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Articolo 42
Comma 1
(Riduzione degli stanziamenti per acquisto di beni e servizi)
Larticolo in esame, al comma 1, dispone una riduzione del
5 per cento degli stanziamenti iniziali iscritti nelle unità previsionali di base del
bilancio dello Stato per l'anno finanziario 1999 e le relative proiezioni per gli anni
2000 e 2001 relativi alla categoria IV (spese per acquisto di beni e servizi), con
esclusione delle spese relative al Ministero della difesa e di quelle aventi natura
obbligatoria o legislativamente predeterminate.
I tagli "trasversali" di capitoli di bilancio recanti spese per acquisti di beni
e servizi sono stati oggetto anche di precedenti manovre di finanza pubblica. Ad esempio
una analoga riduzione del 5 per cento era contenuta allarticolo 2 del D.L. n.
565/1995, recante " Misure di completamento della manovra di finanza pubblica"
(c.d. manovra Dini di fine anno), successivamente confluita allarticolo 2, comma
134, lettera a), della legge n. 662/1996, recante "Misure di
razionalizzazione della finanza pubblica".
Ugualmente il D.L. n. 323/1996, recante "Disposizioni urgenti per il
risanamento della finanza pubblica" (c.d. manovra correttiva Prodi),
convertita, con modificazioni, dalla legge n. 425/1996, allarticolo 3, comma 8,
disponeva una riduzione del 7% degli stanziamenti iniziali dei capitoli di bilancio
relativi all'acquisto di beni e servizi. Per il Ministero della difesa il taglio era
ridotto al 5 per cento.
Larticolo in esame, al comma 2, sostituisce, senza mutarne la sostanza
normativa, il secondo periodo del comma 8 dellart. 17 della legge collegata per il
1998 (L. 449/1997).
Tale comma, nel provvedere alla soppressione del canone di abbonamento per autoradio,
assicura alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo "una
quota pari a lire 210 miliardi annui" a compensazione del conseguente mancato
introito.
Il comma in esame chiarisce il significato della disposizione, precisando che
limporto di 210 miliardi si configura quale integrazione della quota dei proventi
relativi ai canoni radiotelevisivi devoluta alla concessionaria, a carico della quota
destinata allo Stato (questa appare linterpretazione più probabile) ed a titolo di
corrispettivo per le prestazioni effettuate in attuazione del contratto di servizio (e non
quale contributo statale). Ciò allo scopo, precisato dalla relazione governativa, di
evitare uninterpretazione della norma non conforme ai princìpi comunitari.
La norma in esame ha pertanto il solo fine di chiarire il contenuto di una disposizione
recata dalla precedente manovra; per quanto detto, essa è di per sé priva di effetti
finanziari.
Questa disposizione, inserita dalla Camera dei deputati, reca degli incentivi alle
emittenti televisive locali, al fine di permettere ladeguamento degli impianti di
queste, in base al piano nazionale di assegnazione delle frequenze recentemente approvato
(il 30 ottobre 1998) dallAutorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Destinatarie degli incentivi sono le emittenti televisive locali titolari di concessione,
ammesse a beneficiare delle provvidenze di cui allarticolo 7 del decreto legge n.
323 del 1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 422 dello stesso anno, che
richiede, tra laltro, che queste emittenti riservino almeno unora della
programmazione giornaliera a programmi informativi autoprodotti su avvenimenti politici,
religiosi, economici, sociali e sindacali o culturali.
Le somme stanziate per lincentivazione che ammontano a 16 miliardi per il
199, 22 miliardi per il 2000 e 33 miliardi per il 2001 saranno erogate dal
Ministero delle comunicazioni, entro il 30 marzo di ciascuno dei tre anni, alle citate
emittenti, tenendo conto della media dei fatturati realizzati nel triennio precedente e
del numero dei dipendenti.
Inoltre si prevede che almeno il 50 per cento delle somme stanziate debba essere erogato
ad emittenti televisive locali, aventi sede produttiva nelle aree depresse del paese.
Larticolo in esame, al comma 4, completa la disciplina per il
conferimento di funzioni dallo Stato alle regioni in materia di interventi agevolativi,
nellambito delloperazione di razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni
avviata dalla legge Bassanini (legge n. 59/97). La disposizione in esame prevede che i
compensi e i rimborsi relativi alla gestione di interventi agevolativi alle imprese
gestiti attraverso soggetti terzi (banche, Mediocredito, Artigiancassa, ecc.) - previsti
nelle convenzioni con le amministrazioni statali cui le regioni subentrano in base al decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ("Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I
della legge 15 marzo 1997, n. 59") - sono imputati al Fondo istituito presso
ciascun ministero ai sensi dellart. 7, comma 9, del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 123 ("Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi
di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), della
legge 15 marzo 1997, n. 59"), se come chiarisce la relazione illustrativa
- fanno riferimento al settore industriale.
Si ricorda che lart. 7, comma 9 del D.Lgs. n. 123/98, per razionalizzare gli
incentivi alle imprese, ha istituito per ciascuna amministrazione statale un apposito
Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese, nel quale affluiscono le risorse
finanziarie stanziate per l'attuazione di tutti gli interventi agevolativi di competenza
dellamministrazione.
Se non si tratta di interventi attinenti al settore industriale, dovrà invece farsi
ricorso ricorrere agli stanziamenti previsti dallart. 7, comma 7, del citato
D.Lgs. n. 112/98, secondo il quale tra laltro - sono finanziati dallo
Stato, nella misura prevista dalla legge istitutiva, i fondi gestiti mediante convenzione,
sino alla scadenza delle convenzioni stesse, anche se operano nelle materie oggetto di
conferimento di funzioni e di compiti alle regioni e agli enti locali.
La disposizione in esame sembra avere soprattutto una funzione di chiarificazione, dato
che già lart. 7 della legge Bassanini (legge n. 59/97) prevedeva ladozione di
appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri - sentiti i Ministri
interessati e il Ministro del tesoro per la puntuale individuazione dei beni e
delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire. A sua volta
lart. 7 del D.Lgs. n. 112/98 ha aggiunto che i provvedimenti per il trasferimento di
beni e risorse (da completare entro il 31 dicembre 2000) determinano la decorrenza
dell'esercizio da parte delle regioni e degli enti locali delle funzioni ad essi
conferite, contestualmente all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse
finanziarie, umane, strumentali e organizzative. Vale poi la pena ricordare che il decreto
legislativo n. 112/98 pone il principio per cui "alle regioni e agli enti locali
destinatari delle funzioni e dei compiti conferiti sono attribuiti beni e risorse
corrispondenti per ammontare a quelli utilizzati dallo Stato per l'esercizio delle
medesime funzioni e compiti prima del conferimento".
Appare necessaria una precisazione sulla portata dellimputazione delle spese per
i compensi e i rimborsi derivanti da convenzioni con soggetti gestori di interventi
agevolativi: il decreto legislativo n. 123/98 prevede una norma transitoria in base alla
quale lentrata in vigore i vari interventi agevolativi devono essere semplificati
con i regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Solo dal momento dellentrata in vigore di tali regolamenti sono applicabili le
disposizioni del decreto n. 123, compresa listituzione del Fondo unico per gli
interventi agevolativi alle imprese presso ciascuna amministrazione. Pertanto anche
lapplicabilità del comma in esame è subordinata allentrata in vigore dei
regolamenti di semplificazione. Va ulteriormente precisato che però - per quanto riguarda
il Ministero dellindustria - listituzione del Fondo unico è anticipata al 1
gennaio 1999 dallart. 39 del disegno di legge in esame, alla cui scheda si fa rinvio.
Larticolo in esame al comma 5 dà un'interpretazione autentica delle
disposizioni recate dall'art. 16, co. 6, della L. 30 ottobre 1991, n. 412, a norma del
quale gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria sono tenuti a corrispondere gli
interessi legali sulle prestazioni dovute, a decorrere dalla data di scadenza del termine
previsto per l'adozione del provvedimento su domanda; nel caso in cui al titolare della
prestazione spettino somme (cosiddetta rivalutazione monetaria) a ristoro del maggior
danno subìto per la diminuzione del valore del suo credito, da tale risarcimento va
detratto l'importo dovuto a titolo d'interessi.
A norma del comma 5 in esame, tra le prestazioni previdenziali in oggetto devono
essere ricomprese anche quelle erogate ai dipendenti delle Amministrazioni pubbliche - in
primo luogo quindi dall'INPDAP - comprese le pensioni di invalidità erogate dallo Stato.
La relazione precisa che la norma si rende necessaria per evitare profili di
irrazionalità delle disposizioni di cui allart. 16, comma 6, della legge n.
412/1991, ove interpretate, come ritiene la Corte dei conti, nel senso di escluderne
lapplicabilità alle pensioni dei dipendenti pubblici ed a quelle di invalidità.
Si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 156 dell8 aprile 1991 ha
esteso al credito previdenziale il regime del credito da lavoro (di cui allart. 429,
comma 3, del Codice di procedura civile), con applicazione cioè degli interessi in misura
legale e del maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore
del suo credito (cosiddetta rivalutazione monetaria).
Successivamente, lart. 16, comma 6, della L. 30 dicembre 1991, n. 412, ha disposto,
per il credito previdenziale, che limporto percepito a titolo di interessi legali
sia portato in detrazione dal risarcimento delleventuale danno maggiore. Tale
principio è stato poi esteso ai crediti da lavoro dallart. 22, comma 36, della L.
23 dicembre 1994, n. 724. In attuazione delle norme suddette di cui alla L. n. 412 e alla
L. n. 724, è stato emanato il D.M. 1° settembre 1998, n. 352.
Sullapplicabilità della detrazione anche ai rapporti pendenti alla data di entrata
in vigore della L. n. 412 del 1991 (31 dicembre 1991; per i crediti da lavoro, invece, la
disciplina transitoria è posta dal medesimo art. 22, comma 36, della L. n. 724) si è
sviluppata una complessa vicenda giurisprudenziale, che, da ultimo, ha registrato un
orientamento restrittivo (applicazione del principio della detrazione solo per i nuovi
rapporti) (sentenza delle Sezioni unite civili n. 5895 del 2 maggio 1996). Una più
articolata normativa transitoria è ora posta, in termini non del tutto perspicui, dal
suddetto D.M. attuativo 1° settembre 1998, n. 352.
Si ricorda infine che su alcune questioni relative rispettivamente ai crediti
previdenziali e a quelli retributivi sono intervenute di recente la circolare INPS n. 96
del 6 maggio 1998 - che accoglie un consolidato orientamento della giurisprudenza della
Corte di Cassazione - e la decisione n. 3/98 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di
Stato.
Larticolo in esame, al comma 6, reca disposizioni circa le
modalità di determinazione della quota dellotto per mille del gettito IRPEF di
pertinenza dello Stato e delle diverse confessioni religiose.
All'atto della firma dell'Accordo di revisione del Concordato lateranense del febbraio
1984, le parti contraenti (Santa Sede e Repubblica italiana) con un apposito protocollo
addizionale istituirono una Commissione paritetica che avrebbe dovuto formulare, tra
l'altro, proposte per una revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano verso la
Santa Sede, ritenendosi concordemente cessati i presupposti dell'allora vigente sistema e
considerandosi non più opportune forme di finanziamento diretto dello Stato al clero ed
alla Chiesa.
Le norme predisposte dalla Commissione, approvate dalle parti con la firma di un apposito
Protocollo in data 15 novembre 1984, sono state recepite nell'ordinamento italiano
attraverso la legge 222 del 20 maggio 1985. Questa tra l'altro prevede:
- che le erogazioni liberali eseguite da persone fisiche a favore dell'Istituto Centrale
per il Sostentamento del Clero siano deducibili, ai fini fiscali, dal reddito complessivo
fino all'importo annuo di due milioni di lire (art. 46);
- che una quota dell'8 per mille del gettito complessivo dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche (IRPEF) - riservata dallo Stato in parte a scopi di interesse sociale o di
carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere
religioso a favore della Chiesa cattolica e di altre confessioni religiose - possa essere
liberamente destinata alla Chiesa medesima dai contribuenti in sede di dichiarazione
annuale dei redditi, per esigenze di culto della popolazione, per il sostentamento del
Clero e per interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del
terzo mondo (art. 48).
Più in particolare, tutti i soggetti titolari di redditi assoggettabili all'IRPEF, in
occasione della annuale dichiarazione dei redditi, sono chiamati ad esprimere la propria
scelta relativa alla destinazione dell'otto per mille allo Stato, alla Chiesa Cattolica e
ad altre confessioni religiose. Si tratta di un adempimento facoltativo e integrativo
della medesima dichiarazione, assistito, negli ultimi anni, da opportune garanzie di
riservatezza.
Sulla base delle volontà espresse, e proporzionalmente ad esse, la quota dell'8 per mille
del gettito complessivo dell'imposta sul reddito delle persone fisiche liquidata dagli
uffici viene ripartita tra lo Stato, la Chiesa Cattolica e le altre confessioni religiose.
I dati finanziari (l'ammontare dell'IRPEF liquidata dagli uffici) e quelli relativi alle
scelte dei contribuenti, contenuti nei vari moduli che ne costituiscono il veicolo
(Modello 740, 730 etc.), sono disponibili solo in un momento successivo rispetto a quello
al quale si riferiscono e ciò a causa dei tempi occorrenti alla Amministrazione
finanziaria per tutte le operazioni di rilevazione o di controllo.
Conseguentemente la legge 222 del 1985, all'articolo 47, ha previsto un
sistema di rimesse finanziarie dallo Stato alla Chiesa (segnatamente alla Conferenza
Episcopale italiana) articolato in anticipi e relativi conguagli distanziati, di norma, di
un triennio. Più precisamente, il comma 4 dell'articolo 47 prevede che per gli anni
finanziari 1990, 1991 e 1992 lo Stato corrisponda alla CEI, a titolo di anticipo una somma
pari al contributo versatogli nell'anno 1989 (406 miliardi). Entro il mese di giugno 1996
lo Stato avrebbe provveduto ad erogare il conguaglio complessivo relativo agli anni
1990-1992.
A decorrere dall'anno finanziario 1993, lo Stato corrisponde annualmente, entro il mese di
giugno, alla Conferenza episcopale italiana (CEI), a titolo di anticipo e salvo
conguaglio, una somma calcolata sull'importo liquidato dagli uffici sulla base
delle dichiarazioni annuali relative al terzo periodo d'imposta precedente. La
somma relativa all'anno finanziario 1990 è stata corrisposta, quindi, alla CEI nell'anno
finanziario 1993, quella relativa al 1991 nel 1994 e così di seguito.
Successivamente le leggi 22 novembre 1988, n. 516 e n. 517 hanno introdotto
la possibilità che la scelta sulla destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF possa essere
effettuata anche a favore dell'Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del
7° giorno e delle Assemblee di Dio in Italia, vincolando la destinazione dei
fondi disponibili ad interventi sociali e umanitari anche a favore di paesi del terzo
mondo. Allo stesso modo, la legge 5 ottobre 1993, n. 409 ha esteso la
possibilità di scelta anche in favore della Chiesa evangelica valdese, che
utilizzerà le somme così ricevute esclusivamente per interventi sociali, assistenziali,
umanitari e culturali in Italia e all'estero, sia direttamente, attraverso gli enti aventi
parte nell'ordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a
livello nazionale ed internazionale.
Inoltre la legge 29 dicembre 1995, n. 520, recante "Norme per la regolazione
dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI)",
prevedendo che a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore
della legge di approvazione dell'intesa, la CELI concorrerà con lo Stato e le altre
confessioni religiose precedentemente indicate alla ripartizione della quota dell'8 per
mille dell'IRPEF, utilizzando tali somme, oltre che per le specifiche esigenze di culto e
di evangelizzazione (indicate dall'articolo 26 della legge medesima), anche per interventi
sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all'estero, effettuati
direttamente dalla CELI, sia attraverso le Comunità ad essa collegate.
Da ultimo, la legge 20 dicembre 1996, n. 638, recante "Modifica dell'intesa
tra il Governo della Repubblica italiana e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane,
in attuazione dell'articolo 8, comma terzo, della Costituzione", ha previsto che a
decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge,
lUnione delle Comunità ebraiche italiane concorre con lo Stato e le altre
confessioni religiose alla ripartizione della quota pari all8 per mille
dellimposta sul reddito delle persone fisiche liquidata dagli uffici sulla base
delle dichiarazioni annuali. LUnione delle Comunità ebraiche italiane destinerà le
somme devolute a tale titolo dallo Stato alle finalità istituzionali dellente
indicate dallarticolo 19 della legge 8 marzo 1989, n. 101, con particolare riguardo
alle attività culturali, alla salvaguardia del patrimonio storico, artistico e culturale,
nonché ad interventi sociali ed umanitari volti in special modo alla tutela delle
minoranze contro il razzismo e lantisemitismo.
Il comma 6 in esame, richiama il secondo comma dell'articolo 47 della legge n.
222/1985, specificando che la quota dell'otto per mille destinata alla Chiesa cattolica non
viene più determinata sull'imposta sul reddito delle persone fisiche liquidata dagli
uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, bensì sulla base degli incassi
in conto competenza relativi all'IRPEF, risultanti dal rendiconto generale dello Stato.
Il riferimento al dato di rendiconto (anziché allimporto liquidato dagli uffici
sulla base delle dichiarazioni annuali) viene utilizzato anche per la determinazione della
quota da erogare a titolo di anticipo e a conguaglio del terzo periodo
d'imposta precedente (articolo 47, ultimo comma, legge n. 222/1985).
La relazione al disegno di legge sottolinea che "la modifica, concordata tra la
Conferenza episcopale italiana e la Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito del
comitato istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile
1997, consente la semplificazione delle procedure di rilevazione dei dati e la
eliminazione delle necessità di far luogo, per ogni periodo di imposta, a più conguagli
successivi man mano che si esplica l'attività accertatrice dell'amministrazione
finanziaria. Peraltro, l'immediata certezza del dato di gettito desunto dal rendiconto
generale dello Stato consente una maggiore tempestività nella formulazione delle
previsioni annuali e nell'erogazione della quota dell'8 per mille. In relazione alla
natura pattizia della materia, la norma viene supportata da uno scambio verbale di note
tra la Segreteria di Stato del Vaticano ed il Ministero degli affari esteri".
Il comma 6 in esame estende tale procedura di calcolo anche alle quote da
corrispondere alle confessioni diverse da quella cattolica aventi diritto. Con le medesime
modalità sono determinate la quota dell'otto per mille dell'IRPEF e la somma
corrisposta a titolo di anticipo di cui all'articolo 30 della legge n. 516/1988
(Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno); all'articolo 23 della
legge n. 517/1988 (Assemblee di Dio in Italia); all'articolo 4 della legge n.
409/1993(Chiesa evangelica valdese); all'articolo 27 della legge n. 520/1995 (Chiesa
Evangelica Luterana in Italia); all'articolo 2 della legge n. 638/1996 (Unione delle
Comunità ebraiche italiane).
Il comma 7 dellarticolo in esame, è volto, come chiarisce la relazione
illustrativa, a consentire la continuazione delloperatività del Fondo costituito
presso il Mediocredito centrale per finanziare sia il settore estero che quello interno.
In particolare, il comma 9 prevede che allatto della ripartizione tra Simest
(gestione interventi esportazione e internazionalizzazione) e Mediocredito Centrale
(gestione interventi interno) delle disponibilità del Mediocredito - da effettuarsi ai
sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo n. 143/98 - è autorizzata, per esigenze di
cassa del settore interno (esigenze, come specificato nel testo approvato dalla V
Commissione, rilevate al 1° gennaio 1999), un'anticipazione a favore della quota
relativa all'interno, fino a complessivi 675 miliardi, a carico della quota di
disponibilità relativa all'esportazione e all'internazionalizzazione (nel testo approvato
dalla Camera si autorizzava unanticipazione di, e non fino a, 675 miliardi).
Limporto prelevato verrà restituito al settore esportazione e
internazionalizzazione all'atto del versamento al settore interno delle assegnazioni,
disposte dallart. 12, comma 1, della cosiddetta "legge Bersani" (legge n.
266/97). Si ricorda infatti che la legge n. 266 ha rifinanziato il Fondo di cui
all'articolo 3 della legge n. 295/73, per lerogazione dei contributi previsti dalla
cosiddetta "legge Sabatini", per un ammontare di 75 miliardi annui per dieci
anni a decorrere dal 1998.
La legge 295/73, "Aumento del fondo di dotazione del Mediocredito centrale",
all'art. 3 ha provveduto all'istituzione, presso il Mediocredito centrale, di un Fondo per
la concessione di contributi nel pagamento degli interessi sui finanziamenti concessi
dagli istituti di credito autorizzati, con o senza il ricorso al Mediocredito stesso. Tale
Fondo è alimentato mediante trasferimenti dal bilancio dello Stato e con una quota degli
utili maturati a fine gestione.
In tal modo la restituzione potrà avvenire per 75 miliardi annui per i prossimi nove anni
(per un totale, appunto, di 675 miliardi), mentre lanticipazione fino a 675 miliardi
sembrerebbe poter essere anche immediata. Diviene quindi particolarmente significativa la
precisazione secondo cui lanticipazione è "infruttifera".
La relazione illustrativa motiva questoperazione sottolineando che mentre le
disponibilità per il settore interno risultano deficitarie, quelle relative al settore
export prevedono una "sufficiente capienza".
Si ricorda che il Mediocredito gestisce i seguenti interventi:
a) Interno:
agevolazioni per l'acquisto (o il leasing) di macchinari (legge Sabatini, n.
1329/65)
agevolazioni per l'innovazione tecnologica e la tutela ambientale (legge n. 598/94)
agevolazioni per l'acquisto di automezzi per trasporti specifici (delibera CIPE 31/5/77)
agevolazioni ai consorzi di servizi (legge n. 317/91, capo IV)
agevolazioni per la promozione di nuove imprenditorialità femminili (legge n. 215/92)
garanzie sui finanziamenti alle imprese industriali (legge n. 675/77 e legge n. 317/91)
garanzie sui finanziamenti alle imprese commerciali (legge n. 517/75 e legge n. 317/91)
garanzie al credito di esercizio (legge n. 64/86, art. 15)
integrazione dei fondi rischi confidi (legge n. 317/91, art. 31)
anticipazioni per partecipazioni di minoranza nel capitale di rischio di PMI (legge n.
237/93, art.2 comma 2)
b) Estero:
crediti all'esportazione (legge Ossola, n. 227/77)
cooperazione italiana con i paesi in via di sviluppo: crediti di aiuto (legge n. 49/87,
art. 6)
cooperazione italiana: finanziamento delle joint ventures (legge n. 49/87, art. 7)
finanziamento degli investimenti esteri (legge n. 100/90 e legge n. 19/91)
finanziamento dei programmi di penetrazione commerciale all'estero (legge n. 394/81)
partecipazione a gare internazionali (legge n. 304/90)
La norma in esame integra parzialmente la disciplina stabilita dallart. 25 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 ("Disposizioni in materia di commercio
con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge
15 marzo 1997, n. 59"), che prevede il passaggio - a partire dal 1° gennaio 1999
- dal Mediocredito centrale alla SIMEST degli interventi a sostegno
dell'internazionalizzazione delle imprese - previsti dalle leggi 227/77, 394/81, 304/90,
100/90, e dall'art. 14 della legge 317/91, mentre la gestione degli interventi di cui alla
legge 9 gennaio 1991, n. 19 è stata attribuita alla FINEST.
In relazione al finanziamento dei programmi di penetrazione commerciale in paesi non
appartenenti alla UE, disciplinato dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, di conversione con
modif. del DL 251/81 ("Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane"),
la Camera ha aggiunto un periodo al comma in esame. Il testo integrato autorizza per il
solo 1999 una spesa di 150 mld. per la prosecuzione dei predetti programmi di penetrazione
commerciale. Al relativo onere si provvederà mediante riduzione dellautorizzazione
di spesa prevista per la cosiddetta legge Ossola (legge 227/1977 - "Disposizioni
sullassicurazione e sui finanziamenti dei crediti inerenti alle esportazioni di
merci e servizi, allesecuzione di lavori allestero, nonché alla cooperazione
economica e finanziaria in campo internazionale").
La disposizione in esame, introdotta dallassemblea della Camera dei deputati, autorizza
la spesa di 2 miliardi per lattuazione, nellanno 99, delle misure
concernenti la ricapitalizzazione delle cooperative di cui al Piano triennale della pesca
e dellacquacoltura 1997-1999, approvato con decreto del Ministro per le politiche
agricole del 24 marzo 1997.
Allonere relativo si provvede utilizzando le disponibilità del fondo statale
per il credito peschereccio di cui alla legge n. 41 del 17 febbraio 1982.
Il settore della pesca è stato organicamente riformato dalla legge 17 febbraio 1982,
n. 41, "Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima"
(modificata ed integrata dalla legge 10 febbraio 1992, n. 165). La legge n. 41/1982
prevede che i distinti interventi per il finanziamento del settore della pesca - suddivisi
in: contributi per la ricerca scientifica e tecnologica applicata alla pesca, contributi a
fondo perduto, contributi per le attività promozionali e fondi annuali destinati al Fondo
centrale per il credito peschereccio - siano erogati nellambito di un Piano
triennale della pesca e dellacquacoltura, da finanziare con provvedimenti
successivi.
Il V piano triennale della pesca marittima e dellacquacoltura, che si
sviluppa per gli anni 1997-1999, è stato approvato con Decreto del Ministro delle risorse
agricole il 24 marzo 1997 (suppl. Ord. N. 88 alla G.U. n. 97 del 28/4/97). Tale piano si
prefigge di aiutare il settore a passare dalla condizione di marginalità a struttura
produttiva in grado di gestire le risorse alieutiche come nuovo fattore di sviluppo,
pervenendo ad una riorganizzazione del comparto che lo renda competitivo in un mercato
mondiale.
Allo scopo, divengono obiettivi specifici:
una ristrutturazione e modernizzazione del comparto adeguata alle nuove esigenze di
conservazione delle risorse;
laccrescimento delle risorse alieutiche attraverso un potenziamento
dellacquacoltura e più specificamente della maricoltura;
il perseguimento di una politica del lavoro volta soprattutto a trovare occupazioni o
forme di impresa alternative nel medesimo comparto, anche allargato a tutte le sue
componenti.
Le linee di finanziamento del piano sono determinate:
dalle somme disponibili sul Fondo centrale per il credito peschereccio, provenienti dal
pagamento delle rate scadute di ammortamento dei mutui;
dagli altri stanziamenti disposti in legge Finanziaria per le leggi di spesa a carattere
permanente e facenti capo alla legge n. 41/1992.
In proposito si rammenta che la legge finanziaria per il 1997 ha disposto, in
Tabella C, stanziamenti per lattuazione del V piano nazionale che ammontano a 90
mld. di lire per il 1997 e a 45 mld. per ciascuno degli anni 1998-1999.
Del pari si rammenta che la citata legge 17 febbraio 1982, n. 41 ha disposto (articolo 10
e seguenti) listituzione del "Fondo nazionale per il credito peschereccio"
con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio presso il Ministero della marina
mercantile (ora presso il Ministero per le politiche agricole).
In tale Fondo confluiscono, oltre agli stanziamenti che annualmente vengono indicati nel
Piano nazionale della pesca (art. 2), le rate di ammortamento dei mutui erogati dal Fondo,
le somme provenienti da estinzioni anticipate dei mutui stessi, gli interessi e le
eventuali somme pagate a titolo di penalità sempre relativamente ai mutui, nonché le
dotazioni risultanti a credito del fondo di rotazione per lesercizio del credito
peschereccio, in precedenza previsto dalla legge n. 1457/1956 e ora venuto meno con
lentrata in vigore della legge n. 41/1982.
Il menzionato Piano triennale prevede uno stanziamento di 4,5 miliardi per la
ricapitalizzazione delle cooperative di pesca, somma che, come si è detto, viene
incrementata di 2 miliardi dal comma 8 in esame, introdotto dalla Camera dei deputati.
Per tali dipendenti, qualora la richiesta di Comando sia stata effettivamente inoltrata
entro il 28 febbraio del 1998 (data di trasformazione in società per azioni
dellEnte Poste), la disposizione in esame, nel testo approvato dalla 5a Commissione
prevede che si applichino le disposizioni previste dallarticolo 53, comma 1 o delle
legge 449 del 1997, che rinvia ai sua volta alla normativa vigente in materia di mobilità
volontaria o concordata per i dipendenti pubblici. Sempre il comma in esame prevede
inoltre che questo personale possa permanere in posizione di comando per un periodo non
superiore a due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Per tutto questo periodo le entità di personale che abbiano assunto servizio in posizione
di comando presso le amministrazioni ??????, dopo la data della trasformazione in società
per azioni dellEnte Poste, vengono detratte dalla quota di assunzioni autorizzate
per lamministrazione stessa, in applicazione delle zone sulla proporzione del
fabbisogno di personale, posta a carico agli organi di vertice delle amministrazioni
pubbliche, e dei criteri cui deve attenersi il Governo sul deliberare trimestralmente le
nuove assunzioni.
Larticolo in esame al comma 9 dispone in merito al personale delle
Poste Italiane S.p.A. (già Ente Poste) comandato presso pubbliche amministrazioni fino
alla data del 30 settembre 1998; data così fissata dalla V Commissione del Senato.
Nel testo originario approvato dalla Camera dei deputati questa norma riguardava invece il
personale comandato successivamente al 31 dicembre 1997 e prima del 28 febbraio 1998
(data della trasformazione dell'Ente in società per azioni, come da delibera CIPE del
18-12-1997).
La possibilità che il personale dell'Ente, fino alla data della trasformazione in S.p.A,
potesse continuare ad essere comandato presso le PP.AA. era stata consentita dall'art. 17,
co. 18, della L. 15 maggio 1997, n. 127.
Successivamente, con l'art. 53, co. 10, della L. 23/12/1997, n. 449, si è disposto che ai
dipendenti dell'Ente posti in posizione di comando o fuori ruolo presso le PP.AA. alla
data di entrata in vigore della legge (1° gennaio 1998), si applichino le
disposizioni vigenti in materia di mobilità volontaria o concordata per i dipendenti
pubblici. Con ciò si è consentito quindi, implicitamente, ai suddetti soggetti di
richiedere la collocazione permanente presso le medesime Amministrazioni, piuttosto che
rientrare presso la nuova S.p.A, fermo restando che i comandi in atto alla data di entrata
in vigore della legge, a norma dello stesso comma 10, non possono essere rinnovati per
un periodo superiore ai due anni a decorrere dalla data della privatizzazione.
Il comma 9 dell'articolo in esame fa riferimento, come si è detto, ai dipendenti
delle Poste Italiane che si trovino in posizione di comando presso le PP.AA. alla
data del 30 settembre 1998.
Per tali dipendenti, qualora la richiesta di Comando sia stata effettivamente inoltrata
entro il 28 febbraio del 1998 (data di trasformazione in società per azioni
dellEnte Poste), la disposizione in esame, nel testo approvato dalla V Commissione
ribadisce lapplicabilità al caso di specie delle citate disposizioni previste
dallarticolo 53, comma 10 della legge 449 del 1997, che rinvia a sua volta alla
normativa vigente in materia di mobilità volontaria o concordata per i dipendenti
pubblici. Sempre il comma in esame ribadisce, inoltre, che questo personale possa
permanere in posizione di comando per un periodo non superiore a due anni a decorrere
dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Per tutto questo periodo le unità di personale che abbiano assunto servizio in posizione
di comando presso le amministrazioni pubbliche, dopo la data della trasformazione in
società per azioni dellEnte Poste, vengono detratte dalla quota di assunzioni
autorizzate per le amministrazione stesse, in applicazione delle norme sulla
programmazione del fabbisogno di personale, cui devono procedere gli organi di vertice
delle amministrazioni pubbliche, e dei criteri cui deve attenersi il Governo nel
deliberare trimestralmente le nuove assunzioni.
Larticolo in esame al comma 10, proroga alcuni termini riguardanti il
contributo assicurativo sostitutivo delle azioni di rivalsa, disciplinato da ultimo
dallarticolo 38 della legge n. 449/1997 (collegato alla manovra finanziaria per il
1998).
Il richiamato articolo 38 prevede, al comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 1998, un
aumento del contributo che - ai sensi dellarticolo 11-bis della legge 24
dicembre 1969, n. 990, introdotto dallarticolo 126 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 175
- si applica sui premi assicurativi relativi alla RC auto per il rimborso delle
prestazioni sanitarie erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore. La
nuova misura del contributo è stabilita nel 10,5%, con un aumento di quattro punti
percentuali rispetto alla misura vigente.
I successivi commi da 2 a 4 rinviano ad un regolamento - da emanare ai sensi
dellarticolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988 - per la disciplina concernente il
rimborso delle prestazioni erogate a favore dei cittadini coinvolti in incidenti
causati dalla circolazione di veicoli a motore o di natanti o a seguito di infortuni sul
lavoro o malattie professionali.
NOTE
1
Larticolo 11-bis della legge n. 990/1969 dispone che sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile relative a danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti si applichi un contributo sostitutivo delle azioni spettanti alle regioni e agli altri enti che erogano prestazioni facenti carico al Servizio sanitario nazionale nei confronti dellassicuratore, del responsabile o dellimpresa designata a norma della stessa legge.
Il comma 11 in esame, inserito dalla V Commissione del Senato, modifica quanto disposto
dal comma 4 dellarticolo 43 della legge n. 449 del 1997.
Il citato articolo 43, prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni, di
utilizzare strumenti di natura privatistica o di gestione aziendale (quali contratti di
sponsorizzazione, accordi di collaborazione, convenzioni, richiesta di contributi a fronte
di servizi resi, economie di gestione), allo scopo di innovare e migliorare la qualità
dei servizi prestati. La disposizione è finalizzata a consentire risparmi di spesa o
maggiori entrate alle stesse pubbliche amministrazioni. Questarticolo dispone
altresì sulla destinazione delle risorse in tal modo liberate, prevedendo il recupero dei
vantaggi finanziari anche a beneficio del personale e dei dirigenti che hanno operato il
risparmio.
Più in particolare, il comma 4 disciplina i servizi rientranti nellattività
ordinaria - e non più "aggiuntivi" - dellamministrazione che può
chiedere un "contributo" agli utenti per tali servizi.
I limiti posti dal comma consistono nel fatto che i servizi per i quali viene richiesto il
contributo non possono essere "essenziali", nè "a garanzia di diritti
fondamentali". Il comma non specifica quale sia lambito di queste nozioni,
saranno infatti appositi regolamenti delle pubbliche amministrazioni a definire per quali
servizi potrà essere richiesto il contributo e a quanto questo potrà ammontare.
Nellambito delle amministrazioni statali i regolamenti devono essere adottati con le
procedure di cui al già citato art. 17, comma 1, della legge 400 (regolamenti governativi
di attuazione emanati dal Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei
Ministri).
Quanto agli introiti derivanti dai contributi incassati dalle amministrazioni statali,
questi sono versati allentrata del bilancio dello Stato, e - fino al massimo del 30%
- sono riassegnati allunità previsionale di base (il "nucleo operativo"
della nuova struttura del bilancio) con destinaizone finalizzata al personale (incentivi
alla produttività) ed ai dirigenti (retribuzione di risultato) che hanno effettuato la
prestazione.
Il comma 11 in esame, modifica questa disciplina prevedendo che, per lattuazione
della medesima, si debba utilizzare lo strumento del regolamento ministeriale (emanato ai
sensi del comma 3 dellart. 17 della legge n. 400 del 1988), anziché quello del
regolamento governativo (ai sensi del comma 1 dellart. 17 della legge n. 400 del
1988). Più in particolare, viene modificato il citato comma 4 dellart. 43 della
legge 449 del 1997, prevedendosi che, sulla base di criteri generali deliberati dal
Consiglio dei Ministri, ciascun ministro con proprio regolamento, emanato di concerto con
i ministri della funzione pubblica e del tesoro, provveda a definire per quali servizi
possa essere chiesto allutenza un contributo e a quanto esso potrà ammontare.
Il comma 12 dellarticolo in esame reca disposizioni per agevolare
laccesso alla rete Internet.
La norma prevedeva nel testo presentato dal Governo alla Camera con una
formulazione che appare peraltro non priva di ambiguità che lAutorità per
le comunicazioni determinasse la tariffa massima per laccesso a Internet, in modo da
consentire un tempo continuato di connessione giornaliera con i provider non
inferiore a quattro ore giornaliere nellambito di fasce orarie proposte dai soggetti
che gestiscono servizi di telecomunicazioni ed approvate dallAutorità medesima. Nel
testo approvato dalla Camera dei deputati si prevede invece che lAutorità
determini le tariffe delle telecomunicazioni - urbane e interurbane - in modo tale da
agevolare la diffusione delluso di Internet, con particolare riguardo agli utenti
che facciano un uso prolungato della rete.
La norma dà sostanzialmente seguito ad un impegno assunto dal Governo nel DPEF 1999-2001,
quello di far sì che in tutto il territorio nazionale sia possibile accedere ad Internet
al costo della tariffa urbana, anche al fine di favorire lo sviluppo del settore e delle
attività ad esso connesse.
Negli ultimi due anni il settore delle telecomunicazioni è stato interessato, sul piano
normativo, da un ampio processo di trasformazione nel quadro del processo di
liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione previsto dalla normativa comunitaria.
In particolare, il D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, ha recepito varie direttive
comunitarie ed ha sostanzialmente completato il processo di liberalizzazione del mercato
delle telecomunicazioni in Italia, fissando la disciplina generale del settore:
conseguentemente l'installazione, l'esercizio e la fornitura di reti di telecomunicazioni,
nonché la prestazione dei servizi ad esse relativi accessibili al pubblico sono adesso
attività il cui espletamento è fondato sui princìpi della libera concorrenza e della
pluralità dei soggetti operatori.
Qualche dubbio potrebbe sussistere in ordine alla necessità di un intervento legislativo
in materia atteso che, a seguito dell'entrata in vigore del predetto D.P.R. n. 318/1997,
la disciplina del settore delle telecomunicazioni è in larga parte recata da norme di
natura regolamentare.
In particolare, le disposizioni relative alle condizioni economiche dell'offerta dei
servizi di telecomunicazione, previste dallarticolo 7 del D.P.R. n. 318/1997,
affermano i princìpi di trasparenza, obiettività e di orientamento ai costi: tali
condizioni devono essere stabilite indipendentemente dal tipo di applicazione da parte
degli utenti, eccetto quando siano richiesti servizi supplementari. LAutorità di
regolamentazione (istituita con la legge 31 luglio 1997, n. 249) può consentire
agevolazioni tariffarie per elevati volumi di traffico e può approvare condizioni
economiche speciali per la fornitura di servizi di interesse sociale, quali quelli
destinati ad utenti che ne fanno un uso ridotto o a categorie sociali particolari (art. 7,
comma 11).
Va daltra parte rilevato che, nel quadro di un mercato delle telecomunicazioni in
cui le tariffe sono orientate ai costi, la previsione di un intervento legislativo
potrebbe derivare dallesigenza di attribuire allAutorità il potere di fissare
una tariffa massima per laccesso ad uno specifico servizio.
Si rammenta inoltre che la legge 23 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla
legge finanziaria per il 1998), all'articolo 6, comma 3, ha previsto che il Ministero
delle comunicazioni adotti, d'intesa con il Ministero dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, provvedimenti finalizzati a garantire la pari opportunità di
acceso alla rete Internet, anche al fine di evitare discriminazioni di tipo territoriale.
Si segnala, infine, che in materia di agevolazioni per laccesso ad Internet è
attualmente allesame della IX Commissione della Camera in sede referente la proposta
di legge n. 2958.
La disposizione recata dal comma 13 dellarticolo in esame, consente alla
regione Sicilia di utilizzare con maggiore libertà lingente avanzo di
amministrazione nel quale sono immobilizzati circa 4.000 miliardi (esercizio 1997) dei
trasferimenti che essa riceve dallo Stato con vincolo di destinazione. La regione Sicilia
riceve infatti dalla Stato numerosi trasferimenti connessi a leggi di spesa che pongono
vincoli di destinazione e adempimenti specifici per la loro utilizzazione. Per la
difficoltà di portare a termine le procedure che consentono di impegnare quei fondi, il
bilancio della regione registra annualmente un consistente avanzo finanziario di
amministrazione. La parte di gran lunga maggiore è quella determinata dalle assegnazioni
statali non impegnate (prevalentemente in conto capitale e, tra queste, consistenti sono
quelle relative a interventi disposti a seguito di calamità naturali).
Sono liberate dal vincolo di destinazione le assegnazioni finanziarie alla regione Sicilia
che alla data del 31 dicembre 1998 non siano state impegnate secondo le norme di
contabilità della regione o quelle per le quali non sia stato individuato il soggetto
beneficiario. Il comma 13 in esame consente che la regione possa disporre della
utilizzazione di quelle somme con propria legge per interventi nei settori cui erano
originariamente destinate.
Il comma 14 dellarticolo in esame dispone che con decorrenza 1° gennaio 1999
le risorse finanziarie finalizzate ad agevolare gli interventi per la
ricerca nelle aree depresse, di competenza del Ministero dell'università e della
ricerca scientifica e tecnologica, confluiscano ad una apposita sezione del Fondo
speciale per la ricerca applicata. Alla sezione si applicheranno le disposizioni
che attualmente disciplinano il funzionamento del predetto Fondo.
Il Fondo speciale rotativo per la ricerca applicata è stato istituito presso l'Istituto
Mobiliare Italiano con l'art. 4 della L. 25 ottobre 1968, n. 1089, "allo scopo di
accelerare il progresso e lo sviluppo del sistema industriale del Paese e l'adozione delle
tecnologie e delle tecniche più avanzate" attraverso una diversificata tipologia
di interventi. Dopo alcune lievi modifiche recate dalle leggi nn. 652/74 (che ha posto la
riserva del 40 % a favore della ricerca applicata nel Mezzogiorno) e 675/77 (che ha posto
la riserva del 20 % a favore delle piccole e medie imprese) con la legge 17 febbraio 1982,
n. 46, "Interventi per i settori dell'economia di rilevanza nazionale"
(artt. 1-13) si è proceduto ad una rilevante revisione della normativa disciplinante le
modalità di funzionamento del Fondo nonché l'accesso ai benefici del Fondo stesso.
Quanto alle procedure per l'ammissione dei progetti ai finanziamenti, l'art. 7 della legge
ha affidato all'IMI l'istruttoria tecnico-economica degli interventi, mentre la
preselezione dei progetti presentati e la proposta di ammissione alle agevolazioni sono
devolute ad un comitato tecnico-scientifico presieduto dal Ministro dell'università e
della ricerca scientifica e tecnologica, cui spetta deliberare l'ammissione dei progetti.
Con il DL n. 867/86 (conv. con modif. dalla l. n. 22/87) sono stati ammessi agli
interventi a sostegno della ricerca applicata anche i progetti riguardanti iniziative di
cooperazione internazionale e comunitaria nel settore della ricerca, a finalità
esclusivamente pacifiche, ai quali è stata destinata la quota del 10% delle
disponibilità complessive del FRA. Un ulteriore vincolo di destinazione è stato previsto
dall'art. 15 della L. n. 67/1988 (legge fin. 1988), che ha introdotto una quota di riserva
pari al 10% delle disponibilità del Fondo a favore della formazione professionale di
giovani ricercatori e tecnici di ricerca di età non superiore ai 29 anni. Nel tentativo
di incrementare l'operatività del Fondo, con la legge 5/8/1988, n. 346, è poi stata
prevista l'introduzione, tra le iniziative che usufruiscono del sostegno per progetti di
cooperazione internazionale e comunitaria, anche degli studi di fattibilità realizzati
dalle piccole e medie imprese o dai loro consorzi.
Successivamente sono state ampliate le finalità degli strumenti operativi connessi al
Fondo Con l'art. 11 del DL n. 299/94 (conv. dalla legge n. 451/94), infatti, i contratti
di ricerca previsti dalla legge n. 46/82 possono essere utilizzati anche in vista della
creazione di un rapporto tra sistema produttivo e sistema della ricerca scientifica e
tecnologica volto all'accrescimento dei livelli occupazionali conseguibile con misure di
innovazione tecnologica.
L'attività del Fondo è stata poi oggetto della previsione dell'art. 3 del DL 26/95, ("Disposizioni
urgenti per la ripresa delle attività imprenditoriali") conv. dalla L. n. 95/
95, che al comma 1 ha disposto il trasferimento del 5% delle risorse finanziarie stanziate
in bilancio per il periodo 1995-1997 a favore del CNR, dell'ENEA, dell'Istituto Nazionale
di fisica nucleare e del Fondo speciale per la ricerca applicata, al capitolo 7520 dello
stato di previsione del MURST. Il comma 2 ha esteso l'ammissione agli interventi del FRA
anche ai consorzi e alle società consortili, mentre il comma 3 disposto la
variazione della composizione del comitato tecnico-scientifico - fissata originariamente
dalla legge n. 46/82 in sei membri (ora portati a 12), ai quali si era successivamente
aggiunto un rappresentante del Ministro degli interventi straordinari nel Mezzogiorno in
virtù dell'art. 12, co. 11, della legge n. 64/86 - la durata della carica di membro di
tale comitato e la cadenza mensile delle riunioni del comitato stesso.
Con il decreto del Ministero dell'università 8 agosto 1997 "Nuove modalità
procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dagli interventi a valere sul
Fondo speciale per la ricerca applicata", le procedure per la richiesta delle
agevolazioni sono state adeguate alla normativa comunitaria.
Il decreto individua due tipologie di progetti finanziabili: di ricerca industriale e
di sviluppo precompetitivo .
Il novero dei destinatari ulteriormente ampliato rispetto alle precedenti disposizioni
comprende: imprese industriali anche consorziate; enti pubblici economici che svolgono
attività produttive; società di ricerca costituite con i mezzi del fondo tra i
precedenti soggetti beneficiari; centri di ricerca industriale dotati di personalità
giuridica autonoma e promossi dai soggetti beneficiari; consorzi tra imprese industriali e
enti pubblici; istituti ed enti pubblici di ricerca a carattere regionale; imprese
artigiane di cui alla legge 443/85; aziende speciali degli enti locali costituite per
l'assunzione diretta di pubblici servizi; imprese del settore agro-industriale; società
consortili, a capitale pubblico-privato, limitatamente a quelle cui partecipino anche le
università e gli enti pubblici o privati operanti nel settore della ricerca; consorzi e
società consortili a partecipazione finanziaria maggioritaria di imprese manifatturiere.
Le agevolazioni calcolate in Equivalente sovvenzione lordo (ESL) sono concesse
nell'ambito dell'intero territorio nazionale nelle forme del contributo in conto spese e
del credito agevolato. L'importo massimo varia in relazione alla tipologia delle attività
svolte (sviluppo precompetitivo e ricerca industriale) e con riferimento a progetti di
ricerca svolti autonomamente e in relazione a programmi nazionali e contratti di ricerca.
Nel caso di attività precompetitive l'intervento agevolativo può arrivare fino al 25%
ESL, nel caso di ricerca industriale fino al 50% ESL e al 35% nel caso di progetti misti.
Sono previste maggiorazioni in casi specifici individuati dal provvedimento che, comunque,
non possono globalmente dare diritto ad un contributo aggiuntivo superiore al 25% ESL. I
progetti di costo superiore ai 25 milioni di ECU, e beneficianti di un aiuto superiore ai
5 milioni di ECU in ESL, sono notificati alla Commissione europea.
Da ultimo, il DM 23 ottobre 1997, che ha stabilito le procedure per la
concessione delle agevolazioni destinate ai progetti di ricerca di cui allart. 6,
co. 5, del DL 32/95 "Disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle
agevolazioni alle attività gestite dalla soppressa Agenzia per la promozione e lo
sviluppo del Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonché per
lavvio dellintervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale"
(conv. con modif. dalla l. 104/95) a valere sui fondi della legge 488/92, ha diversificato
e ampliato le opportunità di accesso ai progetti di ricerca e di sviluppo da parte delle
imprese, consentendo la piena attuazione del predetto DL che costituisce un importante
strumento di incentivazione a favore delle zone svantaggiate.
NOTE
1
Ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs 3 aprile 1993, n. 96 "Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della legge 19 dicembre 1992, n. 488", relativo alle agevolazioni alle attività di ricerca nelle aree depresse, sono attribuite (comma 1) al Ministero dell'università e della ricerca scientifica, in attuazione delle funzioni di coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica e dell'istruzione universitaria allo stesso spettanti, le funzioni relative:
2 L'Equivalente sovvenzione lordo (ESL) corrisponde all'Equivalente sovvenzione netto (ESN) al loro delle imposte. Il metodo di calcolo cosiddetto "dell'ESN" è stato adottato dalla UE per valutare l'importo attualizzato degli aiuti (sia in conto capitale che in conto interessi) concessi alle imprese degli Stati membri, importo che viene rapportato in termini percentuali, all'investimento complessivo. La sovvenzione si determina al netto dell'imposta (si assume che l'impresa consegua, nel primo anno, un utile sufficiente per pagare l'imposta commisurata alla sovvenzione).
Il comma 16 dellarticolo in esame - introdotto dalla Camera dei
deputati - prevede la possibilità di novazione, a favore dello stesso soggetto
mutuatario o di altro soggetto, dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti per
l'esecuzione di costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero ricostruzioni e
ristrutturazioni di destinati a sede di uffici giudiziari, ai sensi dellarticolo 19
della legge n. 119 del 1981 (legge finanziaria per il 1981).
Listituto della novazione è regolata allarticolo 1230 e ss. del codice
civile. In particolare larticolo 1230, relativo alla novazione oggettiva,
stabilisce che lobbligazione si estingue quando le parti sostituiscono
allobbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso. Il
successivo articolo 1235 regola la novazione soggettiva, prevedendo che quando il
nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene liberato, si osservano le norme
contenute agli articoli da 1268 a 1276 del codice civile sulla delegazione, espromissione
e accollo.
Larticolo 19 della legge n. 119/1981disponeva che gli enti locali potevano contrarre
con la Cassa depositi e prestiti mutui per l'esecuzione di costruzioni di nuovi edifici
giudiziari ovvero ricostruzioni, ristrutturazioni, sopraelevazioni, completamenti,
ampliamenti o restauri di edifici di proprietà comunale e delle amministrazioni
provinciali, destinati o da destinare a sede di uffici giudiziari, nonché per
l'acquisto, anche a trattativa privata, di edifici in costruzione o già costruiti, anche
se da restaurare, ristrutturare, completare o ampliare per renderli idonei all'uso
giudiziario, da adibire a sedi di uffici giudiziari, con prioritario riferimento alle
maggiori esigenze connesse con la riforma della procedura penale.
I mutui suddetti potevano essere altresì contratti per fronteggiare le occorrenze
relative agli edifici da destinare all'attività del giudice conciliatore.
Gli enti locali potevano, inoltre, contrarre con la Cassa depositi e prestiti mutui per
maggiori oneri derivanti da costruzioni, ricostruzioni, sopraelevazioni, ampliamenti,
restauri o manutenzione straordinaria di edifici destinati a casa mandamentale.
Ai fini della concessione dei mutui, gli enti locali dovevano allegare alla richiesta di
finanziamento l'attestazione, a firma del segretario comunale o del segretario
provinciale, che il progetto esecutivo dei lavori ha riportato il parere favorevole del
Ministero di grazia e giustizia.
Il Ministero di grazia e giustizia avrebbe provveduto a promuovere, anche con la
collaborazione dell'ANCI, la presentazione tempestiva dei progetti e a fornire, ove
occorra, l'assistenza tecnica necessaria affinché, nell'ambito delle predette
disponibilità, si potesse raggiungere nel 1981 un impiego di lire 700 miliardi.
Entro il 30 giugno 1981 il Ministro di grazia e giustizia avrebbe informato il Parlamento
sul piano di massima predisposto per gli interventi previsti dal primo e dal terzo comma.
L'onere di ammortamento dei mutui era a carico del bilancio dello Stato.
Il comma in esame prevede la possibilità di novazione dei mutui concessi ex articolo
19 della legge n. 119/1981, anche in deroga alle disposizioni previste
dallarticolo 20, comma 1, della legge n. 412/1991 e dallarticolo 1, comma 3,
del D.L. n. 398/1993, in tema di economie e revoche.
La legge 30 dicembre 1991, n. 412, recante "Disposizioni in materia di finanza
pubblica", reca allarticolo 20 norme in materia di opere pubbliche. In
particolare il primo comma dispone che le economie verificatesi nella realizzazione di
opere pubbliche, finanziate con ricorso a mutui con ammortamento a carico del bilancio
statale in base a specifiche disposizioni legislative, possono essere utilizzate per
lavori suppletivi oppure di variante al progetto originario, previa autorizzazione del
Ministro competente, secondo le medesime procedure previste dalla legge di riferimento,
entro un quinquennio dalla concessione del mutuo stesso.
Il D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, recante "Disposizioni per l'accelerazione degli
investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in
materia edilizia", convertito, con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n.
493 allarticolo 1 reca disposizioni circa i programmi di investimento 1993-1995. In
particolare il primo comma stabilisce che, ai fini del sostegno dell'occupazione, il CIPE
riesamina i programmi d'intervento previsti dalla normativa vigente al fine di verificare
l'esecutività dei singoli progetti, di confermarne le priorità e di accelerarne
l'attuazione. Il CIPE ha facoltà di deliberare la revoca, da disporsi, con decreto del
Ministro competente, dei finanziamenti per l'esecuzione di opere la cui realizzazione non
sia stata avviata o la cui prosecuzione risulti non conveniente. Il comma 3 stabilisce che
gli importi derivanti dalle revoche sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per
essere assegnati con decreto del Ministro del tesoro, su proposta del Ministro del
bilancio, ai pertinenti capitoli di spesa. I mutui concessi dalla Cassa depositi e
prestiti in base a leggi speciali che prevedono l'ammortamento a totale carico
dello Stato e per i quali gli enti locali mutuatari non abbiano dato inizio ai lavori
entro un triennio dalla concessione o abbiano dichiarato l'impossibilità all'esecuzione
dell'opera, con decreto del Ministro del tesoro, adottato di concerto con il Ministro
competente in materia, sono revocati, ovvero devoluti allo stesso soggetto mutuatario per
il finanziamento totale o parziale di altre opere pubbliche urgenti. Le risorse che si
renderanno disponibili per effetto delle revoche di cui al periodo precedente possono
essere riassegnate, con decreto del Ministro del bilancio, adottato di concerto con il
Ministro del tesoro, a comuni, province e comunità montane, consorzi tra enti locali,
aziende speciali e società a prevalente capitale pubblico locale, per l'esecuzione di
opere pubbliche urgenti, nei limiti temporali e finanziari residui sui mutui revocati,
previa restituzione da parte degli originari mutuatari delle somme eventualmente erogate.
Il comma in esame dispone altresì che novazione non comporta variazione
allammortamento dei mutui originariamente concessi, salvo ladeguamento degli
interessi sulla quota residua al tasso corrente sul mercato alla data della novazione
stessa.
La novazione è disposta, previo parere favorevole del Ministero della giustizia,
per la realizzazione di investimenti finanziabili ai sensi dellarticolo 19, primo
comma, della legge n. 119/1981 (costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero
ricostruzioni, ristrutturazioni, sopraelevazioni, completamenti, ampliamenti o restauri di
edifici di proprietà comunale e delle amministrazioni provinciali, destinati o da
destinare a sede di uffici giudiziari, nonché per l'acquisto, anche a trattativa
privata, di edifici in costruzione o già costruiti, anche se da restaurare,
ristrutturare, completare o ampliare per renderli idonei all'uso giudiziario, da adibire a
sedi di uffici giudiziari, con prioritario riferimento alle maggiori esigenze connesse con
la riforma della procedura penale).
Qualora si tratti di mutui concessi per le finalità previste dallarticolo 19, comma
3, della legge n. 119/1981 (costruzioni, ricostruzioni, sopraelevazioni, ampliamenti,
restauri o manutenzione straordinaria di edifici destinati a casa mandamentale), la
devoluzione è disposta con decreto del Ministro della giustizia.
La disposizione in esame, introdotta dalla Camera dei deputati, integra il
novero dei soggetti che possono, mediante lapporto di beni immobili o diritti reali
su di essi, sottoscrivere quote di fondi immobiliari chiusi ai sensi dellarticolo
14-bis della legge n. 86 del 1994.
I soggetti previsti al comma 1 di tale articolo sono: lo Stato, gli enti previdenziali
pubblici, le regioni, gli enti locali e loro consorzi, nonché le società interamente
posseduta anche indirettamente da questi soggetti.
Il comma 15 in esame aggiunge a questi enti anche le unità sanitarie locali nonché le
aziende ospedaliere.
Il comma 1 dell'articolo 14-bis, come modificato dall'articolo
3, comma 111 della legge n. 662 del 1996 (collegato alla finanziaria per il 1997), prevede
la possibilità che, in alternativa alle modalità operative indicate negli
articoli 12, 13 e 14, della legge n. 86/1994, le quote del fondo possano essere
sottoscritte come si è accennato, entro un anno dalla sua costituzione, anche con apporto
di beni immobili o di diritti reali su immobili qualora l'apporto sia costituito per oltre
il 51 per cento (nella normativa previgente la percentuale era del 90%) da beni e diritti
apportati dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro
consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi
soggetti.
Il comma 2 dell'articolo 14-bis stabilisce una deroga a favore dello Stato.
Per le finalità previste dal citato art. 14-bis, infatti, la società di gestione
non deve essere controllata, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, neanche
indirettamente, da alcuno dei soggetti che procedono all'apporto: tuttavia,
nell'individuazione del soggetto controllante non si tiene conto delle partecipazioni
detenute dal Ministero del tesoro. La misura dell'investimento minimo obbligatorio nel
fondo di cui all'articolo 13, comma 8, della legge n. 86/1994 è determinata dal Ministro
del tesoro nel limite massimo dell'1 per cento dell'ammontare del fondo.
Il comma 3 stabilisce che il regolamento del fondo preveda l'obbligo, per i
soggetti conferenti, di integrare l'apporto in natura con un apporto in denaro non
inferiore al 5 per cento del valore del fondo. Lobbligo di apporto in denaro non
sussiste nel caso in cui partecipino al fondo, esclusivamente con apporti in denaro,
soggetti diversi da quelli che effettuano apporti in natura ai sensi del comma 1
dellarticolo 14-bis in parola e sempre che il relativo apporto in denaro non
sia inferiore al 10 per cento del valore del fondo. La liquidità derivante dagli apporti
in denaro non può essere utilizzata per lacquisto di beni immobili o diritti reali
su immobili ad eccezione degli acquisti di beni immobili e di diritti reali immobiliari
strettamente necessari ad integrare i progetti di utilizzo di beni e diritti apportati ai
sensi del comma 1, e sempre che detti acquisti comportino un investimento non superiore al
30 per cento dellapporto complessivo in denaro.
Gli immobili apportati al fondo ai sensi del comma 1 sono sottoposti alle procedure di
stima previste dall'articolo 8 della legge n. 86/1994 (cioè attraverso il collegio dei
periti) anche al momento dell'apporto; la relazione deve essere redatta e depositata al
momento dell'apporto con le modalità e le forme indicate nell'articolo 2343 del codice
civile e deve contenere i dati e le notizie richieste da commi 1 e 4 del medesimo articolo
8 (comma 4 del novellato articolo 14-bis).
Il comma 5 prevede che agli immobili apportati al fondo da soggetti
diversi da quelli indicati dal comma 1 si applicano le disposizioni di cui all'articolo
14, commi 6 e 6-ter. In particolare, il comma 6 stabilisce che il patrimonio del
fondo non può essere investito in attività direttamente o indirettamente cedute da un
socio, amministratore, direttore o dipendente della società di gestione o da altro fondo
gestito dalla medesima società ovvero da altre società facenti parte del medesimo gruppo
o da loro soci, amministratori, direttori o dipendenti, o da soggetti che le abbiano
acquistate dalle stesse società. Il comma 6-ter prevede invece che, a pena di
nullità dei contratti di vendita, le attività patrimoniali del fondo non possono essere
cedute direttamente o indirettamente ad un socio, amministratore, direttore o dipendente
della società di gestione o ad altro fondo gestito dalla stessa società ovvero ad altre
società facenti parte del medesimo gruppo ed ai loro soci, amministratori, direttori o
dipendenti.
Il comma 6 dell'art. 14-bis prevede la possibilità per la società di
gestione di procedere all'offerta al pubblico delle quote derivate dall'istituzione del
fondo con modalità analoghe a quelle previste dall'articolo 12, comma 3, della legge n.
86; a tal fine, le quote sono tenute in deposito presso la banca depositaria. L'offerta al
pubblico deve essere corredata dalla relazione dei periti di cui al comma 4 e, ove
esistente, dal certificato attestante l'avvenuta approvazione dei progetti di utilizzo dei
beni e dei diritti da parte della conferenza di servizi di cui al comma 12. L'offerta al
pubblico deve concludersi entro diciotto mesi dalla data dell'ultimo apporto in natura e
comportare il collocamento di quote per un numero non inferiore al 60 per centro del loro
numero originario presso investitori diversi dai soggetti conferenti. Il regolamento del
fondo prevede le modalità con cui la società di gestione procede alla consegna delle
quote degli acquirenti, riconosce i corrispettivi ai soggetti conferenti e restituisce ai
medesimi le quote non collocate.
Gli interessati all'acquisto delle quote offerte ai sensi del comma 6 sono tenuti a
fornire alla società di gestione, su richiesta della medesima, garanzie per il buon esito
dell'impegno di sottoscrizione assunto. Le possibili forme di garanzia sono indicate nel
regolamento del fondo (comma 7).
Il comma 8 stabilisce le procedure per la richiesta alla CONSOB, da parte della
società di gestione, dell'ammissione dei relativi certificati alla negoziazione in un
mercato regolamentato.
Qualora, decorso il termine di diciotto mesi dalla data dell'ultimo apporto in natura,
risulti collocato un numero di quote inferiore a quello indicato nel comma 6, la società
di gestione dichiara il mancato raggiungimento dell'obiettivo minimo di collocamento,
dichiara caducate le prenotazioni ricevute per l'acquisto delle quote e delibera la
liquidazione del fondo, che viene effettuata da un commissario nominato dal Ministro del
tesoro e del bilancio e operante secondo le direttive impartite dal Ministro medesimo, il
quale provvederà a retrocedere i beni immobili e i diritti reali immobiliari apportati ai
soggetti conferenti (comma 9).
Il comma 10 disciplina il regime tributario dei fondi e stabilisce
che gli apporti al fondo non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili
per l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del
diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo
valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto.
La cessione di quote da parte di organi dello Stato per importi superiori ovvero anche
inferiori a quelli attribuiti agli immobili o ai diritti reali immobiliari al momento del
conferimento comporta una corrispondente proporzionale rettifica del valore fiscalmente
riconosciuto dei beni e dei diritti medesimi rilevante ai fini dell'articolo 15, cioè ai
fini del regime tributario applicabile.
Per l'insieme degli apporti e delle eventuali successive retrocessioni l'imposta
sostitutiva dovuta in luogo delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale e
dell'INVIM, è ridotta da lire 100 milioni a lire 1 milione (comma 11) ed è
liquidata dall'ufficio del registro a seguito di denuncia del primo apporto in natura che
deve essere presentata dalla società di gestione entro sei mesi dalla data in cui
l'apporto stesso è stato effettuato.
I progetti di utilizzo degli immobili e dei diritti apportati a norma del comma 1 di
importo complessivo superiore a 2 miliardi di lire, sono sottoposti, ai sensi del comma
12, all'approvazione della conferenza di servizi di cui all'articolo 14 della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Ai sensi dell'articolo 2, comma
12, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, le determinazioni concordate nelle conferenze di
servizi sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nulla osta, e gli
assensi comunque denominati, compresi quelli, ove nelle conferenze sia assicurata la
presenza del comune e della regione interessati, necessari ai fini della variazione degli
strumenti urbanistici. Qualora nelle conferenze non si pervenga alle determinazioni
conclusive entro novanta giorni dalla convocazione ovvero non si raggiunga l'unanimità,
anche in conseguenza della mancata partecipazione ovvero della mancata comunicazione entro
venti giorni delle valutazioni delle amministrazioni e dei soggetti regolarmente
convocati, le relative determinazioni sono assunte ad ogni effetto dal Presidente del
Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il suddetto
termine può essere prorogato una sola volta per non più di sessanta giorni. I termini
stabiliti da altre disposizioni di legge e regolamentari per la formazione degli atti
facenti capo alle amministrazioni e soggetti chiamati a determinarsi nelle conferenze dei
servizi, ove non risultino compatibili con il termine di cui al precedente periodo,
possono essere ridotti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per poter
consentire di assumere le determinazioni delle conferenze di servizi nel rispetto del
termine stabilito nel periodo precedente. Eventuali carenze, manchevolezze, errori od
omissioni della conferenza nel procedimento di approvazione del progetto non sono
opponibili alla società di gestione, al fondo, né ai soggetti cui sono stati trasmessi,
in tutto ovvero anche solo in parte, i relativi diritti.
Il Ministro del tesoro può emettere, ai sensi del comma 13 dell'articolo 14-bis,
titoli speciali che prevedono diritti di conversione in quote dei fondi secondo modalità
e condizioni fissate con decreto dello stesso Ministro. Le modalità e le condizioni di
tali emissioni sono fissate con decreto dello stesso Ministro.
Le somme derivanti dal collocamento dei titoli emessi o dalla cessione delle quote nonché
dai proventi distribuiti dai fondi affluiscono (comma 14) al fondo per
l'ammortamento dei titoli di Stato (legge 27 ottobre 1993, n. 432). Tale disposizione
dovrebbe probabilmente essere coordinata con il comma 95 dell'articolo 3 in esame, che
prevede il versamento all'entrata del bilancio dello Stato dei proventi spettanti
all'erario in relazione alle quote di fondi immobiliari.
Gli enti locali territoriali sono autorizzati, ai sensi del comma 15 dell'art. 14-bis,
fino a concorrenza del valore dei beni conferiti, ad emettere prestiti obbligazionari
convertibili in quote dei fondi, secondo le modalità di cui all'articolo 35 della legge
n. 724/1994, che regolamenta l'emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti
territoriali. In alternativa alla procedura di offerta al pubblico, gli enti locali
territoriali, per le quote di propria pertinenza, possono emettere titoli speciali che
prevedano diritti di conversione in quote di fondi istituiti o da istituirsi ai sensi del
comma 1, secondo le modalità di cui al medesimo articolo 35 della legge n. 724/1994. Le
somme derivanti dal collocamento dei titoli emessi ai sensi del comma 15 o della cessione
delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi sono destinate (comma 16) al
finanziamento degli investimenti secondo le norme previste dal decreto legislativo 25
febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali) nonché alla
riduzione del debito complessivo.
Qualora per l'utilizzazione o la valorizzazione dei beni e dei diritti da conferirsi ai
sensi del comma 1 da parte degli enti locali territoriali, sia prevista dal regolamento
del fondo l'esecuzione di lavori su beni immobili di pertinenza del fondo stesso, gli enti
locali territoriali conferenti dovranno effettuare ai sensi del comma 17 anche i
conferimenti in denaro necessari nel rispetto dei limiti previsti obbligazionari
convertibili in quote del fondo fino a concorrenza dell'ammontare sottoscritto in denaro.
Le quote del fondo spettanti agli enti locali territoriali a seguito dei conferimenti in
denaro saranno tenute in deposito presso la banca depositaria fino alla conversione.
NOTE
1
Si ricorda che il capo II (artt. 12-15) della legge n. 86/1994 disciplina l'istituzione, la partecipazione, la gestione e il trattamento tributario del fondo.2
Il nuovo regime tributario dei fondi immobiliari chiusi, disciplinato dall'articolo 15 della legge n. 86/1994, come modificato dalla lettera c) dell'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 406/1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 503/1995, considera innanzitutto unitamente, ai fini fiscali, la società di gestione dei fondi ed i fondi stessi, anche se il reddito relativo alla prima e quello di ciascuno dei suoi fondi sono determinati separatamente. Il reddito della società di gestione è determinato sulla base delle norme previste per le persone giuridiche dal DPR n. 917/1986, recante Testo Unico delle imposte sui redditi (TUIR); il reddito del fondo comune immobiliare è invece determinato secondo le disposizioni applicabili per la determinazione del reddito soggetto ad IRPEG e ad ILOR delle società commerciali e degli enti che abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, con le seguenti eccezioni:
Il comma 18 in esame, introdotto dalla Camera dei deputati, reca una norma di
interpretazione autentica del comma 1 dellarticolo 30 della legge n. 416 del 1981.
Questultimo individua le iniziative di ristrutturazione economica e produttiva
delle imprese editrici, beneficiarie di forme di finanziamento agevolato disciplinate dai
commi successivi del medesimo articolo 30 nonché degli articoli seguenti.
Si tratta in particolare di iniziative comprese tra le seguenti:
lacquisto, linstallazione, il potenziamento, lampliamento e
lammodernamento delle attrezzature tecniche e degli impianti di composizione,
stampa, confezione, magazzinaggio, teletrasmissione e degli impianti di alta e bassa
frequenza delle imprese di radiodiffusione sonora, nonché lacquisto, la costruzione
e la ristrutturazione di immobili e lacquisto del terreno;
introduzione di sistemi di produzione e di gestione basati sullimpiego di elaborati
ed elaborazione dei programmi necessari per renderli operativi;
riqualificazione del personale connessa con lintroduzione dei nuove tecnologie;
costituzione delle scorte di materie prime e di materiale da impiegare nella produzione,
necessari per assicurare la regolarità e continuità di questa;
realizzazione di nuove testate o di nuove iniziative editoriali, anche nellambito
delle testate esistenti, con esclusione delle spese correnti connesse alla loro
pubblicazione.
Il comma 18 in esame prevede, in particolare, che possano essere destinatari del
finanziamento agevolato anche coloro che detengono in comodato i beni interessati dalle
iniziative di ristrutturazione (oggetto del finanziamento della citata legge n. 416 del
1981), a condizione che i beni medesimi vengano utilizzati prevalentemente per la
produzione o la distribuzione di giornali quotidiani, periodici o libri editi dalle
imprese ammesse allagevolazione al credito.
Sembrerebbe trattarsi sempre delle agevolazioni previste dal citato articolo 30 della
legge n. 416 del 1981.
Il comma 19 - introdotto dalla V Commissione del Senato - aggiunge un comma alla fine
dellart. 69 del D.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (nel testo sostituito prima
dallart. 34 del D.lgs. 23 dicembre 1993, n. 546, e successivamente dallart. 31
del D.lgs. 31 marzo 1998, n. 80).
Tale art. 69 disciplina il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie
individuali in materia di pubblico impiego. Lesperimento di tale tentativo (così
come nelle controversie relative a rapporti di lavoro privato) è necessario ai fini della
procedibilità della domanda giudiziale.
Il procedimento di conciliazione si svolge secondo le modalità previste dai contratti
collettivi; in mancanza, trovano applicazione le norme poste dal medesimo D.lgs. n. 29, e
successive modificazioni e integrazioni, e il tentativo ha luogo dinanzi ai collegi di
conciliazione (istituiti presso le direzioni provinciali del lavoro) di cui allart.
69-bis del D.lgs.n. 29 (articolo aggiunto dall'art. 32 del D.lgs. 31 marzo 1998, n.
80).
Il comma 19 in esame demanda al Ministro del lavoro, dintesa con la Presidenza del
Consiglio dei Ministri-Dipartimento per la funzione pubblica, ed il Ministro del tesoro e
del bilancio, di provvedere, mediante mobilità volontaria interministeriale,
all'incremento degli organici delle commissioni di conciliazione (istituite presso la
direzione provinciale del lavoro o presso le relative sezioni zonali), al fine del
tempestivo svolgimento del tentativo di conciliazione (anche naturalmente con riferimento
alle controversie inerenti a rapporti di lavoro privato).
Si deve intendere naturalmente che il comma 19 in esame faccia riferimento anche ai
collegi di conciliazione di cui al citato art. 69-bis; questi ultimi, come detto,
sono gli organi competenti per le controversie in materia di pubblico impiego (fatte salve
le diverse procedure eventualmente stabilite dai contratti collettivi), mentre le
summenzionate commissioni sono deputate per le controversie inerenti a rapporti di lavoro
privato (salvo sempre le diverse previsioni dei contratti ed accordi collettivi; art. 410
del Codice di procedura civile).
Il comma 20 in esame, inserito dalla V Commissione del Senato, prevede
labrogazione della lettera b) del comma 1 dellarticolo 5 del decreto-legge n.
199 del 1993, convertito dalla legge n. 293 dello stesso anno, recante "interventi in
favore dei dipendenti delle imprese di spedizione interazionale, dei magazzinieri generali
e degli spedizionieri doganali".
Il citato comma 5 prevede che, con proprio decreto, il Ministro delle finanze possa indire
concorsi pubblici per esami per la copertura delle vacanze di organico del Ministero
stesso. Più in particolare la lettera b), del quale il comma 20 in esame dispone
labrogazione, prevede che il Ministero bandisca concorsi per 1085 unità nel profilo
professionale di coadiutore, quarta qualifica funzionale.
Comma 21
(Norma sulla copertura finanziaria degli oneri derivanti
dal funzionamento dellUfficio nazionale per il servizio civile)
La disposizione in esame, inserita dalla V Commissione, modifica la copertura
finanziaria degli oneri derivanti dal funzionamento dellUfficio nazionale per il
servizio civile.
Questa struttura, prevista dallart. 8 della legge n. 230 del 1998 recante
"Nuove norme in materia di obiezione di coscienza", è incardinata presso la
Presidenza del Consiglio ed ha essenzialmente il compito di organizzare e gestire la
chiamata e limpiego degli obiettori di coscienza, promuovendone la formazione e
garantendone lutilizzazione esclusivamente in attività di assistenza, prevenzione,
cura e riabilitazione sociale, educazione, promozione culturale, protezione civile,
cooperazione allo sviluppo, difesa ecologica, salvaguardia e fruizione del patrimonio
artistico e ambientale, tutela e incremento del patrimonio forestale, con esclusione di
impieghi burocratico-amministrativi.
Il comma 7 del citato art. 8 prevede che, per il triennio 1998-2000, agli oneri derivanti
dal funzionamento di questo Ufficio, quantificato in 850 milioni annui, si provveda
utilizzando il Fondo speciale di parte corrente per la parte relativa al Ministero del
lavoro.
Il comma 21 in esame dispone che a questi oneri - valutati in 850 milioni per il 1998
e 3 miliardi annui a decorrere dal 1999 - si provveda utilizzando le disponibilità del
Fondo nazionale per il servizio civile degli obiettori di coscienza, previsto, sempre
dalla legge n. 230 del 1998, allarticolo 19.
Il comma 22 dellarticolo 42, inserito dalla Commissione Bilancio del Senato,
stabilisce un regime di neutralità fiscale per le operazioni connesse alla trasformazione
in società per azioni di enti pubblici, operate ai sensi di diverse normative.
Si tratta delle operazioni previste:
dal comma 83 dellarticolo 1 della legge n. 549 del 1995 (provvedimento collegato
alla legge finanziaria per il 1996), relativamente alla trasformazione in società per
azioni degli enti acquedottistici;
dallarticolo 14 della legge n. 59 del 1997;
dallarticolo 17, comma 1, del provvedimento in esame, che consente al Ministro del
tesoro, di concerto con il Ministro delle finanze e, nel caso di immobili vincolati, del
Ministro per i beni e le attività culturali, non solo di vendere, ma anche di conferire a
società per azioni compendi, singoli beni immobili (non destinati ad usi governativi) o
diritti reali su di essi anche se posti nella disponibilità di soggetti diversi dallo
Stato - in virtù di leggi, atti amministrativi o a qualunque altro titolo -, ciò al fine
di assicurarne una più proficua gestione.
Il comma 83 dellarticolo 1 della legge n. 549 del 1995 ha previsto la trasformazione
in società per azioni degli enti acquedottistici sottoposti a vigilanza statale, nonché
di quelli interregionali e regionali istituiti con legge statale o regionale.
Per quanto riguarda i primi, si ricorda che essi rientrano nella generale previsione di
cui all'art. 10, comma 5, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ("Disposizioni in
materia di gestione delle risorse idriche").
Tale norma ha previsto - ai fini della costituzione del "servizio idrico
integrato" - il riassetto, sia funzionale sia organizzativo, degli enti, sottoposti
a vigilanza statale, che gestiscono i servizi pubblici di captazione, adduzione e
distribuzione di acqua.
In merito agli enti acquedottistici regionali, si ricorda che l'art. 117, primo comma,
della Costituzione, attribuisce alla competenza regionale la materia degli acquedotti
e dei lavori pubblici di interesse regionale. Anche per le Regioni a statuto speciale, i
relativi Statuti hanno espressamente ricompreso gli acquedotti nel novero delle materie di
competenza regionale.
A tale riguardo, la dottrina appare concorde nel sostenere che la locuzione "acquedotti
di interesse regionale" comprenda non solo i lavori relativi agli acquedotti, ma,
più in generale, tutte le attività pubbliche concernenti tali infrastrutture.
Con la locuzione "enti acquedottistici" vengono inoltre indicati alcuni enti
istituiti con leggi speciali dello Stato, ma preposti alla costruzione,
manutenzione ed esercizio di acquedotti di rilievo regionale ovvero interregionale.
Si ricordano, in particolare :
l'Ente autonomo per l'Acquedotto Pugliese, istituito dalla legge 23 settembre 1920, n.
1365;
l'Ente Acquedotti Siciliani, istituito dalla legge 19 gennaio 1942, n. 24 .
Ai sensi del citato comma 83, tutti i suindicati enti acquedottistici, ai quali è
attribuita personalità giuridica di diritto pubblico, sono trasformati in società per
azioni, allo scopo di consentire la cessione ai privati di quote del capitale nonché di
"evitare aggravi per la finanza pubblica": la trasformazione deve avvenire con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentite le amministrazioni e gli enti
competenti.
L'articolo 14 della legge n. 59 del 1997 (c.d. Bassanini uno) individua i principi ed i
criteri direttivi perv l'attuazione della delega di cui alla lettera b) del comma 1
dell'articolo 11 della stessa legge n. 59 del 1997: tale lettera b) prevede il riordino
degli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dalla assistenza e previdenza,
nonché degli enti privati, controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, che
operano, anche all'estero, nella promozione e nel sostegno pubblico al sistema produttivo
nazionale.
L'articolo 14, in particolare, stabilisce che nell'attuazione della citata norma di delega
di cui alla lettera b) il Governo dovrà perseguire l'obiettivo di una complessiva
riduzione dei costi amministrativi e deve attenersi, tra l'altro, ai seguenti princìpi e
criteri direttivi:
fusione o soppressione di enti con finalità omologhe o complementari, trasformazione di
enti per i quali l'autonomia non sia necessaria o funzionalmente utile in ufficio dello
Stato o di altra amministrazione pubblica, ovvero in struttura di università, con il
consenso della medesima, ovvero liquidazione degli enti inutili;
trasformazione in associazioni o in persone giuridiche di diritto privato degli enti che
non svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico nonché di altri enti per
il cui funzionamento non è necessaria la personalità di diritto pubblico; trasformazione
in ente pubblico economico o in società di diritto privato di enti ad alto indice di
autonomia finanziaria;
Le disposizioni recate dal comma 22 in esame appaiono in linea con il regime
fiscale già riconosciuto, in via generale, per le operazioni di riorganizzazione
societaria, e con le norme specifiche dettate in precedenti analoghe fattispecie.
Si ricorda, infatti, che il decreto legislativo sulle operazioni di riorganizzazione
societaria, n. 358 del 1997, ha provveduto al riordino e alla modifica della complessa
materia delle ristrutturazioni aziendali, differenziandola dalle disposizioni normative
del Testo Unico delle imposte sui redditi e delle leggi tributarie da esso richiamate, che
risultavano penalizzanti sotto il profilo impositivo.
In particolare, larticolo 1 del D.Lgs. n. 358 del 1997 ha introdotto una nuova
disciplina fiscale applicabile alle plusvalenze derivanti da cessioni dazienda e di
partecipazioni di controllo o collegamento.
Tale normativa, da cui sono esplicitamente escluse le plusvalenze realizzate in sede di
fallimento o liquidazione coatta amministrativa separatamente regolamentate dallart.
125 del Testo Unico, introduce un nuovo sistema sostitutivo di imposizione che, a
determinate condizioni e dietro esercizio di apposita opzione, consente
lassoggettamento della plusvalenza ad una tassazione ad aliquota ridotta del 27%, e
si pone come alternativa alla tassazione ordinaria delle plusvalenze (ad aliquota IRPEG
del 37%) di cui allart. 54 del Testo Unico.
Il nuovo regime, differisce a seconda che la cessione abbia ad oggetto unazienda (o
un suo ramo) o una partecipazione di controllo o collegamento.
Nel primo caso, requisito essenziale per lapplicabilità del regime sostitutivo è
il possesso triennale dellazienda da parte di un imprenditore residente nello Stato
italiano ovvero da parte di una stabile organizzazione italiana di soggetti non residenti,
come si evince dal richiamo che la norma fa allart. 54 del Testo Unico delle imposte
sui redditi ai fini della determinazione della plusvalenza.
Diversamente, per le cessioni di partecipazioni, la norma richiede lesercizio di un
controllo (o collegamento) ai sensi dellart. 2359, Codice civile, da parte di
soggetti che abbiano iscritto in bilancio la partecipazione tra le immobilizzazioni
finanziarie per almeno un triennio.
Anche le plusvalenze da conferimento di azienda o di partecipazione di controllo e
collegamento, già parificate dallart. 9 Tuir alle operazioni di cessione, sono
assoggettabili al nuovo regime sostitutivo a norma degli articoli 3 e 4 del decreto
legislativo n. 358 del 1997. Esplicitamente escluse, viceversa, le minusvalenze da
conferimento che rimangono assoggettate alle disposizioni dettate dal Testo Unico delle
imposte sui redditi.
Il decreto legislativo n. 358 del 1997 innova profondamente il meccanismo di
determinazione della plusvalenza fissato dal Testo Unico svincolandolo dal valore normale
e ancorandolo invece al valore attribuito ai beni nelle scritture del conferitario.
La plusvalenza tassabile, infatti, si viene a determinare solo ove il valore di realizzo,
coincidente con il valore di iscrizione dei beni ricevuti dalla conferitaria o, se
superiore, quello delle partecipazioni ricevute dalla conferente, sia superiore al valore
fiscalmente riconosciuto in capo alla conferente.
In altri termini, se il conferitario iscrive i beni o le partecipazioni ricevute agli
stessi valori di carico del conferente, in capo a questi non si determinerà nessuna
plusvalenza e il conferimento risulterà unoperazione fiscalmente neutra. La
norma non consente, tuttavia, al conferitario di subentrare nelle posizioni soggettive del
conferente (prosecuzione degli ammortamenti, delle svalutazioni ecc.): la cosiddetta
continuità dei valori è stata infatti limitata al solo caso di conferimento di aziende
possedute da almeno tre anni.
Oltre alla delineata regola generale di determinazione delle plusvalenze da conferimento
sia di aziende che di partecipazioni, il decreto legislativo determina un particolare
regime fiscale agevolato per le plusvalenze e minusvalenze relative ai conferimenti di
aziende possedute da almeno tra anni ed intervenuti tra società di capitale ed enti
commerciali residenti.
Larticolo 4 del D.Lgs. n. 358 del 1997 consente infatti che le plusvalenze e
minusvalenze derivanti dalle operazioni ora menzionate, anche se iscritte in bilancio,
possano godere di una doppia sospensione da imposta sia per il conferente che per il
conferitario a condizione che ciascuno dei due soggetti acquisisca i valori fiscalmente
riconosciuti in capo allaltro. In altri termini, il conferente iscrive le
partecipazioni ricevute allultimo valore fiscalmente riconosciuto dellazienda
conferita, mentre il conferitario subentra nella posizione del conferente in relazione
agli elementi del passivo e dellattivo dellazienda, in modo da mantenere le
plusvalenze allo stato latente (principio della continuità dei valori).
Poiché, tuttavia, liscrizione dellazienda acquisita dal conferitario o delle
partecipazioni ricevute dal conferente ai valori fiscalmente riconosciuti per la
controparte possono determinare delle divergenze con i valori di bilancio, il decreto
legislativo pone lobbligo per il conferitario di allegare alla dichiarazione dei
redditi un prospetto di riconciliazione tra dati di bilancio e valori fiscali.
La norma, inoltre, interviene in merito alla natura fiscale della riserva che si viene a
creare in capo alla conferitaria; laumento del patrimonio netto, per la parte
eccedente il valore fiscalmente riconosciuto dellazienda conferita, pur costituendo
dal punto di vista civilistico una riserva di capitale, sarà infatti considerato una
riserva di utili ex art. 41, comma 1, lett. e) del Testo Unico ovvero distribuibile
con credito dimposta.
Tale disposizione normativa pone riparo agli effetti del mancato riconoscimento fiscale
dei valori patrimoniali acquisiti dalla conferente, poiché lindeducibilità di
ammortamenti e svalutazioni civilistiche determina una maggiore tassazione della società
in concomitanza con lassenza di utili civilistici distribuibili con credito
dimposta.
Il regime ora delineato può tuttavia essere disapplicato mediante lesercizio, in
sede di atto di conferimento, di unapposita opzione per il regime di tassazione
ordinaria o per il regime di imposizione sostitutiva.
Per quanto concerne le operazioni trasformazione che hanno interessato lIRI,
lENI e lENEL, si ricorda che l'articolo 19 del decreto legge 11 luglio 1992,
n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, ha stabilito
lesenzione da imposte dirette e indirette e da tasse per le operazioni di
trasformazione di enti pubblici in società per azioni e quelle con esse connesse, incluse
le operazioni di determinazione, sia in via provvisoria sia in via definitiva, del
patrimonio netto dei predetti soggetti e la non concorrenza alla formazione del reddito
imponibile dei maggiori valori iscritti nei rispettivi bilanci, in seguito alle predette
operazioni, dalle società derivate dalla trasformazione; detti maggiori valori sono
riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi.
Per quanto riguarda infine le operazioni di apporto di beni immobili al patrimonio dei
fondi immobiliari, qualora l'apporto sia costituito per oltre il 51 per cento da beni e
diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni,
da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche
indirettamente, dagli stessi soggetti, il comma 10 dellarticolo 14-bis della legge
n. 86 del 1994 disciplina il regime tributario dei fondi e stabilisce che gli
apporti al fondo non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili per
l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del
diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo
valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto. La cessione di quote da parte
di organi dello Stato per importi superiori ovvero anche inferiori a quelli attribuiti
agli immobili o ai diritti reali immobiliari al momento del conferimento comporta una
corrispondente proporzionale rettifica del valore fiscalmente riconosciuto dei beni e dei
diritti medesimi rilevante ai fini ai fini del regime tributario applicabile.
NOTE
1
Si ricorda che con la legge 5 gennaio 1994, n. 36 ("Disposizioni in materia di gestione delle risorse idriche"), è stato delineato un quadro normativo organico ed unitario per la gestione e la tutela delle acque, volto a garantire un uso razionale delle risorse idriche e una nuova organizzazione dei relativi servizi, ispirata a criteri di efficienza ed economicità. L'obiettivo principale della normativa è infatti il superamento di uno stato di insufficienza dell'offerta, generato da una distribuzione inadeguata, da un alto livello di dispersione, da carenze nella gestione e nel riuso delle risorse idriche.
Dopo una complessa vicenda il decreto-legge n. 240 del 1995 convertito con
modificazioni dalla legge 8 agosto del medesimo anno, ha previsto la soppressione
dellEnte Nazionale per la Cellulosa e per la Carta (ENCC) già messo in
liquidazione, prevedendo che le procedure liquidatorie dellEnte e delle società
controllate fossero unificate in capo al commissario liquidatore dellEnte stesso.
Questa normativa ha fissato - allarticolo 3 - nel 31 dicembre 1998 il termine entro
il quale il commissario liquidatore avrebbe dovuto redigere il rendiconto della
liquidazione unificata, prevedendo che il saldo della gestione fosse attribuito al
Ministero del tesoro cui spettano gli eventuali adempimenti residuali.
Il comma 23 in esame, inserito dalla V Commissione, dispone che questo termine possa
essere prorogato, con cadenza trimestrale e per un periodo complessivo non superiore ad un
anno, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Sempre trimestralmente si prevede che il Ministro dovrà riferire al Parlamento su tali
proroghe.
La disposizione in esame, introdotta dalla V Commissione, interviene nella complessa
vicenda delle cosiddette "quote latte". In particolare occorre ricordare
come le decisioni dellAIMA, sui quantitativi di riferimento assegnati a ciascun
produttore, nonché sui quantitativi di latte commercializzato nei periodi 1995-1996,
1996-1997 e 1997-1998, possano essere oggetto di ricorso di riesame da parte degli
interessati; ricorso da presentarsi, alle regioni o alle province autonome ove è ubicata
lazienda del produttore ricorrente, a pena di decadenza entro quindici giorni dalla
data di ricezione della comunicazione della decisione dellAIMA (articolo 2, commi 5
e 6 del decreto legge n. 411 del 1997 convertito dalla legge n. 5 del 1998). Sempre lo
stesso decreto-legge n. 411, allarticolo 2, comma 8, fissa, per listruttoria e
la decisione dei ricorsi, un termine perentorio di sessanta giorni che decorre, a sua
volta, dal giorno di scadenza del termine per la presentazione dei ricorsi. Nello stesso
termine le decisioni delle regioni o delle province autonome sui ricorsi devono pervenire
allAIMA, pena la loro irricevibilità.
Il comma 24 in esame modifica questultima previsione, disponendo la validità e
la ricevibilità delle decisioni sui ricorsi fatte pervenire allAIMA entro il 10
gennaio 1999, anche se adottate o corrette oltre i termini previsti dal citato comma 8
dellarticolo 2 del decreto-legge n. 411 del 1997.
Queste decisioni possono essere fatte pervenire allAIMA anche attraverso il sistema
informatico.
La disposizione in esame, introdotta dalla V Commissione, prevede che le maggiori
entrate, accertate a consuntivo, rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione
derivanti dai dividendi e dagli utili delle società per azioni possedute direttamente
dallo Stato, siano destinate, per un importo pari al 20 per cento, al Fondo per
loccupazione di cui allarticolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 148 del 1993
convertito dalla legge n. 236 dello stesso anno.
Queste società parrebbero essere essenzialmente quelle derivanti dalla trasformazione in
s.p.a. di enti pubblici, alcune delle quali ancora integralmente possedute dallo Stato
(ENEL ed IRI) altre solo parzialmente (si pensi allENI società della quale il
Tesoro non possiede più la maggioranza delle azioni, ma solo una quota che garantisce
tuttavia il controllo della società).
Occorre ricordare che nel bilancio di previsione per il 1999, allesame del Senato,
sono iscritti al capitolo 2970 dello stato di previsione dellentrata, 1.800 miliardi
per "dividendi dovuti dalle società per azioni derivate dalla trasformazione degli
enti pubblici, nonché utili da versare da parte degli enti pubblici in base a
disposizioni normative o statutarie".
Si ricorda inoltre che il Fondo per loccupazione è stato istituito dallart.
1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148 (L. 19 luglio 1993, n. 236) per iniziative di
sostegno per loccupazione , nonché (ai sensi dellart. 13, comma 6, della L.
24 giugno 1997, n. 196 - c.d. "pacchetto Treu") per finanziare misure di
riduzione e rimodulazione delle aliquote contributive, da adottarsi con decreo del
Ministro del lavoro di concerto con quello del tesoro, in funzione dellentità della
riduzione o rimodulazione dellorario di lavoro definite contrattualmente, nonché
per determinati contratti a tempo parziale.
NOTE
1
Tra cui lerogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto alle unità occupate alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 148/1993 e il finanziamento dei lavori socialmente utili e dei piani per linserimento professionale dei giovani privi di occupazione (di cui allart. 15 del D.L. n. 299 del 1994, convertito nella L. n. 451 del 1994, e successive modificazioni e integrazioni.
Il comma 26 - introdotto dalla V Commissione del Senato - modifica l'art. 1, comma 1-ter,
del D.L. 8 aprile 1998, n. 78, convertito, con modificazioni, nella L. 5 giugno 1998, n.
176.
Quest'ultima disposizione è volta a garantire il sostegno del reddito dei lavoratori
dipendenti da aziende industriali che svolgano attività di escavazione e lavorazione del
marmo e che sospendano o riducano lattività per adeguare le lavorazioni e i siti
alla normativa vigente in materia di sicurezza del lavoro.
A tal fine, per un periodo massimo di tre mesi e non oltre il 30 giugno 1999, la
concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale può essere
concessa, anche in deroga al limite di durata del trattamento stabilita
dallart. 1 della L. 6 agosto 1975, n. 427.
Riguardo alle disposizioni in esame di cui all'art. 1, comma 1-ter, del D.L. n. 78,
è stato emanato il D.M. di attuazione 14 ottobre 1998.
Il presente comma 26 modifica la durata massima della proroga del trattamento (oltre i
limiti ordinari di durata), aumentandola da 3 a 6 mesi. Inoltre viene soppressa la
scadenza del 30 giugno 1999 per l'applicazione della deroga, la quale ultima sembrerebbe
quindi diventare permanente.
Si osserva, tuttavia, che non viene previsto un relativo
finanziamento. Si deve dunque ritenere che il Ministro del lavoro possa concedere la
proroga sempre nel rispetto del limite massimo di spesa di 6 miliardi (di cui all'art.
1, comma 1-ter, del D.L. n. 78), a carico del Fondo per l'occupazione di cui all'art. 1,
comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19
luglio 1993, n. 236, e successive modificazioni e integrazioni.
NOTE
1
Tale norma stabilisce per il trattamento di integrazione ordinaria un periodo massimo di tre mesi continuativi, prorogabili eccezionalmente, nei soli casi di riduzione dellorario di lavoro, per periodi trimestrali fino ad un massimo complessivo di 12 mesi. Qualora limpresa abbia fruito di 12 mesi consecutivi di integrazione salariale, una nuova domanda può essere proposta qualora sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività.2
Si ricorda che il Fondo per loccupazione è stato istituito per iniziative di sostegno per loccupazione, tra cui: lerogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto alle unità occupate alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 148 del 1993; il finanziamento dei lavori socialmente utili in esame e dei piani per linserimento professionale dei giovani privi di occupazione (di cui allart. 15 del D.L. 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1994, n. 451, e successive modificazioni e integrazioni).
Il comma 27 in esame, introdotto dalla V Commissione, reca una modifica al comma 3
dellarticolo 2 della legge 26 novembre 1993, n. 489, relativo alloggetto
sociale del Mediocredito centrale e dellArtigiancassa, innovando la disciplina di
questultimo organismo.
La Cassa per il credito alle imprese artigiane o Artigiancassa, fu istituita con il D.Lgs.
n. 1418 del 1947 allo scopo di integrare le disponibilità finanziarie degli enti
creditizi da destinare ad operazioni di credito in favore delle imprese artigiane.
LArtigiancassa, ristrutturata ad opera della legge 949/52, è stata trasformata in
società per azioni dalla legge 489/93. Lalienazione delle azioni detenute dal
Tesoro nellistituto è avvenuta ad opera del decreto legge 26 ottobre 1995, n. 435
convertito dalla legge 19 dicembre 1995, n. 537. Il successivo DM Tesoro 9 novembre 1995
ha conferito lArtigiancassa alla Banca nazionale del lavoro S.p.A. Queste
trasformazioni non hanno, peraltro, modificato gli scopi dellistituto che continuano
ad essere rivolti a favorire gli interessi delle imprese artigiane, come stabilito dalla
legge 489/93.
Successivamente, il comma 7 dellarticolo 54 della legge n. 449 del 1997 ha
modificato questa disciplina ed inciso sullo statuto dellArtigiancassa, disponendo
che loggetto sociale di questo ente, controllato dal Tesoro, fosse modificato
ampliando il novero dei destinatari dellattività dello stesso; ricomprendendo, in
particolare, oltre le "imprese artigiane", anche "i consorzi a
cui esse partecipano".
Il comma 27 in esame modifica nuovamente loggetto sociale previsto nello statuto
dellArtigiancassa ampliando ulteriormente il novero dei destinatari della sua
attività, disponendo che questa operi "prevalentemente" - e non più
"esclusivamente" come attualmente previsto - nellinteresse delle imprese
artigiane e dei consorzi a cui esse partecipano.
Il comma 28, introdotto dalla Commissione Bilancio del Senato, autorizza il
Ministero del tesoro, sulla base di valutazioni di convenienza e di opportunità economico
finanziarie, e comunque al fine di ridurre il costo del debito, a contrarre mutui negli
stessi casi in cui è ammesso il ricorso all'emissione di titoli del debito pubblico e nei
limiti del saldo netto da finanziare previsto dalla legge finanziaria.
Invero, sembrerebbe più opportuno riferirsi ai limiti previsti per l'emissione di
titoli del debito pubblico più che al limite del saldo netto da finanziare.
Il successivo comma 29, anch'esso introdotto dalla Commissione Bilancio del Senato,
stabilisce invece, in deroga a vigenti disposizioni, anche a carattere speciale, che per i
mutui da stipulare con onere a totale carico dello Stato, di importo pari o inferiore a
100 miliardi, il tasso di interesse non possa essere superiore a quello che sarà indicato
periodicamente, sulla base delle condizioni di mercato, dal Ministero del tesoro, con una
apposita comunicazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Per i mutui di importo superiore alla predetta cifra di 100 miliardi, il tasso di
interesse massimo applicabile sarà preventivamente concordato con il Ministero del tesoro
dai soggetti interessati. Qualora le predette modalità di finanziamento non risultino
applicate, l'eventuale maggior costo graverà sui soggetti interessati stessi.
13/12/1998 webmaster@euganeo.it |
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il
collegio senatoriale di Tino Bedin |