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Articolo 42
Comma 1
(Riduzione degli stanziamenti per acquisto di beni e servizi)

L’articolo in esame, al comma 1, dispone una riduzione del 5 per cento degli stanziamenti iniziali iscritti nelle unità previsionali di base del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 1999 e le relative proiezioni per gli anni 2000 e 2001 relativi alla categoria IV (spese per acquisto di beni e servizi), con esclusione delle spese relative al Ministero della difesa e di quelle aventi natura obbligatoria o legislativamente predeterminate.

I tagli "trasversali" di capitoli di bilancio recanti spese per acquisti di beni e servizi sono stati oggetto anche di precedenti manovre di finanza pubblica. Ad esempio una analoga riduzione del 5 per cento era contenuta all’articolo 2 del D.L. n. 565/1995, recante " Misure di completamento della manovra di finanza pubblica" (c.d. manovra Dini di fine anno), successivamente confluita all’articolo 2, comma 134, lettera a), della legge n. 662/1996, recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica".

Ugualmente il D.L. n. 323/1996, recante "Disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica" (c.d. manovra correttiva Prodi), convertita, con modificazioni, dalla legge n. 425/1996, all’articolo 3, comma 8, disponeva una riduzione del 7% degli stanziamenti iniziali dei capitoli di bilancio relativi all'acquisto di beni e servizi. Per il Ministero della difesa il taglio era ridotto al 5 per cento.


Comma 2
(Integrazione statale all'entrata RAI per canone)

L’articolo in esame, al comma 2, sostituisce, senza mutarne la sostanza normativa, il secondo periodo del comma 8 dell’art. 17 della legge collegata per il 1998 (L. 449/1997).
Tale comma, nel provvedere alla soppressione del canone di abbonamento per autoradio, assicura alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo "una quota pari a lire 210 miliardi annui" a compensazione del conseguente mancato introito.
Il comma in esame chiarisce il significato della disposizione, precisando che l’importo di 210 miliardi si configura quale integrazione della quota dei proventi relativi ai canoni radiotelevisivi devoluta alla concessionaria, a carico della quota destinata allo Stato (questa appare l’interpretazione più probabile) ed a titolo di corrispettivo per le prestazioni effettuate in attuazione del contratto di servizio (e non quale contributo statale). Ciò allo scopo, precisato dalla relazione governativa, di evitare un’interpretazione della norma non conforme ai princìpi comunitari.
La norma in esame ha pertanto il solo fine di chiarire il contenuto di una disposizione recata dalla precedente manovra; per quanto detto, essa è di per sé priva di effetti finanziari.


Comma 3
(Incentivi alle emittenti televisive locali)

Questa disposizione, inserita dalla Camera dei deputati, reca degli incentivi alle emittenti televisive locali, al fine di permettere l’adeguamento degli impianti di queste, in base al piano nazionale di assegnazione delle frequenze recentemente approvato (il 30 ottobre 1998) dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Destinatarie degli incentivi sono le emittenti televisive locali titolari di concessione, ammesse a beneficiare delle provvidenze di cui all’articolo 7 del decreto legge n. 323 del 1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 422 dello stesso anno, che richiede, tra l’altro, che queste emittenti riservino almeno un’ora della programmazione giornaliera a programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali e sindacali o culturali.
Le somme stanziate per l’incentivazione – che ammontano a 16 miliardi per il 199, 22 miliardi per il 2000 e 33 miliardi per il 2001 – saranno erogate dal Ministero delle comunicazioni, entro il 30 marzo di ciascuno dei tre anni, alle citate emittenti, tenendo conto della media dei fatturati realizzati nel triennio precedente e del numero dei dipendenti.
Inoltre si prevede che almeno il 50 per cento delle somme stanziate debba essere erogato ad emittenti televisive locali, aventi sede produttiva nelle aree depresse del paese.


Comma 4
(Compensi per gestione incentivi alle imprese)

L’articolo in esame, al comma 4, completa la disciplina per il conferimento di funzioni dallo Stato alle regioni in materia di interventi agevolativi, nell’ambito dell’operazione di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni avviata dalla legge Bassanini (legge n. 59/97). La disposizione in esame prevede che i compensi e i rimborsi relativi alla gestione di interventi agevolativi alle imprese gestiti attraverso soggetti terzi (banche, Mediocredito, Artigiancassa, ecc.) - previsti nelle convenzioni con le amministrazioni statali cui le regioni subentrano in base al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ("Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59") - sono imputati al Fondo istituito presso ciascun ministero ai sensi dell’art. 7, comma 9, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 ("Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59"), se – come chiarisce la relazione illustrativa - fanno riferimento al settore industriale.
Si ricorda che l’art. 7, comma 9 del D.Lgs. n. 123/98, per razionalizzare gli incentivi alle imprese, ha istituito per ciascuna amministrazione statale un apposito Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese, nel quale affluiscono le risorse finanziarie stanziate per l'attuazione di tutti gli interventi agevolativi di competenza dell’amministrazione.
Se non si tratta di interventi attinenti al settore industriale, dovrà invece farsi ricorso ricorrere agli stanziamenti previsti dall’art. 7, comma 7, del citato D.Lgs. n. 112/98, secondo il quale – tra l’altro - sono finanziati dallo Stato, nella misura prevista dalla legge istitutiva, i fondi gestiti mediante convenzione, sino alla scadenza delle convenzioni stesse, anche se operano nelle materie oggetto di conferimento di funzioni e di compiti alle regioni e agli enti locali.
La disposizione in esame sembra avere soprattutto una funzione di chiarificazione, dato che già l’art. 7 della legge Bassanini (legge n. 59/97) prevedeva l’adozione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri - sentiti i Ministri interessati e il Ministro del tesoro – per la puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire. A sua volta l’art. 7 del D.Lgs. n. 112/98 ha aggiunto che i provvedimenti per il trasferimento di beni e risorse (da completare entro il 31 dicembre 2000) determinano la decorrenza dell'esercizio da parte delle regioni e degli enti locali delle funzioni ad essi conferite, contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative. Vale poi la pena ricordare che il decreto legislativo n. 112/98 pone il principio per cui "alle regioni e agli enti locali destinatari delle funzioni e dei compiti conferiti sono attribuiti beni e risorse corrispondenti per ammontare a quelli utilizzati dallo Stato per l'esercizio delle medesime funzioni e compiti prima del conferimento".
Appare necessaria una precisazione sulla portata dell’imputazione delle spese per i compensi e i rimborsi derivanti da convenzioni con soggetti gestori di interventi agevolativi: il decreto legislativo n. 123/98 prevede una norma transitoria in base alla quale l’entrata in vigore i vari interventi agevolativi devono essere semplificati con i regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Solo dal momento dell’entrata in vigore di tali regolamenti sono applicabili le disposizioni del decreto n. 123, compresa l’istituzione del Fondo unico per gli interventi agevolativi alle imprese presso ciascuna amministrazione. Pertanto anche l’applicabilità del comma in esame è subordinata all’entrata in vigore dei regolamenti di semplificazione. Va ulteriormente precisato che però - per quanto riguarda il Ministero dell’industria - l’istituzione del Fondo unico è anticipata al 1 gennaio 1999 dall’art. 39 del disegno di legge in esame, alla cui scheda si fa rinvio.


Comma 5
(Interessi legali per prestazioni INPDAP)

L’articolo in esame al comma 5 dà un'interpretazione autentica delle disposizioni recate dall'art. 16, co. 6, della L. 30 ottobre 1991, n. 412, a norma del quale gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria sono tenuti a corrispondere gli interessi legali sulle prestazioni dovute, a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per l'adozione del provvedimento su domanda; nel caso in cui al titolare della prestazione spettino somme (cosiddetta rivalutazione monetaria) a ristoro del maggior danno subìto per la diminuzione del valore del suo credito, da tale risarcimento va detratto l'importo dovuto a titolo d'interessi.
A norma del comma 5 in esame, tra le prestazioni previdenziali in oggetto devono essere ricomprese anche quelle erogate ai dipendenti delle Amministrazioni pubbliche - in primo luogo quindi dall'INPDAP - comprese le pensioni di invalidità erogate dallo Stato.
La relazione precisa che la norma si rende necessaria per evitare profili di irrazionalità delle disposizioni di cui all’art. 16, comma 6, della legge n. 412/1991, ove interpretate, come ritiene la Corte dei conti, nel senso di escluderne l’applicabilità alle pensioni dei dipendenti pubblici ed a quelle di invalidità.

Si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 156 dell’8 aprile 1991 ha esteso al credito previdenziale il regime del credito da lavoro (di cui all’art. 429, comma 3, del Codice di procedura civile), con applicazione cioè degli interessi in misura legale e del maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito (cosiddetta rivalutazione monetaria).
Successivamente, l’art. 16, comma 6, della L. 30 dicembre 1991, n. 412, ha disposto, per il credito previdenziale, che l’importo percepito a titolo di interessi legali sia portato in detrazione dal risarcimento dell’eventuale danno maggiore. Tale principio è stato poi esteso ai crediti da lavoro dall’art. 22, comma 36, della L. 23 dicembre 1994, n. 724. In attuazione delle norme suddette di cui alla L. n. 412 e alla L. n. 724, è stato emanato il D.M. 1° settembre 1998, n. 352.
Sull’applicabilità della detrazione anche ai rapporti pendenti alla data di entrata in vigore della L. n. 412 del 1991 (31 dicembre 1991; per i crediti da lavoro, invece, la disciplina transitoria è posta dal medesimo art. 22, comma 36, della L. n. 724) si è sviluppata una complessa vicenda giurisprudenziale, che, da ultimo, ha registrato un orientamento restrittivo (applicazione del principio della detrazione solo per i nuovi rapporti) (sentenza delle Sezioni unite civili n. 5895 del 2 maggio 1996). Una più articolata normativa transitoria è ora posta, in termini non del tutto perspicui, dal suddetto D.M. attuativo 1° settembre 1998, n. 352.
Si ricorda infine che su alcune questioni relative rispettivamente ai crediti previdenziali e a quelli retributivi sono intervenute di recente la circolare INPS n. 96 del 6 maggio 1998 - che accoglie un consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione - e la decisione n. 3/98 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.


Comma 6
(Quota otto per mille IRPEF)

L’articolo in esame, al comma 6, reca disposizioni circa le modalità di determinazione della quota dell’otto per mille del gettito IRPEF di pertinenza dello Stato e delle diverse confessioni religiose.
All'atto della firma dell'Accordo di revisione del Concordato lateranense del febbraio 1984, le parti contraenti (Santa Sede e Repubblica italiana) con un apposito protocollo addizionale istituirono una Commissione paritetica che avrebbe dovuto formulare, tra l'altro, proposte per una revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano verso la Santa Sede, ritenendosi concordemente cessati i presupposti dell'allora vigente sistema e considerandosi non più opportune forme di finanziamento diretto dello Stato al clero ed alla Chiesa.
Le norme predisposte dalla Commissione, approvate dalle parti con la firma di un apposito Protocollo in data 15 novembre 1984, sono state recepite nell'ordinamento italiano attraverso la legge 222 del 20 maggio 1985. Questa tra l'altro prevede:
- che le erogazioni liberali eseguite da persone fisiche a favore dell'Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero siano deducibili, ai fini fiscali, dal reddito complessivo fino all'importo annuo di due milioni di lire (art. 46);
- che una quota dell'8 per mille del gettito complessivo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - riservata dallo Stato in parte a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a favore della Chiesa cattolica e di altre confessioni religiose - possa essere liberamente destinata alla Chiesa medesima dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi, per esigenze di culto della popolazione, per il sostentamento del Clero e per interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo (art. 48).
Più in particolare, tutti i soggetti titolari di redditi assoggettabili all'IRPEF, in occasione della annuale dichiarazione dei redditi, sono chiamati ad esprimere la propria scelta relativa alla destinazione dell'otto per mille allo Stato, alla Chiesa Cattolica e ad altre confessioni religiose. Si tratta di un adempimento facoltativo e integrativo della medesima dichiarazione, assistito, negli ultimi anni, da opportune garanzie di riservatezza.
Sulla base delle volontà espresse, e proporzionalmente ad esse, la quota dell'8 per mille del gettito complessivo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche liquidata dagli uffici viene ripartita tra lo Stato, la Chiesa Cattolica e le altre confessioni religiose.
I dati finanziari (l'ammontare dell'IRPEF liquidata dagli uffici) e quelli relativi alle scelte dei contribuenti, contenuti nei vari moduli che ne costituiscono il veicolo (Modello 740, 730 etc.), sono disponibili solo in un momento successivo rispetto a quello al quale si riferiscono e ciò a causa dei tempi occorrenti alla Amministrazione finanziaria per tutte le operazioni di rilevazione o di controllo.
Conseguentemente la legge 222 del 1985, all'articolo 47, ha previsto un sistema di rimesse finanziarie dallo Stato alla Chiesa (segnatamente alla Conferenza Episcopale italiana) articolato in anticipi e relativi conguagli distanziati, di norma, di un triennio. Più precisamente, il comma 4 dell'articolo 47 prevede che per gli anni finanziari 1990, 1991 e 1992 lo Stato corrisponda alla CEI, a titolo di anticipo una somma pari al contributo versatogli nell'anno 1989 (406 miliardi). Entro il mese di giugno 1996 lo Stato avrebbe provveduto ad erogare il conguaglio complessivo relativo agli anni 1990-1992.
A decorrere dall'anno finanziario 1993, lo Stato corrisponde annualmente, entro il mese di giugno, alla Conferenza episcopale italiana (CEI), a titolo di anticipo e salvo conguaglio, una somma calcolata sull'importo liquidato dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali relative al terzo periodo d'imposta precedente. La somma relativa all'anno finanziario 1990 è stata corrisposta, quindi, alla CEI nell'anno finanziario 1993, quella relativa al 1991 nel 1994 e così di seguito.

Successivamente le leggi 22 novembre 1988, n. 516 e n. 517 hanno introdotto la possibilità che la scelta sulla destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF possa essere effettuata anche a favore dell'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno e delle Assemblee di Dio in Italia, vincolando la destinazione dei fondi disponibili ad interventi sociali e umanitari anche a favore di paesi del terzo mondo. Allo stesso modo, la legge 5 ottobre 1993, n. 409 ha esteso la possibilità di scelta anche in favore della Chiesa evangelica valdese, che utilizzerà le somme così ricevute esclusivamente per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all'estero, sia direttamente, attraverso gli enti aventi parte nell'ordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a livello nazionale ed internazionale.
Inoltre la legge 29 dicembre 1995, n. 520, recante "Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI)", prevedendo che a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa, la CELI concorrerà con lo Stato e le altre confessioni religiose precedentemente indicate alla ripartizione della quota dell'8 per mille dell'IRPEF, utilizzando tali somme, oltre che per le specifiche esigenze di culto e di evangelizzazione (indicate dall'articolo 26 della legge medesima), anche per interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all'estero, effettuati direttamente dalla CELI, sia attraverso le Comunità ad essa collegate.
Da ultimo, la legge 20 dicembre 1996, n. 638, recante "Modifica dell'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane, in attuazione dell'articolo 8, comma terzo, della Costituzione", ha previsto che a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge, l’Unione delle Comunità ebraiche italiane concorre con lo Stato e le altre confessioni religiose alla ripartizione della quota pari all’8 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali. L’Unione delle Comunità ebraiche italiane destinerà le somme devolute a tale titolo dallo Stato alle finalità istituzionali dell’ente indicate dall’articolo 19 della legge 8 marzo 1989, n. 101, con particolare riguardo alle attività culturali, alla salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale, nonché ad interventi sociali ed umanitari volti in special modo alla tutela delle minoranze contro il razzismo e l’antisemitismo.

Il comma 6 in esame, richiama il secondo comma dell'articolo 47 della legge n. 222/1985, specificando che la quota dell'otto per mille destinata alla Chiesa cattolica non viene più determinata sull'imposta sul reddito delle persone fisiche liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, bensì sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, risultanti dal rendiconto generale dello Stato.
Il riferimento al dato di rendiconto (anziché all’importo liquidato dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali) viene utilizzato anche per la determinazione della quota da erogare a titolo di anticipo e a conguaglio del terzo periodo d'imposta precedente (articolo 47, ultimo comma, legge n. 222/1985).
La relazione al disegno di legge sottolinea che "la modifica, concordata tra la Conferenza episcopale italiana e la Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito del comitato istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 1997, consente la semplificazione delle procedure di rilevazione dei dati e la eliminazione delle necessità di far luogo, per ogni periodo di imposta, a più conguagli successivi man mano che si esplica l'attività accertatrice dell'amministrazione finanziaria. Peraltro, l'immediata certezza del dato di gettito desunto dal rendiconto generale dello Stato consente una maggiore tempestività nella formulazione delle previsioni annuali e nell'erogazione della quota dell'8 per mille. In relazione alla natura pattizia della materia, la norma viene supportata da uno scambio verbale di note tra la Segreteria di Stato del Vaticano ed il Ministero degli affari esteri".

Il comma 6 in esame estende tale procedura di calcolo anche alle quote da corrispondere alle confessioni diverse da quella cattolica aventi diritto. Con le medesime modalità sono determinate la quota dell'otto per mille dell'IRPEF e la somma corrisposta a titolo di anticipo di cui all'articolo 30 della legge n. 516/1988 (Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno); all'articolo 23 della legge n. 517/1988 (Assemblee di Dio in Italia); all'articolo 4 della legge n. 409/1993(Chiesa evangelica valdese); all'articolo 27 della legge n. 520/1995 (Chiesa Evangelica Luterana in Italia); all'articolo 2 della legge n. 638/1996 (Unione delle Comunità ebraiche italiane).


Comma 7
(Anticipazioni di cassa per esportazioni)

Il comma 7 dell’articolo in esame, è volto, come chiarisce la relazione illustrativa, a consentire la continuazione dell’operatività del Fondo costituito presso il Mediocredito centrale per finanziare sia il settore estero che quello interno. In particolare, il comma 9 prevede che all’atto della ripartizione tra Simest (gestione interventi esportazione e internazionalizzazione) e Mediocredito Centrale (gestione interventi interno) delle disponibilità del Mediocredito - da effettuarsi ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 143/98 - è autorizzata, per esigenze di cassa del settore interno (esigenze, come specificato nel testo approvato dalla V Commissione, rilevate al 1° gennaio 1999), un'anticipazione a favore della quota relativa all'interno, fino a complessivi 675 miliardi, a carico della quota di disponibilità relativa all'esportazione e all'internazionalizzazione (nel testo approvato dalla Camera si autorizzava un’anticipazione di, e non fino a, 675 miliardi).
L’importo prelevato verrà restituito al settore esportazione e internazionalizzazione all'atto del versamento al settore interno delle assegnazioni, disposte dall’art. 12, comma 1, della cosiddetta "legge Bersani" (legge n. 266/97). Si ricorda infatti che la legge n. 266 ha rifinanziato il Fondo di cui all'articolo 3 della legge n. 295/73, per l’erogazione dei contributi previsti dalla cosiddetta "legge Sabatini", per un ammontare di 75 miliardi annui per dieci anni a decorrere dal 1998.
La legge 295/73, "Aumento del fondo di dotazione del Mediocredito centrale", all'art. 3 ha provveduto all'istituzione, presso il Mediocredito centrale, di un Fondo per la concessione di contributi nel pagamento degli interessi sui finanziamenti concessi dagli istituti di credito autorizzati, con o senza il ricorso al Mediocredito stesso. Tale Fondo è alimentato mediante trasferimenti dal bilancio dello Stato e con una quota degli utili maturati a fine gestione.
In tal modo la restituzione potrà avvenire per 75 miliardi annui per i prossimi nove anni (per un totale, appunto, di 675 miliardi), mentre l’anticipazione fino a 675 miliardi sembrerebbe poter essere anche immediata. Diviene quindi particolarmente significativa la precisazione secondo cui l’anticipazione è "infruttifera".
La relazione illustrativa motiva quest’operazione sottolineando che mentre le disponibilità per il settore interno risultano deficitarie, quelle relative al settore export prevedono una "sufficiente capienza".
Si ricorda che il Mediocredito gestisce i seguenti interventi:
a) Interno:
agevolazioni per l'acquisto (o il leasing) di macchinari (legge Sabatini, n. 1329/65)
agevolazioni per l'innovazione tecnologica e la tutela ambientale (legge n. 598/94)
agevolazioni per l'acquisto di automezzi per trasporti specifici (delibera CIPE 31/5/77)
agevolazioni ai consorzi di servizi (legge n. 317/91, capo IV)
agevolazioni per la promozione di nuove imprenditorialità femminili (legge n. 215/92)
garanzie sui finanziamenti alle imprese industriali (legge n. 675/77 e legge n. 317/91)
garanzie sui finanziamenti alle imprese commerciali (legge n. 517/75 e legge n. 317/91)
garanzie al credito di esercizio (legge n. 64/86, art. 15)
integrazione dei fondi rischi confidi (legge n. 317/91, art. 31)
anticipazioni per partecipazioni di minoranza nel capitale di rischio di PMI (legge n. 237/93, art.2 comma 2)
b) Estero:
crediti all'esportazione (legge Ossola, n. 227/77)
cooperazione italiana con i paesi in via di sviluppo: crediti di aiuto (legge n. 49/87, art. 6)
cooperazione italiana: finanziamento delle joint ventures (legge n. 49/87, art. 7)
finanziamento degli investimenti esteri (legge n. 100/90 e legge n. 19/91)
finanziamento dei programmi di penetrazione commerciale all'estero (legge n. 394/81)
partecipazione a gare internazionali (legge n. 304/90)

La norma in esame integra parzialmente la disciplina stabilita dall’art. 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 ("Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59"), che prevede il passaggio - a partire dal 1° gennaio 1999 - dal Mediocredito centrale alla SIMEST degli interventi a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese - previsti dalle leggi 227/77, 394/81, 304/90, 100/90, e dall'art. 14 della legge 317/91, mentre la gestione degli interventi di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 19 è stata attribuita alla FINEST.
In relazione al finanziamento dei programmi di penetrazione commerciale in paesi non appartenenti alla UE, disciplinato dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, di conversione con modif. del DL 251/81 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane"), la Camera ha aggiunto un periodo al comma in esame. Il testo integrato autorizza per il solo 1999 una spesa di 150 mld. per la prosecuzione dei predetti programmi di penetrazione commerciale. Al relativo onere si provvederà mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista per la cosiddetta legge Ossola (legge 227/1977 - "Disposizioni sull’assicurazione e sui finanziamenti dei crediti inerenti alle esportazioni di merci e servizi, all’esecuzione di lavori all’estero, nonché alla cooperazione economica e finanziaria in campo internazionale").


Comma 8
(Ricapitalizzazione delle cooperative di pesca)

La disposizione in esame, introdotta dall’assemblea della Camera dei deputati, autorizza la spesa di 2 miliardi per l’attuazione, nell’anno ’99, delle misure concernenti la ricapitalizzazione delle cooperative di cui al Piano triennale della pesca e dell’acquacoltura 1997-1999, approvato con decreto del Ministro per le politiche agricole del 24 marzo 1997.
All’onere relativo si provvede utilizzando le disponibilità del fondo statale per il credito peschereccio di cui alla legge n. 41 del 17 febbraio 1982.
Il settore della pesca è stato organicamente riformato dalla legge 17 febbraio 1982, n. 41, "Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima" (modificata ed integrata dalla legge 10 febbraio 1992, n. 165). La legge n. 41/1982 prevede che i distinti interventi per il finanziamento del settore della pesca - suddivisi in: contributi per la ricerca scientifica e tecnologica applicata alla pesca, contributi a fondo perduto, contributi per le attività promozionali e fondi annuali destinati al Fondo centrale per il credito peschereccio - siano erogati nell’ambito di un Piano triennale della pesca e dell’acquacoltura, da finanziare con provvedimenti successivi.
Il V piano triennale della pesca marittima e dell’acquacoltura, che si sviluppa per gli anni 1997-1999, è stato approvato con Decreto del Ministro delle risorse agricole il 24 marzo 1997 (suppl. Ord. N. 88 alla G.U. n. 97 del 28/4/97). Tale piano si prefigge di aiutare il settore a passare dalla condizione di marginalità a struttura produttiva in grado di gestire le risorse alieutiche come nuovo fattore di sviluppo, pervenendo ad una riorganizzazione del comparto che lo renda competitivo in un mercato mondiale.
Allo scopo, divengono obiettivi specifici:
una ristrutturazione e modernizzazione del comparto adeguata alle nuove esigenze di conservazione delle risorse;
l’accrescimento delle risorse alieutiche attraverso un potenziamento dell’acquacoltura e più specificamente della maricoltura;
il perseguimento di una politica del lavoro volta soprattutto a trovare occupazioni o forme di impresa alternative nel medesimo comparto, anche allargato a tutte le sue componenti.
Le linee di finanziamento del piano sono determinate:
dalle somme disponibili sul Fondo centrale per il credito peschereccio, provenienti dal pagamento delle rate scadute di ammortamento dei mutui;
dagli altri stanziamenti disposti in legge Finanziaria per le leggi di spesa a carattere permanente e facenti capo alla legge n. 41/1992.
In proposito si rammenta che la legge finanziaria per il 1997 ha disposto, in Tabella C, stanziamenti per l’attuazione del V piano nazionale che ammontano a 90 mld. di lire per il 1997 e a 45 mld. per ciascuno degli anni 1998-1999.
Del pari si rammenta che la citata legge 17 febbraio 1982, n. 41 ha disposto (articolo 10 e seguenti) l’istituzione del "Fondo nazionale per il credito peschereccio" con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio presso il Ministero della marina mercantile (ora presso il Ministero per le politiche agricole).
In tale Fondo confluiscono, oltre agli stanziamenti che annualmente vengono indicati nel Piano nazionale della pesca (art. 2), le rate di ammortamento dei mutui erogati dal Fondo, le somme provenienti da estinzioni anticipate dei mutui stessi, gli interessi e le eventuali somme pagate a titolo di penalità sempre relativamente ai mutui, nonché le dotazioni risultanti a credito del fondo di rotazione per l’esercizio del credito peschereccio, in precedenza previsto dalla legge n. 1457/1956 e ora venuto meno con l’entrata in vigore della legge n. 41/1982.
Il menzionato Piano triennale prevede uno stanziamento di 4,5 miliardi per la ricapitalizzazione delle cooperative di pesca, somma che, come si è detto, viene incrementata di 2 miliardi dal comma 8 in esame, introdotto dalla Camera dei deputati.
Per tali dipendenti, qualora la richiesta di Comando sia stata effettivamente inoltrata entro il 28 febbraio del 1998 (data di trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste), la disposizione in esame, nel testo approvato dalla 5a Commissione prevede che si applichino le disposizioni previste dall’articolo 53, comma 1 o delle legge 449 del 1997, che rinvia ai sua volta alla normativa vigente in materia di mobilità volontaria o concordata per i dipendenti pubblici. Sempre il comma in esame prevede inoltre che questo personale possa permanere in posizione di comando per un periodo non superiore a due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Per tutto questo periodo le entità di personale che abbiano assunto servizio in posizione di comando presso le amministrazioni ??????, dopo la data della trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste, vengono detratte dalla quota di assunzioni autorizzate per l’amministrazione stessa, in applicazione delle zone sulla proporzione del fabbisogno di personale, posta a carico agli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche, e dei criteri cui deve attenersi il Governo sul deliberare trimestralmente le nuove assunzioni.


Comma 9
(Personale comandato delle Poste Italiane S.p.A.)

L’articolo in esame al comma 9 dispone in merito al personale delle Poste Italiane S.p.A. (già Ente Poste) comandato presso pubbliche amministrazioni fino alla data del 30 settembre 1998; data così fissata dalla V Commissione del Senato. Nel testo originario approvato dalla Camera dei deputati questa norma riguardava invece il personale comandato successivamente al 31 dicembre 1997 e prima del 28 febbraio 1998 (data della trasformazione dell'Ente in società per azioni, come da delibera CIPE del 18-12-1997).
La possibilità che il personale dell'Ente, fino alla data della trasformazione in S.p.A, potesse continuare ad essere comandato presso le PP.AA. era stata consentita dall'art. 17, co. 18, della L. 15 maggio 1997, n. 127.
Successivamente, con l'art. 53, co. 10, della L. 23/12/1997, n. 449, si è disposto che ai dipendenti dell'Ente posti in posizione di comando o fuori ruolo presso le PP.AA. alla data di entrata in vigore della legge (1° gennaio 1998), si applichino le disposizioni vigenti in materia di mobilità volontaria o concordata per i dipendenti pubblici. Con ciò si è consentito quindi, implicitamente, ai suddetti soggetti di richiedere la collocazione permanente presso le medesime Amministrazioni, piuttosto che rientrare presso la nuova S.p.A, fermo restando che i comandi in atto alla data di entrata in vigore della legge, a norma dello stesso comma 10, non possono essere rinnovati per un periodo superiore ai due anni a decorrere dalla data della privatizzazione.

Il comma 9 dell'articolo in esame fa riferimento, come si è detto, ai dipendenti delle Poste Italiane che si trovino in posizione di comando presso le PP.AA. alla data del 30 settembre 1998.
Per tali dipendenti, qualora la richiesta di Comando sia stata effettivamente inoltrata entro il 28 febbraio del 1998 (data di trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste), la disposizione in esame, nel testo approvato dalla V Commissione ribadisce l’applicabilità al caso di specie delle citate disposizioni previste dall’articolo 53, comma 10 della legge 449 del 1997, che rinvia a sua volta alla normativa vigente in materia di mobilità volontaria o concordata per i dipendenti pubblici. Sempre il comma in esame ribadisce, inoltre, che questo personale possa permanere in posizione di comando per un periodo non superiore a due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Per tutto questo periodo le unità di personale che abbiano assunto servizio in posizione di comando presso le amministrazioni pubbliche, dopo la data della trasformazione in società per azioni dell’Ente Poste, vengono detratte dalla quota di assunzioni autorizzate per le amministrazione stesse, in applicazione delle norme sulla programmazione del fabbisogno di personale, cui devono procedere gli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche, e dei criteri cui deve attenersi il Governo nel deliberare trimestralmente le nuove assunzioni.


Comma 10
(Proroga termini per contributo assicurativo per rivalsa)

L’articolo in esame al comma 10, proroga alcuni termini riguardanti il contributo assicurativo sostitutivo delle azioni di rivalsa, disciplinato da ultimo dall’articolo 38 della legge n. 449/1997 (collegato alla manovra finanziaria per il 1998).
Il richiamato articolo 38 prevede, al comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 1998, un aumento del contributo che - ai sensi dell’articolo 11-bis della legge 24 dicembre 1969, n. 990, introdotto dall’articolo 126 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 175 - si applica sui premi assicurativi relativi alla RC auto per il rimborso delle prestazioni sanitarie erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore. La nuova misura del contributo è stabilita nel 10,5%, con un aumento di quattro punti percentuali rispetto alla misura vigente.
I successivi commi da 2 a 4 rinviano ad un regolamento - da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988 - per la disciplina concernente il rimborso delle prestazioni erogate a favore dei cittadini coinvolti in incidenti causati dalla circolazione di veicoli a motore o di natanti o a seguito di infortuni sul lavoro o malattie professionali.

NOTE

1 L’articolo 11-bis della legge n. 990/1969 dispone che sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile relative a danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti si applichi un contributo sostitutivo delle azioni spettanti alle regioni e agli altri enti che erogano prestazioni facenti carico al Servizio sanitario nazionale nei confronti dell’assicuratore, del responsabile o dell’impresa designata a norma della stessa legge.
In particolare, il comma 2 dell’articolo 11-bis ha fissato la misura del contributo nel 6,5 per cento del premio pagato all’assicuratore ed ha obbligato quest’ultimo ad indicare distintamente detto contributo in polizza e nella quietanza. All’assicuratore è inoltre riconosciuto il diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l’importo del contributo.
Infine il comma 3 ha disposto che per l’individuazione e la denuncia dei premi soggetti al contributo, nonché per la riscossione e per le sanzioni, si debbano applicare le procedure disposte con la legge 29 ottobre 1961, n. 1216, recante "Nuove disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi".
Va segnalato, infine, che gli importi riscossi a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale affluiscono al capitolo 3342 dello stato di previsione dell’entrata denominato "Somme da introitare per il finanziamento dell’assistenza sanitaria".
2 Per quanto riguarda il settore relativo alla RC auto, si osserva che l’articolo 28, primo comma, della legge n. 990/1969 stabilisce che le somme dovute dall’assicuratore al danneggiato per spese sostenute in caso di incidente (trasporto a un vicino ospedale o pronto soccorso pubblico o privato; spese di spedalità; spese mediche o farmaceutiche), qualora tali spese siano state anticipate da ospedali pubblici o da altri enti pubblici, devono essere corrisposte direttamente a coloro che le hanno anticipate, purché ne facciano richiesta prima che sia stato pagato il risarcimento al danneggiato. I successivi commi secondo, terzo e quarto disciplinano il caso in cui il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale: in tale caso, l’ente gestore dell’assicurazione sociale ha diritto di ottenere direttamente dall’assicuratore del responsabile il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato.
Per quanto attiene all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro, l’INAIL, erogatore di prestazioni sanitarie fino all’entrata in vigore della riforma sanitaria del 1978, a partire da quella data, a norma dell’art. 69 della L. 23 dicembre 1978, n. 833, è tenuto al versamento al Fondo sanitario nazionale delle somme già destinate al finanziamento delle funzioni esercitate in materia sanitaria (pari, per il primo anno, a quelle accertate nell’anno 1977, maggiorate del 14%, e successivamente incrementate sulla base del tasso di inflazione). Per il 1997 la somma da versare da parte dell’Istituto è risultata pari a circa 204,5 miliardi, di cui 171 specificatamente imputati a spese ospedaliere.


Comma 11
(Contributi dell’utenza per i servizi pubblici non essenziali)

Il comma 11 in esame, inserito dalla V Commissione del Senato, modifica quanto disposto dal comma 4 dell’articolo 43 della legge n. 449 del 1997.
Il citato articolo 43, prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni, di utilizzare strumenti di natura privatistica o di gestione aziendale (quali contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione, convenzioni, richiesta di contributi a fronte di servizi resi, economie di gestione), allo scopo di innovare e migliorare la qualità dei servizi prestati. La disposizione è finalizzata a consentire risparmi di spesa o maggiori entrate alle stesse pubbliche amministrazioni. Quest’articolo dispone altresì sulla destinazione delle risorse in tal modo liberate, prevedendo il recupero dei vantaggi finanziari anche a beneficio del personale e dei dirigenti che hanno operato il risparmio.
Più in particolare, il comma 4 disciplina i servizi rientranti nell’attività ordinaria - e non più "aggiuntivi" - dell’amministrazione che può chiedere un "contributo" agli utenti per tali servizi.
I limiti posti dal comma consistono nel fatto che i servizi per i quali viene richiesto il contributo non possono essere "essenziali", nè "a garanzia di diritti fondamentali". Il comma non specifica quale sia l’ambito di queste nozioni, saranno infatti appositi regolamenti delle pubbliche amministrazioni a definire per quali servizi potrà essere richiesto il contributo e a quanto questo potrà ammontare. Nell’ambito delle amministrazioni statali i regolamenti devono essere adottati con le procedure di cui al già citato art. 17, comma 1, della legge 400 (regolamenti governativi di attuazione emanati dal Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei Ministri).
Quanto agli introiti derivanti dai contributi incassati dalle amministrazioni statali, questi sono versati all’entrata del bilancio dello Stato, e - fino al massimo del 30% - sono riassegnati all’unità previsionale di base (il "nucleo operativo" della nuova struttura del bilancio) con destinaizone finalizzata al personale (incentivi alla produttività) ed ai dirigenti (retribuzione di risultato) che hanno effettuato la prestazione.

Il comma 11 in esame, modifica questa disciplina prevedendo che, per l’attuazione della medesima, si debba utilizzare lo strumento del regolamento ministeriale (emanato ai sensi del comma 3 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988), anziché quello del regolamento governativo (ai sensi del comma 1 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988). Più in particolare, viene modificato il citato comma 4 dell’art. 43 della legge 449 del 1997, prevedendosi che, sulla base di criteri generali deliberati dal Consiglio dei Ministri, ciascun ministro con proprio regolamento, emanato di concerto con i ministri della funzione pubblica e del tesoro, provveda a definire per quali servizi possa essere chiesto all’utenza un contributo e a quanto esso potrà ammontare.


Comma 12
(Agevolazioni per l'accesso alla rete Internet)

Il comma 12 dell’articolo in esame reca disposizioni per agevolare l’accesso alla rete Internet.
La norma prevedeva nel testo presentato dal Governo alla Camera – con una formulazione che appare peraltro non priva di ambiguità – che l’Autorità per le comunicazioni determinasse la tariffa massima per l’accesso a Internet, in modo da consentire un tempo continuato di connessione giornaliera con i provider non inferiore a quattro ore giornaliere nell’ambito di fasce orarie proposte dai soggetti che gestiscono servizi di telecomunicazioni ed approvate dall’Autorità medesima. Nel testo approvato dalla Camera dei deputati si prevede invece che l’Autorità determini le tariffe delle telecomunicazioni - urbane e interurbane - in modo tale da agevolare la diffusione dell’uso di Internet, con particolare riguardo agli utenti che facciano un uso prolungato della rete.
La norma dà sostanzialmente seguito ad un impegno assunto dal Governo nel DPEF 1999-2001, quello di far sì che in tutto il territorio nazionale sia possibile accedere ad Internet al costo della tariffa urbana, anche al fine di favorire lo sviluppo del settore e delle attività ad esso connesse.
Negli ultimi due anni il settore delle telecomunicazioni è stato interessato, sul piano normativo, da un ampio processo di trasformazione nel quadro del processo di liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione previsto dalla normativa comunitaria.
In particolare, il D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, ha recepito varie direttive comunitarie ed ha sostanzialmente completato il processo di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni in Italia, fissando la disciplina generale del settore: conseguentemente l'installazione, l'esercizio e la fornitura di reti di telecomunicazioni, nonché la prestazione dei servizi ad esse relativi accessibili al pubblico sono adesso attività il cui espletamento è fondato sui princìpi della libera concorrenza e della pluralità dei soggetti operatori.
Qualche dubbio potrebbe sussistere in ordine alla necessità di un intervento legislativo in materia atteso che, a seguito dell'entrata in vigore del predetto D.P.R. n. 318/1997, la disciplina del settore delle telecomunicazioni è in larga parte recata da norme di natura regolamentare.
In particolare, le disposizioni relative alle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di telecomunicazione, previste dall’articolo 7 del D.P.R. n. 318/1997, affermano i princìpi di trasparenza, obiettività e di orientamento ai costi: tali condizioni devono essere stabilite indipendentemente dal tipo di applicazione da parte degli utenti, eccetto quando siano richiesti servizi supplementari. L’Autorità di regolamentazione (istituita con la legge 31 luglio 1997, n. 249) può consentire agevolazioni tariffarie per elevati volumi di traffico e può approvare condizioni economiche speciali per la fornitura di servizi di interesse sociale, quali quelli destinati ad utenti che ne fanno un uso ridotto o a categorie sociali particolari (art. 7, comma 11).
Va d’altra parte rilevato che, nel quadro di un mercato delle telecomunicazioni in cui le tariffe sono orientate ai costi, la previsione di un intervento legislativo potrebbe derivare dall’esigenza di attribuire all’Autorità il potere di fissare una tariffa massima per l’accesso ad uno specifico servizio.
Si rammenta inoltre che la legge 23 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998), all'articolo 6, comma 3, ha previsto che il Ministero delle comunicazioni adotti, d'intesa con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, provvedimenti finalizzati a garantire la pari opportunità di acceso alla rete Internet, anche al fine di evitare discriminazioni di tipo territoriale.
Si segnala, infine, che in materia di agevolazioni per l’accesso ad Internet è attualmente all’esame della IX Commissione della Camera in sede referente la proposta di legge n. 2958.


Comma 13
(Assegnazione finanziamenti Regione Sicilia)

La disposizione recata dal comma 13 dell’articolo in esame, consente alla regione Sicilia di utilizzare con maggiore libertà l’ingente avanzo di amministrazione nel quale sono immobilizzati circa 4.000 miliardi (esercizio 1997) dei trasferimenti che essa riceve dallo Stato con vincolo di destinazione. La regione Sicilia riceve infatti dalla Stato numerosi trasferimenti connessi a leggi di spesa che pongono vincoli di destinazione e adempimenti specifici per la loro utilizzazione. Per la difficoltà di portare a termine le procedure che consentono di impegnare quei fondi, il bilancio della regione registra annualmente un consistente avanzo finanziario di amministrazione. La parte di gran lunga maggiore è quella determinata dalle assegnazioni statali non impegnate (prevalentemente in conto capitale e, tra queste, consistenti sono quelle relative a interventi disposti a seguito di calamità naturali).
Sono liberate dal vincolo di destinazione le assegnazioni finanziarie alla regione Sicilia che alla data del 31 dicembre 1998 non siano state impegnate secondo le norme di contabilità della regione o quelle per le quali non sia stato individuato il soggetto beneficiario. Il comma 13 in esame consente che la regione possa disporre della utilizzazione di quelle somme con propria legge per interventi nei settori cui erano originariamente destinate.


Commi 14 e 15
(Interventi agevolativi di competenza del Ministero dell'università
per la ricerca nelle aree depresse)

Il comma 14 dell’articolo in esame dispone che con decorrenza 1° gennaio 1999 le risorse finanziarie finalizzate ad agevolare gli interventi per la ricerca nelle aree depresse, di competenza del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, confluiscano ad una apposita sezione del Fondo speciale per la ricerca applicata. Alla sezione si applicheranno le disposizioni che attualmente disciplinano il funzionamento del predetto Fondo.
Il Fondo speciale rotativo per la ricerca applicata è stato istituito presso l'Istituto Mobiliare Italiano con l'art. 4 della L. 25 ottobre 1968, n. 1089, "allo scopo di accelerare il progresso e lo sviluppo del sistema industriale del Paese e l'adozione delle tecnologie e delle tecniche più avanzate" attraverso una diversificata tipologia di interventi. Dopo alcune lievi modifiche recate dalle leggi nn. 652/74 (che ha posto la riserva del 40 % a favore della ricerca applicata nel Mezzogiorno) e 675/77 (che ha posto la riserva del 20 % a favore delle piccole e medie imprese) con la legge 17 febbraio 1982, n. 46, "Interventi per i settori dell'economia di rilevanza nazionale" (artt. 1-13) si è proceduto ad una rilevante revisione della normativa disciplinante le modalità di funzionamento del Fondo nonché l'accesso ai benefici del Fondo stesso. Quanto alle procedure per l'ammissione dei progetti ai finanziamenti, l'art. 7 della legge ha affidato all'IMI l'istruttoria tecnico-economica degli interventi, mentre la preselezione dei progetti presentati e la proposta di ammissione alle agevolazioni sono devolute ad un comitato tecnico-scientifico presieduto dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, cui spetta deliberare l'ammissione dei progetti.
Con il DL n. 867/86 (conv. con modif. dalla l. n. 22/87) sono stati ammessi agli interventi a sostegno della ricerca applicata anche i progetti riguardanti iniziative di cooperazione internazionale e comunitaria nel settore della ricerca, a finalità esclusivamente pacifiche, ai quali è stata destinata la quota del 10% delle disponibilità complessive del FRA. Un ulteriore vincolo di destinazione è stato previsto dall'art. 15 della L. n. 67/1988 (legge fin. 1988), che ha introdotto una quota di riserva pari al 10% delle disponibilità del Fondo a favore della formazione professionale di giovani ricercatori e tecnici di ricerca di età non superiore ai 29 anni. Nel tentativo di incrementare l'operatività del Fondo, con la legge 5/8/1988, n. 346, è poi stata prevista l'introduzione, tra le iniziative che usufruiscono del sostegno per progetti di cooperazione internazionale e comunitaria, anche degli studi di fattibilità realizzati dalle piccole e medie imprese o dai loro consorzi.
Successivamente sono state ampliate le finalità degli strumenti operativi connessi al Fondo Con l'art. 11 del DL n. 299/94 (conv. dalla legge n. 451/94), infatti, i contratti di ricerca previsti dalla legge n. 46/82 possono essere utilizzati anche in vista della creazione di un rapporto tra sistema produttivo e sistema della ricerca scientifica e tecnologica volto all'accrescimento dei livelli occupazionali conseguibile con misure di innovazione tecnologica.
L'attività del Fondo è stata poi oggetto della previsione dell'art. 3 del DL 26/95, ("Disposizioni urgenti per la ripresa delle attività imprenditoriali") conv. dalla L. n. 95/ 95, che al comma 1 ha disposto il trasferimento del 5% delle risorse finanziarie stanziate in bilancio per il periodo 1995-1997 a favore del CNR, dell'ENEA, dell'Istituto Nazionale di fisica nucleare e del Fondo speciale per la ricerca applicata, al capitolo 7520 dello stato di previsione del MURST. Il comma 2 ha esteso l'ammissione agli interventi del FRA anche ai consorzi e alle società consortili, mentre il comma 3 disposto la variazione della composizione del comitato tecnico-scientifico - fissata originariamente dalla legge n. 46/82 in sei membri (ora portati a 12), ai quali si era successivamente aggiunto un rappresentante del Ministro degli interventi straordinari nel Mezzogiorno in virtù dell'art. 12, co. 11, della legge n. 64/86 - la durata della carica di membro di tale comitato e la cadenza mensile delle riunioni del comitato stesso.
Con il decreto del Ministero dell'università 8 agosto 1997 "Nuove modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dagli interventi a valere sul Fondo speciale per la ricerca applicata", le procedure per la richiesta delle agevolazioni sono state adeguate alla normativa comunitaria.
Il decreto individua due tipologie di progetti finanziabili: di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo .
Il novero dei destinatari ulteriormente ampliato rispetto alle precedenti disposizioni comprende: imprese industriali anche consorziate; enti pubblici economici che svolgono attività produttive; società di ricerca costituite con i mezzi del fondo tra i precedenti soggetti beneficiari; centri di ricerca industriale dotati di personalità giuridica autonoma e promossi dai soggetti beneficiari; consorzi tra imprese industriali e enti pubblici; istituti ed enti pubblici di ricerca a carattere regionale; imprese artigiane di cui alla legge 443/85; aziende speciali degli enti locali costituite per l'assunzione diretta di pubblici servizi; imprese del settore agro-industriale; società consortili, a capitale pubblico-privato, limitatamente a quelle cui partecipino anche le università e gli enti pubblici o privati operanti nel settore della ricerca; consorzi e società consortili a partecipazione finanziaria maggioritaria di imprese manifatturiere.
Le agevolazioni calcolate in Equivalente sovvenzione lordo (ESL) sono concesse nell'ambito dell'intero territorio nazionale nelle forme del contributo in conto spese e del credito agevolato. L'importo massimo varia in relazione alla tipologia delle attività svolte (sviluppo precompetitivo e ricerca industriale) e con riferimento a progetti di ricerca svolti autonomamente e in relazione a programmi nazionali e contratti di ricerca. Nel caso di attività precompetitive l'intervento agevolativo può arrivare fino al 25% ESL, nel caso di ricerca industriale fino al 50% ESL e al 35% nel caso di progetti misti.
Sono previste maggiorazioni in casi specifici individuati dal provvedimento che, comunque, non possono globalmente dare diritto ad un contributo aggiuntivo superiore al 25% ESL. I progetti di costo superiore ai 25 milioni di ECU, e beneficianti di un aiuto superiore ai 5 milioni di ECU in ESL, sono notificati alla Commissione europea.
Da ultimo, il DM 23 ottobre 1997, che ha stabilito le procedure per la concessione delle agevolazioni destinate ai progetti di ricerca di cui all’art. 6, co. 5, del DL 32/95 "Disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle agevolazioni alle attività gestite dalla soppressa Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonché per l’avvio dell’intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale" (conv. con modif. dalla l. 104/95) a valere sui fondi della legge 488/92, ha diversificato e ampliato le opportunità di accesso ai progetti di ricerca e di sviluppo da parte delle imprese, consentendo la piena attuazione del predetto DL che costituisce un importante strumento di incentivazione a favore delle zone svantaggiate.

NOTE

1 Ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs 3 aprile 1993, n. 96 "Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della legge 19 dicembre 1992, n. 488", relativo alle agevolazioni alle attività di ricerca nelle aree depresse, sono attribuite (comma 1) al Ministero dell'università e della ricerca scientifica, in attuazione delle funzioni di coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica e dell'istruzione universitaria allo stesso spettanti, le funzioni relative:
a) alla predisposizione e stipula dei contratti di programma, da approvarsi dal CIPE, relativi ai centri ed ai progetti di ricerca; b) ai programmi ed ai progetti di ricerca previsti dalle intese di programma con l'ENEA e con il CNR; c) al potenziamento della rete consortile di ricerca (ex progetto 35) e delle strutture edilizie universitarie meridionali; d) all'attuazione dell'intesa dei parchi scientifici e tecnologici; e) agli altri progetti compresi nell'azione organica n. 2, riguardanti la ricerca, i progetti pilota e la formazione. Il comma 2 dell'articolo, stabilisce che il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica può, per l'esercizio delle citate funzioni, attivare gli strumenti già previsti per la ricerca applicata.

 

2 L'Equivalente sovvenzione lordo (ESL) corrisponde all'Equivalente sovvenzione netto (ESN) al loro delle imposte. Il metodo di calcolo cosiddetto "dell'ESN" è stato adottato dalla UE per valutare l'importo attualizzato degli aiuti (sia in conto capitale che in conto interessi) concessi alle imprese degli Stati membri, importo che viene rapportato in termini percentuali, all'investimento complessivo. La sovvenzione si determina al netto dell'imposta (si assume che l'impresa consegua, nel primo anno, un utile sufficiente per pagare l'imposta commisurata alla sovvenzione).


Comma 16
(Novazione dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti)

Il comma 16 dell’articolo in esame - introdotto dalla Camera dei deputati - prevede la possibilità di novazione, a favore dello stesso soggetto mutuatario o di altro soggetto, dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti per l'esecuzione di costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero ricostruzioni e ristrutturazioni di destinati a sede di uffici giudiziari, ai sensi dell’articolo 19 della legge n. 119 del 1981 (legge finanziaria per il 1981).
L’istituto della novazione è regolata all’articolo 1230 e ss. del codice civile. In particolare l’articolo 1230, relativo alla novazione oggettiva, stabilisce che l’obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso. Il successivo articolo 1235 regola la novazione soggettiva, prevedendo che quando il nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene liberato, si osservano le norme contenute agli articoli da 1268 a 1276 del codice civile sulla delegazione, espromissione e accollo.
L’articolo 19 della legge n. 119/1981disponeva che gli enti locali potevano contrarre con la Cassa depositi e prestiti mutui per l'esecuzione di costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero ricostruzioni, ristrutturazioni, sopraelevazioni, completamenti, ampliamenti o restauri di edifici di proprietà comunale e delle amministrazioni provinciali, destinati o da destinare a sede di uffici giudiziari, nonché per l'acquisto, anche a trattativa privata, di edifici in costruzione o già costruiti, anche se da restaurare, ristrutturare, completare o ampliare per renderli idonei all'uso giudiziario, da adibire a sedi di uffici giudiziari, con prioritario riferimento alle maggiori esigenze connesse con la riforma della procedura penale.
I mutui suddetti potevano essere altresì contratti per fronteggiare le occorrenze relative agli edifici da destinare all'attività del giudice conciliatore.
Gli enti locali potevano, inoltre, contrarre con la Cassa depositi e prestiti mutui per maggiori oneri derivanti da costruzioni, ricostruzioni, sopraelevazioni, ampliamenti, restauri o manutenzione straordinaria di edifici destinati a casa mandamentale.
Ai fini della concessione dei mutui, gli enti locali dovevano allegare alla richiesta di finanziamento l'attestazione, a firma del segretario comunale o del segretario provinciale, che il progetto esecutivo dei lavori ha riportato il parere favorevole del Ministero di grazia e giustizia.
Il Ministero di grazia e giustizia avrebbe provveduto a promuovere, anche con la collaborazione dell'ANCI, la presentazione tempestiva dei progetti e a fornire, ove occorra, l'assistenza tecnica necessaria affinché, nell'ambito delle predette disponibilità, si potesse raggiungere nel 1981 un impiego di lire 700 miliardi.
Entro il 30 giugno 1981 il Ministro di grazia e giustizia avrebbe informato il Parlamento sul piano di massima predisposto per gli interventi previsti dal primo e dal terzo comma.
L'onere di ammortamento dei mutui era a carico del bilancio dello Stato.

Il comma in esame prevede la possibilità di novazione dei mutui concessi ex articolo 19 della legge n. 119/1981, anche in deroga alle disposizioni previste dall’articolo 20, comma 1, della legge n. 412/1991 e dall’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 398/1993, in tema di economie e revoche.
La legge 30 dicembre 1991, n. 412, recante "Disposizioni in materia di finanza pubblica", reca all’articolo 20 norme in materia di opere pubbliche. In particolare il primo comma dispone che le economie verificatesi nella realizzazione di opere pubbliche, finanziate con ricorso a mutui con ammortamento a carico del bilancio statale in base a specifiche disposizioni legislative, possono essere utilizzate per lavori suppletivi oppure di variante al progetto originario, previa autorizzazione del Ministro competente, secondo le medesime procedure previste dalla legge di riferimento, entro un quinquennio dalla concessione del mutuo stesso.
Il D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, recante "Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia", convertito, con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 all’articolo 1 reca disposizioni circa i programmi di investimento 1993-1995. In particolare il primo comma stabilisce che, ai fini del sostegno dell'occupazione, il CIPE riesamina i programmi d'intervento previsti dalla normativa vigente al fine di verificare l'esecutività dei singoli progetti, di confermarne le priorità e di accelerarne l'attuazione. Il CIPE ha facoltà di deliberare la revoca, da disporsi, con decreto del Ministro competente, dei finanziamenti per l'esecuzione di opere la cui realizzazione non sia stata avviata o la cui prosecuzione risulti non conveniente. Il comma 3 stabilisce che gli importi derivanti dalle revoche sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati con decreto del Ministro del tesoro, su proposta del Ministro del bilancio, ai pertinenti capitoli di spesa. I mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti in base a leggi speciali che prevedono l'ammortamento a totale carico dello Stato e per i quali gli enti locali mutuatari non abbiano dato inizio ai lavori entro un triennio dalla concessione o abbiano dichiarato l'impossibilità all'esecuzione dell'opera, con decreto del Ministro del tesoro, adottato di concerto con il Ministro competente in materia, sono revocati, ovvero devoluti allo stesso soggetto mutuatario per il finanziamento totale o parziale di altre opere pubbliche urgenti. Le risorse che si renderanno disponibili per effetto delle revoche di cui al periodo precedente possono essere riassegnate, con decreto del Ministro del bilancio, adottato di concerto con il Ministro del tesoro, a comuni, province e comunità montane, consorzi tra enti locali, aziende speciali e società a prevalente capitale pubblico locale, per l'esecuzione di opere pubbliche urgenti, nei limiti temporali e finanziari residui sui mutui revocati, previa restituzione da parte degli originari mutuatari delle somme eventualmente erogate.

Il comma in esame dispone altresì che novazione non comporta variazione all’ammortamento dei mutui originariamente concessi, salvo l’adeguamento degli interessi sulla quota residua al tasso corrente sul mercato alla data della novazione stessa.
La novazione è disposta, previo parere favorevole del Ministero della giustizia, per la realizzazione di investimenti finanziabili ai sensi dell’articolo 19, primo comma, della legge n. 119/1981 (costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero ricostruzioni, ristrutturazioni, sopraelevazioni, completamenti, ampliamenti o restauri di edifici di proprietà comunale e delle amministrazioni provinciali, destinati o da destinare a sede di uffici giudiziari, nonché per l'acquisto, anche a trattativa privata, di edifici in costruzione o già costruiti, anche se da restaurare, ristrutturare, completare o ampliare per renderli idonei all'uso giudiziario, da adibire a sedi di uffici giudiziari, con prioritario riferimento alle maggiori esigenze connesse con la riforma della procedura penale).
Qualora si tratti di mutui concessi per le finalità previste dall’articolo 19, comma 3, della legge n. 119/1981 (costruzioni, ricostruzioni, sopraelevazioni, ampliamenti, restauri o manutenzione straordinaria di edifici destinati a casa mandamentale), la devoluzione è disposta con decreto del Ministro della giustizia.


Comma 17
(Modifica della disciplina dei fondi immobiliari chiusi)

La disposizione in esame, introdotta dalla Camera dei deputati, integra il novero dei soggetti che possono, mediante l’apporto di beni immobili o diritti reali su di essi, sottoscrivere quote di fondi immobiliari chiusi ai sensi dell’articolo 14-bis della legge n. 86 del 1994.
I soggetti previsti al comma 1 di tale articolo sono: lo Stato, gli enti previdenziali pubblici, le regioni, gli enti locali e loro consorzi, nonché le società interamente posseduta – anche indirettamente – da questi soggetti.
Il comma 15 in esame aggiunge a questi enti anche le unità sanitarie locali nonché le aziende ospedaliere.

Il comma 1 dell'articolo 14-bis, come modificato dall'articolo 3, comma 111 della legge n. 662 del 1996 (collegato alla finanziaria per il 1997), prevede la possibilità che, in alternativa alle modalità operative indicate negli articoli 12, 13 e 14, della legge n. 86/1994, le quote del fondo possano essere sottoscritte come si è accennato, entro un anno dalla sua costituzione, anche con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili qualora l'apporto sia costituito per oltre il 51 per cento (nella normativa previgente la percentuale era del 90%) da beni e diritti apportati dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti.
Il comma 2 dell'articolo 14-bis stabilisce una deroga a favore dello Stato. Per le finalità previste dal citato art. 14-bis, infatti, la società di gestione non deve essere controllata, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, neanche indirettamente, da alcuno dei soggetti che procedono all'apporto: tuttavia, nell'individuazione del soggetto controllante non si tiene conto delle partecipazioni detenute dal Ministero del tesoro. La misura dell'investimento minimo obbligatorio nel fondo di cui all'articolo 13, comma 8, della legge n. 86/1994 è determinata dal Ministro del tesoro nel limite massimo dell'1 per cento dell'ammontare del fondo.
Il comma 3 stabilisce che il regolamento del fondo preveda l'obbligo, per i soggetti conferenti, di integrare l'apporto in natura con un apporto in denaro non inferiore al 5 per cento del valore del fondo. L’obbligo di apporto in denaro non sussiste nel caso in cui partecipino al fondo, esclusivamente con apporti in denaro, soggetti diversi da quelli che effettuano apporti in natura ai sensi del comma 1 dell’articolo 14-bis in parola e sempre che il relativo apporto in denaro non sia inferiore al 10 per cento del valore del fondo. La liquidità derivante dagli apporti in denaro non può essere utilizzata per l’acquisto di beni immobili o diritti reali su immobili ad eccezione degli acquisti di beni immobili e di diritti reali immobiliari strettamente necessari ad integrare i progetti di utilizzo di beni e diritti apportati ai sensi del comma 1, e sempre che detti acquisti comportino un investimento non superiore al 30 per cento dell’apporto complessivo in denaro.
Gli immobili apportati al fondo ai sensi del comma 1 sono sottoposti alle procedure di stima previste dall'articolo 8 della legge n. 86/1994 (cioè attraverso il collegio dei periti) anche al momento dell'apporto; la relazione deve essere redatta e depositata al momento dell'apporto con le modalità e le forme indicate nell'articolo 2343 del codice civile e deve contenere i dati e le notizie richieste da commi 1 e 4 del medesimo articolo 8 (comma 4 del novellato articolo 14-bis).
Il comma 5 prevede che agli immobili apportati al fondo da soggetti diversi da quelli indicati dal comma 1 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 14, commi 6 e 6-ter. In particolare, il comma 6 stabilisce che il patrimonio del fondo non può essere investito in attività direttamente o indirettamente cedute da un socio, amministratore, direttore o dipendente della società di gestione o da altro fondo gestito dalla medesima società ovvero da altre società facenti parte del medesimo gruppo o da loro soci, amministratori, direttori o dipendenti, o da soggetti che le abbiano acquistate dalle stesse società. Il comma 6-ter prevede invece che, a pena di nullità dei contratti di vendita, le attività patrimoniali del fondo non possono essere cedute direttamente o indirettamente ad un socio, amministratore, direttore o dipendente della società di gestione o ad altro fondo gestito dalla stessa società ovvero ad altre società facenti parte del medesimo gruppo ed ai loro soci, amministratori, direttori o dipendenti.
Il comma 6 dell'art. 14-bis prevede la possibilità per la società di gestione di procedere all'offerta al pubblico delle quote derivate dall'istituzione del fondo con modalità analoghe a quelle previste dall'articolo 12, comma 3, della legge n. 86; a tal fine, le quote sono tenute in deposito presso la banca depositaria. L'offerta al pubblico deve essere corredata dalla relazione dei periti di cui al comma 4 e, ove esistente, dal certificato attestante l'avvenuta approvazione dei progetti di utilizzo dei beni e dei diritti da parte della conferenza di servizi di cui al comma 12. L'offerta al pubblico deve concludersi entro diciotto mesi dalla data dell'ultimo apporto in natura e comportare il collocamento di quote per un numero non inferiore al 60 per centro del loro numero originario presso investitori diversi dai soggetti conferenti. Il regolamento del fondo prevede le modalità con cui la società di gestione procede alla consegna delle quote degli acquirenti, riconosce i corrispettivi ai soggetti conferenti e restituisce ai medesimi le quote non collocate.
Gli interessati all'acquisto delle quote offerte ai sensi del comma 6 sono tenuti a fornire alla società di gestione, su richiesta della medesima, garanzie per il buon esito dell'impegno di sottoscrizione assunto. Le possibili forme di garanzia sono indicate nel regolamento del fondo (comma 7).
Il comma 8 stabilisce le procedure per la richiesta alla CONSOB, da parte della società di gestione, dell'ammissione dei relativi certificati alla negoziazione in un mercato regolamentato.
Qualora, decorso il termine di diciotto mesi dalla data dell'ultimo apporto in natura, risulti collocato un numero di quote inferiore a quello indicato nel comma 6, la società di gestione dichiara il mancato raggiungimento dell'obiettivo minimo di collocamento, dichiara caducate le prenotazioni ricevute per l'acquisto delle quote e delibera la liquidazione del fondo, che viene effettuata da un commissario nominato dal Ministro del tesoro e del bilancio e operante secondo le direttive impartite dal Ministro medesimo, il quale provvederà a retrocedere i beni immobili e i diritti reali immobiliari apportati ai soggetti conferenti (comma 9).
Il comma 10 disciplina il regime tributario dei fondi e stabilisce che gli apporti al fondo non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili per l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto.
La cessione di quote da parte di organi dello Stato per importi superiori ovvero anche inferiori a quelli attribuiti agli immobili o ai diritti reali immobiliari al momento del conferimento comporta una corrispondente proporzionale rettifica del valore fiscalmente riconosciuto dei beni e dei diritti medesimi rilevante ai fini dell'articolo 15, cioè ai fini del regime tributario applicabile.
Per l'insieme degli apporti e delle eventuali successive retrocessioni l'imposta sostitutiva dovuta in luogo delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale e dell'INVIM, è ridotta da lire 100 milioni a lire 1 milione (comma 11) ed è liquidata dall'ufficio del registro a seguito di denuncia del primo apporto in natura che deve essere presentata dalla società di gestione entro sei mesi dalla data in cui l'apporto stesso è stato effettuato.
I progetti di utilizzo degli immobili e dei diritti apportati a norma del comma 1 di importo complessivo superiore a 2 miliardi di lire, sono sottoposti, ai sensi del comma 12, all'approvazione della conferenza di servizi di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Ai sensi dell'articolo 2, comma 12, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, le determinazioni concordate nelle conferenze di servizi sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nulla osta, e gli assensi comunque denominati, compresi quelli, ove nelle conferenze sia assicurata la presenza del comune e della regione interessati, necessari ai fini della variazione degli strumenti urbanistici. Qualora nelle conferenze non si pervenga alle determinazioni conclusive entro novanta giorni dalla convocazione ovvero non si raggiunga l'unanimità, anche in conseguenza della mancata partecipazione ovvero della mancata comunicazione entro venti giorni delle valutazioni delle amministrazioni e dei soggetti regolarmente convocati, le relative determinazioni sono assunte ad ogni effetto dal Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il suddetto termine può essere prorogato una sola volta per non più di sessanta giorni. I termini stabiliti da altre disposizioni di legge e regolamentari per la formazione degli atti facenti capo alle amministrazioni e soggetti chiamati a determinarsi nelle conferenze dei servizi, ove non risultino compatibili con il termine di cui al precedente periodo, possono essere ridotti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per poter consentire di assumere le determinazioni delle conferenze di servizi nel rispetto del termine stabilito nel periodo precedente. Eventuali carenze, manchevolezze, errori od omissioni della conferenza nel procedimento di approvazione del progetto non sono opponibili alla società di gestione, al fondo, né ai soggetti cui sono stati trasmessi, in tutto ovvero anche solo in parte, i relativi diritti.
Il Ministro del tesoro può emettere, ai sensi del comma 13 dell'articolo 14-bis, titoli speciali che prevedono diritti di conversione in quote dei fondi secondo modalità e condizioni fissate con decreto dello stesso Ministro. Le modalità e le condizioni di tali emissioni sono fissate con decreto dello stesso Ministro.
Le somme derivanti dal collocamento dei titoli emessi o dalla cessione delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi affluiscono (comma 14) al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato (legge 27 ottobre 1993, n. 432). Tale disposizione dovrebbe probabilmente essere coordinata con il comma 95 dell'articolo 3 in esame, che prevede il versamento all'entrata del bilancio dello Stato dei proventi spettanti all'erario in relazione alle quote di fondi immobiliari.
Gli enti locali territoriali sono autorizzati, ai sensi del comma 15 dell'art. 14-bis, fino a concorrenza del valore dei beni conferiti, ad emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote dei fondi, secondo le modalità di cui all'articolo 35 della legge n. 724/1994, che regolamenta l'emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali. In alternativa alla procedura di offerta al pubblico, gli enti locali territoriali, per le quote di propria pertinenza, possono emettere titoli speciali che prevedano diritti di conversione in quote di fondi istituiti o da istituirsi ai sensi del comma 1, secondo le modalità di cui al medesimo articolo 35 della legge n. 724/1994. Le somme derivanti dal collocamento dei titoli emessi ai sensi del comma 15 o della cessione delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi sono destinate (comma 16) al finanziamento degli investimenti secondo le norme previste dal decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali) nonché alla riduzione del debito complessivo.
Qualora per l'utilizzazione o la valorizzazione dei beni e dei diritti da conferirsi ai sensi del comma 1 da parte degli enti locali territoriali, sia prevista dal regolamento del fondo l'esecuzione di lavori su beni immobili di pertinenza del fondo stesso, gli enti locali territoriali conferenti dovranno effettuare ai sensi del comma 17 anche i conferimenti in denaro necessari nel rispetto dei limiti previsti obbligazionari convertibili in quote del fondo fino a concorrenza dell'ammontare sottoscritto in denaro. Le quote del fondo spettanti agli enti locali territoriali a seguito dei conferimenti in denaro saranno tenute in deposito presso la banca depositaria fino alla conversione.

NOTE

1 Si ricorda che il capo II (artt. 12-15) della legge n. 86/1994 disciplina l'istituzione, la partecipazione, la gestione e il trattamento tributario del fondo.
In particolare, ai fini dell'istituzione del fondo, l'articolo 12 stabilisce che essa avvenga con una deliberazione dell'assemblea ordinaria della società di gestione, che deve anche approvare il regolamento del medesimo fondo, il quale dovrà contenere, tra l'altro:
- l'indicazione della banca depositaria cui viene affidata la custodia del fondo;
- i criteri in base ai quali saranno determinate le provvigioni spettanti alle società di gestione e gli oneri a carico dei partecipanti per la sottoscrizione ed il rimborso delle quote;
- l'indicazione dell'ammontare del fondo (che non può essere inferiore a 100 miliardi);
- il termine massimo di sottoscrizione delle quote;
- la durata del periodo di richiamo degli impegni;
- i casi in cui può essere chiesto il ridimensionamento del fondo stesso nonché le modalità di esercizio del diritto di recesso da parte dei sottoscrittori;
- le modalità di riparto delle quote qualora le sottoscrizioni siano superiori all'offerta;
- i modi e termini della procedura di rimborso (ivi compreso il rimborso parziale della quota);
- i criteri per la determinazione, al netto degli oneri fiscali, di commissioni, provvigioni e spese, dei proventi e del risultato netto della gestione del fondo, nonché il compenso spettante alla società di gestione;
- gli ulteriori elementi richiesti dalla Banca d'Italia ai fini dell'approvazione del regolamento del fondo;
- la possibilità di rimborso parziale delle quote, purché siano trascorsi 5 anni dal completamento dei versamenti.
Si ricorda inoltre che l'ammontare minimo di ciascuna sottoscrizione viene fissato in 3 milioni di lire; che la durata del fondo è compresa tra 10 e 30 anni e che ciascun fondo deve essere considerato come patrimonio distinto da quello delle società di gestione e da quello dei partecipanti. Su quest'ultimo punto si segnala tuttavia che la dottrina ritiene la norma non sufficientemente chiara, in quanto mentre alcune disposizioni sembrano configurare il fondo quale soggetto a sé, altre disposizioni lo configurano come "patrimonio separato" della società di gestione.
L'articolo 13 detta quindi le norme per la partecipazione al fondo, disponendo in particolare che il patrimonio sia raccolto in un'unica emissione di quote di uguale valore e con uguali diritti, rappresentate da certificati nominativi o al portatore predisposti e sottoscritti secondo il modello approvato dalla Banca d'Italia e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale; la Banca d'Italia può ordinare la sospensione o la limitazione temporanea dell'emissione delle quote, o del rimborso delle quote, nell'interesse pubblico o dei partecipanti. Nel caso di quote oggetto di offerta al pubblico (comma 6), può essere richiesta alla CONSOB entro sei mesi dalla chiusura dell'offerta l'ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato; in questo caso può essere previsto nel regolamento una proroga della durata del fondo.
In materia di gestione del fondo, l'art. 14 stabilisce che le società di gestione del fondo possono effettuare, con il patrimonio del fondo stesso, le seguenti attività:
- acquisto, vendita e gestione, compresa la locazione finanziaria, di beni immobili o di diritti reali di godimento su immobili (viene esclusa l'attività diretta di costruzione degli immobili);
- assunzione di partecipazioni in società non quotate che abbiano come oggetto esclusivo l'attività di acquisto, vendita, gestione di beni immobili. Viene comunque posto il limite del 50% del patrimonio netto di ciascun fondo immobiliare nell'assunzione di questo genere di partecipazioni;
- investimento e gestione delle disponibilità liquide in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, o in altri valori mobiliari di sicura liquidità rientranti in categorie ammesse dal Ministro del tesoro con proprio decreto del 30 aprile 1994. In tal caso gli investimenti non possono essere inferiori al 10% né superiori al 20% del patrimonio netto.
Vengono inoltre poste alcune limitazioni alle possibilità di investimento, tra le quali quella che impedisce alla società di gestione di acquistare immobili di proprietà sia dei propri soci sia dei soci delle società nelle quali ha assunto partecipazioni.

2 Il nuovo regime tributario dei fondi immobiliari chiusi, disciplinato dall'articolo 15 della legge n. 86/1994, come modificato dalla lettera c) dell'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 406/1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 503/1995, considera innanzitutto unitamente, ai fini fiscali, la società di gestione dei fondi ed i fondi stessi, anche se il reddito relativo alla prima e quello di ciascuno dei suoi fondi sono determinati separatamente. Il reddito della società di gestione è determinato sulla base delle norme previste per le persone giuridiche dal DPR n. 917/1986, recante Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR); il reddito del fondo comune immobiliare è invece determinato secondo le disposizioni applicabili per la determinazione del reddito soggetto ad IRPEG e ad ILOR delle società commerciali e degli enti che abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, con le seguenti eccezioni:
- è stabilita l'applicazione di un'unica imposta sostitutiva di IRPEG ed ILOR, in misura pari al 25 per cento del reddito imponibile;
- la distribuzione dei proventi dal fondo ai sottoscrittori è esclusa dall'applicazione delle norme relative alla maggiorazione di conguaglio prevista dal TUIR;
- l'iscrizione delle plusvalenze patrimoniali relative ai beni immobili, necessaria per adeguare il valore del patrimonio del fondo alle valutazioni periodicamente effettuate, concorre a formare il reddito imponibile esclusivamente al momento della distribuzione della riserva in sospensione di imposta iscritta a fronte della rivalutazione effettuata; la quota parte di ammortamenti attribuibile alla plusvalenza iscritta non è deducibile fiscalmente. Norme particolari sono poi previste per la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione degli immobili strumentali o delle partecipazioni in società immobiliari;
- le ritenute subite dal fondo su alcuni redditi da esso percepiti (dividendi, interessi sui conti correnti e sui titoli, ecc.) sono considerate tutte a titolo d'imposta; detti redditi sono di conseguenza esenti dall'imposta sostitutiva.
Le imposte sul reddito sono liquidate e versate separatamente dalla società di gestione per ciascun fondo, senza la possibilità di utilizzare le perdite fiscali dell'uno per compensare gli utili tassabili dell'altro; la compensazione è invece ammessa ai fini della determinazione dell'IVA, per la quale la società di gestione può dunque versare il saldo dell'imposta per l'ammontare complessivamente dovuto sulle operazioni della società medesima e dei fondi. Il patrimonio dei fondi è escluso dall'imposta sul patrimonio netto delle imprese. Gli obblighi relativi alla dichiarazione ed al pagamento dell'ICI devono essere assolti dalla società di gestione per gli immobili di ciascun fondo; è data facoltà ai comuni di fissare un'aliquota speciale, comunque non inferiore a quella minima prevista dalla legge, per gli immobili posseduti dai fondi nel loro territorio.
Relativamente alla tassazione dei proventi percepiti dai sottoscrittori delle quote del fondo, se il sottoscrittore è diverso da un'impresa commerciale il provento percepito è esente da ogni imposta, mentre se il sottoscrittore è impresa commerciale, il provento è tassabile in base alle norme del TUIR relative al reddito d'impresa ed al percettore spetta un credito d'imposta pari al 20% del provento incassato secondo le modalità previste dall'art. 14 del TUIR.


Comma 18
(Norma d’interpretazione autentica di disposizione relativa
ai finanziamenti per la ristrutturazione economico-produttiva
delle imprese editrici)

Il comma 18 in esame, introdotto dalla Camera dei deputati, reca una norma di interpretazione autentica del comma 1 dell’articolo 30 della legge n. 416 del 1981.
Quest’ultimo individua le iniziative di ristrutturazione economica e produttiva delle imprese editrici, beneficiarie di forme di finanziamento agevolato disciplinate dai commi successivi del medesimo articolo 30 nonché degli articoli seguenti.
Si tratta in particolare di iniziative comprese tra le seguenti:
l’acquisto, l’installazione, il potenziamento, l’ampliamento e l’ammodernamento delle attrezzature tecniche e degli impianti di composizione, stampa, confezione, magazzinaggio, teletrasmissione e degli impianti di alta e bassa frequenza delle imprese di radiodiffusione sonora, nonché l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili e l’acquisto del terreno;
introduzione di sistemi di produzione e di gestione basati sull’impiego di elaborati ed elaborazione dei programmi necessari per renderli operativi;
riqualificazione del personale connessa con l’introduzione dei nuove tecnologie;
costituzione delle scorte di materie prime e di materiale da impiegare nella produzione, necessari per assicurare la regolarità e continuità di questa;
realizzazione di nuove testate o di nuove iniziative editoriali, anche nell’ambito delle testate esistenti, con esclusione delle spese correnti connesse alla loro pubblicazione.

Il comma 18 in esame prevede, in particolare, che possano essere destinatari del finanziamento agevolato anche coloro che detengono in comodato i beni interessati dalle iniziative di ristrutturazione (oggetto del finanziamento della citata legge n. 416 del 1981), a condizione che i beni medesimi vengano utilizzati prevalentemente per la produzione o la distribuzione di giornali quotidiani, periodici o libri editi dalle imprese ammesse all’agevolazione al credito.
Sembrerebbe trattarsi sempre delle agevolazioni previste dal citato articolo 30 della legge n. 416 del 1981.


Comma 19
(Commissioni di conciliazione
per le controversie in materia di lavoro)

Il comma 19 - introdotto dalla V Commissione del Senato - aggiunge un comma alla fine dell’art. 69 del D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (nel testo sostituito prima dall’art. 34 del D.lgs. 23 dicembre 1993, n. 546, e successivamente dall’art. 31 del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80).
Tale art. 69 disciplina il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie individuali in materia di pubblico impiego. L’esperimento di tale tentativo (così come nelle controversie relative a rapporti di lavoro privato) è necessario ai fini della procedibilità della domanda giudiziale.
Il procedimento di conciliazione si svolge secondo le modalità previste dai contratti collettivi; in mancanza, trovano applicazione le norme poste dal medesimo D.lgs. n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, e il tentativo ha luogo dinanzi ai collegi di conciliazione (istituiti presso le direzioni provinciali del lavoro) di cui all’art. 69-bis del D.lgs.n. 29 (articolo aggiunto dall'art. 32 del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80).
Il comma 19 in esame demanda al Ministro del lavoro, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per la funzione pubblica, ed il Ministro del tesoro e del bilancio, di provvedere, mediante mobilità volontaria interministeriale, all'incremento degli organici delle commissioni di conciliazione (istituite presso la direzione provinciale del lavoro o presso le relative sezioni zonali), al fine del tempestivo svolgimento del tentativo di conciliazione (anche naturalmente con riferimento alle controversie inerenti a rapporti di lavoro privato).
Si deve intendere naturalmente che il comma 19 in esame faccia riferimento anche ai collegi di conciliazione di cui al citato art. 69-bis; questi ultimi, come detto, sono gli organi competenti per le controversie in materia di pubblico impiego (fatte salve le diverse procedure eventualmente stabilite dai contratti collettivi), mentre le summenzionate commissioni sono deputate per le controversie inerenti a rapporti di lavoro privato (salvo sempre le diverse previsioni dei contratti ed accordi collettivi; art. 410 del Codice di procedura civile).


Comma 20
(Norma concernente concorsi per la copertura
di vacanze di organico del Ministero delle finanze)

Il comma 20 in esame, inserito dalla V Commissione del Senato, prevede l’abrogazione della lettera b) del comma 1 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 199 del 1993, convertito dalla legge n. 293 dello stesso anno, recante "interventi in favore dei dipendenti delle imprese di spedizione interazionale, dei magazzinieri generali e degli spedizionieri doganali".
Il citato comma 5 prevede che, con proprio decreto, il Ministro delle finanze possa indire concorsi pubblici per esami per la copertura delle vacanze di organico del Ministero stesso. Più in particolare la lettera b), del quale il comma 20 in esame dispone l’abrogazione, prevede che il Ministero bandisca concorsi per 1085 unità nel profilo professionale di coadiutore, quarta qualifica funzionale.


Comma 21
(Norma sulla copertura finanziaria degli oneri derivanti
dal funzionamento dell’Ufficio nazionale per il servizio civile)

La disposizione in esame, inserita dalla V Commissione, modifica la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal funzionamento dell’Ufficio nazionale per il servizio civile.
Questa struttura, prevista dall’art. 8 della legge n. 230 del 1998 recante "Nuove norme in materia di obiezione di coscienza", è incardinata presso la Presidenza del Consiglio ed ha essenzialmente il compito di organizzare e gestire la chiamata e l’impiego degli obiettori di coscienza, promuovendone la formazione e garantendone l’utilizzazione esclusivamente in attività di assistenza, prevenzione, cura e riabilitazione sociale, educazione, promozione culturale, protezione civile, cooperazione allo sviluppo, difesa ecologica, salvaguardia e fruizione del patrimonio artistico e ambientale, tutela e incremento del patrimonio forestale, con esclusione di impieghi burocratico-amministrativi.
Il comma 7 del citato art. 8 prevede che, per il triennio 1998-2000, agli oneri derivanti dal funzionamento di questo Ufficio, quantificato in 850 milioni annui, si provveda utilizzando il Fondo speciale di parte corrente per la parte relativa al Ministero del lavoro.

Il comma 21 in esame dispone che a questi oneri - valutati in 850 milioni per il 1998 e 3 miliardi annui a decorrere dal 1999 - si provveda utilizzando le disponibilità del Fondo nazionale per il servizio civile degli obiettori di coscienza, previsto, sempre dalla legge n. 230 del 1998, all’articolo 19.


Comma 22
(Neutralità fiscale
per le operazioni di trasformazione di enti pubblici)

Il comma 22 dell’articolo 42, inserito dalla Commissione Bilancio del Senato, stabilisce un regime di neutralità fiscale per le operazioni connesse alla trasformazione in società per azioni di enti pubblici, operate ai sensi di diverse normative.
Si tratta delle operazioni previste:
dal comma 83 dell’articolo 1 della legge n. 549 del 1995 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1996), relativamente alla trasformazione in società per azioni degli enti acquedottistici;
dall’articolo 14 della legge n. 59 del 1997;
dall’articolo 17, comma 1, del provvedimento in esame, che consente al Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle finanze e, nel caso di immobili vincolati, del Ministro per i beni e le attività culturali, non solo di vendere, ma anche di conferire a società per azioni compendi, singoli beni immobili (non destinati ad usi governativi) o diritti reali su di essi anche se posti nella disponibilità di soggetti diversi dallo Stato - in virtù di leggi, atti amministrativi o a qualunque altro titolo -, ciò al fine di assicurarne una più proficua gestione.
Il comma 83 dell’articolo 1 della legge n. 549 del 1995 ha previsto la trasformazione in società per azioni degli enti acquedottistici sottoposti a vigilanza statale, nonché di quelli interregionali e regionali istituiti con legge statale o regionale.
Per quanto riguarda i primi, si ricorda che essi rientrano nella generale previsione di cui all'art. 10, comma 5, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ("Disposizioni in materia di gestione delle risorse idriche").
Tale norma ha previsto - ai fini della costituzione del "servizio idrico integrato" - il riassetto, sia funzionale sia organizzativo, degli enti, sottoposti a vigilanza statale, che gestiscono i servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua.
In merito agli enti acquedottistici regionali, si ricorda che l'art. 117, primo comma, della Costituzione, attribuisce alla competenza regionale la materia degli acquedotti e dei lavori pubblici di interesse regionale. Anche per le Regioni a statuto speciale, i relativi Statuti hanno espressamente ricompreso gli acquedotti nel novero delle materie di competenza regionale.
A tale riguardo, la dottrina appare concorde nel sostenere che la locuzione "acquedotti di interesse regionale" comprenda non solo i lavori relativi agli acquedotti, ma, più in generale, tutte le attività pubbliche concernenti tali infrastrutture.
Con la locuzione "enti acquedottistici" vengono inoltre indicati alcuni enti istituiti con leggi speciali dello Stato, ma preposti alla costruzione, manutenzione ed esercizio di acquedotti di rilievo regionale ovvero interregionale. Si ricordano, in particolare :
l'Ente autonomo per l'Acquedotto Pugliese, istituito dalla legge 23 settembre 1920, n. 1365;
l'Ente Acquedotti Siciliani, istituito dalla legge 19 gennaio 1942, n. 24 .
Ai sensi del citato comma 83, tutti i suindicati enti acquedottistici, ai quali è attribuita personalità giuridica di diritto pubblico, sono trasformati in società per azioni, allo scopo di consentire la cessione ai privati di quote del capitale nonché di "evitare aggravi per la finanza pubblica": la trasformazione deve avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentite le amministrazioni e gli enti competenti.
L'articolo 14 della legge n. 59 del 1997 (c.d. Bassanini uno) individua i principi ed i criteri direttivi perv l'attuazione della delega di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 11 della stessa legge n. 59 del 1997: tale lettera b) prevede il riordino degli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza, nonché degli enti privati, controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, che operano, anche all'estero, nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale.
L'articolo 14, in particolare, stabilisce che nell'attuazione della citata norma di delega di cui alla lettera b) il Governo dovrà perseguire l'obiettivo di una complessiva riduzione dei costi amministrativi e deve attenersi, tra l'altro, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
fusione o soppressione di enti con finalità omologhe o complementari, trasformazione di enti per i quali l'autonomia non sia necessaria o funzionalmente utile in ufficio dello Stato o di altra amministrazione pubblica, ovvero in struttura di università, con il consenso della medesima, ovvero liquidazione degli enti inutili;
trasformazione in associazioni o in persone giuridiche di diritto privato degli enti che non svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico nonché di altri enti per il cui funzionamento non è necessaria la personalità di diritto pubblico; trasformazione in ente pubblico economico o in società di diritto privato di enti ad alto indice di autonomia finanziaria;

Le disposizioni recate dal comma 22 in esame appaiono in linea con il regime fiscale già riconosciuto, in via generale, per le operazioni di riorganizzazione societaria, e con le norme specifiche dettate in precedenti analoghe fattispecie.
Si ricorda, infatti, che il decreto legislativo sulle operazioni di riorganizzazione societaria, n. 358 del 1997, ha provveduto al riordino e alla modifica della complessa materia delle ristrutturazioni aziendali, differenziandola dalle disposizioni normative del Testo Unico delle imposte sui redditi e delle leggi tributarie da esso richiamate, che risultavano penalizzanti sotto il profilo impositivo.
In particolare, l’articolo 1 del D.Lgs. n. 358 del 1997 ha introdotto una nuova disciplina fiscale applicabile alle plusvalenze derivanti da cessioni d’azienda e di partecipazioni di controllo o collegamento.
Tale normativa, da cui sono esplicitamente escluse le plusvalenze realizzate in sede di fallimento o liquidazione coatta amministrativa separatamente regolamentate dall’art. 125 del Testo Unico, introduce un nuovo sistema sostitutivo di imposizione che, a determinate condizioni e dietro esercizio di apposita opzione, consente l’assoggettamento della plusvalenza ad una tassazione ad aliquota ridotta del 27%, e si pone come alternativa alla tassazione ordinaria delle plusvalenze (ad aliquota IRPEG del 37%) di cui all’art. 54 del Testo Unico.
Il nuovo regime, differisce a seconda che la cessione abbia ad oggetto un’azienda (o un suo ramo) o una partecipazione di controllo o collegamento.
Nel primo caso, requisito essenziale per l’applicabilità del regime sostitutivo è il possesso triennale dell’azienda da parte di un imprenditore residente nello Stato italiano ovvero da parte di una stabile organizzazione italiana di soggetti non residenti, come si evince dal richiamo che la norma fa all’art. 54 del Testo Unico delle imposte sui redditi ai fini della determinazione della plusvalenza.
Diversamente, per le cessioni di partecipazioni, la norma richiede l’esercizio di un controllo (o collegamento) ai sensi dell’art. 2359, Codice civile, da parte di soggetti che abbiano iscritto in bilancio la partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie per almeno un triennio.
Anche le plusvalenze da conferimento di azienda o di partecipazione di controllo e collegamento, già parificate dall’art. 9 Tuir alle operazioni di cessione, sono assoggettabili al nuovo regime sostitutivo a norma degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo n. 358 del 1997. Esplicitamente escluse, viceversa, le minusvalenze da conferimento che rimangono assoggettate alle disposizioni dettate dal Testo Unico delle imposte sui redditi.
Il decreto legislativo n. 358 del 1997 innova profondamente il meccanismo di determinazione della plusvalenza fissato dal Testo Unico svincolandolo dal valore normale e ancorandolo invece al valore attribuito ai beni nelle scritture del conferitario.
La plusvalenza tassabile, infatti, si viene a determinare solo ove il valore di realizzo, coincidente con il valore di iscrizione dei beni ricevuti dalla conferitaria o, se superiore, quello delle partecipazioni ricevute dalla conferente, sia superiore al valore fiscalmente riconosciuto in capo alla conferente.
In altri termini, se il conferitario iscrive i beni o le partecipazioni ricevute agli stessi valori di carico del conferente, in capo a questi non si determinerà nessuna plusvalenza e il conferimento risulterà un’operazione fiscalmente neutra. La norma non consente, tuttavia, al conferitario di subentrare nelle posizioni soggettive del conferente (prosecuzione degli ammortamenti, delle svalutazioni ecc.): la cosiddetta continuità dei valori è stata infatti limitata al solo caso di conferimento di aziende possedute da almeno tre anni.
Oltre alla delineata regola generale di determinazione delle plusvalenze da conferimento sia di aziende che di partecipazioni, il decreto legislativo determina un particolare regime fiscale agevolato per le plusvalenze e minusvalenze relative ai conferimenti di aziende possedute da almeno tra anni ed intervenuti tra società di capitale ed enti commerciali residenti.
L’articolo 4 del D.Lgs. n. 358 del 1997 consente infatti che le plusvalenze e minusvalenze derivanti dalle operazioni ora menzionate, anche se iscritte in bilancio, possano godere di una doppia sospensione da imposta sia per il conferente che per il conferitario a condizione che ciascuno dei due soggetti acquisisca i valori fiscalmente riconosciuti in capo all’altro. In altri termini, il conferente iscrive le partecipazioni ricevute all’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita, mentre il conferitario subentra nella posizione del conferente in relazione agli elementi del passivo e dell’attivo dell’azienda, in modo da mantenere le plusvalenze allo stato latente (principio della continuità dei valori).
Poiché, tuttavia, l’iscrizione dell’azienda acquisita dal conferitario o delle partecipazioni ricevute dal conferente ai valori fiscalmente riconosciuti per la controparte possono determinare delle divergenze con i valori di bilancio, il decreto legislativo pone l’obbligo per il conferitario di allegare alla dichiarazione dei redditi un prospetto di riconciliazione tra dati di bilancio e valori fiscali.
La norma, inoltre, interviene in merito alla natura fiscale della riserva che si viene a creare in capo alla conferitaria; l’aumento del patrimonio netto, per la parte eccedente il valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita, pur costituendo dal punto di vista civilistico una riserva di capitale, sarà infatti considerato una riserva di utili ex art. 41, comma 1, lett. e) del Testo Unico ovvero distribuibile con credito d’imposta.
Tale disposizione normativa pone riparo agli effetti del mancato riconoscimento fiscale dei valori patrimoniali acquisiti dalla conferente, poiché l’indeducibilità di ammortamenti e svalutazioni civilistiche determina una maggiore tassazione della società in concomitanza con l’assenza di utili civilistici distribuibili con credito d’imposta.
Il regime ora delineato può tuttavia essere disapplicato mediante l’esercizio, in sede di atto di conferimento, di un’apposita opzione per il regime di tassazione ordinaria o per il regime di imposizione sostitutiva.

Per quanto concerne le operazioni trasformazione che hanno interessato l’IRI, l’ENI e l’ENEL, si ricorda che l'articolo 19 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, ha stabilito l’esenzione da imposte dirette e indirette e da tasse per le operazioni di trasformazione di enti pubblici in società per azioni e quelle con esse connesse, incluse le operazioni di determinazione, sia in via provvisoria sia in via definitiva, del patrimonio netto dei predetti soggetti e la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile dei maggiori valori iscritti nei rispettivi bilanci, in seguito alle predette operazioni, dalle società derivate dalla trasformazione; detti maggiori valori sono riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi.

Per quanto riguarda infine le operazioni di apporto di beni immobili al patrimonio dei fondi immobiliari, qualora l'apporto sia costituito per oltre il 51 per cento da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti, il comma 10 dell’articolo 14-bis della legge n. 86 del 1994 disciplina il regime tributario dei fondi e stabilisce che gli apporti al fondo non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili per l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto. La cessione di quote da parte di organi dello Stato per importi superiori ovvero anche inferiori a quelli attribuiti agli immobili o ai diritti reali immobiliari al momento del conferimento comporta una corrispondente proporzionale rettifica del valore fiscalmente riconosciuto dei beni e dei diritti medesimi rilevante ai fini ai fini del regime tributario applicabile.

NOTE

1 Si ricorda che con la legge 5 gennaio 1994, n. 36 ("Disposizioni in materia di gestione delle risorse idriche"), è stato delineato un quadro normativo organico ed unitario per la gestione e la tutela delle acque, volto a garantire un uso razionale delle risorse idriche e una nuova organizzazione dei relativi servizi, ispirata a criteri di efficienza ed economicità. L'obiettivo principale della normativa è infatti il superamento di uno stato di insufficienza dell'offerta, generato da una distribuzione inadeguata, da un alto livello di dispersione, da carenze nella gestione e nel riuso delle risorse idriche.
Per quanto attiene ai servizi idrici, la legge n. 36 mira ad una riorganizzazione delle attuali gestioni sulla base della definizione di ambiti territoriali ottimali, delimitati dalle regioni. L'altro criterio-guida enunciato dalla legge è quello della costituzione del servizio idrico integrato, configurato come un'insieme di attività, comprendente sia i servizi di captazione, adduzione e distribuzione dell'acqua ad usi civili, che quelli relativi allo smaltimento e al trattamento delle acque già utilizzate (servizi di depurazione e di fognatura).


Comma 23
(Proroga del termine per la redazione del rendiconto sulla liquidazione dell’Ente Nazionale per la Cellulosa e per la Carta)

Dopo una complessa vicenda il decreto-legge n. 240 del 1995 convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto del medesimo anno, ha previsto la soppressione dell’Ente Nazionale per la Cellulosa e per la Carta (ENCC) già messo in liquidazione, prevedendo che le procedure liquidatorie dell’Ente e delle società controllate fossero unificate in capo al commissario liquidatore dell’Ente stesso.
Questa normativa ha fissato - all’articolo 3 - nel 31 dicembre 1998 il termine entro il quale il commissario liquidatore avrebbe dovuto redigere il rendiconto della liquidazione unificata, prevedendo che il saldo della gestione fosse attribuito al Ministero del tesoro cui spettano gli eventuali adempimenti residuali.
Il comma 23 in esame, inserito dalla V Commissione, dispone che questo termine possa essere prorogato, con cadenza trimestrale e per un periodo complessivo non superiore ad un anno, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Sempre trimestralmente si prevede che il Ministro dovrà riferire al Parlamento su tali proroghe.


Comma 24
(Proroga dei termini per la ricevibilità dei ricorsi sulle decisioni relative alla determinazione delle "quote latte")

La disposizione in esame, introdotta dalla V Commissione, interviene nella complessa vicenda delle cosiddette "quote latte". In particolare occorre ricordare come le decisioni dell’AIMA, sui quantitativi di riferimento assegnati a ciascun produttore, nonché sui quantitativi di latte commercializzato nei periodi 1995-1996, 1996-1997 e 1997-1998, possano essere oggetto di ricorso di riesame da parte degli interessati; ricorso da presentarsi, alle regioni o alle province autonome ove è ubicata l’azienda del produttore ricorrente, a pena di decadenza entro quindici giorni dalla data di ricezione della comunicazione della decisione dell’AIMA (articolo 2, commi 5 e 6 del decreto legge n. 411 del 1997 convertito dalla legge n. 5 del 1998). Sempre lo stesso decreto-legge n. 411, all’articolo 2, comma 8, fissa, per l’istruttoria e la decisione dei ricorsi, un termine perentorio di sessanta giorni che decorre, a sua volta, dal giorno di scadenza del termine per la presentazione dei ricorsi. Nello stesso termine le decisioni delle regioni o delle province autonome sui ricorsi devono pervenire all’AIMA, pena la loro irricevibilità.

Il comma 24 in esame modifica quest’ultima previsione, disponendo la validità e la ricevibilità delle decisioni sui ricorsi fatte pervenire all’AIMA entro il 10 gennaio 1999, anche se adottate o corrette oltre i termini previsti dal citato comma 8 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 411 del 1997.
Queste decisioni possono essere fatte pervenire all’AIMA anche attraverso il sistema informatico.


Comma 25
(Destinazione al Fondo per l’occupazione di parte dei dividendi
e degli utili delle società possedute direttamente dallo Stato)

La disposizione in esame, introdotta dalla V Commissione, prevede che le maggiori entrate, accertate a consuntivo, rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti dai dividendi e dagli utili delle società per azioni possedute direttamente dallo Stato, siano destinate, per un importo pari al 20 per cento, al Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 148 del 1993 convertito dalla legge n. 236 dello stesso anno.
Queste società parrebbero essere essenzialmente quelle derivanti dalla trasformazione in s.p.a. di enti pubblici, alcune delle quali ancora integralmente possedute dallo Stato (ENEL ed IRI) altre solo parzialmente (si pensi all’ENI società della quale il Tesoro non possiede più la maggioranza delle azioni, ma solo una quota che garantisce tuttavia il controllo della società).
Occorre ricordare che nel bilancio di previsione per il 1999, all’esame del Senato, sono iscritti al capitolo 2970 dello stato di previsione dell’entrata, 1.800 miliardi per "dividendi dovuti dalle società per azioni derivate dalla trasformazione degli enti pubblici, nonché utili da versare da parte degli enti pubblici in base a disposizioni normative o statutarie".
Si ricorda inoltre che il Fondo per l’occupazione è stato istituito dall’art. 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148 (L. 19 luglio 1993, n. 236) per iniziative di sostegno per l’occupazione , nonché (ai sensi dell’art. 13, comma 6, della L. 24 giugno 1997, n. 196 - c.d. "pacchetto Treu") per finanziare misure di riduzione e rimodulazione delle aliquote contributive, da adottarsi con decreo del Ministro del lavoro di concerto con quello del tesoro, in funzione dell’entità della riduzione o rimodulazione dell’orario di lavoro definite contrattualmente, nonché per determinati contratti a tempo parziale.

NOTE

1 Tra cui l’erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto alle unità occupate alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 148/1993 e il finanziamento dei lavori socialmente utili e dei piani per l’inserimento professionale dei giovani privi di occupazione (di cui all’art. 15 del D.L. n. 299 del 1994, convertito nella L. n. 451 del 1994, e successive modificazioni e integrazioni.


Comma 26
(Trattamento CIG per le imprese del marmo)

Il comma 26 - introdotto dalla V Commissione del Senato - modifica l'art. 1, comma 1-ter, del D.L. 8 aprile 1998, n. 78, convertito, con modificazioni, nella L. 5 giugno 1998, n. 176.
Quest'ultima disposizione è volta a garantire il sostegno del reddito dei lavoratori dipendenti da aziende industriali che svolgano attività di escavazione e lavorazione del marmo e che sospendano o riducano l’attività per adeguare le lavorazioni e i siti alla normativa vigente in materia di sicurezza del lavoro.
A tal fine, per un periodo massimo di tre mesi e non oltre il 30 giugno 1999, la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale può essere concessa, anche in deroga al limite di durata del trattamento stabilita dall’art. 1 della L. 6 agosto 1975, n. 427.
Riguardo alle disposizioni in esame di cui all'art. 1, comma 1-ter, del D.L. n. 78, è stato emanato il D.M. di attuazione 14 ottobre 1998.
Il presente comma 26 modifica la durata massima della proroga del trattamento (oltre i limiti ordinari di durata), aumentandola da 3 a 6 mesi. Inoltre viene soppressa la scadenza del 30 giugno 1999 per l'applicazione della deroga, la quale ultima sembrerebbe quindi diventare permanente.
Si osserva, tuttavia, che non viene previsto un relativo finanziamento. Si deve dunque ritenere che il Ministro del lavoro possa concedere la proroga sempre nel rispetto del limite massimo di spesa di 6 miliardi (di cui all'art. 1, comma 1-ter, del D.L. n. 78), a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'art. 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni e integrazioni.

NOTE

1Tale norma stabilisce per il trattamento di integrazione ordinaria un periodo massimo di tre mesi continuativi, prorogabili eccezionalmente, nei soli casi di riduzione dell’orario di lavoro, per periodi trimestrali fino ad un massimo complessivo di 12 mesi. Qualora l’impresa abbia fruito di 12 mesi consecutivi di integrazione salariale, una nuova domanda può essere proposta qualora sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività.

2Si ricorda che il Fondo per l’occupazione è stato istituito per iniziative di sostegno per l’occupazione, tra cui: l’erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto alle unità occupate alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 148 del 1993; il finanziamento dei lavori socialmente utili in esame e dei piani per l’inserimento professionale dei giovani privi di occupazione (di cui all’art. 15 del D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1994, n. 451, e successive modificazioni e integrazioni).


Comma 27
(Modifica allo statuto dell’Artigiancassa)

Il comma 27 in esame, introdotto dalla V Commissione, reca una modifica al comma 3 dell’articolo 2 della legge 26 novembre 1993, n. 489, relativo all’oggetto sociale del Mediocredito centrale e dell’Artigiancassa, innovando la disciplina di quest’ultimo organismo.
La Cassa per il credito alle imprese artigiane o Artigiancassa, fu istituita con il D.Lgs. n. 1418 del 1947 allo scopo di integrare le disponibilità finanziarie degli enti creditizi da destinare ad operazioni di credito in favore delle imprese artigiane. L’Artigiancassa, ristrutturata ad opera della legge 949/52, è stata trasformata in società per azioni dalla legge 489/93. L’alienazione delle azioni detenute dal Tesoro nell’istituto è avvenuta ad opera del decreto legge 26 ottobre 1995, n. 435 convertito dalla legge 19 dicembre 1995, n. 537. Il successivo DM Tesoro 9 novembre 1995 ha conferito l’Artigiancassa alla Banca nazionale del lavoro S.p.A. Queste trasformazioni non hanno, peraltro, modificato gli scopi dell’istituto che continuano ad essere rivolti a favorire gli interessi delle imprese artigiane, come stabilito dalla legge 489/93.
Successivamente, il comma 7 dell’articolo 54 della legge n. 449 del 1997 ha modificato questa disciplina ed inciso sullo statuto dell’Artigiancassa, disponendo che l’oggetto sociale di questo ente, controllato dal Tesoro, fosse modificato ampliando il novero dei destinatari dell’attività dello stesso; ricomprendendo, in particolare, oltre le "imprese artigiane", anche "i consorzi a cui esse partecipano".

Il comma 27 in esame modifica nuovamente l’oggetto sociale previsto nello statuto dell’Artigiancassa ampliando ulteriormente il novero dei destinatari della sua attività, disponendo che questa operi "prevalentemente" - e non più "esclusivamente" come attualmente previsto - nell’interesse delle imprese artigiane e dei consorzi a cui esse partecipano.


Commi 28 e 29
(Disposizioni in materia di mutui
contratti dalla Stato o con onere a carico dello Stato)

Il comma 28, introdotto dalla Commissione Bilancio del Senato, autorizza il Ministero del tesoro, sulla base di valutazioni di convenienza e di opportunità economico finanziarie, e comunque al fine di ridurre il costo del debito, a contrarre mutui negli stessi casi in cui è ammesso il ricorso all'emissione di titoli del debito pubblico e nei limiti del saldo netto da finanziare previsto dalla legge finanziaria.
Invero, sembrerebbe più opportuno riferirsi ai limiti previsti per l'emissione di titoli del debito pubblico più che al limite del saldo netto da finanziare.

Il successivo comma 29, anch'esso introdotto dalla Commissione Bilancio del Senato, stabilisce invece, in deroga a vigenti disposizioni, anche a carattere speciale, che per i mutui da stipulare con onere a totale carico dello Stato, di importo pari o inferiore a 100 miliardi, il tasso di interesse non possa essere superiore a quello che sarà indicato periodicamente, sulla base delle condizioni di mercato, dal Ministero del tesoro, con una apposita comunicazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Per i mutui di importo superiore alla predetta cifra di 100 miliardi, il tasso di interesse massimo applicabile sarà preventivamente concordato con il Ministero del tesoro dai soggetti interessati. Qualora le predette modalità di finanziamento non risultino applicate, l'eventuale maggior costo graverà sui soggetti interessati stessi.

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13/12/1998
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Tino Bedin