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Articolo 30
(Trattamenti pensionistici e disoccupazione)
Commi 1-4
Perequazione delle pensioni
Il comma 1 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio
1999, il meccanismo di perequazione automatica si applichi tenendo conto dell'importo
complessivo dei diversi trattamenti pensionistici eventualmente percepiti dal medesimo
soggetto. Tale norma concerne i trattamenti pensionistici delle forme previdenziali
relative a lavoratori dipendenti (pubblici e privati) e ai lavoratori autonomi iscritti a
gestioni INPS nonché - in base alla riformulazione operata dalla Camera - dei
fondi integrativi ed aggiuntivi di cui al primo periodo del comma 3 dell'art. 59 della L.
27 dicembre 1997, n. 449.
L'istituto della perequazione automatica - disciplinato, da ultimo, dall'art. 11 del
D.Lgs. 30 dicembre 1992, n.503, e successive modificazioni e integrazioni - costituisce il
meccanismo di adeguamento della misura dei trattamenti delle forme pensionistiche
obbligatorie.
La normativa distingue diverse fasce di importo, le quali sono rivalutate ogni anno
secondo la seguente percentuale della variazione annua dellindice ISTAT dei prezzi
al consumo per le famiglie di operai ed impiegati: 100% per la fascia fino al doppio del
trattamento minimo annuo INPS (questultimo - adeguato annualmente a sua volta
secondo la variazione del medesimo indice ISTAT - è pari nel 1998 a lire 9.070.100); 90%
per lo scaglione compreso fra il doppio e il triplo del parametro anzidetto; 75% per la
quota eccedente.
L'adeguamento si calcola con cadenza annuale ed ha effetto dal 1° gennaio dell'anno
successivo.
Alcune modifiche transitorie della disciplina della determinazione dell'adeguamento - di
carattere restrittivo e relative a trattamenti pensionistici di importo elevato - sono
stabilite dall'art. 59, comma 13, della L. 27 dicembre 1997, n. 449.
La norma di cui al comma 1 in esame sembra riguardare le forme
pensionistiche obbligatorie gestite da persone giuridiche di diritto privato, allorché
tali forme siano relative a lavoratori dipendenti (e non autonomi). Tale ipotesi, come
già ricordato, è rappresentata unicamente dall'INPGI (Istituto nazionale di previdenza
dei giornalisti italiani).
La Camera ha aggiunto un secondo periodo alla fine del comma 1, il quale precisa
che la riduzione della misura ordinaria di perequazione viene effettuata sui vari
trattamenti percepiti dal beneficiario in misura proporzionale al rapporto tra ogni
singolo trattamento e l'ammontare complessivo degli stessi.
La medesima riformulazione operata dalla Camera ha infine introdotto tre nuovi commi -
commi 2, 3 e 4 -, che disciplinano la procedura per l'applicazione delle nuove regole
in materia di perequazione dettate dal precedente comma 1.
Per l'applicazione della disciplina in esame verranno utilizzati i dati e le strutture del
Casellario centrale dei pensionati istituito presso l'INPS e regolato dal D.P.R. 31
dicembre 1971, n. 1388 e successive modificazioni e integrazioni. A tale Casellario
affluiscono i dati relativi ai titolari di tutti i trattamenti pensionistici obbligatori e
di qualunque altra forma di previdenza integrativa e complementare. Recentemente, in base
alle disposizioni di cui all'art. 8 del D.Lgs. 2/9/1997, n. 314, i dati in possesso del
Casellario sono stati utilizzati per determinare l'aliquota fiscale da applicare nel caso
in cui ad unico titolare spettino più trattamenti previdenziali, anche se erogati da
diversi enti. Una volta determinata l'aliquota di imposta l'ente previdenziale che eroga
il trattamento di minore importo assoggetta a tassazione il trattamento stesso applicando
la suddetta aliquota, senza che il titolare debba poi provvedere ad ulteriori conguagli in
sede di dichiarazione dei redditi.
Un procedimento simile viene ora introdotto per la perequazione. Ai sensi del comma 2
gli enti previdenziali trasmettono al Casellario, entro il mese di febbraio di ciascun
anno, assieme ai dati già stabiliti dalle disposizioni vigenti, gli ulteriori dati da
questo richiesti. Sulla base delle informazioni ricevute, il Casellario comunica agli enti
previdenziali, entro il successivo mese di giugno, l'importo complessivo dei trattamenti
di competenza di ogni singolo titolare, sul quale verrà poi effettuata la perequazione.
Per il 1999, in via transitoria, ciascun ente effettuerà la rivalutazione considerando
complessivamente tutti i trattamenti che eroga allo stesso titolare. Se necessario si
darà successivamente luogo al recupero dei conguagli, che potranno essere effettuati
senza tener conto di eventuali limiti stabiliti dalla normativa vigente in materia (comma
3).
Per gli anni successivi al 1999, l'ente previdenziale eroga i trattamenti di sua
competenza determinando provvisoriamente la rivalutazione sulla base dei dati che il
Casellario gli ha fornito l'anno precedente. Nel momento in cui riceve la comunicazione
relativa all'anno in corso (mese di giugno), l'ente provvede agli eventuali relativi
conguagli a credito o a debito. Viene peraltro previsto che, nel caso in cui l'Ente
ridetermini con effetto retroattivo l'importo dei trattamenti, anche gli aumenti di
rivalutazione spettanti dal 1° gennaio 1999 siano rideterminati in base alle
comunicazioni del Casellario: l'importo del trattamento rideterminato dovrà quindi essere
segnalato al Casellario in occasione delle previste comunicazioni periodiche, e l'aumento
della rivalutazione sarà effettuato dopo la ricezione delle risultanze annuali da parte
del Casellario (comma 4).
Commi 5 e 6
Esclusione dall'indennità ordinaria di disoccupazione per i lavoratori dimissionari
I commi 5 e 6 escludono dal beneficio dell'indennità
ordinaria di disoccupazione i dipendenti il cui rapporto di lavoro sia cessato - con
decorrenza successiva al 31 dicembre 1998 - per dimissioni.
L'indennità in esame concerne, in linea di principio, tutti i dipendenti privati.
Essa è liquidata in presenza di un'anzianità assicurativa pari ad almeno 2 anni nonché
di un anno di contribuzione nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di
lavoro (art. 19, comma 1, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636). I lavoratori precari e
stagionali - fermo restando il requisito assicurativo di 2 anni -, maturano il diritto
all'indennità anche con lo svolgimento di 78 giornate lavorative nell'anno (art. 7 del
D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 20 maggio 1988, n. 160,
e art. 1 del D.L. 29 marzo 1991, n. 108, convertito, con modificazioni, nella L. 1°
giugno 1991, n. 169).
L'indennità è corrisposta per un periodo massimo di 180 giorni (art. 31 della L. 29
aprile 1949, n. 264). Nel caso di dimissione o di licenziamento per giusta causa,
tuttavia, il periodo massimo è ridotto di 30 giorni (art. 76, comma 3, del R.D.L. 4
ottobre 1935, n. 1827).
La misura dell'indennità ordinaria di disoccupazione è pari al 30% della retribuzione
media soggetta a contribuzione degli ultimi 3 mesi (art. 7 del D.L. 21 marzo 1988, n. 86,
convertito, con modificazioni, nella L. 20 maggio 1988, n. 160, e art. 4, comma 16, del
D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, nella L. 28 novembre 1996,
n. 608). Peraltro già l'art. 6, comma 17-ter, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, nella L. l9 luglio 1993, n. 236, ha previsto che un
successivo provvedimento elevi l'importo dell'indennità ordinaria di disoccupazione al
40%.
Il periodo di godimento dell'indennità ordinaria di disoccupazione è riconosciuto utile
ai fini previdenziali; tuttavia, riguardo alla pensione di anzianità, esso viene
considerato solo per la determinazione della misura e non per il conseguimento del
requisito contributivo.
L'istituto in esame si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore
agricolo.
Si osserva che la norma restrittiva di cui ai commi 5 e 6 in esame non si
applica al trattamento speciale di disoccupazione relativo agli operai agricoli - il
quale è parimenti liquidato anche in caso di dimissioni -.
Comma 7
Trasmissione all'INPDAP di dati relative alle domande di quiescenza
Il comma 7 demanda a un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con quello del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con quello della funzione pubblica, la definizione dei criteri e delle modalità per la trasmissione all'INPDAP, anche mediante supporti informatici, di dati relativi alle domande di quiescenza da parte delle Amministrazioni interessate. Tale previsione è intesa a permettere all'INPDAP - istituto che gestisce le forme di previdenza relative ai pubblici dipendenti - un controllo più ampio dei relativi flussi di pensionamento.
Comma 8
Modalità di attuazione dei limiti di cumulo per i dipendenti pubblici
Il comma 8 estende ai soggetti che godano di un
trattamento pensionistico a carico delle forme previdenziali relative a pubblici
dipendenti e che conseguano redditi da lavoro dipendente la disciplina sulle modalità di
attuazione dei limiti di cumulo tra pensione e reddito da lavoro autonomo.
Al riguardo, il comma 4 dell'art. 10 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, prevede
l'obbligo di presentazione ai rispettivi enti previdenziali di una dichiarazione dei
redditi relativi all'anno precedente, entro lo stesso termine previsto per l'analoga
presentazione ai fini IRPEF. Alle eventuali trattenute provvedono gli enti previdenziali
competenti, le direzioni provinciali del tesoro e gli altri uffici pagatori di trattamenti
pensionistici
I commi 210 e 211 dell'art. 1 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, hanno aggiunto
rispettivamente i commi 4-bis e 8-bis all'articolo 10 del D.Lgs. n. 503.
Il comma 4-bis dispone che le trattenute delle quote di pensione non cumulabili con
redditi da lavoro autonomo vengano effettuate provvisoriamente dagli enti previdenziali
sulla base della dichiarazione dei redditi previsti nel corso dell'anno, rilasciata dai
soggetti interessati all'ente previdenziale. Il conguaglio viene poi effettuato (sempre
sulle trattenute) sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti,
già prevista dal suddetto comma 4 dell'art. 10 del D.Lgs. n. 503.
Il comma 8-bis prevede che nel caso di omissione della dichiarazione dei redditi di
cui al predetto comma 4 del medesimo art. 10 si sia tenuti a corrispondere all'ente
previdenziale di appartenenza - mediante trattenuta delle rate di pensione dovute - una
somma pari allimporto annuo della pensione percepita nell'anno in cui si doveva
riferire la dichiarazione. E' fatto salvo il disposto di cui all'art. 40 del D.P.R.
27 aprile 1968, n. 488, come modificato dall'art. 113, comma 3, della L. 24 novembre 1981,
n. 689, che commina una multa penale da 3 a 15 milioni - eccettuato il caso di
integrazione di più grave reato - per il compimento di atti diretti a procurare
artificiosamente a sé o ad altri la liquidazione di trattamenti non spettanti ovvero di
una misura maggiore.
Il comma 8 in esame richiama esplicitamente i commi 4 e 4-bis (questultimo
per effetto del rinvio allart. 1, comma 210, della legge n. 662/1996) del
D.Lgs. n. 503/1992; si dovrebbe intendere, tuttavia, che il rinvio debba
ricomprendere anche il suddetto comma 8-bis, relativo al profilo sanzionatorio,
inserito dallart. 1, comma 211, della legge n. 662/1996.
Comma 9
Riparto tra le Gestioni delle somme trasferite all'INPS
Il comma 9 è stato introdotto dalla V Commissione del Senato.
Esso pone una deroga transitoria alla disciplina sul riparto tra le Gestioni
pensionistiche INPS delle somme trasferite al medesimo istituto ai sensi dell'art. 37,
comma 3, lett. c), della L. 9 marzo 1989, n. 88.
La suddetta lett. c) prevede, a copertura della quota parte delle pensioni erogate dalle
diverse gestioni previdenziali posta a carico dello Stato, il trasferimento di una somma
pari a quella del contributo straordinario previsto allo stesso fine per il 1988 dalla L.
11 marzo 1988 n. 67 (legge finanziaria 1988), adeguata annualmente dalla legge finanziaria
in base alle variazioni dell'indice annuo ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie
degli operai e degli impiegati, incrementato - ai sensi dell'art. 3, comma 2, della L. n.
335 del 1995 - di un punto percentuale. Tale stanziamento - si ricorda - costituisce
soltanto una delle diverse forme di finanziamento dell'INPS da parte dello Stato (per un
quadro complessivo, cfr. sub il seguente articolo 31).
L'art. 59, comma 34, della L. n. 449 del 1997 dispone che, a decorrere dal 1998, le
percentuali di riparto del trasferimento delle somme trasferite all'INPS ai sensi della
citata lett. c) dell'art. 37, comma 3, della L. n. 88 - al netto della predetta somma
aggiuntiva -siano definite tramite lo strumento organizzativo della Conferenza di servizi
(di cui all'art. 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e
integrazioni) e mediante i criteri di cui all'art. 3, comma 2, della L. 8 agosto 1995, n.
335 (applicati in base all'ultimo consuntivo approvato). Sono escluse dal procedimento di
ripartizione le somme spettanti alla gestione speciale minatori e all'ENPALS. Si osserva
peraltro che l'art. 3 del disegno di legge finanziaria per il 1999 (A.S. 3661), riguardo
al riparto dello stanziamento in esame relativo al medesimo anno 1999, ricomprende, da un
lato, anche le suddette somme aggiuntive di adeguamento ed esclude, dall'altro, (oltre
alle quote assegnate alla gestione speciale minatori e all'ENPALS) un importo pari a 2.294
miliardi, direttamente attribuito alla Gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e
coloni.
Il presente comma 9 - modificando il comma 34 dell'art. 59 della L. n. 449 - esclude dal
medesimo procedimento di riparto, per gli anni 1998 e 1999, una parte delle quote relative
alle Gestioni degli artigiani e degli esercenti attività commerciali. Tale parte è pari
alla metà dell'importo ad esse attribuito dall'art. 5, comma 1, della L. 23 dicembre
1996, n. 663 (legge finanziaria per il 1997) (le somme escluse sono quindi pari
rispettivamente a 630,5 miliardi e a 609 miliardi).
Ex-Comma 1
Soppressione dell'integrazione al minimo
per i soggetti residenti o aventi abituale dimora all'estero
La Camera ha soppresso il comma 1 originario del presente
articolo.
Tale comma 1 escludeva dal beneficio dell'integrazione al minimo, a decorrere dal 1°
gennaio 2000 (la Camera, nel corso dell'esame in Commissione, aveva così modificato il
termine del 1° gennaio 1999 previsto dal disegno di legge governativo), i soggetti
residenti o aventi abituale dimora all'estero. La norma in esame concerneva i trattamenti
pensionistici delle forme previdenziali relative a lavoratori dipendenti (pubblici e
privati) nonché ai lavoratori autonomi iscritti a gestioni INPS. Per i trattamenti aventi
decorrenza anteriore alla suddetta data con importo integrato al minimo, quest'ultimo
restava fermo (alla misura relativa all'anno 1998) fino a che non venisse assorbito dalla
rivalutazione della pensione base.
Si ricorda che listituto dellintegrazione al trattamento minimo assicura un
determinato importo della pensione (pari nel 1998 a 697.700 lire mensili nel regime
generale INPS, al quale, di solito, gli altri ordinamenti previdenziali fanno rinvio).
Tale beneficio è subordinato, oltre che al conseguimento dei requisiti ordinari per il
diritto al trattamento, al rispetto di determinati importi di reddito. La disciplina in
vigore prima del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, poneva come unico limite che il reddito
annuo, assoggettabile allIRPEF, dellassicurato non superasse il doppio
dellammontare delle 13 mensilità dello stesso minimo pensionistico. Lart. 4
del citato D.Lgs. - che ha riformulato completamente la disciplina - ha introdotto un
nuovo limite, concorrente con il primo, relativo anche al reddito del coniuge non
legalmente ed effettivamente separato e pari al quadruplo del predetto ammontare annuo del
minimo pensionistico (loriginaria misura del triplo è stata così elevata
dallart. 2, comma 14, della L. 8 agosto 1995, n. 335).
Dal computo dei due limiti di reddito sono esclusi - oltre, come detto, ai redditi esenti
dallIRPEF - i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, il reddito della
casa di abitazione, le competenze arretrate relative ad anni solari precedenti e il
trattamento previdenziale medesimo da integrare. Inoltre, per i lavoratori autonomi
agricoli, il reddito dichiarato ai fini IRPEF viene imputato, indipendentemente
dalleffettiva percezione, a ciascun componente attivo del nucleo familiare, in
proporzione alla quantità e qualità del lavoro effettivamente svolto da ciascuno in modo
continuativo e attestato con dichiarazione del titolare dellazienda.
Infine, limporto dellintegrazione (ma non della pensione da integrare, che,
come detto, non è compresa nel computo del reddito) non può comportare il superamento di
uno dei limiti e viene eventualmente ridotto fino al raggiungimento del limite medesimo.
In base alla formulazione del comma 1 soppresso in esame, si sarebbe
dovuto intendere che esso riguardasse anche le forme pensionistiche obbligatorie
gestite da persone giuridiche di diritto privato allorché tali forme fossero relative a
lavoratori dipendenti (e non autonomi). Tale ipotesi è rappresentata unicamente
dall'INPGI (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani).
NOTE
1 Sono ricomprese tra questi ultimi le forme
pensionistiche integrative disciplinate dalle seguenti norme:
- D.Lgs. 16/9/1996, n. 563 (Banca dItalia, Ufficio Italiano Cambi, Consob);
- D.Lgs. 21/4/1993, n. 124, recante la disciplina delle forme pensionistiche
complementari;
- D.Lgs. 20/11/1990, n. 357, riguardante la previdenza degli enti pubblici creditizi.
Le altre gestioni interessate sono quelle costituite presso lINPS per il personale
addetto alle imposte di consumo, per quello dipendente dalle aziende private del gas, per
quello addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette nonché le forem
integrative relative a dipendenti pubblici - sempreché garantiscano prestazioni definite
integrative - ivi compresi:
- i dipendenti degli enti pubblici di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 (c.d. parastato);
- i dipendenti delle regioni a statuto speciale;
il personale sanitario della gestione speciale ad esaurimento costituita presso
lINPS, ai sensi dellart. 75 del D.P.R. n. 761/1979 per coloro che,
antecedentemente alla riforma del Sistema sanitario nazionale operata dalla L. 23 dicembre
1978, n. 833, erano iscritti ai fondi previdenziali integrativi esistenti presso gli enti
di provenienza.
Sono infine ricomprese le gestioni di previdenza presso lINPS per il personale
addetto alle imposte di consumo, per quello dipendente dalle aziende private del gas, per
quello addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette.
2 L'indennità è corrisposta a decorrere dall'ottavo giorno successivo a
quello della cessazione del rapporto di lavoro - ovvero a quello della scadenza del
periodo di preavviso, qualora sia pagata l'indennità per mancato rispetto del medesimo -
(art. 73 del R.D.L. n. 1827); nei casi di dimissione o di licenziamento per giusta causa,
al periodo di carenza di 8 giorni si aggiunge quello suddetto di 30.
3 Tale media è calcolata in relazione al numero di giornate prestate e non
può in ogni caso essere inferiore alla retribuzione prevista dai contratti collettivi
nazionali e provinciali di categoria.
4 L'art. 1 del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, sostituendo il comma 1, lett.
a), della L. 29 aprile 1949, n. 264, ha esteso tale istituto agli operai agricoli, sempre
che risultino iscritti negli elenchi nominativi di rilevamento da almeno un anno oltre che
per quello per il quale è richiesta l'indennità ed abbiano conseguito nell'anno
precedente ed in quello in corso un accredito complessivo di almeno 102 contributi
giornalieri. A tal fine, l'art. 3 dello stesso D.P.R. n. 1049 del 1970 consente il cumulo
con i periodi lavorativi prestati in attività non agricole.
Per gli operai agricoli, la durata della corresponsione dell'indennità è pari alla
differenza tra il numero di 270 giorni ed il numero delle giornate di effettiva
occupazione prestate nell'anno, comprese quelle per attività agricole in proprio o
coperte da indennità di malattia, infortunio, maternità, e sino al massimo di 180
giornate previste per la generalità dei lavoratori (art. 32, comma 1, lett. a), della L.
n. 264 del 1949, nel testo sostituito dall'art. 1 del D.P.R. n. 1049 del 1970).
La retribuzione di riferimento per i lavoratori agricoli, ai sensi dell'art. 7, comma 2,
del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 20 maggio 1988, n.
160, è quella convenzionale, stabilita annualmente dal Ministro del lavoro, con propri
decreti, per ogni provincia, sulla base degli importi previsti dai contratti collettivi
per le varie qualifiche di operaio agricolo (ex art. 28 del D.P.R. n. 488 del
1968). Peraltro, l'art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ha previsto che, a decorrere
dal 1° gennaio 1998, il salario medio convenzionale resti fermo agli importi stabiliti
con decreti del Ministro del lavoro per lanno 1996 fino a quando, nelle singole
province e per ciascuna qualifica di operaio, esso non sia superato dalla retribuzione
stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative. Successivamente a tale momento, troverà applicazione lart. 1,
comma 1, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, nella L. 7
dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni e integrazioni, che ai fini della
determinazione della base contributiva, fa riferimento allimporto previsto da leggi,
regolamenti o contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori
e dei datori più rappresentative su base nazionale ovvero, qualora ne derivi un ammontare
superiore, da accordi collettivi o contratti individuali.
5 I trattamenti speciali di disoccupazione vengono corrisposti per un periodo
massimo di 90 giorni nell'anno e concernono gli operai agricoli a tempo determinato che
abbiano effettuato nel corso dell'anno solare almeno 101 giornate di lavoro - ovvero
almeno 151, ai fini dell'attribuzione, come si dirà, di un maggiore importo - (artt. 25 e
26 della L. 8 agosto 1972, n. 457, e art. 7 della L. 16 febbraio 1977, n. 37) .
La misura del trattamento è pari al 66 % della retribuzione di riferimento ovvero al 40%,
a seconda che il numero di giornate lavorative sia superiore o meno a 150 (artt. 6 e 7
della citata L. n. 37); ai fini del conseguimento di quest'ultimo requisito, è ammesso il
cumulo dei periodi lavorativi svolti in agricoltura con quelli relativi ad attività non
agricole (art. 3 del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, e art. 6 della L. 27 dicembre 1973,
n. 852).
Riguardo alla retribuzione di riferimento, trova applicazione la stessa disciplina già
ricordata per l'indennità ordinaria di disoccupazione per gli operai agricoli; per quanto
riguarda i "giornalieri di campagna", il comma 3 del citato art. 3 della L. n.
457 pone un diverso criterio per la determinazione della retribuzione di riferimento per
il calcolo del trattamento speciale, criterio che si fonda, in ogni caso, sugli importi
previsti dai contratti collettivi provinciali di lavoro.
Il periodo di godimento del trattamento speciale è riconosciuto utile ai fini del
conseguimento del diritto alla pensione e alla determinazione della relativa misura (art.
26 della L. n. 457 del 1972 e art. 3, comma 2, del D.L. 23 dicembre 1977, n. 942,
convertito, con modificazioni, nella L. 27 febbraio 1978, n. 41).
6 Tali criteri sono costituiti dai seguenti: 1) rapporto tra lavoratori attivi
e pensionati inferiore alla media; 2) risultanze gestionali negative; 3) rapporto tra
contribuzioni e prestazioni (con l'applicazione di aliquote contributive non inferiori,
alla media, ponderata degli iscritti, di quelle vigenti nei regimi interessati al
riparto).
7 Per quanto riguarda la disciplina della rivalutazione dei trattamenti
pensionistici, cfr. la scheda riguardante il comma 1 del presente articolo.
8 La disciplina relativa alla forma pensionistica in esame (come confermato, da
ultimo, dall'art. 7, comma 4, del D.M. 24 luglio 1995) prevede che l'importo del
trattamento non possa essere inferiore a quello minimo del regime generale INPS. Tale
garanzia non è subordinata ad alcun requisito di reddito.
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1999
13/12/1998 webmaster@euganeo.it |
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