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Articolo 28
Comma 1
(Differimento del termine
per la deliberazione del bilancio di previsione per il 1999)
Il comma 1 dellarticolo 28 (articolo 27 del testo approvato dalla
Camera) differisce al 31 gennaio 1999 (31 dicembre 1998 nel testo originario del
Governo) il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per il 1999
che, ordinariamente, scadrebbe il 31 ottobre di ciascun anno, ai sensi dellarticolo
55, comma 2, della legge n. 142/1990, recante "Ordinamento delle autonomie locali".
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Viene altresì differito alla stessa data il termine per deliberare le tariffe
e le aliquote di imposta per i tributi e per i servizi locali relativamente allo stesso
anno 1999.
Anche in questo caso il termine ordinario è fissato al 31 ottobre di ciascun anno, ai
sensi dellarticolo 10 del D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 68/1993.
Come specificato nella Relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, tale
disposizione si rende necessaria per consentire agli enti locali una più approfondita
valutazione dellammontare delle risorse disponibili, sia dei trasferimenti erariali,
in relazione agli esiti della manovra finanziaria per il 1999 che delle risorse proprie,
anche in relazione alla riforma dei tributi locali avviata nel 1998, in quanto i dati
finanziari inerenti le entrate tributarie devolute agli enti locali non sono ancora del
tutto disponibili.
Analoghe esigenze hanno reso necessario anche negli anni passati il differimento dei
termini per la deliberazione dei bilanci di previsione degli enti locali e delle tariffe e
aliquote di imposta per i tributi e per i servizi locali, attraverso lintervento
legislativo.
La Camera ha stabilito il differimento al 31 dicembre anche del termine previsto per
la deliberazione dellaliquota delladdizionale comunale allIRPEF,
istituita a decorrere dal 1° gennaio 1999, con il decreto legislativo 28 settembre 1998,
n. 360, emanato in attuazione della delega di cui al comma 3-bis,
dellarticolo 7 della legge n. 59/1997, nonché dei termini per lapprovazione
dei regolamenti il cui termine di scadenza è stabilito contestualmente alla data di
approvazione del bilancio.
A tale proposito si ricorda che larticolo 1, comma 3, del D.Lgs. n. 360/1998 fissa
al 31 ottobre la eventuale deliberazione da parte dei comuni della variazione
dellaliquota delladdizionale comunale allIRPEF.
Con lultimo periodo del comma 1, come modificato dalla Camera, i
predetti termini sono stati inoltre definitivamente fissati al 31 dicembre di ogni anno,
evitando dunque per gli anni successivi la necessità di ricorso alla proroga dei termini.
Si ricorda che nel testo governativo, lultimo periodo del comma 1 prevedeva
che per gli anni successivi, in presenza di motivate ragioni, i termini per la
deliberazione dei bilanci di previsione e delle tariffe e aliquote di imposta per i
tributi e per i servizi degli enti locali, sebbene fissati in via generale dalla legge, potessero
essere prorogati mediante decreto del Ministro dellinterno, sentita la
Conferenza Stato-Città e autonomie locali, in alternativa dunque al ricorso allo
strumento legislativo,
Tale disposizione avrebbe introdotto una "delegificazione" per la modifica
della legge n. 142/1990, in quanto demandava ad un regolamento ministeriale il
differimento dei termini per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti
locali.
Il termine per la deliberazione del bilancio di previsione è infatti fissato al 31
ottobre di ciascun anno dallarticolo 55, comma 2, della legge n. 142/1990, che
peraltro, al comma 1, stabilisce che "lordinamento finanziario e contabile
degli enti locali è riservato alla legge dello Stato".
Allo stesso modo, il termine per la deliberazione delle tariffe e delle aliquote di
imposta per i tributi e per i servizi locali è fissato al 31 ottobre di ciascun anno
dallarticolo 10 del D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 68/1993.
NOTE
Il comma 2 in esame, introdotto dalla Camera, precisa i criteri di
applicazione delladdizionale comunale allIRPEF nei territori delle regioni
Valle dAosta, Friuli-Venezia Giulia e nelle province autonome di Trento e di
Bolzano, in relazione alle specifiche competenze attribuite a tali enti in materia di
finanza locale.
Occorre ricordare che l'addizionale comunale allIRPEF, istituita dallarticolo
1 del D.Lgs. n. 360 del 1998, deve essere versata, ai sensi del comma 6 dello stesso
articolo, unitamente allIRPEF, con le modalità che saranno stabilite con decreto
del Ministro delle finanze di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e dell'interno. Laddizionale è dovuta ai comuni in cui il
contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 31 dicembre dell'anno cui si riferisce
l'addizionale, ovvero, relativamente ai redditi di lavoro dipendente e a quelli assimilati
a questi, con riferimento al comune in cui il sostituto ha il domicilio fiscale alla data
dell'effettuazione delle operazioni di conguaglio relative a detti redditi.
Quanto ai meccanismi di ripartizione dell'addizionale, occorre distinguere tra la quota di
addizionale obbligatoria e comune a tutti gli enti, prevista dal comma 2 dell'articolo 1
del D.Lgs. n. 360 del 1998, e la quota opzionale individuata dal comma 3 dello stesso
articolo 1.
L'articolo 2 del D.Lgs. n. 360/1998 disciplina la ripartizione della quota di addizionale
obbligatoria; mentre, ai sensi del comma 7, la ripartizione dell'addizionale
comunale opzionale è effettuata dal Ministero dell'interno:
a titolo di acconto dell'intero importo delle somme versate, entro il medesimo anno di
versamento: per il primo anno di applicazione sulla base del numero dei contribuenti
aventi domicilio fiscale nei singoli comuni e dei redditi imponibili medi risultanti dalle
più recenti statistiche generali pubblicate dal Ministero delle finanze; per i periodi
d'imposta successivi, sulla base dei dati forniti dal Ministero delle finanze e
concernenti le risultanze delle dichiarazioni dei redditi e dei sostituti d'imposta
presentate per l'anno precedente a quello cui l'addizionale si riferisce;
a conguaglio, entro l'anno successivo a quello di versamento, sulla base dei dati forniti
dal Ministero delle finanze e concernenti le risultanze delle dichiarazioni dei redditi e
dei sostituti d'imposta presentate per l'anno cui l'addizionale si riferisce, con la
possibilità di compensare le eventuali somme da restituire con quelle spettanti a titolo
di acconto per l'anno successivo a quello del versamento;
Il medesimo comma 7 stabilisce che con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con
i Ministri delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
possono essere stabilite ulteriori modalità per effettuare la ripartizione. Inoltre,
l'accertamento contabile dei proventi derivanti dall'addizionale avviene, per i comuni,
sulla base delle comunicazioni annuali del Ministero dell'interno delle somme spettanti.
L'articolo 2 del decreto legislativo n. 360 del 1998, come già ricordato, disciplina le
modalità transitorie e definitive di attribuzione agli enti locali delle risorse
finanziarie derivanti dall'introduzione dell'addizionale comunale all'IRPEF, per la parte
obbligatoria comune a tutti gli enti, prevista dal comma 2 dellarticolo 1 dello
stesso decreto legislativo.
Si ricorda che, poiché l'attribuzione delle risorse è finalizzata al finanziamento delle
funzioni e dei compiti trasferiti ai comuni dai decreti legislativi di attuazione della
legge 15 marzo 1997, n. 59, è necessaria, per la compiuta attuazione del sistema, la
preventiva emanazione dei decreti previsti dall'articolo 7 della citata legge n. 59 del
1997, con i quali verrà individuato l'onere sia complessivo che ripartito
territorialmente delle nuove funzioni, nonché definite le risorse (intese come risorse
finanziarie, personale e beni) da attribuire agli enti locali per lo svolgimento di tali
funzioni.
Conseguentemente, le disposizioni recate dall'articolo 2 prevedono una procedura di
ripartizione delle risorse finanziarie distinta in tre fasi.
Il comma 1 dell'articolo 2 disciplina il periodo transitorio, nel quale il
finanziamento delle funzioni e dei compiti effettivamente trasferiti ai Comuni è
assicurato mediante i trasferimenti erariali aggiuntivi temporaneamente assegnati in sede
di decreti emanati ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come
integrato dalle ricordate disposizioni recate dall'articolo 48, comma 12, della legge 27
dicembre 1997, n. 449: l'attribuzione sarà effettuata dall'anno di effettivo
trasferimento delle funzioni sino a tutto l'anno relativo al periodo di imposta assunto a
riferimento ai fini della determinazione dell'aliquota annuale dell'addizionale.
Il comma 2 disciplina, invece, la seconda fase, e cioè quella di prima attribuzione del
gettito dell'addizionale, relativamente all'anno nel quale essa viene riscossa per la
prima volta e sino all'anno precedente quello nel quale viene rideterminata la spesa
secondo i parametri fissati dall'articolo 48, comma 11, lettera c), della legge n. 449 del
1997: in tale fase si prevede che il gettito dell'addizionale venga ripartito tra i
comuni, da parte del Ministero dell'interno, in misura proporzionale ai trasferimenti
erariali aggiuntivi corrisposti a ciascun comune nel periodo transitorio di cui al comma
1.
Il comma 3, infine, disciplina la ripartizione a regime del gettito dell'addizionale, a
decorrere dall'anno in cui verrà applicata la più volte richiamata rideterminazione
della spesa, ai sensi dell'articolo 48, comma 11, lettera c), della legge 27 dicembre
1997, n. 449: a regime, la ripartizione dei proventi dell'addizionale è effettuata dal
Ministero dell'interno secondo le stesse disposizioni previste dal comma 7 dell'articolo 1
per la ripartizione dell'addizionale "opzionale", con un meccanismo di acconto e
di successivo conguaglio.
Contestualmente alla rideterminazione della spesa, operata ai sensi dell'articolo 48,
comma 11, lettera c), della legge 27 dicembre 1997, n. 449, si procederà con appositi
provvedimenti alla determinazione della riduzione o dell'aumento dei trasferimenti statali
da operare e da consolidare, per ciascun comune, in relazione alla differenza tra il
gettito dell'addizionale obbligatoria (di cui al comma 2 dell'articolo 1) e la spesa come
sopra rideterminata, nonché ai relativi eventuali conguagli.
Il comma 2 in esame stabilisce che laddizionale comunale, nei ricordati
territori, venga versata alle regioni e alle province autonome secondo le stesse modalità
previste dallarticolo 50, comma 5, del D.Lgs. n. 446 del 1997 per laddizionale
regionale allIRPEF. La Commissione Bilancio del Senato ha precisato che le
regioni e le province predette (Valle dAosta, Friuli-Venezia Giulia e province
autonome di Trento e di Bolzano) provvedono ai trasferimenti ai comuni nel pieno rispetto
dei rispettivi statuti di autonomia e delle loro norme di attuazione. Le stesse
regioni e province autonome devono comunque assicurare ai comuni, nel quadro dei
rispettivi rapporti finanziari, lintero gettito delladdizionale comunale
"opzionale" allIRPEF, di cui allarticolo 1, comma 3, del D.Lgs. n.
360 del 1998.
Il comma 3 riproduce il testo dellarticolo 2 del decreto legge 2 novembre
1998, n. 376, "Disposizioni urgenti in materia di finanza locale".
Il comma in esame è stato introdotto dalla Camera, unitamente ai successivi commi
4, 5, 6, e 7, che riproducono anchessi altrettante disposizioni del decreto legge n.
376/1998, e al comma 8, che reca la norma di salvaguardia degli effetti del medesimo
decreto legge.
Il comma 3 stanzia 15 miliardi per lanno 1998 come somma destinata a
compensare i comuni che hanno subito una diminuzione delle entrate derivanti dal gettito
dellimposta comunale sugli immobili (ICI) a seguito della minore rendita catastale
attribuita ai fabbricati classificati nel gruppo "D".
Larticolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, "Riordino
della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre
1992, n. 421", stabilisce i criteri secondo i quali limposta comunale sugli
immobili si applica ai fabbricati classificabili nella categoria catastale "D"
quando essi non sono ancora iscritti a catasto, siano posseduti da imprese e
contabilizzati distintamente da queste. Fino allanno nel quale quei fabbricati sono
iscritti in catasto il valore ai fini dellICI è costituito dall'ammontare che
risulta dalle scritture contabili, al lordo delle quote di ammortamento. A
quellammontare si applica inoltre un coefficiente di rivalutazione determinato per
ciascun anno nel medesimo articolo 3. Il coefficiente di rivalutazione è aggiornato
annualmente con decreto del Ministro delle finanze.
Da ultimo dispone il D.M. 24 marzo 1998, "Aggiornamento dei coefficienti per la
determinazione del valore dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non
iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese agli effetti dell'imposta comunale
sugli immobili (ICI) dovuta per l'anno 1998" (G.U. 14 aprile 1998, n. 86). Un
ulteriore criterio di determinazione del valore ai fini dellapplicazione
dellICI è data per quei medesimi fabbricati quando limpresa li abbia in
locazione finanziaria.
Lapplicazione di questi criteri di determinazione del valore cessa allatto
della iscrizione dei fabbricati in catasto e con lattribuzione della rendita
catastale effettiva.
Il comma 3 in esame prevede di compensare i comuni per la diminuzione di gettito
verificatasi quando con liscrizione a catasto di quegli immobili la rendita
catastale attribuita sia risultata minore del valore assunto ai sensi del citato comma 3
dellarticolo 5. Ai comuni che hanno subito minori entrate è attribuito un
"contributo" da parte dello Stato commisurato alla differenza fra il gettito
dellICI per i medesimi fabbricati nellanno 1993 e quello ottenuto
nellanno 1998, applicando alle due basi imponibili laliquota del 4 per mille.
La misura del 4 per mille rende neutra la determinazione del gettito ICI rispetto alle
variazioni di aliquota introdotte dai comuni. Il contributo così risultante viene
corrisposto al netto della somma pari alla quota parte dei contributi ordinari destinati
al finanziamento dei servizi indispensabili per le materie di competenza statale, delegate
o attribuite al comune. I trasferimenti statali ai comuni sono stati ridefiniti
nellanno 1993 scontando il gettito ICI di ciascun comune in quellanno. In quel
caso lICI è stata considerata al netto della somma relativa al finanziamento dei
servizi essenziali e, quindi, quella somma è già assicurata al comune nella
commisurazione fatta ai sensi dellarticolo 36, comma 1, lettera b) del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Quella medesima disposizione fissa convenzionalmente
il finanziamento dei servizi indispensabili in un importo massimo pari al 5 per cento del
complesso dei contributi ordinario e perequativo attribuito per il 1993.
Il contributo è costituito da una corresponsione "una tantum", per una spesa
complessiva di 15 miliardi autorizzata per gli anni 1998 e 1999: la Camera ha infatti
esteso l'autorizzazione di spesa anche al 1999, rispetto al solo 1998 previsto nel
testo del decreto-legge n. 376 del 1998. In assenza di atti e procedure specifiche, la
determinazione dellammontare spettante a ciascun comune e la relativa corresponsione
sono effettuate con le modalità dei contributi ordinari.
Come ha precisato la Commissione Bilancio del Senato, in caso di insufficienza dello
stanziamento le spettanze dei singoli comuni sono ridotte in misura proporzionalmente
inversa allentità della spesa corrente. Il testo approvato dalla Camera prevedeva,
invece, che in caso di insufficienza dellostanziamento, le spettanze dei singoli comuni
fossero proporzionalmente ridotte.
Allonere di 15 miliardi posto a carico del bilancio dello Stato si fa fronte con
la riduzione - per pari cifra - dello stanziamento iscritto nel Fondo speciale di parte
corrente, utilizzando gli accantonamenti relativi al Ministero di grazia e giustizia e al
Ministero dell'interno (nel testo del decreto-legge la copertura è relativa al
solo 1998 e riguarda l'accantonamento relativo al Ministero di grazia e giustizia).
Il comma 4 dellarticolo 28 - aggiunto dalla Camera durante l'esame in
Commissione bilancio - dispone una integrazione di 40 miliardi per il 1998 ai
finanziamenti a favore del comune e della provincia di Napoli e del comune di Palermo, ai
fini della prosecuzione degli interventi statali di lavori socialmente utili. Le
disposizioni del comma in esame sono altresì contenute, in identica formulazione,
nell'articolo 3 del decreto-legge 2 novembre 1998, n. 376, recante "Disposizioni
urgenti in materia di finanza locale", attualmente all'esame del Senato (A.S.
3611).
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Lintervento in oggetto ha avuto inizio - per larea napoletana - con il
D.L. 2 agosto 1984, n. 409, convertito, con modificazioni, in legge 28 settembre 1984, n.
618, portando alla costituzione di cooperative, formate da ex detenuti (circa 4000,
secondo quanto riferito dal Ministero dellinterno) e impegnate in attività varie
(per esempio, manutenzione e pulizie di scuole ed altri edifici pubblici). Successivamente
il D.L. 4 settembre 1987, n. 366, convertito, con modificazioni, in legge 3 novembre 1987,
n. 452, in seguito ad irregolarità riscontrate nella gestione, ha sottoposto le
cooperative a gestione commissariale e al controllo di collegi sindacali. La prosecuzione
dellintervento è stata assicurata per il 1991 dallart. 12, comma 1, del D.L.
12 gennaio 1991, n. 6, convertito, con modificazioni, in legge 15 marzo 1991, n. 80, che
autorizzato una spesa di 120 mld., e per il 1992 dallart. 1 della legge 20 gennaio
1992, n. 22, per unulteriore autorizzazione di 120 mld..
Quanto allintervento nella città di Palermo, è stato inizialmente disposto dal
D.L. 12 febbraio 1986, n. 24, convertito in legge 9 aprile 1986, n. 96. In questo caso si
tratta di circa 1.600 operai edili, disoccupati per la conclusione di alcuni lavori in
appalto del comune di Palermo e successivamente reimpiegati a tempo determinato per
"lavori in economia relativi ad interventi indifferibili ed urgenti di manutenzione e
salvaguardia del territorio nonché del patrimonio artistico e monumentale" della
città di Palermo. Il proseguimento dellintervento per il 1991 e 1992 è stato
assicurato dalle medesime norme sopra citate per quanto riguarda le aree napoletane,
rispettivamente i D.L. n. 6/1991 e la L. n. 22/1992, con unautorizzazione di spesa
di 90 mld. per ciascun anno.
Lart. 4, commi 8 e 9, del D.L. n. 148 del 1993 (convertito nella L. n. 236 del 1993)
ha previsto un nuovo finanziamento, per lanno 1993, pari a 100 miliardi per
larea napoletana e a 50 miliardi per il comune di Palermo.
Per il 1994 e il 1995 il finanziamento dellintervento è stato assicurato
rispettivamente dallarticolo 1, co. 3-4, del D.L. 27 agosto 1994, n. 515,
convertito, con modificazioni, dalla L. 28 ottobre 1994, n. 596 (125 miliardi a favore del
comune e della provincia di Napoli e 50 miliardi a favore del comune di Palermo), e
dallart. 1, co. 2-3, del D.L. 27 ottobre 1995, n. 444, convertito, con
modificazioni, dalla L. 20 dicembre 1995, n. 539 (130 miliardi a favore del comune e della
provincia di Napoli e 56 miliardi a favore del comune di Palermo), concedendo anche la
possibilità di impiegare eventuali disponibilità non utilizzate, derivanti dai
contributi statali assegnati con i decreti-legge n. 409/1984 e n. 24/1986, sopra citati.
Lart. 1, comma 2, lett. f), del D.L. 25 novembre 1996, convertito, con
modificazioni, nella L. 24 gennaio 1997, n. 5, ha disposto un ulteriore stanziamento, pari
a 30 miliardi a favore dellarea napoletana e a 10 miliardi a favore del comune di
Palermo. L'articolo 3, comma 1, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito con
modificazioni dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, ha quindi disposto uno stanziamento per
lanno 1997 pari a 135 miliardi a favore del comune e della provincia di Napoli e a
55 miliardi a favore del comune di Palermo, ai fini della prosecuzione, nel medesimo anno,
degli interventi statali di lavori socialmente utili.
Da ultimo, l'articolo 1-bis del D.L. 8 aprile 1998, n. 78, "Interventi urgenti in
materia occupazionale", aggiunto dalla legge di conversione 5 giugno 1998, n. 176, ha
previsto, al fine di provvedere ad una disciplina definitiva dei contratti riguardanti i
lavoratori impegnati negli interventi finanziati ai sensi delle norme sopra citate,
l'adozione da parte del Governo di "uno o più provvedimenti intesi, anche a mezzo di
accordi di programma, a disciplinare la materia dei suddetti contratti e le forme
dell'eventuale mobilità allo scopo di garantire sbocchi occupazionali nel settore
pubblico ed in quello privato".
Il comma 4 in esame dispone dunque un ulteriore contributo di 40 miliardi di lire a
valere sull'esercizio finanziario 1998 per il finanziamento di lavori ed opere pubbliche
nell'area napoletana e palermitana. Il contributo è così ripartito: 30 miliardi a favore
del comune e della provincia di Napoli; 10 miliardi a favore del comune di Palermo.
All'erogazione provvederà il Ministero dell'interno entro trenta giorni dall'assegnazione
dei fondi. La copertura finanziaria è assicurata a valere sui fondi speciali di cui alla
legge finanziaria 1998, utilizzandosi per 20 mld. l'accantonamento relativo al Ministero
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e per 20 mld. l'accantonamento
relativo al ministero della sanità.
NOTE
Il comma 5 riproduce il testo dellarticolo 4 del decreto legge 2 novembre
1998, n. 376, "Disposizioni urgenti in materia di finanza locale".
Come già ricordato, è stato introdotto dalla Camera unitamente ai commi 3, 4, 6,
e 7, che riproducono anchessi altrettante disposizioni del decreto legge n.
376/1998, e al comma 8, che reca la norma di salvaguardia degli effetti del medesimo
decreto legge.
Il comma 5 differisce il termine a partire dal quale i comuni devono iscrivere nei
propri bilanci gli ammortamenti per quote gradualmente crescenti sino al 30% del valore
dei beni considerati. Lobbligo di iscrivere in bilancio le quote di ammortamento
viene fatto decorrere ora a partire dallanno 2000. Il differimento è disposto
sostituendo il comma 1 dell'articolo 117 del D.Lgs. n. 77 del 1995, come successivamente
modificato dallarticolo 1, comma 161, della legge n. 662 del 1996 (collegato alla
finanziaria 1997).
L'art. 117, comma 1, del D.Lgs. n. 77/1995 disciplina la gradualità nell'ammortamento dei
beni degli enti locali ai fini dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 9 del
medesimo decreto delegato che impone agli enti locali di iscrivere nell'apposito
intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per i beni
relativi, secondo una precisa gradualità del valore, calcolato secondo i criteri
stabiliti dall'articolo 71 del decreto stesso. L'applicazione delle prescrizioni di cui
all'articolo 9, secondo l'originaria previsione del D.Lgs. n. 77/1995, iniziava a
decorrere dal 1996; tale termine è stato tuttavia di volta in volta posticipato
dall'intervento di successive disposizioni legislative sostitutive del comma 1
dell'articolo 117 del D.Lgs. n. 77/1995.
La gradualità nell'ammortamento dei beni degli enti locali era stata infatti inizialmente
ridefinita dall'articolo 8, comma 1, lettera e), del decreto-legge 25 ottobre 1995,
n. 444, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 539/1995, recante "Disposizioni
urgenti in materia di finanza locale" che aveva fatto slittare di un anno i tempi
di applicazione, per cui le disposizioni dell'articolo 9, originariamente destinate ad
essere applicabili a partire dall'esercizio 1996, avrebbero dovuto applicarsi a partire
dall'esercizio 1997, con le seguenti gradualità:
a) per il 1997 viene previsto almeno il 6 per cento del valore (anziché il 12 per
cento);
b) per il 1998 il 12 per cento del valore (anziché il 18 per cento);
c) per il 1999 il 18 per cento del valore (anziché il 24);
d) per il 2000 il 24 per cento del valore (l'anno 2000 non era in precedenza
contemplato).
Dall'anno 2001 in avanti sarebbe andata a regime la disciplina che prevede l'ammortamento
nella misura minima del 30 per cento del valore, di cui all'art. 9 del D.Lgs. n. 77/1995.
Larticolo 1, comma 161, della legge n. 662 del 1996 ha sostituito il comma 1
dell'articolo 177 del D.Lgs. n. 77/1995 stabilendo che il termine iniziale per
l'applicazione delle prescrizioni di cui all'articolo 9 del D.Lgs. n. 77/1995 e per
l'introduzione, all'interno dei bilanci degli enti locali, del nuovo metodo di
ammortamento decorre dal 1998, con le seguenti gradualità di valore:
a) per il 1998 il 6 per cento del valore;
b) per il 1999 il 12 per cento del valore;
c) per il 2000 il 18 per cento del valore;
d) per il 2001 il 24 per cento del valore.
Il comma 4 dell'articolo 49 della legge n. 449/1997 pone, come si è detto,
al 1999 il termine iniziale per l'applicazione delle prescrizioni di cui all'articolo 9
del D.Lgs. n. 77/1995 e stabilisce la seguente gradualità:
a) per il 1999 il 6 per cento del valore;
b) per il 2000 il 12 per cento del valore;
c) per il 2001 il 18 per cento del valore;
d) per il 2002 il 24 per cento del valore.
Il nuovo differimento conserva i medesimi coefficienti di gradualità e slitta di un anno
ciascuno dei valori per il periodo 2000-2003.
NOTE
2 Secondo il comma 7 dell'articolo 71 del D.Lgs. n. 77/1995 gli ammortamenti
compresi nel conto economico sono determinati con i seguenti coefficienti:
a) edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione straordinaria al 3%;
b) strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%;
c) macchinari, apparecchi, attrezzature, impianti ed altri beni mobili al 15%;
d) attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%;
e) automezzi in genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al 20%;
f) altri beni al 20%.
Il comma 6 riproduce il testo dellarticolo 5, comma 1 del decreto legge 2
novembre 1998, n. 376, "Disposizioni urgenti in materia di finanza locale".
Come già ricordato, è stato introdotto dalla Camera unitamente ai commi 3, 4, 5 e
7, che riproducono anchessi altrettante disposizioni del decreto legge n. 376/1998,
e al comma 8, che reca la norma di salvaguardia degli effetti del medesimo decreto legge.
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il comma 6 proroga al 31 dicembre 1999 i termini in scadenza al 31 dicembre 1998
degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni e degli avvisi di accertamento
in rettifica dellICI a partire dallimposta dovuta per lanno 1993.
Larticolo 11 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, "Riordino della finanza
degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"
- decreto che istituisce lICI - disciplina le modalità ed i termini con i quali il
comune procede al controllo delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e verifica la
rispondenza dei diversi elementi della dichiarazione secondo quanto risulta dalla
dichiarazione stessa o emerge da informazioni assunte altrimenti. Sulla base dei controlli
effettuati il comune, nel caso in cui limposta dichiarata o versata non corrisponda
a quella dovuta, emette "avviso di liquidazione, con l'indicazione dei criteri
adottati, dell'imposta o maggiore imposta dovuta e delle sanzioni ed interessi
dovuti;". L'avviso deve essere notificato al contribuente, anche a mezzo posta
mediante raccomandata con avviso di ricevimento, entro il 31 dicembre del secondo anno
successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o la denuncia. Il
termine è posto a pena di decadenza. Per limposta relativa allanno 1993 il
comma 3 dellarticolo 18 del D.Lgs., n. 504/1992 aveva attribuito agli uffici
dell'Amministrazione finanziaria dello Stato la liquidazione e la rettifica delle
dichiarazioni, l'accertamento, l'irrogazione delle sanzioni e degli interessi, la
riscossione delle somme conseguentemente dovute. Questa effettuava tutte le attività a
norma delle disposizioni vigenti in materia di accertamento, riscossione e sanzioni agli
effetti delle imposte erariali sui redditi e dispone, quindi, del relativo termine
quinquennale. Relativamente allimposta dovuta per lanno 1993 il termine
entro cui lamministrazione può emettere lavviso di liquidazione scade il 31
dicembre 1998. Successivamente larticolo 3 della legge 8 maggio 1998, n. 146, "Disposizioni
per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il
funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere
finanziario" ha attribuito ai comuni , la liquidazione e la rettifica delle
dichiarazioni, l'accertamento, la riscossione anche coattiva, l'applicazione delle
sanzioni e degli interessi anche per limposta relativa allanno 1993. Questi vi
provvedono ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, salvo che per i
termini di liquidazione e accertamento continuano ad applicarsi le disposizioni previste
per le imposte erariali sui redditi.
Il primo periodo del comma 6 fissa ora quel termine al 31 dicembre 1999.
Nel caso in cui la denuncia del contribuente sia infedele, incompleta, inesatta, o sia
stata del tutto omessa, il comune provvede alla rettifica delle dichiarazioni e delle
denunce e, se ne ricorre il caso, all'accertamento d'ufficio se non sia stata presentata
denuncia quando sussista lobbligo tributario. Il comune emette avviso di
accertamento motivato e determina la liquidazione dell'imposta o maggiore imposta
dovuta e delle relative sanzioni ed interessi. In questi casi l'avviso, con le forme e
modalità già dette per lavviso di liquidazione, deve essere notificato, entro il
31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è stata presentata la
dichiarazione o la denuncia nel caso di rettifica di una dichiarazione presentata, ovvero,
entro il 31 dicembre del quinto anno successivo nel caso in cui la denuncia sia
stata del tutto omessa. Anche per gli avvisi di accertamento relativi allimposta
dovuta per lanno 1993 si applicava a disposizione transitoria del comma 3
dellarticolo 18 del D.Lgs., n. 504/1992, sia per la competenza
dellamministrazione centrale, sia per il termine ordinario del quinquennio, e si
applica ora larticolo 3 della citata legge n. 146/1998.
Questi termini sono anchessi posti quindi al 31 dicembre 1998 e prorogati
al 31 dicembre 1999 dalla disposizione in esame.
I termini di liquidazione e accertamento in rettifica relativi allimposta dovuta
per lanno 1994 sono stati prorogati di un anno dallarticolo 3, comma 59, della
legge n. 662/1996: il termine per gli avvisi di liquidazione al 31 dicembre 1997, quello
per gli avvisi di accertamento al 31 dicembre 1998. Successivamente larticolo 6-ter
del decreto-legge 29 settembre 1997, n. 328, convertito con legge 29 novembre 1997, n.
410, "Disposizioni tributarie urgenti" ha fissato al 31 dicembre 1998 i termini
per la notifica degli avvisi di liquidazione sulla base delle dichiarazioni e dei
provvedimenti di irrogazione di sanzioni per infrazioni di carattere formale relativamente
all'imposta comunale sugli immobili dovuta per gli anni 1994 e 1995. Quella disposizione
ha inoltre prorogato al 31 dicembre 1998 anche i termini per gli avvisi di liquidazione
per limposta dovuta per lanno 1993 nei comuni compresi nei territori delle
province autonome di Trento e Bolzano. Le province autonome hanno infatti competenza
legislativa ed amministrativa in materia di finanza locale e - in ragione di ciò - non
hanno trovato applicazione le altre proroghe della competenza della amministrazione
centrale per limposta dovuta per lanno 1993. Né trova applicazione diretta
larticolo 3 della legge n. 146/1998.
Per limposta dovuta relativamente agli anni 1994, 1995 e 1996 il comma 6
dispone una ulteriore proroga dei termini fissandoli anchessi al 31 dicembre 1999.
Specificamente:
gli avvisi di liquidazione relativi alle dichiarazioni ICI per gli anni 1994, 1995 e 1996;
il termine relativo ai primi due è già stato prorogato al 31 dicembre 1998 dal decreto
legge n. 328/1997, il terzo ha in questa data la sua scadenza naturale;
gli avvisi di accertamento in rettifica relativamente alle dichiarazioni ICI per gli anni
1994 e 1995; il primo termine già prorogato al 31 dicembre 1998 dalla legge n. 662/1996,
il secondo alla sua scadenza naturale;
per contestazioni che non siano riferite allammontare dellimposta e, dunque,
non soggette ai vincoli posti per gli avvisi di liquidazione e accertamento, la lettera c)
dispone che le amministrazioni finanziarie competenti possono contestare al contribuente,
sino al 31 dicembre 1999, violazioni commesse negli anni dal 1993 al 1996.
Non sono considerati gli avvisi di accertamento per omessa presentazione. Secondo la
disciplina ordinaria, infatti, questi possono essere notificati entro il 31 dicembre del
quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o la denuncia dovevano essere
presentate.
Il comma 7 riproduce il testo dellarticolo 5, comma 2 del decreto legge 2
novembre 1998, n. 376, "Disposizioni urgenti in materia di finanza locale".
Come già ricordato, è stato introdotto dalla Camera unitamente ai commi 3, 4, 5 e
6, che riproducono anchessi altrettante disposizioni del decreto legge n. 376/1998,
e al comma 8, che reca la norma di salvaguardia degli effetti del medesimo decreto legge.
Larticolo 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 "Attuazione delle direttive
91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e
sui rifiuti di imballaggio" dispone che a partire dal 1° gennaio 1999 sia
soppressa la tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) ed il servizio sia
finanziato per intero tramite un sistema di tariffe che tengano conto delle componenti del
costo.
A norma del comma 7 questo termine è ora differito al 1° gennaio 2000; per
lanno 1999 continua ad applicarsi la disciplina vigente e sono confermati i criteri
di commisurazione della tassa adottati per il 1998.
La Commissione Bilancio del Senato ha tuttavia previsto che i comuni possono adottare
sperimentalmente il pagamento del servizio in base alla tariffa. I relativi regolamenti
non sono soggetti al controllo del Ministero delle finanze.
Si ricorda che in base allarticolo 52 del D.Lgs. n. 446 del 1997, le province ed i
comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo
per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei
soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze
di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si
applicano le disposizioni di legge vigenti.
I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il
termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1 gennaio
dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente
alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero delle finanze, entro trenta
giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso
nella Gazzetta Ufficiale.
Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti per vizi di legittimità avanti
gli organi di giustizia amministrativa.
La sostituzione della Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani con un sistema di
finanziamento a tariffa corrisponde, nella disciplina dettata dal D.Lgs n. 22/1997, alla
riorganizzazione del servizio di smaltimento dei rifiuti secondo modalità che assumono
come obiettivo primario la tutela dellambiente. Il Decreto legislativo n. 22/1997 ha
introdotto infatti un nuovo quadro di riferimento per la gestione dei rifiuti da parte
degli enti locali. Il sistema di copertura dei costi tramite la fissazione di una tariffa
si conforma a questo nuova disciplina e ai suoi obiettivi. Per lintroduzione
progressiva del nuovo sistema è previsto un periodo transitorio; larticolo 57 del
decreto legislativo n. 22/1997 stabilisce che sino alla entrata in vigore delle norme di
attuazione del decreto restano in vigore gli attuali regolamenti che disciplinano la
raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti.
I comuni devono adeguare il loro sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti alla nuova
classificazione dei rifiuti ne fa il decreto, alla nuova organizzazione delle funzioni,
allobiettivo ed ai minimi della raccolta differenziata e, comunque, a partire dal
1° gennaio 1999, devono adottare con regolamento e applicare il sistema delle tariffe.
Larticolo 49 del decreto legislativo n. 22/1997 sopprime infatti a partire dalla
stessa data la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, di cui alla sezione II dal Capo XVIII
del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato con Regio Decreto 14
settembre 1931, n. 1175, e successive modificazioni. I proventi della tariffa devono
coprire integralmente i costi per tutti i servizi relativi alla gestione dei rifiuti
urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree
pubbliche o private ma soggette ad uso pubblico. La tariffa deve essere articolata per
fasce di utenza territoriali ed è composta di due distinte quote: una prima che è
determinata dallincidenza degli investimenti e dei relativi ammortamenti sul costo
del servizio; una seconda che tiene conto della quantità dei rifiuti che il soggetto
passivo conferisce, della natura del servizio fornito, dei costi di gestione.
Nonostante i comuni avrebbero potuto approvare i regolamenti per lapplicazione della
tariffa anche in via sperimentale prima del 1° gennaio 1999, questi non sono stati ancora
adottati. Il comma 7 differisce il termine al 1° gennaio 2000 e conserva frattanto
in vigore la disciplina vigente della T.AR.S.U. (per questa si fa rinvio alle note
riportate di seguito al comma 23 di questo articolo).
Il comma 8 costituisce la norma di salvaguardia degli effetti prodottisi a
seguito del decreto-legge 2 novembre 1998, n. 376, "Disposizioni urgenti in
materia di finanza locale", che viene abrogato (il termine per la conversione del
decreto scade il 1° gennaio 1999).
Il comma è stato introdotto dalla Camera unitamente ai commi 3, 4, 5, 6 e 7, che
riproducono nella sostanza il testo degli articoli 2-6 del decreto legge. La norma in
esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Le disposizioni contenute nellarticolo 1 del decreto sono state riformulate come
modifiche apportate al comma 1 dellarticolo in esame.
Secondo la rituale formula di salvaguardia, la disposizione dichiara validi gli atti ed i
provvedimenti adottati e fa salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti.
Per il merito del decreto si fa rinvio alle schede relative ai commi 1 e 3-7 di
questarticolo.
Il comma 9 dellarticolo 28 integra le disposizioni contenute
allarticolo 61, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, recante
"Istituzione dellimposta regionale sulle attività produttive, revisione
degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dellIrpef e istituzione di una
addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali"
(c.d. decreto IRAP), relative alla riduzione dei trasferimenti erariali alle province e
ai comuni a partire dal 1999 disposta a compensazione del trasferimento alle province
e ai comuni del gettito derivante dallimposta sulle assicurazioni contro la
responsabilità civile proveniente dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i
ciclomotori, e dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale.
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il comma 1 dell'articolo 61 del decreto legislativo n. 446/1997 dispone che, a decorrere
dall'anno 1999, il fondo ordinario spettante alle provincie e quello spettante ai comuni
vengano ridotti, rispettivamente, di un importo pari ai gettiti complessivamente riscossi
nell'anno 1998 derivanti dall'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile
proveniente dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, e dalle
imposte di registro, ipotecaria e catastale, in concomitanza con il trasferimento del
gettito stesso di queste imposte rispettivamente alle province e ai comuni.
La riduzione dei fondi per il 1999 viene parametrata ai gettiti stimati
dallamministrazione finanziaria per lanno 1998 dei due tributi.
La stima del gettito annuo dei tributi, ai fini dellassegnazione dei contributi
ordinari, è effettuata dal Ministero delle finanze, per singola provincia e singolo
comune, e comunicata al Ministero del tesoro e al Ministero dell'interno, non oltre il 31
luglio 1998.
Le riduzioni definitive delle dotazioni del fondo ordinario per le province e per i comuni
sono determinate sulla base dei dati finali comunicati dal Ministero delle finanze ai
detti Ministeri entro il 31 marzo 1999. Sulla base di tali dati sono introdotte le
eventuali variazioni di bilancio.
Successivamente, il Ministro dell'interno provvede, con la seconda e la terza rata dei
contributi ordinari relativi al 1999, ad operare i conguagli e a determinare in via
definitiva l'importo annuo del contributo ridotto spettante ad ogni provincia e ad ogni
comune a decorrere dal 1999.
Il comma 9 in esame integra la disciplina della devoluzione dellimposta di
registro ai comuni, dettata dal comma 1 dellarticolo 61 del D.Lgs. n. 446/1997,
stabilendo che la determinazione definitiva della corrispondente detrazione dal fondo
ordinario spettante ai comuni verrà effettuata nel 2001 in base alle risultanze medie del
triennio 1998-2001 comunicati dal Ministero delle finanze entro il 31 marzo 2001.
Il comma 10 dellarticolo 28 dispone la determinazione "a regime"
della dotazione del "Fondo per la costituzione delle nuove province" (UPB
3.1.2.3. del Ministero dellinterno, cap. 1610), sulla base della quantificazione
indicata dalla Tabella C del testo originario del disegno di legge finanziaria per il 1999
(A.C. 5266-bis), disponendone altresì laccorpamento con il "Fondo ordinario
per il finanziamento dei bilanci degli enti locali" (UPB 3.1.2.2,
cap. 1601/Interno).
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il Fondo per la costituzione delle nuove province è istituito ai sensi
dellarticolo 63 della legge 8 giugno 1990, n. 142, recante "Ordinamento
delle autonomie locali", che prevedeva una delega al Governo per
lemanazione di decreti legislativi per la istituzione di nuove province.
Con decreti legislativi in data 6 marzo 1992 sono state, quindi, istituite:
la provincia di Biella (decreto legislativo n. 248/92);
la provincia di Crotone (decreto legislativo n. 249/92);
la provincia di Lecco (decreto legislativo n. 250/92);
la provincia di Lodi (decreto legislativo n. 251/92);
la provincia di Rimini (decreto legislativo n. 252/92);
la provincia di Vibo Valentia (decreto legislativo n. 253/92);
la provincia di Prato (decreto legislativo n. 254/92);
la provincia di Verbano - Cusio - Ossola (decreto legislativo n. 277/92).
Il comma 6 dellarticolo 63 demanda la quantificazione annuale del Fondo alla Tabella
C della legge finanziaria.
La Tabella C del testo originario del disegno di legge finanziaria per il 1999 (A.C. 5266-bis)
indicava la dotazione del Fondo per le nuove province (UPB 3.1.2.3, cap. 1610 dello stato
di previsione del Ministero dellinterno) in 41,6 miliardi per il triennio.
La disposizione in esame - come modificata dalla Camera - quantifica
definitivamente in 41,6 miliardi il Fondo per le nuove province, facendo confluire tale
stanziamento nel Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali,
mantenendo comunque loriginario vincolo di destinazione delle somme relative al
Fondo per la costituzione delle nuove province, per le finalità per cui il fondo era
stato costituito, ai sensi dellarticolo 63 della legge n. 142 del 1990.
Un ulteriore emendamento ha provveduto, di conseguenza, ad abrogare il comma 6
dellarticolo 63 della legge n. 142 del 1990 che riservava, come già ricordato, alla
Tabella C della legge finanziaria la quantificazione annuale del Fondo per le nuove
province.
La confluenza dello stanziamento del Fondo per le nuove province allinterno del
Fondo ordinario, infatti, fa venir meno la necessità della sua annuale determinazione in
Tabella C; laggiornamento annuale di tale stanziamento per le nuove province verrà
determinato sulla base delle norme che disciplinano laggiornamento dei trasferimenti
erariali ordinari agli enti locali, ai sensi dellart. 35, comma 4, del D.Lgs. n.
504/1992 (e, per gli anni 1999 e 2000, in deroga alle norme vigenti, ai sensi
dellart. 49, comma 6, della legge n. 449/1997).
Si ricorda peraltro che larticolo 1, comma 4, lettera b), del decreto
legislativo n. 244/1997, recante il "Riordino del sistema dei trasferimenti
erariali agli enti locali", dispone la confluenza dei contributi a favore delle
nuove province nel Fondo consolidato per province, comuni e comunità montane.
Tuttavia, le disposizioni sul riordino del sistema dei trasferimenti erariali contenute
nel decreto legislativo n. 244/1997, che in base al disposto dellart. 9, comma 1,
del decreto medesimo, avrebbero dovuto entrare in funzione nel 1999, non sono state
prese in considerazione ai fini della determinazione dei contributi erariali per gli enti
locali per il 1999 e anni seguenti, in quanto, come evidenziato nella Nota preliminare
allo stato di previsione del Ministero dellinterno (A.C. 5188 Tab. 8), non
è stato ancora emanato il decreto del Ministro dellinterno, di concerto con il
Ministro del tesoro e del bilancio, che, a norma dellarticolo 9, comma 2, del
decreto legislativo n. 244/1997 dovrà provvedere allaggiornamento dei dati inerenti
alla determinazione e quantificazione dei fondi e relative assegnazioni agli enti locali
con riferimento allultimo esercizio precedente.
A tale proposito si segnala che il comma 39 dellarticolo 28 - introdotto dalla
Camera - posticipa al 1° gennaio 2000 lentrata in vigore del decreto
legislativo 30 giugno 1997, n. 244
Il comma 11 dell'articolo 28, come sostituito nel corso delliter presso la
Camera, provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per
lanno 1999 nella medesima misura stabilita per il 1998.
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il primo periodo della disposizione in esame estende al 1999 le disposizioni
previste dall'articolo 1, comma 164, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (provvedimento
collegato alla legge finanziaria per il 1997), che definivano l'ammontare dei
trasferimenti erariali agli enti locali per l'anno 1997, confermate dellarticolo 49,
comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge
finanziaria per il 1998), relativamente ai trasferimenti per lanno 1998.
Il comma 164 dellarticolo 1 della legge n. 662/1996 stabiliva, al fine di adeguare i
trasferimenti erariali ordinari all'inflazione e per restituire agli enti locali, seppure
parzialmente, gli effetti delle riduzioni dei contributi apportati con il D.L. n. 41/1995,
convertito dalla legge n. 85/1995, che i contributi erariali ordinari e perequativi
spettanti ai comuni, alle province e alle comunità montane per lanno 1997 venissero
attribuiti con le seguenti variazioni:
- contributo di 180 miliardi spettante annualmente ai comuni con popolazione inferiore ai
5.000 abitanti, che sono sottoposti al sistema della Tesoreria unica ai sensi dei commi
155-156 dellarticolo 1 della medesima legge n. 662/1996;
- aumento del fondo ordinario di 212.100 milioni, corrispondente, per ciascun comune e
provincia, all'incremento dell'1,239% dei contributi a valere sul fondo ordinario
definitivamente attribuiti nel 1995;
- incremento del fondo ordinario di 281.000 milioni, quale contributo spettante ai soli
enti che hanno subito la riduzione dei trasferimenti nel 1995 ai sensi dell'articolo 3 del
D.L. n. 41/1995 (c.d. manovra Dini). I contributi sono ripartiti in misura proporzionale
ai contributi erariali assegnati per il 1996 a tale titolo;
- incremento del fondo ordinario di 10 miliardi da destinare alla provincia di Catanzaro
per 3.850 milioni, alla provincia di Forlì per 3.150 milioni ed alla provincia di
Vercelli per 3 miliardi a seguito della situazione di crisi finanziaria evidenziatasi in
tali amministrazioni dopo la costituzione di nuove province a valere su parte del
territorio di queste;
- incremento del fondo ordinario di 3 miliardi per lerogazione di contributi per la
fusione e lunione di comuni, da attribuire con le modalità ed i criteri a tale
titolo stabiliti per il 1996;
- riduzione di 506,1 miliardi del fondo perequativo per gli squilibri della fiscalità
locale per il finanziamento degli incrementi sopra richiamati.
Conseguentemente, la legge di bilancio per il 1998 (legge 27 dicembre 1997, n. 453) indica
una dotazione del cap. 1601 dello stato di previsione del Ministero dell'interno "Fondo
ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali" (U.P.B.
3.1.2.2.) pari a 16.303,9 miliardi.
Tale importo è stato successivamente aumentato a 17.062,8 miliardi dal disegno di legge
di assestamento.
Il secondo periodo del comma 11 dell'articolo 28, nella nuova formulazione approvata
dalla Camera, prevede che per il 1999, in attesa dellentrata in funzione del
decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, recante il "Riordino del sistema dei
trasferimenti erariali agli enti locali", la ripartizione tra gli enti locali
dellincremento annuale dei trasferimenti erariali avviene con i criteri e le
finalità stabilite ai sensi dellarticolo 49, comma 1, lettera a), della
legge n. 449/1997.
Per quanto riguarda la determinazione dellincremento annuale, si ricorda che
secondo la normativa vigente (art. 35, comma 4, del D.Lgs. n. 504/1992), la base di
riferimento per l'aggiornamento delle risorse correnti agli enti locali è costituita dal
fondo ordinario, considerato al lordo delle riduzioni previste per la quota spettante ai
comuni. L'aggiornamento è operato con riferimento ad un andamento coordinato con i
princìpi di finanza pubblica e con la crescita della spesa statale, in misura pari ai
tassi di incremento, non riducibili nel triennio, contenuti nei documenti di
programmazione economico-finanziaria dello Stato.
Soltanto per gli anni 1994 e 1995, il comma 4 dell'art. 35 del D.Lgs. n. 504 del 1992
stabiliva espressamente - in via eccezionale - che l'incremento fosse pari al tasso di
inflazione programmato, così come indicato nel Documento di programmazione
economico-finanziaria per il triennio 1993-1995.
Per gli anni 1996 e 1997, invece, l'incremento dei trasferimenti correnti è stato
calcolato, in applicazione dell'art. 35, comma 4, del D.Lgs. n. 504, sulla base del tasso
di crescita delle spese statali (intese come spese correnti al netto degli interessi) pari
all'1,6% per il 1996 e al 2,5% per il 1997, sull'ammontare della dotazione del fondo
ordinario, come determinato nella legge di bilancio.
Per gli anni 1999 e 2000, a modifica di quanto stabilito dalla normativa vigente e dal
decreto legislativo n. 244/1997, il comma 6 dellarticolo 49 della legge n. 449/1997
ha stabilito che la base di riferimento per l'aggiornamento dei trasferimenti statali
correnti da attribuire alle province, ai comuni e alle comunità montane sia costituita
dalle dotazioni dell'anno precedente relative al fondo ordinario, al fondo consolidato e
al fondo perequativo (confluenti in ununica UPB 3.1.2.2. del Ministero
dellInterno).
La disposizione specifica inoltre che l'incremento annuale dei trasferimenti verrà
determinato in misura pari ai tassi di inflazione programmati per gli anni 1999 e 2000,
che nel Documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio 1999-2001 sono
fissati all'1,5 per cento per entrambi gli anni.
Per quanto riguarda i criteri di distribuzione dellincremento delle risorse
erariali, la lettera a) del comma 1 dellarticolo 49 della legge n.
449/1997 faceva riferimento ai criteri indicati dall'articolo 9, comma 3, del decreto
legislativo 30 giugno 1997, n. 244, recante il "Riordino del sistema dei
trasferimenti erariali agli enti locali", che prevede che sino all'entrata in
funzione del nuovo sistema delineato dal D.Lgs. n. 244/1997, i trasferimenti erariali
siano corrisposti agli enti locali nella misura stabilita dalla legislazione vigente.
Ai sensi di quanto disposto dal citato art. 35, comma 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992, gli
incrementi annuali dei trasferimenti correnti agli enti locali, per la parte spettante
alle provincie ed ai comuni sono destinati, a decorrere dal 1994, esclusivamente alla
perequazione degli squilibri della fiscalità locale, mentre per la parte spettante alle
comunità montane gli incrementi affluiscono al fondo ordinario. Tali risorse aggiuntive
vengono infatti ripartite ai soli enti le cui risorse risultino al di sotto della media
pro-capite della fascia demografica di appartenenza in misura proporzionale allo scarto
rispetto alla media stessa, considerando le risorse quali costituite dai contributi
ordinari e consolidati maggiorati per i comuni dell'I.C.I. al 4 per mille a suo tempo
detratta e per le province dell'A.P.I.E.T. a suo tempo detratta.
Si ricorda tuttavia che la disciplina dettata dal secondo periodo del comma 11
dellarticolo 28 in esame per la ripartizione tra gli enti locali
dellincremento annuale dei trasferimenti erariali, vale a decorrere dal 1999 in
attesa dellentrata in funzione del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244,
recante il "Riordino del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali".
Si ricorda infatti in tale sede che il sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali
disciplinato dal decreto legislativo n. 504/1992 è stato in larga parte superato dal
decreto legislativo n. 244/1997, emanato in attuazione della delega prevista
dallarticolo 1, comma 175, della legge n. 662/1996 (provvedimento collegato alla
finanziaria per il 1997).
Il riordino del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali è infatti strumentale
al più vasto piano di revisione dell'ordinamento delle autonomie locali in atto, e
consequenziale all'attuazione del decentramento fiscale a favore delle regioni, attuato
con il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che ha potenziato l'autonomia
finanziaria degli enti territoriali mediante la semplificazione e la riorganizzazione
dell'ordinamento tributario degli enti locali.
Tuttavia, le disposizioni sul riordino del sistema dei trasferimenti erariali contenute
nel decreto legislativo n. 244/1997, che in base al disposto dellart. 9, comma 1,
del decreto medesimo, avrebbero dovuto entrare in funzione nel 1999, non sono state
prese in considerazione ai fini della determinazione dei contributi erariali per gli enti
locali per il 1999 e anni seguenti, in quanto, come evidenziato nella Nota preliminare
allo stato di previsione del Ministero dellinterno (A.C. 5188 Tab. 8), non
è stato ancora emanato il decreto del Ministro dellinterno, di concerto con il
Ministro del tesoro e del bilancio, che, a norma dellarticolo 9, comma 2, del
decreto legislativo n. 244/1997 dovrà provvedere allaggiornamento dei dati inerenti
alla determinazione e quantificazione dei fondi e relative assegnazioni agli enti locali
con riferimento allultimo esercizio precedente.
Si segnala che il comma 39 dellarticolo 28 in esame, introdotto dalla Camera, posticipa
al 1° gennaio 2000 lentrata in funzione del decreto legislativo 30 giugno 1997, n.
244.
NOTE
1
In particolare si ricorda che il decreto n. 41/1995 ha stabilito una riduzione degli stanziamenti complessivi previsti per gli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato per il 1995, di un ammontare complessivo pari a 670 miliardi, dei quali 600 miliardi relativi ai comuni e 70 alle province, corrispondente al 3 per cento dellammontare stesso. Tale riduzione, pur disposta per il 1995, viene confermata per gli anni 1996 e seguenti dal successivo comma 4 dell'articolo 3 del decreto medesimo. Essa ha, dunque, carattere permanente.
Il comma 12 dellarticolo 28 - introdotto dalla Camera - stabilisce che una
quota delle risorse aggiuntive dei trasferimenti erariali, determinatesi ai sensi
dell'articolo 49, comma 6, della legge n. 449/1997, sia destinata al finanziamento delle
unioni e delle fusioni tra comuni.
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il comma 6 dellarticolo 49 della legge n. 449/1997 stabilisce la base di riferimento
per l'aggiornamento dei trasferimenti statali correnti per gli anni 1999 e 2000 da
attribuire alle province, ai comuni e alle comunità montane.
A modifica di quanto stabilito dalla normativa vigente e dal decreto legislativo n.
244/1997, il citato comma 6 ha stabilito che per gli anni 1999-2000 la base di riferimento
per l'aggiornamento dei trasferimenti statali correnti da attribuire alle province, ai
comuni e alle comunità montane sia costituita dalle dotazioni dell'anno precedente
relative al fondo ordinario, al fondo consolidato e al fondo perequativo (confluenti in
ununica UPB 3.1.2.2. del Ministero dellInterno).
La disposizione specifica inoltre che l'incremento annuale dei trasferimenti viene
determinato in misura pari ai tassi di inflazione programmati per gli anni 1999 e
2000, che nel Documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio 1999-2001
sono fissati all'1,5 per cento per entrambi gli anni.
Si ricorda che secondo la normativa vigente (art. 35, comma 4, del D.Lgs. n. 504/1992), la
base di riferimento per l'aggiornamento delle risorse correnti agli enti locali è
costituita dal fondo ordinario, considerato al lordo delle riduzioni previste per la quota
spettante ai comuni. L'aggiornamento è operato con riferimento ad un andamento coordinato
con i princìpi di finanza pubblica e con la crescita della spesa statale, in misura pari
ai tassi di incremento, non riducibili nel triennio, contenuti nei documenti di
programmazione economico-finanziaria dello Stato.
Soltanto per gli anni 1994 e 1995, il comma 4 dell'art. 35 del D.Lgs. n. 504 del 1992
stabiliva espressamente - in via eccezionale - che l'incremento fosse pari al tasso di
inflazione programmato, così come indicato nel Documento di programmazione
economico-finanziaria per il triennio 1993-1995.
Per gli anni 1996, 1997 e 1998, invece, l'incremento dei trasferimenti correnti è stato
calcolato, in applicazione dell'art. 35, comma 4, del D.Lgs. n. 504, sulla base del tasso
di crescita delle spese statali (intese come spese correnti al netto degli interessi) pari
all'1,6% per il 1996,al 2,5% per il 1997 e al 3% per il 1998, sull'ammontare della
dotazione del fondo ordinario, come determinato nella legge di bilancio.
Ai sensi di quanto disposto dal citato art. 35, comma 4, del D.Lgs. n. 504 del 1992, gli
incrementi annuali dei trasferimenti correnti agli enti locali, per la parte spettante
alle provincie ed ai comuni sono destinati, a decorrere dal 1994, esclusivamente alla
perequazione degli squilibri della fiscalità locale.
Tali risorse aggiuntive vengono infatti ripartite ai soli enti le cui risorse risultino al
di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza in misura
proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa, considerando le risorse quali
costituite dai contributi ordinari e consolidati maggiorati per i comuni dell'I.C.I. al 4
per mille a suo tempo detratta e per le province dell'A.P.I.E.T. a suo tempo detratta.
Il comma 12 in esame stabilisce che al finanziamento delle unioni e delle
fusioni tra comuni vengano destinate quote pari a 10 miliardi per il 1999, 20 miliardi per
il 2000 e 30 miliardi per il 2001, che vengono detratte dallammontare delle
risorse aggiuntive createsi ai sensi dell'articolo 49, comma 6, della legge n. 449/1997,
corrispondenti allincremento dei trasferimenti erariali per lanno 1999
rispetto al 1998, determinato in misura pari ai tassi di inflazione programmati che, per
lanno 1999, nel Documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio
1999-2001 risulta fissato all'1,5 per cento.
Al finanziamento delle unioni e delle fusioni tra comuni lultimo periodo del
comma 12 destina un ulteriore contributo pari a 3 miliardi per il triennio
1999-2001.
Il comma 13 dellart. 28 - aggiunto dalla Camera - introduce una norma di
sanatoria relativamente ai contributi erogati a comuni e province negli anni 1996, 1997 e
1998, ai sensi dell'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 27 ottobre 1995, n. 444,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 539/1995.
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il secondo periodo del comma 9 dell'articolo 3 del D.L. n. 444/1995 prevedeva per
lanno 1995 lerogazione di un contributo di 105 miliardi da parte del
Ministero dellinterno ai comuni ed alle province che per effetto della riduzione dei
trasferimenti erariali operata ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio
1995, n. 41, convertito dalla legge n. 85/1995, hanno subito una detrazione superiore al
3% della spesa corrente del 1995.
Si ricorda che il predetto articolo 3 del decreto-legge n. 41/1995 prevedeva una riduzione
dei trasferimenti agli enti locali per un ammontare complessivo di 670 miliardi (600
relativi ai comuni e 70 alle province) in termini di competenza.
La riduzione è disposta per il 1995, (comma 3) e resta ferma per gli anni 1996 e seguenti
(comma 4): essa ha dunque carattere permanente.
Il contributo di 105 miliardi concesso ai sensi del comma 9, dellarticolo 3, del
D.L. n. 444/1995 era in realtà previsto per il solo anno 1995; tuttavia è stato
erogato dal Ministero dellinterno ai comuni anche negli anni 1996 e 1997, in quanto
ritenuto anchesso di carattere permanente.
A seguito dellopposizione del Ministero del tesoro, nel corso dellanno 1998 è
sorto il conflitto interpretativo sulla possibilità di erogare in maniera consolidata il
contributo in questione, per il quale è stato richiesto il parere del Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto corretta la posizione assunta dal Ministero del tesoro,
ritenendo giuridicamente dovute soltanto le somme per il 1995.
I commi 14, 20, 25, 26 e 27 - inseriti nel corso dellesame presso la Camera - riguardano
la tassa per loccupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP).
Istituita con gli articoli 192 e seguenti del vecchio testo unico sulla finanza locale, la
TOSAP è stata oggetto di profonda revisione ad opera del D.Lgs. n. 507/1993, emanato in
attuazione della legge n. 421/1992. Nella nuova disciplina il tributo si riferisce sia
agli spazi di qualsiasi natura, in strade, piazze, mercati o altro, sia agli spazi
sovrastanti o sottostanti il suolo (ad esempio, condutture sotterranee e fili elettrici),
sia allo stazionamento di taxi e vetture di piazza negli appositi spazi (parcheggi) loro
destinati.
Oggetto della tassa sono le occupazioni di qualsiasi natura effettuate, anche senza
titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e comunque, su beni appartenenti al demanio
o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province. La tassa è dovuta al comune o
alla provincia dal titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione ed in mancanza di
queste anche dall'occupante di fatto, anche abusivo, della superficie. I comuni e le
province sono tenuti ad approvare un apposito regolamento per l'applicazione della tassa e
ad adottare le tariffe entro il 31 ottobre di ogni anno, con entrata in vigore prevista
per il 1° gennaio dell'anno successivo.
Ai fini della tassazione le occupazioni sono distinte in due categorie: occupazioni
permanenti ed occupazioni temporanee. L'art. 42 del D.Lgs. n. 507/1993, come modificato
dal D.Lgs. n. 566/1993, stabilisce infatti (comma 1) che le occupazioni possono essere:
a) permanenti, qualora abbiano come presupposto un atto di concessione per un periodo di
tempo non inferiore all'anno, ed abbiano carattere "stabile", con o senza
manufatti o impianti;
b) temporanee, nel caso in cui siano state approvate con un'autorizzazione per una durata
inferiore all'anno.
Il comma 14 prevede labrogazione della disposizione di delega di cui al n. 2
della lettera e) del comma 143 dellarticolo 3 della legge n. 662/1996, nonché la
relativa disposizione di attuazione, contenuta alla lettera a) del comma 2
dellarticolo 51 del D.Lgs. n. 446/1997. Si tratta delle norme che stabilivano che,
contestualmente allintroduzione dellIRAP, nellambito del riordino della
disciplina dei tributi locali, dal 1° gennaio 1999 dovessero essere aboliti alcune tasse
ed imposte, tra le quali era inclusa anche la TOSAP.
Stante la permanenza della TOSAP, il comma 20 prevede la riformulazione del comma 1
dellarticolo 63 del citato D. Lgs. che nellattuale formulazione già consente
a province e comuni di disporre, con regolamento da adottare ai sensi dellarticolo
52 dello stesso D. Lgs., che loccupazione, anche temporanea, di strade, aree e
relativi spazi sovrastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio
indisponibile, sia assoggettata, in sostituzione della TOSAP, al pagamento di un canone da
parte del titolare della concessione.
Va peraltro rilevato che larticolo 63 è diretto ad attuare le disposizioni di
delega di cui alla lettera h) del comma 149 dellarticolo 3 della legge n. 662 che
prevede lattribuzione alle province e ai comuni della facoltà di stabilire, per
loccupazione di aree del rispettivo demanio o patrimonio indisponibile, di cui agli
articoli 824 e 826 del codice civile, il pagamento di un canone determinato sulla base di
una tariffa che tenga conto, oltre che delle esigenze di bilancio, del valore economico
della disponibilità dellarea in relazione al tipo di attività, del sacrificio
imposto alla collettività con la rinuncia alluso pubblico dellarea stessa, e
dellaggravamento degli oneri di manutenzione derivanti dalloccupazione del
suolo e del sottosuolo. Si prospetta, in sostanza, una revisione dei canoni di concessione
sulla base di numerose parametri e non esclusivamente in relazione al valore economico
dellarea.
Rispetto allattuale formulazione del comma 1 dellarticolo 63, il testo
approvato dalla Camera contiene una modifica consistente nellintroduzione di un
periodo iniziale in base al quale comuni e province possono escludere lapplicazione
della TOSAP nel proprio territorio. Restano invece immutate - dopo le
precisazioni introdotte dalla Commissione Bilancio del Senato - le restanti
disposizioni, in particolare per quanto concerne lindividuazione degli immobili per
i quali può essere disposto il pagamento del canone.
Al riguardo, si può rilevare che la modifica prospettata sembra riprodurre la
soluzione adottata, nellambito del medesimo D. Lgs. n. 446, per quanto concerne
limposta comunale sulla pubblicità. Infatti, larticolo 62 consente ai comuni
di stabilire che nel proprio territorio tale imposta non si applichi e,
contemporaneamente, di prevedere, con regolamento, che alcune iniziative pubblicitarie
possono essere sottoposte al pagamento di un canone. Si tratterebbe, quindi, di un
rafforzamento dellautonomia regolamentare di comuni e province.
Sempre in tema di TOSAP, il comma 25 dellart. 28 in esame sostituisce
interamente la lettera g) del comma 2 del medesimo articolo 63, che riguarda i casi
occupazioni abusive. Nel nuovo testo della lettera g), si distingue anzi tutto tra
occupazioni abusive permanenti, che sarebbero quelle "realizzate con impianti e
manufatti di carattere stabile", ed occupazioni abusive temporanee. Inoltre, si
differenzia lentità dellindennità dovuta, fermo restando che, comunque,
rispetto alla formulazione vigente, viene disposta una attenuazione dellonere a
carico dei soggetti interessati. Infatti, mentre nel testo vigente si prevede che per le
occupazioni abusive debba applicarsi una sanzione pecuniaria di importo compreso tra
lammontare del canone e il doppio dello stesso, in aggiunta a quelle previste dal
codice della strada, nel nuovo testo si prevede una maggiorazione del canone fino al 50%,
per quelle permanenti, mentre per quelle temporanee si stabilisce una presunzione in forza
della quale esse sarebbero da considerare come effettuate "dal trentesimo giorno
antecedente la data del verbale di accertamento".
Sempre in tema di sanzioni, il comma 26 dellart. 28 prevede
linserimento, al medesimo articolo 63, di una lettera g-bis), in base alla quale i
regolamenti che comuni e province potranno adottare dovranno definire anche le sanzioni
pecuniarie da applicare in presenza di violazioni delle disposizioni recate dai medesimi
regolamenti, a tal fine stabilendosi che limporto delle sanzioni non possa essere
inferiore a quello previsto alla precedente lettera né superiore al doppio dello stesso,
ferme restando quelle previste dal codice della strada.
Il comma 27 consente ai comuni e alle province di applicare, per i "rapporti
non ancora conclusi", le agevolazioni previste, per quanto concerne la TOSAP, al
comma 63 dellarticolo 17 della legge n. 127/1997, che includono anche la
possibilità di disporre la completa esenzione, per quanto riguarda le superfici e gli
spazi gravati da canoni concessori non ricognitori.
La Commissione Bilancio del Senato ha soppresso il comma 22 del testo approvato
dalla Camera che, sostituendo, nellarticolo 64, comma 2, del D.Lgs. n. 446/97 -
istitutivo dellIRAP - al termine del 31 dicembre 1998 quello del 31
dicembre 1999, posticipava di un anno i termini inerenti la facoltà dei comuni di
prorogare i contratti per la gestione dei servizi - aventi scadenza anteriore alla data
citata - di accertamento e riscossione dellimposta sulle pubblicità e sulla TARSU,
di cui rispettivamente agli articoli 25 e 52 del D.Lgs. n. 507/93.
Il comma 15, introdotto dalla Camera, interviene in materia di imposta provinciale
di trascrizione. La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio
del Senato.
Si ricorda che la lettera d) del comma 149 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, ha
previsto la possibilità per le province di istituire un'imposta provinciale di
trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico. A
tal fine nelle norme deleganti si stabilisce che debba essere preventivamente determinata
una tariffa base nazionale per tipo e potenza dei veicoli (numero 1), che successivamente
le province possono aumentare fino ad un massimo del 20 per cento (numero 2). Peraltro, la
tariffa base dovrebbe garantire il gettito dell'imposta erariale di trascrizione,
iscrizione e annotazione dei veicoli al PRA e della relativa addizionale provinciale di
cui ai punti 4) e 5) della lettera d) del comma 143 si prevede la soppressione. Al numero
3) della lettera d) è stato altresì stabilito che al concessionario della riscossione
delle tasse automobilistiche si debba attribuire anche il compito di provvedere alla
liquidazione, alla riscossione e alla contabilizzazione dell'imposta provinciale di cui si
prevede l'istituzione, nonché l'obbligo di riversare alla tesoreria di ciascuna provincia
le somme riscosse.
Il citato articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997, dando attuazione ai criteri di delega
sopra richiamati, consente alle province di istituire, a decorrere dal 1° gennaio 1999,
un'imposta provinciale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico
registro automobilistico, destinata a sostituire:
- l'imposta erariale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico
registro automobilistico (Iet);
- l'addizionale provinciale alla suddetta imposta (Apiet).
Le disposizioni dell'articolo 56 vanno collegate a quelle del successivo articolo 57,
dedicato alle modifiche apportate all'imposta di registro, e tendenti a realizzare un
sistema di tassazione più semplificato.
Come è noto, la stipula di un atto pubblico che ha come oggetto esclusivo un veicolo
comporta la presentazione dell'atto prima all'ufficio del registro, dove deve essere
registrato, con versamento della relativa imposta di registro; quindi vi è l'obbligo di
registrare il veicolo al pubblico registro automobilistico (Pra), con versamento
dell'Apiet.
A decorrere dal 1999, invece, verrà meno l'obbligo di richiedere la registrazione presso
l'ufficio del registro competente degli atti pubblici di natura traslativa o dichiarativa
aventi per oggetto veicoli a motore, e conseguentemente di effettuare il pagamento
dell'imposta di registro.
Sulla base delle disposizioni dell'articolo 57, si deve sottolineare che dal 1° gennaio
1999 anche le donazioni di veicoli non saranno più soggette a imposta, né potranno più
essere computati nel valore complessivo dei beni che compongono l'azienda, ai fini
dell'imposta di registro, gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di
esse.
Occorre ricordare, inoltre, che il comma 4 dell'articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997,
dando attuazione al numero 3) della citata lettera d) del comma 149, ha stabilito che, con
proprio regolamento, le province disciplinano la liquidazione, la riscossione e la
contabilizzazione dell'imposta provinciale di trascrizione e i relativi controlli, nonché
l'applicazione delle sanzioni per l'omesso o il ritardato pagamento dell'imposta stessa in
misura non inferiore ad una volta né superiore a quattro volte l'imposta dovuta. Detti
adempimenti sono affidati allo stesso concessionario della riscossione delle tasse
automobilistiche il quale riversa alla tesoreria di ciascuna provincia nel cui territorio
sono state eseguite le relative formalità le somme riscosse inviando alla provincia
stessa la relativa documentazione. In caso di affidamento in concessione a terzi della
riscossione delle tasse automobilistiche e dell'imposta provinciale di trascrizione, deve,
comunque, essere assicurata l'esistenza di un archivio nazionale dei dati fiscali relativi
ai veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico. L'imposta suppletiva deve
essere richiesta dalla provincia entro il termine di tre anni dalla data in cui la
formalità è stata eseguita. Ai rimborsi dell'imposta provvede la competente provincia.
Il meccanismo che prevede l'intervento del concessionario per la riscossione delle tasse
automobilistiche (introdotto dal richiamato comma 4 dell'articolo 56 del D.Lgs. n.
446/1997, in attuazione del criterio di delega di cui al numero 3) della lettera d), comma
149, dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996), potrebbe risultare inoperante ove le
regioni decidessero di riscuotere in proprio le tasse automobilistiche, eliminando così
la figura giuridica del concessionario.
Infatti, il comma 10 dell'articolo 17 della legge n. 449 del 1997 (provvedimento collegato
alla legge finanziaria per il 1998) prevede l'attribuzione alle regioni a statuto
ordinario, a decorrere dal 1° gennaio 1999, delle competenze in materia di accertamento,
riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente
alle tasse automobilistiche non erariali, con modalità che saranno stabilite con decreto
del Ministro delle finanze sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con lo stesso provvedimento, o
con altro decreto, dovrà essere approvato lo schema tipo di convenzione che le regioni
potranno utilizzare per affidare a terzi, mediante procedure ad evidenza pubblica,
le attività di controllo e riscossione. Quanto alla riscossione coattiva, si rinvia
alle disposizioni del D.P.R. n. 43 del 1988 istitutivo del Servizio di riscossione dei
tributi.
Il comma 11 dello stesso articolo 17 della legge n. 449 del 1997, inserito nel corso
dellesame al Senato, prevede che i tabaccai possono riscuotere le tasse
automobilistiche previa adesione ad apposita convenzione tipo, da approvare con decreto
del Ministro delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-regioni. Tale
convenzione dovrà disciplinare le modalità di collegamento telematico con il
concessionario della riscossione e di riversamento al concessionario stesso delle somme
riscosse. La convenzione dovrà altresì determinare il compenso spettante ai tabaccai per
ciascuna operazione di versamento, nonché le garanzie da prestare per lo svolgimento
dell'attività.
Il successivo comma 12 stabilisce che entro dieci mesi dalla data di entrata in
vigore della legge n. 449 del 1997, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province
autonome, è disciplinato il rapporto uniforme tra i tabaccai e le regioni, tenuto conto
delle previsioni del comma 10.
Infine, il comma 14 ha prorogato ulteriormente al 31 dicembre 1998 la convenzione tra il
Ministero delle finanze e l'Automobile Club Italia, già prorogata al 31 dicembre 1997 dal
comma 139 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996. In relazione alla possibilità di
affidare ai tabaccai la riscossione delle tasse automobilistiche, il comma prevede che la
proroga operi compatibilmente con le disposizioni di cui ai precedenti commi 11 e 12.
Il comma 15 in esame, al fine di eliminare i possibili inconvenienti sopra
evidenziati, prevede che fino al 31 dicembre 1999 le attività di liquidazione,
riscossione e contabilizzazione dell'imposta provinciale di trascrizione, i relativi
controlli e l'applicazione delle sanzioni sono affidati al competente ufficio del pubblico
registro automobilistico (P.R.A.).
Va rilevato che sulla materia in esame interviene, con diversa impostazione, anche
l'articolo 8 del disegno di legge A.S. 3599, all'esame della Commissione finanze e tesoro
del Senato, che sostituisce interamente il numero 3) della lettera d) del comma 149
dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, attribuendo alle province il compito di
provvedere alla liquidazione, riscossione e contabilizzazione dell'imposta. L'articolo 8
stabilisce che a tal fine esse potranno assolverlo direttamente, anche nelle forme
associate di cui agli articoli 24, 25 , 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142,
(modalità per lo svolgimento coordinato o associato di funzioni proprie degli enti
locali) o mediante affidamento a terzi. Occorre, tuttavia, rilevare che mentre il richiamo
agli articoli 24 (convenzioni anche tra province) e 25 (consorzi costituiti anche tra
province) della legge n. 142 del 1990 appare congruo, non altrettanto si può dire per il
richiamo agli articoli 26 (unione di comuni) e 28 (comunità montane) della stessa legge
n. 142 del 1990, trattandosi di forme associative riguardanti i soli comuni.
Commi 16 e 18
(Termini per l'attribuzione ai comuni di alcune imposte erariali)
Il comma 16 in esame, introdotto dalla Camera, differisce al 1° gennaio 2000 il
termine per l'attribuzione ai comuni del gettito derivante dalle imposte di registro,
ipotecaria e catastale, riscosse sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà o
di diritti reali sui beni immobili ubicati nel comune.
La norma in esame, come quella recata dal comma 18, non è stata modificata dalla
Commissione Bilancio del Senato.
L'articolo 60 del D.Lgs. n. 446 del 1997 prevede, a decorrere dal 1° gennaio 1999 (comma
5), lattribuzione alle province e ai comuni del gettito di alcune imposte
erariali.
Alle province viene attribuito (comma 1) il gettito dellimposta sulle
assicurazioni, di cui all'articolo 1, primo comma, lettera b), della legge n. 1216/1961,
contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, al
netto del contributo previsto sui premi assicurativi a favore del fondo di sostegno per le
vittime di richieste estorsive (art. 6, comma 1, lettera a), del DL n. 419/1991,
convertito dalla legge n. 172/1992). Ai comuni viene invece attribuito (comma 2) il
gettito derivante dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale, riscosse sugli atti
traslativi a titolo oneroso della proprietà o di diritti reali sui beni immobili ubicati
nel comune. Con decreti ministeriali saranno stabilite le modalità per
lassegnazione alle province e ai comuni delle imposte spettanti; mentre le regioni a
statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono allattuazione
delle disposizioni predette in conformità dei rispettivi statuti.
Il comma 5 dell'articolo 60, oltre a prevedere la decorrenza delle disposizioni con
effetto dal 1 gennaio 1999, prevede che la norma di cui comma 2 si applica con riferimento
alle imposte riscosse sugli atti pubblici formati, sulle scritture private autenticate e
sugli atti giudiziari pubblicati o emanati, nonché sulle scritture private non
autenticate presentate per la registrazione, a decorrere dalla medesima data del 1°
gennaio 1999.
Con il comma 16 in esame il termine del 1° gennaio 1999, con riferimento alla sola
attribuzione ai comuni del gettito di imposte erariali, di cui al comma 2 dell'articolo 60
del D.Lgs. n. 446 del 1997, viene differito al 1° gennaio 2000.
Conseguentemente vengono differiti di un anno (comma 18) tutti i riferimenti
temporali contenuti nell'articolo 61 dello stesso D.Lgs. n. 446 del 1997, limitatamente
all'attribuzione ai comuni delle citate imposte di registro, ipotecarie e catastali.
Il citato articolo 61 stabilisce le misure finanziarie necessarie a compensare le minori
entrate erariali derivanti dalla soppressione dellimposta erariale di trascrizione e
dalla devoluzione, rispettivamente, alle province del gettito dellimposta sulle
assicurazioni contro la responsabilità civile proveniente dalla circolazione dei veicoli
a motore, esclusi i ciclomotori, e ai comuni delle imposte di registro, ipotecaria e
catastale, secondo quanto stabilito dal precedente articolo 60, attraverso la
corrispondente riduzione dei trasferimenti statali agli enti locali a decorrere dal 1999.
Tale disposizione risulta necessaria al fine di assicurare che non si producano oneri
aggiuntivi per il bilancio dello Stato o effetti negativi per la finanza locale quale
conseguenza del generale riordino del sistema dei tributi locali, in ottemperanza a quanto
previsto dal comma 151 dell'articolo 3 della legge n. 662/96.
Il comma 1 dell'articolo 61 dispone che, a decorrere dall'anno 1999, il fondo ordinario
spettante alle provincie e quello spettante ai comuni vengono ridotti, rispettivamente, di
un importo pari ai gettiti complessivamente riscossi nell'anno 1998 derivanti dall'imposta
sulle assicurazioni contro la responsabilità civile proveniente dalla circolazione dei
veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, ai sensi del comma 1 del precedente articolo 60,
e dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale, di cui al comma 2 del medesimo
articolo 60, in concomitanza con il trasferimento del gettito stesso di dette imposte
rispettivamente alle province e ai comuni.
La riduzione dei predetti fondi per il 1999 viene parametrata ai gettiti stimati
dallamministrazione finanziaria per lanno 1998 dei due tributi. La stima del
gettito annuo dei tributi, ai fini dellassegnazione dei contributi ordinari, è
effettuata dal Ministero delle finanze, per singola provincia e singolo comune, e
comunicata al Ministero del tesoro e al Ministero dell'interno, non oltre il 31 luglio
1998.
Le riduzioni definitive del fondo ordinario per le province ed i comuni sono determinate
sulla base dei dati finali comunicati dal Ministero delle finanze ai detti Ministeri entro
il 31 marzo 1999. Sulla base di tali dati sono introdotte le eventuali variazioni di
bilancio.
Successivamente, il Ministro dell'interno provvede, con la seconda e la terza rata dei
contributi ordinari relativi al 1999, ad operare i conguagli e a determinare in via
definitiva l'importo annuo del contributo ridotto spettante ad ogni provincia e ad ogni
comune a decorrere dal 1999.
Il comma 3 stabilisce che la riduzione dei trasferimenti statali viene effettuata in primo
luogo sui trasferimenti ordinari; ove questi si rivelassero insufficienti a coprire le
minori entrate derivanti dal trasferimento del gettito dei tributi le somme non recuperate
possono essere decurtate dagli altri contribuire di parte corrente dovuti al singolo ente
locale dal Ministero dell'interno, oppure, in ultima analisi, dai contributi in conto
capitale.
Il comma 4 dispone infine che il meccanismo di riduzione dei trasferimenti statali
previsto dallarticolo 61 in esame interessa gli enti locali delle sole regioni a
statuto ordinario. Per le regioni a statuto speciale si prevede che le operazioni di
riequilibrio dei contributi ordinari previste dall'articolo 3 del D.Lgs. n. 244/1997,
trovino applicazione solo dopo il recepimento nei rispettivi statuti delle disposizioni di
cui al presente articolo e di quelle di cui al precedente articolo 60, concernente
l'attribuzione alle provincie ed ai comuni del gettito delle imposte erariali sopra
citate.
Comma 17
(Finanziamento della mobilità ciclistica)
Il comma 17 in esame, introdotto dalla Commissione Bilancio del Senato, abroga il comma
3 dellarticolo 10 della legge 19 ottobre 1998, n. 366, recante norme per il
finanziamento della mobilità ciclistica.
In particolare, il citato comma 3 dellarticolo 10 ha modificato il primo periodo del
comma 4 dellarticolo 208 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, (nuovo codice della
strada) prevedendo che i proventi spettanti alle regioni, province e comuni per il
pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni delle disposizioni del
codice della strada (allorquando le violazioni sono accertate da funzionari, ufficiali ed
agenti, rispettivamente, delle regioni, province e comuni) vengano devoluti, in misura non
inferiore al 20 per cento, alla realizzazione di interventi in favore della mobilità
ciclistica.
Il comma 17 in esame, abrogando il comma 3 dellarticolo 10, e quindi il vincolo di
destinazione delle risorse agli interventi per la mobilità ciclistica, dispone affiché
riacquisti efficacia il primo periodo del comma 4 dellarticolo 208 del D.Lgs. n. 285
del 1992, nel testo previgente alla data di entrata in vigore della citata legge n. 366
del 1998.
Conseguentemente, i proventi agli enti territoriali sono devoluti alle finalità di cui al
comma 2 dello stesso articolo 208 (per studi, ricerche e propaganda ai fini della
sicurezza stradale; redazione dei piani urbani di traffico, per finalità di educazione
stradale, ecc.) nonché al miglioramento della circolazione sulle strade, al potenziamento
e miglioramento della segnaletica stradale, alla redazione dei piani di cui all'articolo
36 del D.Lgs. n. 285 del 1992 (ancora i ricordati piani di traffico urbano ed i piani del
traffico per la viabilità extraurbana), e alla fornitura di mezzi tecnici necessari per i
servizi di polizia stradale di loro competenza.
Comma 19
(Indicazione del codice fiscale nei ruoli)
Il comma 19 in esame, introdotto dalla Camera, differisce dal settembre 1998 al
luglio 1999 il termine a partire dal quale non possono essere formati e resi esecutivi
ruoli privi dell'indicazione del codice fiscale del contribuente. La norma in esame non
è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il comma 1 dell'articolo 24 della legge n. 449 del 1997 ha reso obbligatoria
l'utilizzazione del codice fiscale nel rapporto intercorrente fra gli enti impositori ed i
concessionari del servizio di riscossione.
A tale scopo si è provveduto in primo luogo al integrare il terzo comma dell'articolo 12
del D.P.R. n. 602 del 1973, che stabilisce che il ruolo deve contenere i nomi dei
contribuenti per ordine alfabetico e indicare, per ciascuno di essi, le generalità, il
domicilio fiscale, il periodo d'imposta, l'imponibile, l'aliquota applicata, l'ammontare
della relativa imposta, l'ammontare dei versamenti diretti, l'ammontare dell'imposta
dovuta nonché quello degli interessi, delle soprattasse e delle pene pecuniarie,
inserendo anche il codice fiscale. La lettera b) dello stesso comma 1 dell'articolo 24 ha
inserito poi un ulteriore comma al medesimo articolo 12 del D.P.R. n. 602, stabilendo che
non possono essere formati e resi esecutivi ruoli privi dell'indicazione del codice
fiscale del contribuente. Si è previsto inoltre che i concessionari del servizio di
riscossione dei tributi sono tenuti a far riferimento al codice fiscale del soggetto
iscritto a ruolo allorché gli enti impositori richiedano informazioni sullo stato delle
procedure poste in essere a carico dello stesso. Le disposizioni del comma di cui è stato
previsto linserimento nel citato articolo 12 del D.P.R. n. 602 del 1973 si applicano
ai ruoli emessi a partire dal mese di settembre 1998.
Commi 21 e 22
(Porzioni di terreno utilizzate ad uso pubblico)
Il comma 21, inserito dalla Camera, stabilisce che, in sede di revisione catastale,
gli enti locali possono disporre, con proprio provvedimento, l'accorpamento al demanio
stradale delle porzioni di terreno utilizzate ad uso pubblico, ininterrottamente da oltre
venti anni, previa acquisizione del consenso da parte dei proprietari.
La norma in esame, come quella recata dal successivo comma 22, non è stata modificata
dalla Commissione Bilancio del Senato.
La disposizione, seppur chiara nel suo intento, opera un riferimento improprio alla
revisione catastale, che sarà operata con il coinvolgimento degli enti locali e che
riguarderà il catasto fabbricati. Probabilmente, il riferimento alla revisione catastale
vuole individuare un contesto temporale nel quale inquadrare anche il trasferimento di cui
si tratta, che incide su problematiche civilistiche e non fiscali.
Si ricorda che ai sensi dell'articolo 822, secondo comma, del codice civile fanno
parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade
e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse
storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei,
delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono
dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico. Inoltre, ai sensi del
successivo articolo 824 del codice civile, i beni della specie di quelli indicati dal
secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti
al regime del demanio pubblico.
Per quanto riguarda invece la revisione catastale, si osserva che il comma 154
dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996 ha previsto che con uno o più regolamenti, da
emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine
dell'aggiornamento del catasto e della sua gestione unitaria con province e comuni, anche
per favorire il recupero dell'evasione, venga disposta la revisione generale delle zone
censuarie, delle tariffe d'estimo, della qualificazione, classificazione e classamento
delle unità immobiliari e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie,
secondo i seguenti principi:
a) attribuzione ai comuni di competenze in ordine alla articolazione del territorio
comunale in microzone omogenee, secondo criteri generali uniformi;
b) individuazione delle tariffe d'estimo di reddito facendo riferimento, al fine di
determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalla unità immobiliare, ai
valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare con esclusione di regimi legali
di determinazione dei canoni;
c) intervento dei comuni nel procedimento di determinazione delle tariffe d'estimo. A tal
fine sono indette conferenze di servizi in applicazione dell'articolo 14 della legge 7
agosto 1990, n. 241. Nel caso di dissenso, la determinazione delle stesse è devoluta agli
organi di cui alla lettera d);
d) revisione della disciplina in materia di commissioni censuarie. La composizione delle
commissioni e i procedimenti di nomina dei componenti sono ispirati a criteri di
semplificazione e di rappresentatività tecnica anche delle regioni, delle province e dei
comuni;
e) attribuzione della rendita catastale alle unità appartenenti alle varie categorie
ordinarie con criteri che tengono conto dei caratteri specifici dell'unita` immobiliare,
del fabbricato e della microzona ove l'unità è sita.
A tali disposizioni è stata data attuazione con il D.P.R. n. 138 del 1998.
In particolare, per quanto concerne l'articolazione del territorio comunale in microzone,
il comma 1 dell'articolo 2 ha precisato che per microzona si intende una porzione del
territorio comunale o, nel caso di zone costituite da gruppi di comuni, un intero
territorio comunale che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici,
storicoambientali, socioeconomici, nonché nella dotazione dei servizi ed infrastrutture
urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche
tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti
territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per
l'incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari.
Ai sensi del comma 2 del citato D.P.R. n. 138, i comuni provvedono a delimitare
nell'ambito del proprio territorio, le microzone, in base ai criteri definiti
nell'articolo 2 in parola e nelle norme tecniche allegate allo stesso regolamento, con la
lettera A.
In sede di prima applicazione, le deliberazioni del consiglio comunale sono adottate,
sentito il competente ufficio provinciale del dipartimento del territorio, entro nove mesi
dalla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 138 del 1998. Una copia degli atti
deliberativi, con i relativi allegati grafici e descrittivi, viene trasmessa al suddetto
ufficio a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, entro quindici giorni
dalla data di deliberazione (comma 3 dell'articolo 2 del D.P.R. n. 138/1998).
Qualora il comune non abbia adottato le deliberazioni entro il termine ivi previsto,
provvede il competente ufficio del dipartimento del territorio, entro i successivi
centoventi giorni. Nello stesso termine la relativa determinazione è trasmessa al comune
a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Infine, il comma 5 dello stesso articolo 2, stabilisce che qualora siano intervenute
significative variazioni nel tessuto edilizio-urbanistico, ovvero nella dotazione di
servizi ed infrastrutture, i comuni, sentiti i competenti uffici del dipartimento del
territorio ovvero su richiesta dei suddetti uffici, possono procedere ad una nuova
delimitazione delle microzone, con deliberazione del consiglio comunale, da comunicare al
competente ufficio provinciale del dipartimento del territorio nei termini e con le
modalità di cui al comma 3 del medesimo articolo 2 . La deliberazione ha effetto dal 1
gennaio dell'anno successivo.
Nei confronti delle deliberazioni e le determinazioni di cui ai commi 3, 4 e 5
dell'articolo 2 in discorso, il comune o l'ufficio provinciale del dipartimento del
territorio, entro trenta giorni dalla ricezione dei relativi atti, possono formulare
osservazioni alla commissione censuaria provinciale, deducendo la violazione dei criteri
definiti nel presente articolo e nelle norme tecniche di cui all'allegato A. Entro i
successivi sessanta giorni la commissione definisce in via definitiva l'articolazione in
microzone.
Per quanto invece concerne l'intervento dei comuni nel procedimento di determinazione
delle tariffe d'estimo, l'articolo 6 del D.P.R. n. 138 del 1998 stabilisce che gli uffici
periferici del dipartimento del territorio, entro trenta giorni dal completamento delle
operazioni di revisione delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane, indicono,
ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, conferenze di servizi a
livello di singola zona censuaria, alle quali sono invitati i comuni compresi nella zona
medesima (comma 1).
La determinazione delle tariffe d'estimo, nel caso di dissenso espresso del comune, è
effettuata dalla competente commissione censuaria provinciale (comma 2).
Entro quindici giorni dalla conclusione del procedimento di cui al comma 1 dell'articolo 6
in parola, i quadri di qualificazione e classificazione ed i prospetti delle tariffe
d'estimo di ciascuna zona censuaria, sono trasmessi per la loro approvazione alle
commissioni censuarie, ai sensi degli articoli 30, 31 e 32 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650, e successive modificazioni ed integrazioni; in
tale sede la commissione provvede altresì alla definizione delle tariffe d'estimo che, ai
sensi del comma 2, abbiano formato oggetto di dissenso da parte dei comuni.
Il successivo comma 22 stabilisce che la registrazione e la trascrizione del
provvedimento di accorpamento avvengono a titolo gratuito: ciò comporta la non
applicabilità dei tributi relativi al trasferimento, ai sensi dell'articolo 55, comma 2,
del D.Lgs. n. 346 del 1990 (testo unico delle imposte sulle successioni e donazioni) e
dell'articolo 1, comma 2, del D.Lgs 347 del 1990 (testo unico delle imposte ipotecaria e
catastale).
Commi 23 e 24
(Disposizioni in materia di Tarsu)
I commi 23 e 24 dellarticolo 28 - introdotti dalla Camera - dettano
disposizioni in materia di tassa sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu).
Le norme in esame non sono state modificate dalla Commissione Bilancio del Senato.
La tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (c.d. TARSU) è
disciplinata dal capo III (artt. 58-81) del D.Lgs. n. 507/1993, e successive modifiche. La
nuova disciplina ha abrogato la previgente normativa contenuta negli articoli da 268 a 271
del Testo Unico della finanza locale.
La tassa è dovuta per il servizio di smaltimento, raccolta, cernita, trasporto,
trattamento, ammasso, deposito e discarica sul suolo e nel suolo dei rifiuti solidi urbani
interni, e dei rifiuti ad essi equiparati, effettuato nell'ambito di tutto il territorio
comunale, eventualmente anche nelle zone con insediamenti sparsi. Le tariffe sono
commisurate al servizio ottenuto ed ai rifiuti prodotti attraverso un sistema che, pur
riferendosi al parametro della superficie imponibile, collega lo stesso alla quantità e
qualità dei rifiuti prodotti. Sono equiparati ai rifiuti urbani quelli derivanti da
attività artigianali, commerciali e di servizi dichiarati assimilabili con il regolamento
comunale del servizio di nettezza urbana.
In base a quanto stabilito dall'articolo 61 del D.Lgs. n. 507/1993, il gettito complessivo
della tassa, che non può comunque essere superiore al costo di esercizio del servizio,
non deve risultare inferiore al 70% dello stesso costo per gli enti locali con gravi ed
incontrovertibili condizioni di squilibrio economico risultanti dal conto consuntivo (art.
45, co. 2, lett. b, del D.Lgs. n. 504/1992) e al 50% per gli altri enti. Il costo
di esercizio comprende le spese inerenti al servizio e comunque gli oneri diretti e
indiretti, nonché le quote di ammortamento dei mutui e gli oneri finanziari dovuti agli
enti proprietari.
In particolare, il citato comma 3-bis dell'articolo 61, introdotto dalla lettera
b) del comma 68 dell'articolo 3 della legge n. 549/1995, stabilisce a regime i criteri
di determinazione del costo di esercizio dei servizi di nettezza urbana, nel senso di
prevedere una deduzione dal costo complessivo dei servizi di nettezza urbana (che il
gettito complessivo della tassa non può mai superare) di un importo non inferiore al 5% e
non superiore al 15%, a titolo di costo dello spazzamento dei rifiuti. L'eventuale
eccedenza di gettito derivante dalla deduzione è computata in diminuzione del tributo
iscritto a ruolo per l'anno successivo.
Il soggetto passivo obbligato alla corresponsione della tassa è, ai sensi dell'art. 63
del D.Lgs. n. 507/1993, colui che occupa oppure detiene i locali o le aree scoperte
interessate al tributo.
La tassa è commisurata (art. 65, D.Lgs. n. 507/1993) alle quantità e qualità medie
ordinarie dei rifiuti che possono essere prodotti nei locali, in base all'uso cui gli
stessi locali o aree sono destinati oppure, per i comuni con popolazione inferiore a
35.000 abitanti, in base alla qualità, alla quantità effettivamente prodotta, dei
rifiuti solidi urbani e al costo dello smaltimento.
Esclusioni dal tributo sono disposte dall'art. 62 mentre l'articolo 66 detta disposizioni
in materia di riduzioni; l'art. 67 consente ai comuni di prevedere nel regolamento di
attuazione della tassa (di cui al successivo art. 68) delle agevolazioni sotto forma di
riduzioni e, in via eccezionale, di esenzioni.
Si ricorda peraltro che il D.Lgs. n. 22/1997 (c.d. decreto Ronchi), di riordino della
normativa in materia di rifiuti, prevede l'abrogazione della TARSU e l'istituzione di una
tariffa a copertura dei costi di gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, a
decorrere dal 1° gennaio 1999 (tale termine è peraltro differito al 1° gennaio 2000 dal
comma 6 dellarticolo 24 in esame).
Il comma 23 prevede che, in deroga alle disposizioni del comma 3-bis
dell'articolo 61, i comuni, ai fini della determinazione del costo di esercizio dei
servizi di nettezza urbana gestiti in regime di privativa, possono considerare l'intero
costo dello spazzamento dei rifiuti solidi urbani di cui all'articolo 7 del cit. D.Lgs. n.
22/1997.
Il comma 24 interviene in materia di riscossione della TARSU, di cui
allarticolo 72 del D.Lgs. n. 507/1993.
Tale articolo fissava, al comma 1, il termine per la formazione e consegna dei ruoli
allintendenza di finanza per il visto di esecutorietà al 15 dicembre dell'anno in
corso, a pena di decadenza.
Il suddetto comma, come modificato dal comma 24 in esame - oltre a specificare che
la consegna avviene non più allintendenza di finanza bensì al concessionario della
riscossione - fissa il termine all'anno successivo a quello per il quale il tributo è
dovuto ovvero, in caso di liquidazione in base a denuncia tardiva o ad accertamento,
all'anno successivo a quello nel corso del quale è prodotta la denuncia o è notificato
l'avviso di accertamento. Relativamente alla formazione e all'apposizione del visto dei
ruoli principali e suppletivi riguardanti gli anni 1995, 1996 e 1997, il termine viene
fissato al 31 dicembre 1999.
Commi 28-30
(Corrispettivi dei servizi di depurazione e fognatura)
Le disposizioni in esame - inserite dalla Camera - prevedono che, con
decorrenza 1° gennaio 1999, il corrispettivo dovuto per i servizi di depurazione e di
fognatura costituiscano una quota di tariffa del servizio idrico integrato, ai
sensi dellart. 13 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 "Disposizioni in materia
di risorse idriche" (mentre ad esempio lart. 2, comma 3-bis, del D.L. 79/95
definisce transitoriamente tali corrispettivi come canoni o diritti).
Le norme in esame non sono state modificate dalla Commissione Bilancio del Senato.
Gli articoli da 13 a 15 della legge n. 36/1994 stabiliscono i criteri di
determinazione delle tariffe del servizio idrico.
In base a tale normativa, la tariffa, definita come corrispettivo per la prestazione del
servizio idrico integrato (il quale comprende captazione, adduzione, distribuzione,
fognatura e depurazione) viene determinata dagli enti locali ed applicata dai
soggetti gestori. La determinazione della tariffa deve tener conto della qualità della
risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari,
dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del
capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia
assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
Si menziona che con il Decreto del Ministro dei lavori pubblici 1° agosto 1996 è
stato approvato il metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la
determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato, e con il
successivo D. M. 8 gennaio 1997, n. 99 è stato emanato il regolamento sui criteri
e sul metodo in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature.
Altri interventi legislativi hanno via via introdotto normative di carattere transitorio
applicabili nel periodo che precede la completa attuazione delle disposizioni della legge
n. 36/1994.
In particolare, per consentire la definizione delle tariffe ed assicurare la regolare
riscossione dei relativi canoni o diritti anche in mancanza dei provvedimenti di
attuazione, è stata introdotta una disciplina provvisoria con due successivi atti
legislativi. Il primo di tali interventi è stato realizzato con il decreto-legge 17
marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172/1995,
recante la nuova disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli scarichi
civili non recapitanti in pubbliche fognature.
L'articolo 2, comma 3, del provvedimento, riformulando il secondo comma dell'articolo 17
della legge n. 319/1976, disponeva che, in caso di mancata elaborazione, entro il 31
luglio 1995, del metodo normalizzato di cui all'articolo 13, della legge n. 36/1994 e sino
all'elaborazione dello stesso, alla definizione dei criteri, dei parametri e dei limiti
per la determinazione e l'adeguamento delle tariffe del servizio idrico avrebbe dovuto
provvedere il CIPE, con particolare riferimento alle quote di tariffe riferite al servizio
di fognatura e di depurazione.
In conformità ai predetti criteri, si è consentito agli enti gestori del servizio di
elevare, con deliberazioni da adottare entro il 30 ottobre di ciascun anno, le tariffe per
le acque provenienti da insediamenti civili e produttivi per adeguarle ai maggiori costi
di esercizio e di investimento, al fine di migliorare il controllo e la depurazione degli
scarichi e la tutela dei corpi idrici ricettori, tenendo conto, per le utenze industriali,
della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate.
La mancata adozione del provvedimento nel termine indicato ed i ritardi complessivamente
registrati nell'attuazione del nuovo regime tariffario, previsto dalla legge n. 36, hanno
indotto ad elaborare una nuova disciplina di carattere transitorio, inserita nell'art. 3,
commi 42-47, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
Tali disposizioni - destinate a trovare applicazione fino all'entrata in vigore della
tariffa del servizio idrico integrato prevista dall'art. 13 della legge n. 36/1994 -
definivano le modalità di determinazione e riscossione della quota della tariffa
riferita al servizio di depurazione.
In particolare, per le utenze civili, si provvedeva a fissare in via legislativa la
predetta quota tariffaria, che veniva determinata, per ogni metro cubo d'acqua, nella
misura di lire 400 per l'anno 1996 e di lire 500 a decorrere dal 1997.
Per le utenze industriali, la norma si limitava a definire i criteri per la determinazione
della tariffa da parte dei comuni o loro consorzi. La tariffa è riscossa dai comuni e dai
loro consorzi "secondo le procedure fiscali vigenti". Sono escluse
dall'applicazione delle tariffe le acque termali qualora non siano assoggettate
all'obbligo di utilizzare il servizio di depurazione.
In particolare, per quanto attiene alla riscossione della quota tariffaria da parte dei
comuni e dei loro consorzi, il comma 42 della legge n. 549/1995 rinvia alle
"procedure fiscali vigenti in materia di canoni di fognatura e di depurazione",
come da ultimo disciplinate dal citato D.L. n. 79/1995, che all'articolo 2, comma
3-bis, stabilisce che fino alla data di entrata in vigore della tariffa del
servizio idrico integrato, per l'accertamento del canone o del diritto dovuto dagli
utenti ai soggetti gestori, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le
disposizioni del testo unico per la finanza locale (approvato con R.D. n. 1175/1931),
mentre la riscossione è effettuata, previa notificazione dell'avviso di liquidazione o di
accertamento, ai sensi degli artt. 68 e 69 del DPR n. 43/1988 che prevedono la
riscossione coattiva delle somme dovute da eseguirsi mediante ruolo compilato a cura
dell'ente interessato. Per quanto riguarda il contenzioso trovano infine applicazione le
disposizioni dell'art. 20 del DPR n. 638/1972.
Recentemente, con la deliberazione 18 dicembre 1997 il Cipe ha approvato le
"Direttive per la determinazione, in via transitoria, delle tariffe degli acquedotti
e del canone di fognatura per lanno 1998".
Il comma 28 provvede quindi ad abrogare le disposizioni transitorie in materia di
riscossione dei canoni sopra richiamate, conseguentemente alla ridefinizione come
"quota di tariffa" dei corrispettivi.
Il successivo comma 29 introduce nuove disposizioni transitorie, confermando
sostanzialmente la competenza del CIPE - fino allentrata in vigore del metodo
normalizzato - per quanto concerne la fissazione dei criteri per la determinazione e
ladeguamento delle tariffe. Per il 1999 la deliberazione del CIPE deve essere
adottata entro il 28 febbraio 1999, con la possibilità per i comuni interessati di
assumere le relative delibere di adeguamento entro il 15 maggio 1999.
Con il comma 30 si provvede ad assoggettare al regime IVA, con aliquota fissata in
misura pari al 10%, le operazioni relative ai servizi di fognatura e depurazione, nonché
le prestazioni riguardanti la gestione di impianti di fognatura e depurazione.
Commi 31-33
(Disponibilità delle somme ricavate dai mutui
contratti dagli enti locali)
I commi 31 e 32 - introdotti dalla Camera - consentono agli enti locali di poter
effettuare, secondo una procedura più rapida ed aderente allandamento dei lavori, i
pagamenti per le opere pubbliche in corso di realizzazione. Le due disposizioni modificano
il criterio secondo il quale possono essere utilizzate le disponibilità di tesoreria
provenienti dai mutui appositamente contratti. Il comma 33 introduce una norma
interpretativa del regime di tesoreria delle somme ricavate dai mutui contratti dagli enti
locali con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti e dagli altri istituti di credito
speciale.
Le norme in esame non sono state modificate dalla Commissione Bilancio del Senato.
Il comma 31 abroga la lettera f) del comma 2 dellarticolo 46 del decreto
legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (e successive modificazioni ed integrazioni) " Ordinamento
finanziario e contabile degli enti locali". Larticolo 46 disciplina le
modalità ed i limiti per l'assunzione di mutui da parte degli enti locali, nonché la
disponibilità delle somme ricavate. In particolare la lettera f) del comma 2 dispone che
nella stipulazione del mutuo per la realizzazione di unopera pubblica il contratto
di mutuo debba prevedere che lutilizzo delle somme debba avvenire in base ai
documenti giustificativi della spesa, ovvero sulla base di stati di avanzamento dei
lavori. Questa disposizione definisce preventivamente il piano di utilizzazione delle
somme e rende difficile adattare i successivi ordini di pagamento allandamento
effettivo dei lavori. La disposizione trova applicazione sia ai mutui contratti con gli
enti di credito speciale, sia ai mutui contratti presso il circuito finanziario ordinario.
Questa disposizione viene ora sostituita da un nuovo criterio che fa riferimento agli
ordini di pagamento emessi dallente mutuatario e non alla fase di stipulazione del
mutuo. Il comma 32 in esame aggiunge infatti la nuova disciplina con il comma 2-bis
inserito allarticolo 49 del decreto legislativo n. 77/1995. Le modalità di
utilizzazione del ricavato del mutuo sono decise direttamente - ed in fase di
realizzazione dellopera - dallente mutuatario stesso il quale, secondo le
esigenze che si presentano, emette i titoli di spesa ai quali da esecuzione il tesoriere.
Lutilizzazione può avvenire sulla base dei documenti giustificativi della spesa
(acquisti, forniture, esecuzione di prestazioni, eccetera) o anche in base al
completamento di stati di avanzamento dei lavori. Per evitare che il controllo preventivo
sulla rispondenza del titolo di spesa ai documenti giustificativi sui quali si fonda possa
dar luogo a ritardi nella esecuzione e nei pagamenti, lente mutuatario deve
accompagnare i titoli con una dichiarazione nella quale attesta il rispetto delle
modalità di utilizzo. Il tesoriere non può dare esecuzione al titolo se questo non è
accompagnato dalla relativa dichiarazione.
Il comma 33 introduce una norma interpretativa della disposizione di cui
allarticolo 51, comma 3, del decreto legislativo n. 77/1995. Quellarticolo
pone le norme quadro che definiscono loggetto del servizio di tesoreria prestato
agli enti locali. Questo viene successivamente determinato dai regolamenti dellente
e dalle norme contrattuali che intercorrono con listituto di credito che assume il
servizio. Il comma 3 dellarticolo introduce il principio per il quale "ogni
deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal
tesoriere". Da questa norma deriva lobbligo che lente locale detenga
presso il proprio tesoriere tutte le somme che non sono obbligate alla tesoreria unica.
Nella interpretazione di questobbligo si è inteso tuttavia che quando lente
contrae un mutuo con istituti di credito ordinario e il soggetto erogatore non sia anche
il proprio tesoriere, non vi fosse lobbligo di trasferire presso il proprio
tesoriere lintero ricavato del mutuo. Questo resta nella disponibilità
dellIstituto erogatore e viene utilizzato dallente secondo loccorrenza
delle opere da realizzare, tramite ordini di pagamento al proprio tesoriere. La
disposizione interpretativa precisa invece che le somme rinvenienti dai mutui concessi
dalle banche e che non sono soggette al regime di tesoreria unica, devono essere erogate
dalla banca mutuante e depositate presso lente gestore della tesoreria
dellente. Quelle soggette al regime di tesoreria unica devono essere erogate e
depositate sul relativo conto infruttifero.
Per evitare che questa disposizione interpretativa incida su condizioni contrattuali già
stipulate ed in corso per mutui già concessi dalle banche agli enti locali e per i quali
era previsto che le somme restassero depositate presso lente mutuante, la
disposizione prevede che per i mutui stipulati prima della data in vigore della presente
legge è consentito conservare quelle somme in deposito presso listituto mutuante.
Comma 34
(Modificazioni allarticolo 38 del D.Lgs. n. 77/1995,
relativo allutilizzo delle entrate a specifica destinazione)
Il comma 34 dellarticolo 28 - aggiunto dalla Camera - modifica larticolo
38, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 e successive modificazioni e
integrazioni, recante "Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali",
in materia di utilizzo da parte degli enti locali delle entrate a specifica destinazione.
La norma in esame non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
In particolare larticolo 38 del D.Lgs. stabilisce, al comma 1, che gli enti locali,
ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto
di approvazione dell'ipotesi di bilancio di previsione riequilibrato previsto
dall'articolo 92, comma 3, e di quelli che non hanno ricostituito i fondi vincolati
utilizzati in precedenza, possono disporre l'utilizzo, in termini di cassa, di entrate
aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti
dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un
importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 68
(limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente).
Il comma 2 prevede che l'utilizzo di somme a specifica destinazione viene deliberato in
termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed è attivato dal tesoriere su
specifiche richieste del servizio finanziario dell'ente.
Ai sensi del comma 3 il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione, secondo
le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di
tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita
la consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese
correnti.
Infine il comma 4 stabilisce che gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del
patrimonio ai sensi dell'articolo 36 possono, nelle more del perfezionamento di tali atti,
utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i
trasferimenti di enti del settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui e dei
prestiti, con obbligo di reintegrare le somme vincolate con il ricavato delle alienazioni.
Il comma in esame, alla lettera a), relativamente al primo comma
dellarticolo 38, sopprime lesclusione degli enti che non hanno ricostituito i
fondi vincolati utilizzati in precedenza, tra quelli ai quali attualmente non è prevista
la possibilità di utilizzare, in termini di cassa, le entrate aventi specifica
destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall'assunzione
di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non
superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile.
Alla lettera b), modifica il secondo comma dellarticolo 38, stabilendo
che l'utilizzo di somme a specifica destinazione - che viene deliberato in termini
generali all'inizio di ciascun esercizio ed è attivato dal tesoriere su specifiche
richieste del servizio finanziario dell'ente presuppone ladozione della
deliberazione della giunta relativa allanticipazione di tesoreria prevista
dallarticolo 68 del D.Lgs. n. 77/1995.
Comma 35
Responsabilità per sanzioni amministrative e civili
degli amministratori di enti locali e di assistenza e beneficenza
Il comma 35 - introdotto nel corso dell'esame in sede referente presso la Commissione
bilancio del Senato - contiene una clausola di esclusione della responsabilità per
sanzioni amministrative e civili che riguardano l'assunzione di lavoratori, le
assicurazioni obbligatorie e gli ulteriori adempimenti ad essi connessi. I beneficiari
della previsione - che si riferisce letteralmente a tutte le assunzioni avvenute con
contratto d'opera successivamente riconosciuto come contratto di lavoro subordinato - sono
i comuni, le province, le comunità montane ed i loro consorzi, le istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che
svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio
sanitario nazionale, nonché i loro amministratori.
L'esclusione della responsabilità - la cui previsione andrebbe valutata alla luce
dell'articolo 3 della Costituzione - è subordinata alla ricorrenza di una duplice
condizione:
che l'assunzione di lavoratori, le assicurazioni obbligatorie e gli ulteriori adempimenti
siano relativi a prestazioni lavorative stipulate nella forma del contratto d'opera e
siano state successivamente riconosciute come rapporti di lavoro subordinato;
che le prestazioni lavorative siano esaurite alla data del 31 dicembre 1997.
Dal punto di vista sistematico, la disposizione all'esame è collocata nella Sezione prima
del Capo primo della legge n. 689 del 1981 (contenente i "principi generali" in
materia di sanzioni amministrative), quale ultimo comma dell'articolo 4, che contiene il
regime generale delle "cause di esclusione della responsabilità". Si tratta di
cause scriminanti tassativamente individuate e rappresentate - sul modello del regime
penalistico - dall'adempimento di un dovere, dall'esercizio di una legittima facoltà,
dallo stato di necessità, dalla legittima difesa e dall'adempimento di un ordine
dell'autorità (per il quale risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine).
In tale contesto, la disposizione all'esame non sembra introdurre una scriminante in senso
proprio, ma una clausola di esclusione della responsabilità per specifiche violazioni
amministrative - il comma in esame recita "non rispondono delle sanzioni",
laddove l'art. 4 della legge n. 689 del 1981 dispone "non rispondono delle violazioni
- riferite ad una serie di condotte, tenute da taluni soggetti predeterminati, che non
pare essere ancorata ad alcuna delle cause di esclusione della responsabilità elencate
dall'art. 4 della legge n. 689 del 1981, valide in presenza di ogni altra ipotesi di
violazione amministrativa. Il comma fa, inoltre, riferimento anche all'esclusione,
relativamente alle medesime condotte, delle sanzioni civili, riferibili, tra l'altro,
all'omissione di obblighi contributivi.
La disposizione all'esame va, infine, coordinata con quanto stabilisce l'articolo 67 del
disegno di legge all'esame (cfr. la relativa scheda), non modificato dalla Commissione
bilancio del Senato, che contiene una previsione (avente natura interpretativa) di
esclusione, in favore dei medesimi enti sopra elencati, del regime degli obblighi
previdenziali ed assistenziali - nonché del divieto di intermediazione e di
interposizione nelle prestazioni di lavoro subordinato - relativamente ai contratti
d'opera o per prestazioni professionali a carattere individuale da essi stipulati. Le due
disposizioni, tuttavia, differiscono, tra gli altri, per i seguenti aspetti:
solo la disposizione qui in esame riguarda anche gli amministratori (e non solo gli enti);
la disposizione qui in esame non concerne i contratti per prestazioni individuali a
carattere professionale e si riferisce a rapporti derivanti da contratti d'opera
successivamente riconosciuti come di lavoro subordinato, mentre l'art. 67 concerne
contratti per prestazioni professionali a carattere individuale e contratti d'opera, in
relazione ai quali esso stesso esclude la natura di lavoro subordinato.
Commi 36 e 37
(Proventi della casa da gioco di Campione dItalia)
I commi 36 e 37 dellarticolo 28 in esame - inseriti dalla Camera - introducono
disposizioni che mettono a regime - a partire dallanno 1999 - le modalità di
ripartizione dei proventi della casa da gioco di Campione d'Italia, destinando la parte
esuberante di tali proventi, secondo percentuali diverse, al finanziamento del Fondo
nazionale speciale per gli investimenti e alle province di Como e di Lecco (comma 36),
prevedendo altresì una nuova disciplina per la gestione della casa da gioco attraverso la
costituzione di una apposita società per azioni (comma 37).
Le norme in esame non sono state modificate dalla Commissione Bilancio del Senato.
Si ricorda che la disciplina previgente in materia è dettata dalla legge 31 ottobre
1973, n. 637 "Destinazione dei proventi della casa da gioco di Campione
dItalia" e dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 recante il
"Riordino della finanza degli enti territoriali".
Da ultimo è intervenuto il comma 14 dellarticolo 49 della legge 27 dicembre
1997, n. 449 (provvedimento collegato alla finanziaria per il 1998), che ha dettato la
disciplina relativa agli anni 1997 e 1998.
La legge 31 ottobre 1973, n. 637, recante "Destinazione dei proventi della casa da
gioco di Campione dItalia", all'articolo unico, stabilisce che a decorrere
dal 1972, i proventi derivanti dalla casa da gioco, al netto dei prelievi fiscali, del
canone dovuto al gestore o delle spese di gestione nel caso di conduzione diretta, nonché
delle somme spettanti al comune per il pareggio del proprio bilancio - tenute inoltre
presenti le particolari condizioni geo-politiche e le esigenze di sviluppo di quel comune
- sono versati in un apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio
dello Stato. Con decreto del Ministro del tesoro le somme relative sono assegnate al
Ministero dell'Interno per essere poi erogate a favore di comuni e province per la
realizzazione di opere pubbliche, nonché ad altri enti pubblici operanti nell'ambito
degli enti locali per il conseguimento di fini istituzionali.
Di tali somme, il comma 3 disponeva che una quota da stabilirsi annualmente con decreto
del Ministro dell'interno veniva riservata alla provincia di Como e ai comuni di quella
provincia per la realizzazione di opere pubbliche. La disposizione prevista al comma 3 è
stata abrogata dall'articolo 3, comma 18-bis, del D.L. n. 444/1995, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 539/1995.
Successivamente è intervenuto il D.Lgs. n. 504/1992, che all'articolo 34, comma 2,
prevede l'istituzione del Fondo nazionale speciale per gli investimenti.
Il successivo articolo 42, che disciplina tale fondo stabilendo la sua ripartizione sulla
base di criteri perequativi, ha previsto che ad esso affluisca la quota dei proventi
prevista dalla legge n. 637/1973 di competenza dello Stato. L'entità del fondo è dunque
definita solo dopo l'acquisizione effettiva del provento stesso.
Come disposto dall'articolo 42, il fondo è destinato prioritariamente alla realizzazione
di opere pubbliche degli enti in condizioni di degrado ovvero di quegli enti i cui organi
siano stati disciolti in attuazione dell'articolo 15-bis della legge 55/1990, e
successive modificazioni ed integrazioni, relativo alla prevenzione della delinquenza di
tipo mafioso.
Il D.L. 25 novembre 1996, n. 599, recante "Misure urgenti per assicurare i flussi
finanziari agli enti locali nel quadro dei trasferimenti erariali per lanno 1996",
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 1997, n. 5, ha introdotto,
allarticolo 2, comma 1, delle disposizioni che stabiliscono, per l'anno 1996,
le modalità di ripartizione dei proventi della casa da gioco di Campione d'Italia, in
particolare destinando la parte esuberante di tali proventi, secondo percentuali diverse,
al finanziamento delle province di Como e di Lecco. Più precisamente, per il 6,5% alla
provincia di Como e per il 3% alla provincia di Lecco.
Per gli anni 1997 e 1998, la disciplina di ripartizione dei proventi della casa da
gioco di Campione d'Italia è stata dettata dal comma 14 dell'articolo 49 della legge n.
449/1997 (provvedimento collegato alla finanziaria 1998) che stabilisce che tali proventi
siano destinati, in attesa dellapprovazione di una nuova organica normativa sulla
ripartizione dei proventi, in via prioritaria al pagamento del canone al
gestore della casa da gioco, ai prelievi fiscali, e al finanziamento del bilancio del
comune di Campione d'Italia, secondo una quota che sarà determinata annualmente con
decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica e con il Ministro della funzione pubblica.
Con il medesimo decreto saranno altresì determinate, nel caso di conduzione diretta, le
spese di gestione della casa da gioco.
Per lanno 1998 le spese di funzionamento del Comune di Campione dItalia sono
calcolate secondo le previsioni di spesa definite con lapprovazione del bilancio
preventivo per il 1997.
Le somme eccedenti tali destinazioni prioritarie vengono ripartite:
- per il 50 per cento allo Stato per il finanziamento del fondo nazionale speciale
per gli investimenti, ai sensi dell'articolo 42 del D.Lgs. n. 504/1992;
- per il 34 per cento alla provincia di Como;
- per il 16 per cento alla provincia di Lecco.
E inoltre stabilito che le somme assegnate alle province di Como e di Lecco
possono essere utilizzate dintesa con i comuni, per la realizzazione di opere
pubbliche in ambito comunale e per contributi da assegnare ai comuni per opere pubbliche.
Si ricorda peraltro che l'articolo 3, comma 2, della legge n. 59/1997 (c.d. Bassanini
1) dispone che, nell'ambito dei decreti legislativi che il governo è chiamato ad adottare
nell'esercizio della delega conferitagli per lassegnazione alle regioni e agli enti
locali di funzioni e compiti amministrativi, nel rispetto dei principi della legge
suddetta ai sensi degli articoli 5, 118 e 128 della Costituzione, si prevede l'emanazione
di una "speciale normativa" per il comune di Campione d'Italia, in
considerazione della sua collocazione territoriale separata e della conseguente peculiare
realtà istituzionale, socio-economica, valutaria, doganale, fiscale e finanziaria.
Il comma 36 dellarticolo 28 in esame introduce una disciplina a regime
delle modalità di ripartizione dei proventi della casa da gioco di Campione d'Italia,
stabilendo che a decorrere dal 1999 tali proventi al netto delle spese di gestione
e del contributo per il bilancio del comune di Campione d'Italia, calcolato in misura non
superiore a quanto previsto per gli esercizi finanziari 1997-1998 ai sensi del comma 14
dellarticolo 49 della legge n. 449 del 1997 - siano così ripartiti:
- per il 50 per cento allo Stato per il finanziamento del "Fondo nazionale
speciale per gli investimenti", ai sensi dell'articolo 42 del D.Lgs. n. 504/1992;
- per il 34 per cento alla provincia di Como;
- per il 16 per cento alla provincia di Lecco.
Le somme assegnate alle province di Como e di Lecco possono essere utilizzate,
dintesa con i comuni interessati, per la realizzazione di opere pubbliche ed
interventi di salvaguardia ambientale anche in ambito comunale e per contributi da
assegnare ai comuni.
La quota parte spettante allo Stato viene versata nellapposita unità previsionale
di base dello stato di previsione dell'entrata del bilancio per essere poi riassegnata,
con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, alla
pertinente unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero
dell'interno.
E inoltre stabilito che a decorrere dallanno 2000, il contributo per il
bilancio del comune di Campione dItalia sia pari a quello assegnato per il 1999,
incrementato del tasso di inflazione programmato.
Per quanto riguarda la gestione della casa da gioco di Campione d'Italia il comma 37
dellarticolo 28 in esame prevede lautorizzazione da parte del Ministero
dellinterno, di concerto con il Ministero del tesoro alla costituzione di una
apposita società per azioni, soggetta a certificazione di bilancio e sottoposta alla
vigilanza dei medesimi Ministeri.
Con quote massime che saranno stabilite nel decreto autorizzativo, possono partecipare al
capitale societario:
il comune di Campione dItalia;
la provincia di Como;
la provincia di Lecco;
la camera di commercio di Como;
la camera di commercio di Lecco.
La disposizione in esame esclude la partecipazione al capitale societario da parte
di altri comuni.
Con apposita convenzione stipulata tra il comune di Campione dItalia e la società
di gestione così costituita, verranno disciplinati lutilizzo dello stabile sede
della casa da gioco, nonché il rapporto di lavoro dei dipendenti comunali che, alla data
del 30 settembre 1998, vi operano con funzioni di vigilanza e di controllo.
Il casinò è stato gestito, fino al commissariamento tuttora in corso, dalla società per
azioni Campione d'Italia Iniziative, controllata da provincia e camera di commercio di
Como, insieme con la regione Lombardia.
Rispetto alla configurazione societaria prospettata dal comma in esame, una delle
differenze principali consiste nel venir meno della partecipazione della regione
Lombardia, che già dal 1993 aveva avviato una complessiva razionalizzazione delle proprie
partecipazioni azionarie.
Va ricordato che manca nel nostro ordinamento una legislazione organica che razionalizzi
l'intero settore, come ha del resto sottolineato anche la Corte costituzionale con la
sentenza n. 152 del 1985. In questa legislatura sono state presentate numerose proposte di
legge riguardanti l'istituzione di nuove case da gioco e, più in generale, la disciplina
della materia. Attualmente, è in corso l'esame in sede referente, presso le commissioni
riunite Affari costituzionali e Finanze del Senato, di alcune proposte di legge in materia
(AS 232 e abbinate). Il 24 luglio 1997 è stato costituito un comitato ristretto per
lesame dei vari testi. Il comitato ristretto non ha ancora concluso i propri lavori.
NOTE
1 Sulla materia è intervenuto il D.Lgs.
30 giugno 1997, n. 244 recante il "Riordino del sistema dei trasferimenti
erariali agli enti locali", emanato in attuazione della norma di delega contenuta
nel comma 175 dell'articolo 1 della legge n. 662/1996, che allarticolo 7
determina le finalità e le modalità di attribuzione del Fondo nazionale speciale per
gli investimenti il cui finanziamento, come definito all'articolo 1, comma 7, del
decreto medesimo, deriva dalla quota di competenza statale dei proventi della casa da
gioco di Campione d'Italia, confermando dunque la disposizione prevista dall'art. 42 del
D.Lgs. n. 504/1992. Ai sensi dell'articolo 7, il Fondo, è destinato prioritariamente
agli investimenti per la realizzazione di opere pubbliche negli enti locali i cui
organi sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose (articolo 15-bis della
legge 19 marzo 1990, n. 55) e negli enti locali in gravissime condizioni di degrado.
La dotazione del fondo è ripartita annualmente con decreto del Ministro dell'interno, da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie
locali.
Tale nuovo sistema, ai sensi di quanto disposto dallarticolo 9 del medesimo decreto
n. 244, entrerà in funzione contestualmente allapplicazione della nuova disciplina
dei tributi locali, di cui allarticolo 3, comma 143, della legge n. 662/1996. A
decorrere dalla stessa data cessano di avere efficacia le disposizioni di cui agli
articoli da 34 a 43 del D.Lgs. n. 504/1992.
In attuazione della delega di cui allart. 3, comma 143, della legge n. 662 del 1996
è stato emanato il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
Comma 38
(Disposizioni fiscali relative all'esercizio delle case da gioco)
Il comma 38 in esame, introdotto dalla Camera, modifica, innanzitutto, la nota 1
dell'articolo 6 della tariffa allegata al D.P.R. n. 641 del 1972, in materia di tassa di
concessione governativa dovuta per l'esercizio delle case da gioco. La norma in esame
non è stata modificata dalla Commissione Bilancio del Senato.
La tassa, si ricorda, è dovuta nell'ammontare di lire 800.000.000 come tassa di rilascio
e per ogni anno di validità della concessione.
Con la modifica introdotta dal comma 38 in esame la tassa non è più dovuta,
genericamente, dall'ente titolare della casa da gioco, anche quando non la gestisce
direttamente, ma è dovuta dalle regioni, dalle province e dai comuni titolari della casa
da gioco, anche quando non la gestiscono direttamente.
La seconda parte del comma 38 in esame precisa i criteri di computo della base imponibile
dell'imposta sugli spettacoli, di cui all'articolo 3 del D.P.R. n. 640 del 1972.
Il settimo comma del citato articolo 3 prevede che per le case da gioco la base imponibile
dell'imposta sugli spettacoli è costituita giornalmente dalla differenza attiva tra le
somme introitate per i giuochi e quelle pagate ai giocatori per le vincite e da qualsiasi
altro introito connesso all'esercizio del giuoco.
Il comma ottavo dello stesso articolo stabilisce che sono escluse dal computo
dell'ammontare della base imponibile le somme dovute a titolo di rivalsa dell'imposta
sugli spettacoli e di quanto è dovuto agli enti pubblici concedenti, a cui è riservato
per legge l'esercizio delle case da gioco.
Con riferimento a quest'ultima disposizione, il comma 38 in esame stabilisce che
l'esclusione dal computo dell'ammontare della base imponibile deve intendersi applicabile
anche:
quando l'esercizio della casa da gioco è delegato ad un soggetto istituito dall'ente
pubblico a cui è riservato per legge l'esercizio del gioco, purché l'ente esercente,
oltre ad essere obbligato al versamento dei proventi del gioco, abbia personalità
giuridica di diritto privato con autonomia gestionale e sia soggetto passivo delle imposte
sui redditi;
in caso di gestione commissariale delle case da gioco con autonomia amministrativa e
contabile rispetto all'ente titolare delle case medesime.
La norma contenuta nel comma 38 in esame sembra avere valenza interpretativa e quindi
poter incidere con riferimento a rapporti non esauriti. A tale proposito occorre ricordare
che fino al 3 settembre 1998 ha trovato applicazione una disposizione inserita nello
stesso articolo 3 del D.P.R. n. 640 del 1972 dall'articolo 10-ter, ultimo comma, del D.L.
31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n.
30: in base ad essa, a decorrere dall'1 gennaio 1997, l'imponibile è stato assoggettato
ad imposta nella misura del cinquanta per cento, nel caso in cui gli enti pubblici
avessero gestito direttamente le case da gioco.
Con riferimento a tale disposizione, la circolare ministeriale 2 giugno 1997, n. 151/E ha
precisato che "ricorre una gestione diretta non soltanto quando l'ente pubblico (di
regola, ente pubblico territoriale) esplica la relativa attività di gestione mediante gli
ordinari organi di amministrazione, ma anche in tutte le ipotesi di sostituzione (previste
dall'ordinamento) degli stessi da parte di altri organi pubblici (commissari prefettizi,
commissari straordinari, commissari ad acta) chiamati, dall'autorità cui spetta la
funzione di vigilanza sugli enti medesimi, a far fronte a situazioni di emergenza, di
carenza, di inadempienza od anche di semplice vacanza della concessione delle case da
gioco per il periodo necessario ad un nuovo affidamento della stessa, non rilevando, in
tal caso, la personalità giuridica di diritto privato e/o l'autonomia amministrativa e
contabile eventualmente attribuire alla sopravveniente gestione straordinaria".
Comma 39
(Proroga del termine di applicazione del D.Lgs n. 244 del 1997)
Il comma 39 dellarticolo 28 in esame - introdotto dalla Camera - dispone
la proroga al 1° gennaio 2000 dellapplicazione delle disposizioni previste dal
decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, recante il "Riordino del sistema dei
trasferimenti erariali agli enti locali", emanato in attuazione della delega
prevista dallarticolo 1, comma 175, della legge n. 662/1996 (provvedimento collegato
alla finanziaria per il 1997).
Il riordino del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali rientra nel più vasto
e generale piano di revisione dell'ordinamento delle autonomie locali ormai in atto. In
particolare la delega di cui allart. 1, comma 175, della legge n. 662/1996 risultava
strumentale all'attuazione del decentramento fiscale a favore delle regioni, ai sensi dei
commi 143-157 dell'articolo 3 della legge n. 662/1996.
Il D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244 delinea il nuovo assetto generale della
contribuzione erariale agli enti locali che si articola nei seguenti fondi:
- fondo ordinario per le province ed i comuni;
- fondo ordinario per le comunità montane;
- fondo consolidato;
- fondo per la perequazione e per gli incentivi;
- fondo nazionale ordinario per gli investimenti;
- fondo nazionale speciale per gli investimenti;
- fondo per lo sviluppo degli investimenti degli enti locali.
In particolare:
- il fondo ordinario per province e comuni presenta una diversa composizione
(rispetto allanalogo fondo ordinario previsto ai sensi dellart. 34 del D.Lgs.
n. 504/1992) con l'esclusione delle comunità montane e l'integrazione di una
parte del fondo consolidato. Per il 1998 dalla dotazione del fondo ordinario si
sarebbe dovuto altresì detrarre la quota parte relativa alle riduzioni previste dall'art.
3 del D.L. n. 41/1995, che precedentemente veniva computata nel fondo.
- il fondo ordinario per le comunità montane sarà autonomo rispetto al fondo
ordinario e al fondo consolidato. Il nuovo fondo sarà composto dalla quota dell'attuale
fondo ordinario spettante alle comunità montane, integrata dalla parte
dell'attuale fondo consolidato destinato alle comunità montane, nonché della quota fissa
di 10 miliardi prevista dall'art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 244/1997.
- il fondo consolidato per province, comuni e comunità montane avrà quale
caratteristica la specificità dell'attribuzione; esso rimane attribuito ai singoli enti
beneficiari, sino a successive modifiche, per scadenza di eventuali termini o altro. A
tale scopo vengono trasferite su tale fondo alcune voci precedentemente allocate sul fondo
ordinario.
- il fondo per la perequazione e per gli incentivi è destinato soltanto
alle province e ai comuni ed ha quali finalità: la perequazione delle basi imponibili
degli enti locali; gli incentivi per lo sforzo tariffario e fiscale degli enti; gli
incentivi per l'esercizio associato di funzioni.
- per il fondo nazionale ordinario per gli investimenti di province, comuni e comunità
montane viene confermata la disposizione che prevede la quantificazione annuale
dotazione del fondo da parte della tabella C della legge finanziaria;
- il fondo nazionale speciale per gli investimenti, che continua ad essere
alimentato dalla quota di competenza statale dei proventi della casa da gioco di Campione
dItalia, è destinato prioritariamente al finanziamento degli investimenti
finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche nei territorio degli enti locali i cui
organi sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose e negli enti locali in gravissime
condizioni di degrado;
- nel fondo per lo sviluppo degli investimenti degli enti locali confluiscono
le disponibilità di bilancio degli analoghi attuali fondi riferiti ai comuni, alle
province e alle comunità montane relative agli oneri residui a carico dello Stato sulle
rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali.
Si segnala inoltre larticolo 3 del D.Lgs. n. 244/1997, che disciplina le
disposizioni circa il riequilibrio dei contributi ordinari per province e comuni: tale
operazione di riequilibrio avrà una durata di dodici anni a decorrere
dallentrata in vigore del decreto legislativo stesso. Il Ministero dellinterno
provvederà a fissare un fabbisogno standardizzato, prendendo a base i servizi
indispensabili ed i servizi maggiormente diffusi. Il fabbisogno standardizzato (aggiornato
triennalmente) viene calcolato con la somma dei prodotti delle "unità di
determinante" per i parametri monetari di ciascun servizio. A tale somma vanno
aggiunti i correttivi per le condizioni di degrado, per la presenza di militari, per
lincremento della domanda di servizi negli enti di maggiore dimensione demografica e
per la rigidità dei costi degli enti di minore dimensione demografica. La norma provvede
ad individuare gli aggregati di enti entro i quali sono definiti i parametri, i
"determinanti di spesa" e gli indicatori di correzione per il degrado delle
condizioni socioeconomiche.
Larticolo 5 infine dispone circa la perequazione delle basi imponibili e gli
incentivi per lo sforzo tariffario e fiscale e per lo svolgimento di funzioni associate.
A decorrere dal momento in cui entrano in funzione le disposizioni di riordino di cui al
D.Lgs. n. 244/1997, cessano automaticamente di avere efficacia le disposizioni contenute
negli articoli da 34 a 43 del decreto legislativo n. 504/1992, che attualmente disciplina
il sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali, nonché le disposizioni in materia
di riparto dei trasferimenti tra le nuove province, istituite ai sensi dell'articolo 63
della legge 8 giugno 1990, n. 142, e quelle originarie.
A tale proposito, occorre ricordare che in base al disposto dellarticolo 9, comma 1,
del D.Lgs. n. 244/1997, il nuovo sistema dei trasferimenti erariali dettato dal D.Lgs. n.
244 medesimo sarebbe dovuto entrare in funzione nel 1999, e cioè contestualmente
all'applicazione della nuova disciplina dei tributi locali, contenuta nel decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 "Istituzione dellimposta regionale
sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni
dellIrpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché
riordino della disciplina dei tributi locali" (articolo 51 e seguenti), emanato
in attuazione della delega contenuta allarticolo 3, comma 143, della legge n.
662/1996.
Tuttavia, le disposizioni del decreto legislativo n. 244/1997 non sono state prese in
considerazione ai fini della determinazione dei contributi erariali per gli enti locali per
il 1999, in quanto, come evidenziato nella Nota preliminare allo stato di
previsione del Ministero dellinterno (A.C. 5188 Tab. 8), non è stato
ancora emanato il decreto del Ministro dellinterno, di concerto con il Ministro
del tesoro e del bilancio, che, a norma dellarticolo 9, comma 2, del decreto
legislativo n. 244/1997 stesso deve provvedere allaggiornamento dei dati inerenti
alla determinazione e quantificazione dei fondi e relative assegnazioni agli enti locali
con riferimento allultimo esercizio precedente.
Contestualmente alla proroga stabilita dal comma 39 in esame, viene differito al 30
settembre 1999 il termine di cui al comma 5 dell'articolo 49 della legge n. 449 del 1997
(provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998) che ha già prorogato al 31
luglio 1999 il termine stabilito dall'articolo 1, comma 177, della legge n. 662/1996,
relativo alla possibilità di emanazione di decreti legislativi recanti disposizioni
correttive e integrative, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, del
più volte ricordato decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244.
Comma 40
(Disposizioni particolari in materia di part-time)
Il comma 40, aggiunto durante lesame dellassemblea della Camera, prevede
che la contrattazione collettiva possa applicare gli istituti del lavoro part-time in
modo differenziato rispetto alla generalità delle previsioni. Il comma non specifica in
quali circostanze, limitandosi a prevedere che tale differenziata applicazione può
riguardare una riduzione "delle percentuali previste" e "lesclusione
di determinate figure" particolarmente necessarie per la funzionalità dei servizi.
Larea dellapplicazione del comma non è specificata. Da una parte esso è
inserito in un articolo relativo agli enti locali, dallaltra fa indiretto
riferimento come specificato nel paragrafo successivo anche alle Regioni.
Il comma fa infatti salvo il comma 27 dellart. 39 del "collegato"
dellanno scorso (legge 449/97). Il comma 27 prescrive lapplicazione
dellarticolo 1, commi 58 e 59 della legge n. 662/1996 al personale dipendente delle
regioni e degli enti locali finché non diversamente disposto da ciascun ente con proprio
atto normativo. Il comma 58 richiamato a sua volta - determina la procedura di
trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, disciplinando la
presentazione ed il contenuto della relativa domanda, lautomatica trasformazione
decorso il termine di 60 giorni, le ipotesi di diniego e di differimento della
trasformazione, e così via; il comma 59 disciplina le destinazioni dei risparmi di spesa
derivanti dalle trasformazioni stesse.
La disciplina del lavoro a tempo parziale nelle pubbliche amministrazioni è stata
recentemente innovata dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 che ha ridisegnato
lassetto complessivo della materia, precedentemente dettato dallart. 7 della
legge n. 554/1988 e dal D.P.C.M. n. 117/1989.
Comma 41
(Disposizioni in materia di cessione in proprietà
delle aree assegnate in diritto di superficie)
Il comma 41 in esame, introdotto dalla Commissione Bilancio del Senato, modifica il
comma 78 dell'articolo 3 della legge n. 549 del 1995, con riferimento alle disposizioni (
commi da 75 a 81 dello stesso articolo 3) che hanno autorizzato i Comuni a cedere in
proprietà le aree già assegnate in diritto di superficie ai sensi delle leggi
sull'edilizia abitativa.
Le disposizioni recate dai commi da 75 a 81 dell'articolo 3 della legge n. 549 del
1995 sono state in più parti modificate dai commi 60, 61, e 62 dell'articolo 3 della
legge n. 662 del 1996. In particolare, il comma 62 ha esteso l'applicazione della
normativa di cui ai commi da 75 a 81 dell'articolo 3 della legge n. 549/1995 alle concessioni
in diritto di superficie stipulate in attuazione dei piani delle aree da destinare ad
insediamenti produttivi previsti dalla legge n. 865/1971.
Con il combinato disposto dei commi 75 e 76 della predetta legge n. 549/1995 i Comuni sono
stati autorizzati a cedere in proprietà le aree già assegnate in diritto di superficie
ai sensi delle leggi sull'edilizia abitativa. La legge n. 549/1995 dispone che a seguito
della cessione, i titolari del diritto di superficie acquistino la piena proprietà delle
aree. L'individuazione delle aree da cedere in proprietà è stabilita con delibera del
consiglio comunale, da approvarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore della citata legge
n. 549/1995 e pertanto entro il 12 luglio 1996. Tale termine è stato prorogato al 31
dicembre 1997, dalla lettera a) del comma 60 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996.
La legge 18 aprile 1962, n. 167, recante "Disposizioni per favorire l'acquisto
di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare" ha introdotto e
disciplinato i cosiddetti piani di zona per l'edilizia economica e popolare, diretti alla
costruzione di quartieri coordinati di case economiche e relative attrezzature per le
classi meno abbienti. Tale disciplina è vincolante per i Comuni con popolazione superiore
ai 50.000 abitanti e per i Comuni capoluoghi di provincia; gli altri comuni sono tenuti
alla formazione del piano qualora ricorrano determinate condizioni ovvero qualora la
Regione ne ravvisi l'opportunità.
Il piano di zona si configura come un piano urbanistico speciale, con natura attuativa
degli strumenti generali (piano regolatore generale o programma di fabbricazione). Ai
sensi dell'articolo 3 della legge n. 167/1962, le aree comprese nel piano sono di
norma scelte nelle zone destinate dai piani regolatori vigenti ad edilizia
residenziale, con preferenza per quelle di espansione dell'aggregato urbano. Il piano può
peraltro introdurre varianti alle previsioni degli strumenti urbanistici generali.
La durata degli effetti del piano è stata stabilita in diciotto anni dall'articolo
51 della legge n. 457/1978.
Per i Comuni che non dispongono dei piani di zona, la legge n.22 ottobre 1971, n. 865,
all'articolo 51, ha disposto che alla localizzazione dei programmi costruttivi si
provveda con deliberazione del Consiglio comunale nell'ambito delle zone residenziali
previste dai piani regolatori e dai programmi di fabbricazione, sempre che questi ultimi
risultino approvati, adottati o trasmessi alla Regione per l'approvazione. La
deliberazione è adottata dal Consiglio comunale entro trenta giorni dalla richiesta
formulata dalla Regione o dall'ente costruttore e diventa esecutiva dopo l'approvazione
dell'organo di controllo. Qualora il comune non provveda nei termini prescritti, la scelta
dell'area è effettuata dal Presidente della Giunta regionale. Per l'attuazione della
deliberazione comunale o del decreto del Presidente della Giunta regionale, si applicano
le medesime disposizioni che disciplinano l'attuazione dei piani di zona.
Le aree individuate dai comuni per la realizzazione degli interventi di edilizia
residenziale pubblica, secondo le modalità previste dalle sopra citate leggi, sono
soggette a procedura espropriativa ai fini dell'acquisizione al patrimonio del comune.
La legge n. 865/1971 ha disposto che le aree così acquisite sono concesse in diritto di
superficie agli enti che intendano realizzare la costruzione di case di tipo economico o
popolare ed i relativi servizi di urbanizzazione. Il comune resta titolare del diritto di
proprietà sulle aree espropriate, che entrano a far parte del patrimonio indisponibile
dell'ente, ad eccezione di una quota residua - non inferiore al 20 per cento e non
superiore al 40 per cento delle zone comprese nei piani - che può essere ceduta in
proprietà a cooperative edilizie o a singoli soggetti acquirenti, in possesso dei
requisiti prescritti per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica,
con preferenza per i proprietari di aree espropriate.
Con la legge n. 865/1971, il diritto di superficie è stato utilizzato per
rispondere alle esigenze abitative di talune categorie sociali: l'istituto consente ai
privati di realizzare gli alloggi e di acquistarne la proprietà superficiaria, senza
privare definitivamente i Comuni della disponibilità delle aree edificate. La
costituzione del diritto di superficie avviene infatti a tempo indeterminato soltanto nel
caso di attribuzione delle aree ad enti pubblici per la realizzazione di impianti e
servizi pubblici, mentre, in tutti gli altri casi, il diritto è costituito per un periodo
compreso tra i 60 e i 99 anni.
Il diritto di superficie può essere concesso sia a privati, singoli o riuniti in
cooperative, che ad enti pubblici istituzionalmente operanti nel settore dell'edilizia
residenziale pubblica. E' stabilito un criterio di preferenza per questi ultimi e per le
cooperative a proprietà indivisa. Il diritto è attribuito mediante concessione
amministrativa, deliberata dal Consiglio comunale, e previa stipula di apposita
convenzione tra il Comune e i soggetti concessionari, che indica, tra l'altro :
il corrispettivo della concessione, che è determinato in misura pari al costo di
acquisizione delle aree nonché al costo delle opere di urbanizzazione, se già
realizzate;
il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del comune
ovvero, qualora ad esse provvedano direttamente i soggetti concessionari, le relative
garanzie finanziarie, i criteri progettuali, le modalità di trasferimento ai comuni;
le caratteristiche tipologiche delle costruzioni, i termini di inizio ed
ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione;
i criteri per la determinazione e la revisione periodica dei canoni di locazione.
Il comma 77 dell'articolo 3 della legge . 549 del 1995 dispone che, per le aree
già concesse in superficie e cedute ai sensi del comma 75, il prezzo di cessione sia
determinato dall'Ufficio Tecnico Erariale, al netto degli oneri di concessione del diritto
di superficie. Questi ultimi sono peraltro rivalutati sulla base della variazione,
accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo verificatasi nel periodo compreso
tra il mese nel quale sono stati versati i predetti oneri ed il mese di stipula dell'atto
di cessione delle aree. Peraltro, il comma 61 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996
ha fornito un'interpretazione estensiva del disposto del comma 77, in quanto ha
esplicitato i riferimenti normativi cui deve attenersi l'Ufficio tecnico erariale per la
determinazione del prezzo delle aree trasformate disponendo, però, nel contempo, la non
applicazione della prevista riduzione del 40% sul prezzo fissato.
La norma richiamata dal predetto comma 61 é contenuta nel comma 1 dell'art. 5-bis
del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, così come convertito dalla legge 8 agosto 1992,
n. 359: tale norma, che regola in via provvisoria la materia, in attesa della emanazione
di una disciplina organica dell'istituto della espropriazione per pubblica utilità,
stabilisce che la determinazione dell'indennità debba essere calcolata a norma dell'art.
13, comma 3, della legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (legge sul risanamento della città di
Napoli). In base a tale legge, l'indennità è calcolata sulla media del valore venale
e dei fitti coacervati dell'ultimo decennio, purché aventi data certa
corrispondente al rispettivo anno di locazione.
Peraltro, l'articolo 5-bis, al comma 1, pur richiamando le modalità di
determinazione dell'indennità fissate dalla citata legge n. 2892, introduce sensibili
modifiche, stabilendo, in primo luogo, che il parametro dei fitti coacervati dell'ultimo
decennio sia sostituito con il parametro del reddito dominicale rivalutato, di cui
agli artt. 24 e seguenti del T.U. delle imposte sui redditi approvato con il D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917. Esso prevede inoltre che all'indennità così determinata sia
applicata una riduzione del 40%, fatti salvi i casi in cui il soggetto espropriato,
in qualunque fase del procedimento espropriativo, si determini alla cessione volontaria
del bene.
Il comma 78, che viene modificato dal comma 41 in esame, consente di
modificare le convenzioni stipulate - precedentemente all'entrata in vigore della citata legge
n. 179/1992 - ai sensi della normativa dianzi illustrata, per la cessione del diritto
di proprietà delle aree. Le modifiche potranno consistere nella soppressione dei limiti
di godimento decennali e ventennali previste nelle convenzioni medesime. A tal fine,
dovrà essere versato un corrispettivo che sarà calcolato, per ogni alloggio edificato,
ai sensi del comma 77 dello stesso articolo 3 della legge n. 549 del 1995.
Si ricorda, infine, che il comma 60, lett. b) dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996
ha introdotto il nuovo comma 78-bis al citato articolo 3 della legge n.
549/1995, che prevede l'applicazione delle norme dettate dalla legge 28 gennaio 1977,
n. 10, in materia di convenzioni per la concessione relativa ad interventi di edilizia
abitativa, alle fattispecie disciplinate dai commi da 75 a 78 dell'articolo 3 della legge
n. 549/1995.
Il comma 78-bis prevede un regime trentennale della nuova convenzione contemporaneamente
però alla introduzione di una forma di recupero dei tempi di vigenza di precedenti
accordi. La durata sarà infatti pari alla differenza tra trenta anni fissati come limite
massimo dalla richiamata legge n. 70/1977 e il tempo intercorso tra la convenzione di
cessione in proprietà o in superficie e la data di stipula della nuova convenzione.
Il comma 41 in esame, riformulando il comma 78 dell'articolo 3 della legge n. 549 del
1995, precisa che le convenzioni stipulate - precedentemente all'entrata in vigore della
citata legge n. 179/1992 - ai sensi della normativa dianzi illustrata, per la
cessione del diritto di proprietà delle aree, possono essere sostituite con la
convenzione di cui al successivo comma 78-bis, in cambio del corrispettivo calcolato, per
ogni alloggio, ai sensi del comma 77 dello stesso articolo 3 della legge n. 549 del 1995.
NOTE
1 La legge n. 865/1971, all'articolo 27 disciplina l'espropriazione di aree da
destinare ad insediamenti produttivi. I comuni abilitati ad effettuare procedure di
espropriazione sono quelli dotati di un piano regolatore generale o di un programma di
fabbricazione già approvati secondo le disposizioni vigenti e di uno specifico piano
delle aree da destinare ad insediamenti produttivi, previamente autorizzato dalla
Regione. Il piano ha durata decennale ed ha valore di piano particolareggiato di
esecuzione ai sensi della legge n. 1150/1942 e successive modificazioni e per quanto non
regolato é disposto un esplicito rinvio alla legge n. 167/1962. Il comune é tenuto ad
utilizzare le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere
industriale, artigianale, commerciale e turistico, in misura non superiore al 50% mediante
la cessione in proprietà e per la rimanente parte mediante la concessione del diritto
di superficie. La concessione del diritto di superficie ad enti pubblici per la
realizzazione di impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona delimitata dal piano,
é a tempo indeterminato; in tutti gli altri casi ha una durata non inferiore a sessanta
anni e non superiore a novantanove anni.
2 La proposta formulata dal Comune per la trasformazione del titolo di
godimento delle aree si intende accolta e diventa vincolante per
ciascun assegnatario allorquando sia approvata a maggioranza di due terzi dall'assemblea
di condominio o della cooperativa interessata, alla quale partecipi almeno il 51% dei
condomini o dei soci. Il prezzo di cessione è determinato dall'Ufficio Tecnico Erariale,
al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie. Questi ultimi sono peraltro
rivalutati sulla base della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al
consumo verificatasi nel periodo compreso tra il mese nel quale sono stati versati i
predetti oneri ed il mese di stipula dell'atto di cessione delle aree.
Le somme introitate dovranno essere utilizzate dai comuni, in via prioritaria, per la
realizzazione di programmi concernenti la disponibilità di alloggi, di proprietà sia
pubblica che privata, da destinare in locazione a soggetti sottoposti a sfratto esecutivo.
3 L'adozione del piano di zona ovvero la delibera di localizzazione ai sensi
dell'art. 51 della legge n. 865/1971 comportano infatti dichiarazione di pubblica utilità
delle opere in esso previste ed equivalgono a dichiarazione di indifferibilità ed
urgenza dei relativi lavori.
4 La legge n. 10/1977, all'art. 8, commi 1, 4 e 5, prevede che la concessione
relativa agli interventi di edilizia abitativa debba essere regolata da una convenzione-tipo
approvata dalla regione nella quale sono definiti criteri e parametri ai quali debbono
essere uniformate le convenzioni stipulate dai comuni.
In particolare, la convenzione deve contenere essenzialmente: l'indicazione delle
caratteristiche tipologiche e costruttive degli alloggi; la determinazione dei prezzi di
cessione degli alloggi, in relazione al costo delle aree, della costruzione e delle opere
di urbanizzazione; la determinazione dei canoni di locazione; la durata della stessa.
Nella convenzione deve essere esplicitato che i prezzi di cessione e i canoni di locazione
sono suscettibili di variazioni periodiche con riferimento agli indici ISTAT dei costi di
costruzione intervenuti dopo la stipula della convenzione.
Comma 42
(Tutela dei manufatti industriali
particolarmente significativi siti nellarea di Bagnoli)
Il comma 42 in esame, inserito dalla V Commissione, mira alla tutela dei manufatti
industriali particolarmente significativi siti nellarea di Bagnoli oggetto di un
piano di risanamento ai sensi del decreto legge n. 486 del 1996 convertito dalla legge n.
582 dello stesso anno.
Larticolo 1 di tale decreto-legge, contiene disposizioni in merito al risanamento
ambientale dei siti industriali dismessi nellarea di Bagnoli (Napoli) dove, a
seguito delle decisioni 89/218/CECA e 94/259/CECA, sono cessate lattività
siderurgica dellILVA e quella dello stabilimento ex-ETERNIT.
Con il comma 1 di tale articolo, in particolare, viene individuato nellIRI
il soggetto responsabile della realizzazione degli interventi previsti per il risanamento
dellarea industriale di Bagnoli. LIRI, vi provvederà sia direttamente, sia
tramite società ad esso partecipate o, eventualmente, società specializzate, sulla base
del progetto indicato nelle delibere del CIPE (approvate in data 13.4.1994 e 20.121.1994),
delle prescrizioni tecniche stabilite nel Piano stralcio di risanamento ambientale
(approvato con D.P.R. 8.6.1995) e sulla base del piano di risanamento approvato con decreto
del Ministro dellambiente in data 21.12.1995.
In particolare si precisa che, con Delibera CIPE del 13 aprile 1994, il programma
triennale di interventi 1994-1996 previsto dallart. 4 della legge 18 aprile 1984, n.
80, è stato articolato in azioni di sviluppo, nel cui ambito sono stati
individuati e coordinati interventi attuativi valutabili specificatamente sotto i profili
tecnico, economico e finanziario.
In base a tale programma triennale, la ILVA S.p.A. è stata incaricata di provvedere al
"progetto delle operazioni tecniche di bonifica dei siti industriali dismessi nella
zona ad elevato rischio di crisi ambientale dellarea di crisi produttiva ed
occupazionale di Bagnoli, comprensivo delle attività da svolgere, della fattibilità e
dei costi degli interventi". Tale progetto è stato approvato con successiva Deliberazione
CIPE in data 20 dicembre 1994, su proposta conforme del Ministro del bilancio e della
programmazione economica dintesa con Ministro dellambiente, ed è stato
affidato per lesecuzione alla ILVA S.p.A. in liquidazione. Esso è diretto al
risanamento delle aree dismesse degli impianti siderurgici della stessa ILVA e della
ETERNIT, al fine di predisporle per possibili iniziative di riuso.
Successivamente, in considerazione della grave situazione di degrado ambientale
dellarea industriale di Bagnoli, è stato deciso di procedere allimmediata
formalizzazione del piano di risanamento ambientale "quale anticipazione a
stralcio" del complessivo. Piano di disinquinamento dellarea ad elevato
rischio di crisi ambientale della Provincia di Napoli", e pertanto con D.P.R. 8
giugno 1995 è stato approvato il "Piano stralcio di risanamento ambientale"
sopra menzionato.
In particolare con tale Piano che ha valore di atto di indirizzo e di
coordinamento per le amministrazioni statali, per la regione Campania, per gli enti locali
e quelli pubblici, nonché per i soggetti privati operanti nella zona sono state
stabilite le prescrizioni tecniche, predisposte dal Ministero dellambiente ai sensi
dellart. 6 della legge n. 305/1989, per lattuazione del progetto delle
operazioni tecniche di bonifica dei siti industriali dismessi nellarea.
Sempre il comma 1 dellarticolo del citato decreto legge n. 486 del 1996, precisa che
queste attività di risanamento comprendono le operazioni di smantellamento e di
rimozione, le demolizioni e le rottamazioni nonché la bonifica delle aree dalla presenza
di inquinanti fino alla profondità interessata dalla contaminazione.
Il successivo comma 4 prevede la istituzione di un Comitato di coordinamento e
di alta vigilanza su queste attività di bonifica e di risanamento, composto da sette
funzionari responsabili del settore, due dei quali designati dai Ministri del tesoro e del
bilancio, mentre gli altri sono designati, rispettivamente, dai Ministri
dellambiente e della sanità, dai presidenti della regione Campania e della
provincia di Napoli, nonché dal Sindaco di Napoli. Questo Comitato svolge anche funzioni
di "conferenza di servizi" ai sensi della legge n. 241 del 1990, e provvede a
nominare una commissione, formata da sette esperti, per il controllo dellattività
di risanamento ambientale.
Il comma 47 in esame, integra quanto disposto dal citato comma 1 dellarticolo 1
del decreto legge n. 486 del 1996, prevedendo che il Comitato di coordinamento ed alta
vigilanza previsto dal successivo comma 4 (a tal fine integrato dal Sovrintendente ai
beni architettonici ed ambientali di Napoli o da un suo delegato) debba individuare
sentito il responsabile del Servizio urbanistico del comune di Napoli i manufatti
industriali particolarmente significativi dal punto di vista storico e testimoniale che, a
salvaguardia della memoria storica del sito, non dovranno essere demoliti.
La destinazione di questi manufatti verrà poi decisa dal Consiglio comunale di Napoli
nellambito della pianificazione urbanistica esecutiva.
NOTE
1 Lart. 4 della legge n.
80/1984, di conversione del D.L. n. 19/1984, recante "Proroga dei termini ed
accelerazione delle procedure per lapplicazione della legge n. 219/1981 e successive
modificazioni", ha stabilito che i Piani regionali di sviluppo della Campania e della
Basilicata devono prevedere programmi pluriennali di intervento nel cui ambito
devono essere individuati:
i piani da realizzare;
i soggetti pubblici e privati responsabili della loro realizzazione;
le modalità sostitutive dei soggetti inadempienti;
le quote finanziarie da assegnare ai singoli settori ed ai singoli progetti;
i progetti e le opere per la cui realizzazione si adottano procedure straordinarie.
13/12/1998 webmaster@euganeo.it |
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il
collegio senatoriale di Tino Bedin |