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Articolo 34
(Pensioni di guerra)
L'articolo in esame apporta modifiche ad alcune norme vigenti in materia di
recupero delle prestazioni indebitamente percepite in campo previdenziale ed assistenziale
e di pensioni di guerra, al fine di prevenire interpretazioni da cui potrebbero derivare
effetti negativi sulla finanza pubblica.
Commi 1 e 2 - Recupero prestazioni indebite
I primi due commi intervengono sulle disposizioni recate dalla L. 23/12/1996, n.
662 (collegata alla L. finanziaria per il 1997), art. 1, commi 260-265, in materia di
recupero delle prestazioni indebitamente percepite, entro il 1° gennaio 1996, in campo
previdenziale ed assistenziale; tali disposizioni hanno previsto agevolazioni nella
restituzione e, nel caso di percettori di prestazioni indebite con basso reddito, una
totale sanatoria.
Il comma 260, art. 1, della L. 662/1996, dispone che coloro che hanno
percepito trattamenti pensionistici o di famiglia a carico dellINPS o rendite a
carico dell'INAIL, per periodi anteriori al 1° gennaio 1996, non sono soggetti al
recupero dell'indebito, qualora siano percettori di un reddito personale IRPEF per il 1995
pari o inferiore a 16 milioni. Nel caso di reddito superiore a 16 milioni, non si dà
luogo al recupero nei limiti di un quarto dell'indebito riscosso (comma 261).
La somma da restituire (cioè l'importo residuo di tre quarti dell'indebito riscosso) è
recuperata ratealmente, senza interessi, entro il limite di 24 mesi, mediante trattenuta
diretta sulla pensione in misura non superiore ad un quinto (comma 262); il
suddetto limite di ventiquattro mesi può essere prolungato allo scopo di evitare che la
trattenuta mensile sia superiore ad un quinto della pensione.
A norma del comma 263 il recupero dell'indebito non si estende agli eredi,
mentre il comma 265 esclude l'applicazione dei precedenti commi in caso di
dolo del soggetto indebitamente destinatario, disponendo, in tale ipotesi, il recupero
dell'intera somma illegittimamente percepita.
Il comma 264 estende le disposizioni dei commi 260, 261 e 263 agli
indebiti percepiti a titolo di pensioni di guerra o di loro assegni accessori, di cui
al T.U. emanato con D.P.R 23 dicembre 1978, n. 915, per periodi anteriori al 1° novembre
1996. La rateizzazione è concessa fino ad un massimo di cinque anni ai sensi dell'art. 3,
co. 2, del D.P.R 30 giugno 1955, n. 1544, che demanda agli Uffici provinciali del tesoro
la determinazione delle modalità di rateizzazione, su richiesta degli interessati, dei
crediti erariali derivanti da indebite riscossioni. Vengono fatti salvi i provvedimenti di
revoca già emanati alla data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 1997)
sulla base della precedente disciplina ed i procedimenti (la norma adopera il termine non
esatto "provvedimenti") di recupero in corso alla medesima data. Sono parimenti
esclusi dall'applicazione delle più favorevoli disposizioni del presente comma 264 i casi
di dolo dell'interessato (tale esclusione è altresì disposta anche per le altre
prestazioni di cui al comma 260 dal successivo comma 265, che dispone, in caso di dolo, il
recupero dell'intera somma).
Il comma 1 dell'articolo in esame sostituisce il testo del comma 263, ad evitare
che - come affermato dalla relazione - a seguito di una interpretazione particolarmente
estensiva pronunciata dal Comitato di Liquidazione delle pensioni di guerra, in sede di
approvazione dei provvedimenti adottati dal Ministero del Tesoro, il beneficio del mancato
recupero dell'indebito per gli eredi possa essere fatto valere anche nella sussistenza del
dolo da parte del pensionato. Al contrario il nuovo testo proposto - che naturalmente va
ad applicarsi a tutte le prestazioni previdenziali e non solo a quelle di guerra
afferma inequivocabilmente che, in caso di accertamento del dolo del pensionato, è
possibile il recupero nei confronti degli eredi.
Quanto al comma 2, integrando il testo del comma 264, stabilisce - anche in questo
caso al fine di evitare un'interpretazione estensiva della norma - che, nei casi in cui
fossero stati già emanati i provvedimenti di revoca o fosse già in corso il recupero
delle somme percepite indebitamente, i benefici economici di cui ai commi 260-266 sono
riferiti e calcolati soltanto sul residuo debito al 1° gennaio 1997 e non sull'intero
indebito riscosso dal pensionato.
Comma 3 Diritto a pensione della donna che non abbia potuto contrarre
matrimonio a causa della guerra
Il comma 3 modifica l'art. 37, co. 5, del D.P.R. 23/12/1978, n. 915 (T.U. sulle
pensioni di guerra), al fine di riempire il vuoto legislativo creatosi a seguito della
sentenza della Corte Costituzionale n. 239/1998.
La norma vigente stabilisce che, in caso di mancato matrimonio, sussista il diritto a
pensione e che quindi la donna debba considerarsi vedova a tutti gli effetti, non solo in
caso di procura o di richiesta di pubblicazioni di matrimonio, ma anche quando il militare
abbia dichiarato di voler contrarre matrimonio e risulti da atto certo una preesistente
convivenza di almeno un anno.
La Corte, senza specificare le fattispecie concrete destinatarie della pronuncia, ha
dichiarato la sussistenza di casi meritevoli di conseguimento di pensione anche per
convivenze inferiori all'anno. Il nuovo testo proposto dell'art. 37, co. 5, delimita
tali fattispecie ai casi in cui sia nato un figlio riconosciuto dal militare deceduto o
di cui sia stata riconosciuta la paternità giudizialmente.
Comma 4 Perdita parziale o totale di organo superstite
A norma dell'art. 19, co. 1 e 2 , del T.U. sulle pensioni di guerra, quando il
militare o il civile, già affetto per causa estranea alla guerra da perdita anatomica
o funzionale di un organo pari, perda per causa di guerra in tutto o in parte il
rimanente organo, la pensione o l'indennità viene liquidata in base all'invalidità
risultante dalla lesione dei due organi. Tale criterio vale anche nel caso opposto, quando
cioè un pensionato di guerra perda l'organo superstite per cause non belliche.
Per evitare che, a norma di tali disposizioni, vengano avanzate richieste a fronte di
menomazioni di lieve entità, il comma 4, modificando il testo dei due commi
citati, stabilisce che per "perdita funzionale" debba intendersi "perdita
totale della funzionalità".
Comma 5 - Equiparazione dei grandi invalidi di guerra alle persone portatori di
handicap in situazione grave
Il comma 5 - introdotto dalla Camera - stabilisce che i grandi invalidi di
guerra (di cui all'art. 14 del D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915) sono considerati persone
portatori di handicap in situazione grave ai sensi dell'art. 3 della L. 5 febbraio
1992, n. 104.
Il citato art. 14 del D.P.R. n. 915 del 1978 definisce come grandi invalidi di guerra i
soggetti titolari di pensione o assegno temporaneo di guerra per lesioni o infermità
ascritte alla prima categoria di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 23 dicembre 1978,
n. 915 (nel testo sostituito dalla corrispondente tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre
1981, n. 834). Non è rilevante il riconoscimento o meno dell'assegno di superinvalidità.
Il comma 5 in esame determina l'applicazione a tali soggetti della tutela di cui alla L.
n. 104 del 1992 a favore dei portatori di handicap e, in tale ambito, di quella
relativa ai soggetti la cui situazione sia riconosciuta come grave. Quest'ultimo stato
sussiste, ai sensi del comma 3 del richiamato art. 3 della L. n. 104, qualora sia
necessaria una cura assistenziale permanente nella sfera individuale o in quella di
relazione. A tali situazioni è riconosciuto un criterio di priorità nei programmi e
negli interventi dei servizi pubblici.
Per i grandi invalidi di guerra l'accertamento dell'handicap e della situazione di
gravità è sostituito - in base al presente comma 5 - dalla documentazione loro
rilasciata dai Ministeri competenti al momento della concessione dei trattamenti
pensionistici.
Comma 6 - Applicazione della disciplina di recupero e di parziale sanatoria
delle prestazioni indebitamente percepite ai mutilati, invalidi civili e sordomuti
ultrasessantacinquenni
Il comma 6 - introdotto dalla Camera - pone una norma chiarificatrice
sull'ambito di applicazione della disciplina speciale di recupero e di parziale sanatoria
delle prestazioni indebitamente percepite, entro il 1° gennaio 1996, in campo
previdenziale ed assistenziale. Come già detto, tale normativa, di cui all'art. 1, commi
260-265, della L. n. 662 del 1996, come ora modificata dai commi 1 e 2 dell'articolo in
esame (cfr. sub tali commi) prevede, per le somme pagate anteriormente al 1°
gennaio 1996, agevolazioni nella restituzione e, nel caso di percettori di prestazioni
indebite con basso reddito, una totale sanatoria.
Il presente comma 6 specifica che tale normativa riguarda anche i mutilati,
invalidi civili e sordomuti che abbiano goduto indebitamente dei relativi trattamenti
assistenziali - sempre per periodi anteriori al 1° gennaio 1996; tale termine si
riferisce al momento della percezione - in forza di giudicati non definitivi concernenti
l'applicazione del D.L. 9 dicembre 1987, n. 495, e del D.L. 8 febbraio 1988, n. 25,
convertito, con modificazioni, nella L. 21 marzo 1988, n. 93. Questi ultimi autorizzano
l'INPS a corrispondere le prestazioni già liquidate in favore dei mutilati, invalidi
civili e sordomuti anche se riconosciuti tali dopo il compimento del sessantacinquesimo
anno di età.
Si ricorda, in particolare, che il D.L. n. 495 citato decadde per decorrenza dei termini;
gli atti e gli effetti prodotti in base alla sua temporanea vigenza - limitatamente a
quelli derivanti dai provvedimenti adottati dall'INPS2- sono stati, tuttavia,
fatti salvi dall'art. 1 della L. n. 93 suddetta (di conversione del D.L. n. 25).
Il presente comma 6 richiama soltanto i commi 260, 261 e 263 del citato art. 1
della L. n. 662; al riguardo, si osserva che i successivi commi 264 e 265 non sono
rilevanti per la fattispecie in esame, mentre non è chiaro per quale ragione non sia
posto il rinvio anche al comma 262.
NOTE
1
Rispetto allorigine degli indebiti per le suddette prestazioni, va considerato che, anche se il godimento della pensione di guerra è assolutamente compatibile con ogni altro trattamento a carico dello Stato, se conseguito dall'invalido indipendentemente dalla invalidità di guerra (art. 28, T.U.), alcuni trattamenti ed assegni sono soggetti, in presenza degli altri requisiti richiesti, a determinati limiti di reddito, inizialmente stabiliti dall'art. 70 del T.U e annualmente aggiornati con decreto del Ministro del Tesoro. Ad esempio per quanto riguarda i trattamenti diretti sono soggetti a limiti di reddito gli aumenti di integrazione per gli invalidi di 1° categoria (art. 22, T.U.) e il conferimento dell'indennità speciale annua (art. 25, T.U.). Per i trattamenti o assegni pensionistici per i superstiti i limiti di reddito sono da rispettare per l'assegno di maggiorazione a favore della vedova e degli orfani (art. 39, T.U.), le pensioni per figli maggiorenni (art. 45, T.U.), le integrazioni della pensione spettante alla vedova per coesistenza prole (art. 52, T.U.), l'indennità speciale annua spettante a vedove e orfani o ai genitori (art. 56 e 69, T.U.). L'art. 80 del T.U., inoltre, obbliga espressamente a comunicare agli uffici che erogano i trattamenti il venir meno di qualunque condizione o requisito, non solo reddituale, a cui sia subordinata la liquidazione del trattamento stesso, entro tre mesi dal verificarsi di tale circostanza.2
Tale limitazione è stata posta, con norma di interpetrazione autentica, dall'art. 13, comma 3, della L. 30 dicembre 1991, n. 412.
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FINANZIARIA 1999
13/12/1998 webmaster@euganeo.it |
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il
collegio senatoriale di Tino Bedin |