
- le risorse finanziarie assegnate ai comuni devono essere interamente utilizzate e indirizzate prioritariamente alla ricostruzione di abitazioni danneggiate dal sisma di nuclei familiari effettivamente abitanti in strutture abitative mobili.
Nell'esercizio di tale delega normativa le regioni dovranno inoltre raccordarsi con le disposizioni contenute nel D.Lgs. 30 marzo 1990, n. 76 "Testo unico delle leggi per gli interventi nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti dagli eventi sismici del novembre 1980, del febbraio 1981 e del marzo 1982" e nella legge 23 gennaio 1992, n. 32, sopra menzionata.


Comma 1, lett. l)
(Mutui relativi all’intervento per l’edilizia a Napoli

La lettera l) del comma 1 dell’articolo 46 in esame, introdotta dalla Commissione Bilancio del Senato, autorizza il limite di impegno ventennale di lire 15 miliardi a decorrere dall’anno 2000 per la contrazione di mutui, da parte dei soggetti competenti, finalizzati al completamento delle opere di cui al titolo VIII della legge 14 maggio 1981, n. 219, compreso il finanziamento degli eventuali oneri di contenzioso.
Tale titolo VIII della legge n. 219 del 1981 riguarda l’intervento statale per l’edilizia a Napoli, con il quale è stata dichiarata di preminente interesse nazionale la realizzazione di un programma straordinario di edilizia residenziale, per la costruzione nell’area metropolitana di Napoli di ventimila alloggi e delle relative opere di urbanizzazione.
In particolare, l'articolo 85 della citata legge n. 219 del 1981 ha istituito due fondi, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, amministrati uno dal Sindaco di Napoli e l'altro dal Presidente della Giunta regionale della Campania, quali commissari straordinari di Governo, per gli interventi sopra richiamati.
Gli importi destinati all'attuazione degli interventi sono stati ripartiti anno per anno dal CIPE, con apposita delibera, tra il funzionario delegato alla gestione stralcio del programma straordinario aree esterne al Comune (ex Presidente della Giunta regionale) e quello delegato per le aree del Comune di Napoli (ex Sindaco di Napoli).
Gli stanziamenti iniziali relativi al 1995, 1996 e 1997 hanno subito una riduzione per effetto della legge n. 85 del 1995, di conversione del D.L. n. 41 del 1995. Una ulteriore variazione in diminuzione è stata disposta dalla legge n. 341 del 1995, quale concorso statale alle spese sostenute dal Comune di Napoli per l'assunzione di personale, come previsto dall'articolo 12 della legge n. 730 del 1986.
La lettera l) in esame stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro del tesoro venga ripartito lo stanziamento tra i soggetti competenti per l’intervento in discorso.


Comma , lett. m)
(Mutui per opere di edilizia scolastica)

La lettera m) del comma 1 dell’articolo 46 in esame, introdotta dalla Commissione Bilancio del Senato autorizza il limite di impegno di lire 30 miliardi, a decorrere dall’anno 2000, per la contrazione di mutui da parte delle amministrazioni provinciali e comunali, finalizzati alla realizzazione di opere di edilizia scolastica.
La materia dell'edilizia scolastica è stata oggetto di nuova disciplina ad opera della legge n. 23 del 1996, secondo la quale le competenze relative alla fornitura e manutenzione degli edifici da destinare a sede delle scuole elementari e medie spettano ai comuni, mentre alle province compete la fornitura e manutenzione degli edifici destinati a sedi di istituti di istruzione secondaria superiore, compresi licei, conservatori ed accademie.
A fini applicativi e di finanziamento della legge n. 23 del 1996 è da ultimo intervenuto l'articolo 5 della legge n. 191 del 1998 (c.d. Bassanini ter) e la legge n. 295 del 1998.


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13/12/1998
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