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Articolo 23
Commi 1-6
(Norme di interpretazione autentica per profili attinenti
al trattamento economico
di personale universitario e di altro personale)

L'articolo 23, commi 1-6, reca prevalentemente norme qualificate come di nterpretazione autentica di disposizioni relative a profili del trattamento economico di professori e ricercatori universitari e di altro personale statale, al fine di evitare l’incremento di oneri che conseguirebbe a una diversa interpretazione delle norme vigenti da parte della magistratura amministrativa e contabile.
Il comma 1 interpreta l’articolo 36, comma 5 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, che recita: "Lo stipendio spettante ai professori appartenenti alla seconda fascia è pari al 70 per cento di quello spettante a parità di posizione al professore di prima fascia".
Secondo ora la disposizione interpretativa, la predetta determinazione stipendiale percentuale opera (precedentemente al giudizio di conferma) assumendo come riferimento rispettivamente la qualifica di professore associato non confermato e quella di professore straordinario.
L’introduzione della norma interpretativa intende contenere gli effetti di spesa derivanti da recente giurisprudenza amministrativa, che afferma diverso criterio di determinazione degli stipendi della categoria dei professori associati, inclusi i non confermati, agganciandone la progressione economica a quella del professore ordinario, non già straordinario.
Il comma 2 ribadisce che l’articolo 37, comma 3 del citato D.P.R. n. 382 del 1980 è da interpretare in base alla riformulazione recata dall’articolo 8 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, il quale recita: "A coloro che superano il giudizio di idoneità a professore associato e che sono esonerati ai sensi dell’articolo 111 dal giudizio di conferma [in quanto cioè professori già incaricati stabilizzati oppure incaricati da un triennio] è attribuita la classe di stipendio successiva a quella iniziale prevista per i professori associati".
In altri termini, precisa la norma in commento, coloro che hanno superato il giudizio di idoneità a professore associato e sono esonerati dal giudizio di conferma fruiscono del trattamento economico spettante ai professori associati all'atto della conferma in ruolo.
Anche il comma 2 trae origine dall’esigenza di contenere gli effetti di spesa scaturenti dalla medesima giurisprudenza richiamata (la quale è stata occasionata appunto dal vaglio di legittimità dell’attribuzione della seconda classe stipendiale agli associati confermati, ex incaricati stabilizzati).
L’incremento di spesa, che i commi 1 e 2 mirano a contrastare, è quantificato dalla relazione tecnica in 600 miliardi.
Il comma 3 interpreta l’articolo 1 del decreto-legge 10 maggio 1986, n. 154 (recante "Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparati", convertito dalla legge 11 luglio 1986, n. 341), precisando che l’incremento stipendiale (del 42 per cento, a decorrere dal 1° maggio 1986) previsto in quella disposizione non si applica, per i professori e i ricercatori universitari che abbiano optato per il tempo pieno, sull’assegno aggiuntivo di cui all’articolo 39 del D.P.R. n. 382 del 1980.
Gli importi di tale assegno aggiuntivo (concesso in relazione all’opzione per il tempo pieno) restano pertanto determinati ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2 (recante "Adeguamento provvisorio del trattamento economico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e del personale ad essi collegato", convertito dalla legge 8 marzo 1985, n. 72).
Anche su tale materia è in atto un esteso contenzioso amministrativo. Ove si procedesse a dirimerlo in modo opposto a quello prospettato dalla nuova norma di interpretazione autentica, si produrrebbero maggiori oneri di spesa quantificati dalla relazione tecnica in 1.900 miliardi.
Il comma 4 stabilisce che non spettino rivalutazione monetaria né interessi sulle somme già corrisposte al personale statale del comparto ministeri a seguito dell’inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali (ai sensi dell’articolo 4, comma 8, della legge 11 luglio 1980, n. 312, recante "Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato").
Egualmente rimangono sprovviste di rivalutazione monetaria e di interessi, ancora secondo il comma 4, le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza della sentenza n. 1 del 1991 della Corte costituzionale.
La sentenza della Corte costituzionale sopra citata ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, l’articolo 3, comma 1 del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379 (recante "Misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni di dirigenti civili e militari dello stato e del personale ad essi collegato ed equiparato", convertito dalla legge 14 novembre 1987, n. 468) nella parte in cui non disponeva a favore dei dirigenti collocati a riposo anteriormente al 1° gennaio 1979 la riliquidazione, a decorrere dal 1° marzo 1990, a cura delle amministrazioni competenti, della pensione sulla base degli stipendi derivanti dall’applicazione di una serie di norme richiamate.
Le disposizioni del comma 4 sono anch’esse rivolte a contrastare diverso orientamento giurisprudenziale, cui conseguirebbero effetti di spesa, quantificati dalla relazione tecnica in complessivi 750 miliardi (500 miliardi in relazione all’inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali e 250 miliardi in relazione al trattamento pensionistico).
Le somme corrisposte in difformità da quanto disposto dal comma 4 - fatta comunque salva l’esecuzione dei giudicati definitivi alla data di entrata in vigore del presente provvedimento – sono considerate erogate a titolo di acconto sui trattamenti economici e pensionistici in essere e sono recuperate con i futuri miglioramenti comunque spettanti sui trattamenti stessi. Così prevede il comma 5.
Il comma 6 assimila i compensi derivanti da attività di ricerca e consulenza stabilite mediante contratti e convenzioni con enti pubblici e privati, condotte dal personale docente universitario (ex articolo 66 del D.P.R. n. 382 del 1980), ai redditi di lavoro dipendente, analogamente a quanto già previsto (dall’articolo 47, comma 1, lettera c) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni) per i compensi dell’attività libero professionale intramuraria dei professori e ricercatori che esplichino attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura, anche se gestiti direttamente dalle università, convenzionati ai sensi dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (recante "Istituzione del servizio sanitario nazionale").


Commi 7-16 e 20
(Utilizzazioni e periodi di aspettativa del personale docente e dirigente scolastico; altre disposizioni in materia di istruzione)

L'articolo 23, commi da 7 a 9 e 13 recano una nuova disciplina dell'utilizzazione del personale direttivo e docente in compiti connessi con la scuola nonché la previsione per essi di una nuova fattispecie di aspettativa non retribuita.
L'articolo contiene inoltre altre disposizioni in materia di istruzione, tra cui talune concernenti il personale di sostegno per l'integrazione scolastica.
Il comma 7 dispone la riduzione del contingente di personale docente e dirigente scolastico utilizzabile per compiti diversi dall'insegnamento, da 1000 unità (secondo prevede l'articolo 456 del Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 296) a 700 unità.
Nell’ambito di tale soglia numerica, si prevede che:
fino a 500 unità possano essere destinate a compiti connessi all'attuazione dell'autonomia scolastica (di cui all'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59), svolti dall'amministrazione scolastica centrale e periferica;
fino a 100 unità possano essere assegnate ad enti ed associazioni che gestiscono strutture per la riabilitazione e il reinserimento sociale dei tossicodipendenti, e che siano iscritti agli albi regionali (ai sensi dell’articolo 105, comma 7, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, recante "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza");
un numero massimo di 100 unità possa essere assegnato ad associazioni professionali del personale direttivo e docente ed agli enti cooperativi da essi promossi, nonché agli enti ed istituzioni che svolgono istituzionalmente attività nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica.
Siffatte previsioni modificano la disciplina delle utilizzazioni, quale recata dal citato articolo 456 del Testo unico in materia di istruzione, di cui dispongono l'abrogazione (ad eccezione dei suoi commi 12, 13 e 14).

L'articolo 456 del Testo Unico citato consentiva, nelle parti ora soppresse, l'utilizzazione di personale per varie finalità: aggiornamento, sperimentazione didattica, integrazione dei portatori di handicap, prevenzione della dispersione scolastica, attività di ricerca presso università ed Istituti superiori di educazione fisica, oltre a prevedere l’assegnazione di personale ad enti impegnati nell’assistenza e nel reinserimento dei tossicodipendenti. Venivano inoltre definite modalità, durata e procedure delle utilizzazioni.

Il comma 7 in commento non procede alla diretta sostituzione delle disposizioni abrogate con quelle da esso recate, sì da assicurare la permanenza nel Testo Unico di tutta la disciplina sulle utilizzazioni.
Si ricorda che i commi non abrogati dell’articolo 456 del Testo Unico (commi 12-14) fanno salvi i comandi del personale della scuola presso enti ed organismi internazionali e presso amministrazioni dello Stato ed altre istituzioni; escludono l’applicabilità di disposizioni che prevedano comandi con riguardo alla generalità dei dipendenti dello Stato e di enti pubblici, senza specifico riferimento al personale della scuola (fatte salve talune leggi ivi indicate).
Per il personale scolastico utilizzato (si è detto, entro il limite di 700 unità), ancora il comma 7 prevede la collocazione fuori ruolo e ch'esso disponga della priorità di scelta tra le sedi disponibili all'atto del rientro. In caso di utilizzazioni che si siano protratte non più di un anno scolastico, docenti e dirigenti rientrano nella sede di titolarità (attualmente, l'articolo 456, comma 9 del Testo Unico prevede che il periodo trascorso in posizione di personale utilizzato sia valido a tutti gli effetti come servizio di istituto nella scuola).
Nulla viene disposto circa la durata massima dell’utilizzazione e la sua rinnovabilità: i commi 5 e 6 dell’articolo 456 del Testo Unico, che prevedono una durata annuale o triennale, a seconda della destinazione, e l’eventuale rinnovo per un massimo di nove anni su richiesta motivata dall’ufficio assegnatario, sono abrogati.
La determinazione del personale da utilizzare viene affidata ad un decreto del ministro della pubblica istruzione di concerto con quello del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. In relazione ai requisiti degli interessati, solo si specifica che il personale docente e direttivo (oltre ad aver ultimato il periodo di prova) debba essere fornito di adeguati titoli culturali, scientifici e professionali. Non vengono dettate indicazioni per la valutazione dei predetti titoli: il comma 4 dell’articolo 456 del Testo Unico, che dispone al riguardo, è abrogato.
Le indicazioni testé richiamate circa modalità di nomina e requisiti, peraltro, parrebbero riferibili al solo contingente di 500 unità di cui al primo periodo del comma, nulla disponendosi, in tal caso, in ordine alle restanti 200 unità.
Il comma 8 stabilisce che a decorrere dall’anno scolastico 2000-2001 le associazioni professionali del personale direttivo e docente, gli enti cooperativi da essi promossi e gli enti ed istituzioni che svolgono attività istituzionali nel campo della formazione possano chiedere contributi in sostituzione del personale assegnato (per il quale, si è detto, vigerebbe il limite massimo di 100 unità).
Il ministro della pubblica istruzione disciplina - ancora prevede il comma 8 - con proprio decreto le modalità ed i tempi per sostituire le assegnazioni con i contributi. E' dalla norma indicata, quale soglia di contribuzione, l’economia di spesa realizzata riducendo le medesime assegnazioni.
Si prevede infine una relazione annuale del ministro della pubblica istruzione al Parlamento sui "provvedimenti" in materia di utilizzazioni, previsti dai commi 7 e 8.
Il comma 9, in aggiunta alle ipotesi testé richiamate, prevede che possano essere disposti comandi del personale di cui al comma 6 presso università e altri istituti di istruzione, presso associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da essi promossi, nonché presso enti, istituzioni o amministrazioni impegnati, per finalità istituzionale, nel campo della formazione e in campo culturale e artistico.
Tali comandi sono accordati su richiesta dei predetti enti, che ne assumono altresì gli oneri.
E’ specificata la durata del comando, annuale. Non è esplicitato se, come parrebbe, tali comandi rientrino nel limite numerico del contingente di 500 unità, precedentemente illustrato.
Il comma 9 prevede inoltre che i comandi di durata complessivamente superiore ad un anno scolastico - pare così sottintendersene la rinnovabilità, poiché si contemplano nella disposizione solo "comandi annuali" - importino la perdita della sede di titolarità. Il computo della durata si effettua sommando i periodi di comando ottenuti.
Il comma 10 - introdotto dalla Camera dei deputati - dispone in materia di incarichi e borse di studio al personale docente, dirigente e ispettivo-tecnico, attualmente disciplinati dall’articolo 453 del Testo Unico.
L'articolo 453 del Testo Unico dispone che il ministro della pubblica istruzione possa autorizzare il personale sopra menzionato ad accettare incarichi temporanei per:
la partecipazione a commissioni di concorso o di esame;
attività di studio, ricerca e consulenza presso amministrazioni statali (compresa la pubblica istruzione), enti pubblici, Stati o enti stranieri, organismi o enti internazionali;
la partecipazione, nel limite di cinque giorni, a convegni e congressi di associazioni di settore.
Nel caso di incarichi per attività di studio, ricerca e consulenza, gli oneri finanziari sono a carico dell’amministrazione o ente destinatario. Eventuali nuovi incarichi possono essere autorizzati dopo non meno di tre anni scolastici. L’attività svolta viene computata come servizio di istituto.
Analoga autorizzazione può essere concessa ai destinatari di borse di studio di amministrazioni statali, enti pubblici, Stati e organismi stranieri, organismi o enti internazionali.
Il comma 10 in esame modifica alcune disposizioni del menzionato articolo 453 del Testo Unico.
E’ in primo luogo sostituito, di quell'articolo 453, il comma 2 (che consente, ai destinatari degli incarichi sopra menzionati, l’esonero dagli obblighi di servizio) con una formulazione più restrittiva, secondo cui l’esonero potrebbe concedersi solo per la partecipazione a commissioni di concorso e di esami, a convegni e congressi nonché per incarichi di ricerca, studio e consulenza presso amministrazioni statali diverse da quella della pubblica istruzione, o infine presso soggetti stranieri o internazionali (con oneri comunque a carico dell’ente destinatario).
L’esonero dagli obblighi di servizio è dunque escluso per il personale autorizzato a svolgere incarichi presso l’amministrazione della pubblica istruzione, venendo conseguentemente meno l’onere economico della sostituzione.
E’ così inoltre abrogato il primo periodo del comma 9 dell'articolo 453 del Testo Unico, che determina un contingente numerico massimo per gli incarichi di studio, ricerca e consulenza presso l’amministrazione della pubblica istruzione e le università.
Secondo quanto dichiarato dal rappresentante del Governo in Commissione bilancio della Camera dei deputati nell’illustrare l’emendamento governativo introducente il presente comma (cfr. seduta del 9 novembre 1998), dovrebbe discendere dalle norme sin qui illustrate una riduzione dell’onere per incarichi a carico del ministero della pubblica istruzione, tale da compensare il maggior onere inerente all'incremento del contingente di personale utilizzabile (da 500 unità, previste dal disegno di legge nel testo originario, a 700 unità, previste dal sopra illustrato comma 7, quale modificato nel corso dell'iter presso la Camera).
Viene infine abrogato il comma 3 dell’articolo 453 del Testo Unico, secondo cui gli incarichi sopra detti non possono protrarsi oltre il termine dell’anno scolastico di conferimento, non sono rinnovabili oltre l’anno successivo e comportano, nel caso di assegnazioni ad enti diversi dallo Stato, un esonero dall’insegnamento non superiore all’anno scolastico.

Il comma 11 e il comma 15 concernono il personale di sostegno per l'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
In particolare, il comma 11 prevede che il ministro della pubblica istruzione ridefinisca con proprio decreto i criteri e le modalità di costituzione delle classi che accolgono alunni in situazioni di handicap, ferme restando le dotazioni organiche complessive del personale stabilite ai sensi dell'articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e dei relativi provvedimenti di attuazione.
L'articolo 40 della legge n. 449 del 1997 definisce (al comma 3) nuovi parametri per la determinazione dei posti di sostegno, stabilendone la dotazione organica nella misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia (e comunque assicurando "il graduale consolidamento, in misura non superiore all'80 per cento, della dotazione dei posti di organico e di fatto esistenti nell'anno scolastico 1997-98").
Esso inoltre, nel disporre che l'integrazione scolastica sia assicurata con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell'handicap, attribuisce la facoltà di assumere, in caso di handicap di particolare gravità, insegnanti di sostegno a tempo determinato, derogando al rapporto docenti/alunni sopra indicato.
Infine, in materia di integrazione scolastica, ancora l'articolo 40, comma 1 della legge n. 449 del 1997 espressamente abroga talune disposizioni del Testo Unico: gli articoli 72; 315 comma 3; 319 commi 1, 2 e 3; 443.
L'articolo 72 ("Criteri generali per la formazione delle sezioni e delle classi") del Testo Unico recita:
"1. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del Tesoro sono determinati annualmente i criteri per la formazione delle sezioni e delle classi, delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado ed è stabilito il numero minimo e massimo di alunni per sezioni e per classe.
2. Le classi successive a quelle iniziali delle scuole medie sono accorpate, in modo peraltro da non costituire con numero di alunni di regola superiore a 23. Le classi che accolgono alunni portatori di handicap sono costituite con un massimo di 20 alunni.
3. Per le scuole elementari il numero di alunni non può essere superiore a 25, salvo il limite di 20 per le classi che accolgono alunni portatori di handicap.
Così recita l'articolo 315 ("Integrazione scolastica"), comma 3 del Testo Unico:
"I posti di sostegno per la scuola secondaria superiore sono determinati nell’ambito dell’organico del personale in servizio alla data di entrata in vigore della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie all’uopo preordinate dall’articolo 42 comma 6, lettera h) della stessa legge".
L’articolo 319 ("Posti di sostegno"), commi 1, 2 e 3 del Testo Unico recitano:
"1. Per lo svolgimento delle attività di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap nella scuola materna, elementare e media, le dotazioni organiche dei relativi ruoli provinciali comprendono posti di sostegno da istituire in ragione, di regola, di un posto ogni quattro alunni portatori di handicap.
2. Per la determinazione dei posti di sostegno nella scuola secondaria superiore si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 315, comma 3.
3. Nella scuola elementare deroghe al rapporto medio di un docente ogni quattro alunni portatori di handicap possono essere autorizzate in organico di fatto, in presenza di handicap particolarmente gravi per i quali la diagnosi funzionale richieda interventi maggiormente individualizzati e nel caso di alunni portatori di handicap frequentanti plessi scolastici nelle zone di montagna e nelle piccole isole.
L’articolo 443 ("Dotazioni organiche dei posti di sostegno") del Testo unico recita:
"In sede di definizione degli organici si procede alla determinazione del numero dei posti di sostegno a favore dei bambini o degli alunni portatori di handicap della scuola materna e media, in modo da assicurare di regola un rapporto medio di un docente ogni quattro bambini o alunni portatori di handicap. I posti di sostegno per gli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore sono determinati, nell’ambito dell’organico, in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie a tal fine preordinate dall’articolo 42, comma 6, lettera h), della legge 5 febbraio 1992, n. 104. I posti di sostegno nella scuola elementare sono determinati nell’organico di diritto in modo da assicurare un rapporto medio di un docente ogni quattro alunni portatori di handicap; deroghe a tale rapporto possono essere autorizzate in organico di fatto, in presenza di handicap particolarmente gravi per i quali la diagnosi funzionale richieda interventi maggiormente individualizzati e nel caso di alunni portatori di handicap frequentanti plessi scolastici nelle zone di montagna e nelle piccole isole".

La riformulazione del comma 11 dell'articolo 23 del presente provvedimento deliberata dalla Commissione bilancio del Senato, modifica il testo della disposizione quale approvata dalla Camera dei deputati in prima lettura, la quale invece prevedeva la mera abrogazione della norma abrogativa (recata dall'articolo 40, comma 1, della legge n. 449 del 1997) delle disposizioni del Testo Unico ricordate, con ciò rimanendo in dubbio se, di quelle, determinasse altresì la ripresa di vigenza. In tal caso, sulla medesima materia (il personale di sostegno) avrebbero insistito due distinte discipline (recate l'una dalle citate disposizioni del Testo Unico, l'altra dalla legge n. 449 del 1997) di non agevole conciliabilità.
Ancora in materia di personale di sostegno, il comma 15 - introdotto dalla Camera dei deputati in prima lettura - fa salva la relativa dotazione "necessaria a coprire la richiesta nazionale di integrazione scolastica", pur in presenza della riduzione del numero dei dipendenti del comparto scuola (che dev'essere pari al 3 per cento del numero di dipendenti rilevato a fine 1997) disposta dall'articolo 40, comma 1, primo periodo della legge n. 449 del 1997.
Per quanto riguarda il sistema prefigurato per suo conto dalla legge n. 449 del 1997, in esso parrebbe rimanere comunque salva la dotazione del personale di sostegno, posta l'applicazione di parametri predeterminati non derogabili in ordine alla determinazione di quella medesima dotazione organica.
Il comma 12 quantifica le economie di spesa derivanti dalla revisione delle norme in materia di utilizzazioni ed incarichi del personale docente e dirigente della scuola (commi 7 e 10) in 25 miliardi di lire annui e ne destina, a decorrere dal 1999, il 60 per cento (pari a 15 miliardi) all’elevazione dei limiti di spesa previsti attualmente per i compensi a presidenti e commissari degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione superiore, nonché all’erogazione di un compenso ai componenti dei consigli di classe chiamati a svolgere gli esami preliminari per l’ammissione all’esame dei candidati esterni.
La disciplina degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione superiore è stata riformata dalla legge 10 dicembre 1997, n. 425. Essa ha disposto un primo incremento, pari a 33 miliardi, del limite di spesa previsto per le finalità sopra indicate. Tale limite di spesa è attualmente pari a 180 miliardi.
Il disegno di legge governativo A.C. 5238 ("Disposizioni in materia di compensi per le commissioni giudicatrici degli esami di Stato conclusivi"), già approvato dalla 7a Commissione del Senato in sede deliberante ed attualmente assegnato alla XI Commissione (Lavoro) della Camera, prevede sia un’ulteriore elevazione (pari a 120 miliardi) sia l’introduzione di un compenso per i membri dei consigli di classe presso cui si svolgono i sopra detti esami preliminari.

Il comma 13 prevede che i docenti e i dirigenti scolastici possano fruire di un periodo di aspettativa non retribuita della durata massima di un anno scolastico ogni dieci anni. Essi provvedono a loro spese alla copertura degli oneri previdenziali.
In ordine alla materia delle aspettative, gli articoli 450 e 451 del Testo Unico si richiamano al D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ("Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato") - i cui articoli 66-70 fanno riferimento ad aspettativa per infermità, servizio militare, motivi di famiglia - individuando nel provveditore agli studi per il personale direttivo e nel dirigente scolastico per il personale docente, l’organo preposto alla decisione. Per le aspettative connesse al mandato parlamentare, è richiamato l'articolo 71 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni.
Come altre disposizioni recate dal presente articolo, il comma in esame non è formulato quale novella al Testo Unico.
Il comma 14 estende a tutti gli istituti di istruzione secondaria superiore, nell'ambito delle attuali risorse di bilancio, la possibilità di attivare corsi di specializzazione post-secondari; viene novellato in tal senso, con l’inserimento del comma 2-bis, l'articolo 205 del Testo Unico (il quale demanda alla disciplina regolamentare l'eventuale istituzione di tali corsi negli istituti tecnici ad indirizzo agrario ed industriale).
La norma richiama esplicitamente il disposto dell'articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998, che affida alle regioni la programmazione dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale.
L’istituzione di un nuovo corso di studi post-secondari rientra fra gli obiettivi indicati dalla risoluzione che approva il D.P.E.F. (lettere B) e C)).
Già l'articolo 40, comma 1, della legge n. 449 del 1997 prevedeva l’adozione di intese tra Stato e regioni per realizzare corsi di formazione superiore non universitaria, al fine di incrementare la preparazione tecnico-professionale dei giovani, nel quadro del sistema formativo integrato e della programmazione regionale dell’offerta formativa.
Il comma 16 - introdotto dalla Camera dei deputati in prima lettura - modifica il comma 1 dell’articolo 294 del Testo Unico.
Quest’ultimo prevede che il ministro della pubblica istruzione nomini il segretario degli istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi (I.R.R.S.A.E.), del Centro europeo dell’educazione (C.E.D.E.) e il direttore della Biblioteca di documentazione pedagogica (B.D.P.), scegliendoli tra gli ispettori tecnici, il personale direttivo e docente, i docenti universitari e il personale dell’amministrazione scolastica.
Il comma 16 estende la possibilità di essere nominati al personale collocato a riposo, già appartenente alle menzionate categorie.

Si ricorda che l'articolo 21, comma 10 della legge n. 59 del 1997 prevede, attraverso l’emanazione di regolamenti di delegificazione, un riordino degli I.R.S.S.A.E., del C.E.D.E. e della B.D.P. volto a renderli enti finalizzati al supporto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il comma 20 - introdotto dalla Camera dei deputati in prima lettura - reca riformulazione dell'articolo 193-bis del Testo Unico, specificando che le attività didattiche ed educative integrative ivi previste rientrino tra le attività aggiuntive di cui al contratto collettivo nazionale del settore scuola (più precisamente, tra quelle di cui all'articolo 43 del contratto nazionale sottoscritto il 4 agosto 1995) e disponendo la confluenza dei relativi finanziamenti (erogati ai sensi del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 253, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 352) nel fondo per il miglioramento dell'offerta formativa e per le prestazioni aggiuntive.

NOTE

1 Il comma 7 in commento, nel testo originario del disegno di legge presentato dal Governo, disponeva che potesse essere utilizzato per compiti diversi dall’insegnamento un contingente massimo di 400 unità tra docenti e dirigenti scolastici, da destinare all’attuazione dell’autonomia scolastica; si facevano tuttavia salve le disposizioni recate dall’art. 105 del D.P.R. 309/1990 relative alla possibile utilizzazione, nel limite di 100 unità, di personale docente di ruolo presso enti ed associazioni operanti nel settore della riabilitazione e del reinserimento dei tossicodipendenti e regolarmente iscritti agli albi regionali. La determinazione di 700 unità (in luogo delle predette 500), così come le lettere b) e c) di cui nel testo, sono state deliberate dalla Camera dei deputati in prima lettura.
2 Si tratta principalmente: della Presidenza della Repubblica, della Corte costituzionale, dei Gabinetti dei ministri, della Presidenza del Consiglio dei ministri, degli Istituti superiori di educazione fisica (I.S.E.F), degli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione ed aggiornamento educativi
(I.R.R.S.A.E.), del Centro europeo dell’educazione e della Biblioteca di documentazione pedagogica, dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, del C.O.N.I., delle università statali.
3 L’art. 205 T.U. fa riferimento ai corsi di specializzazione di durata annuale negli istituti tecnici ad indirizzo agrario ed i corsi di perfezionamento negli istituti tecnici ad indirizzo industriale.
4 D.Lgs. 8 marzo 1998, n. 112, "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali in attuazione del capo I della legge 59/1997".
5 La direttiva ministeriale 29 maggio 1998, n. 252, recante ripartizione delle risorse attribuite al "Fondo per l’arricchimento dell’offerta formativa" (di cui alla legge 440/1997) per il 1998 ha destinato 40 mld. per iniziative post-secondarie e copertura della quota nazionale delle iniziative finanziate con i fondi strutturali della U.E..
6 Detti enti, istituiti con i decreti delegati del 1974, sono attualmente disciplinati dagli artt. 287 e seguenti del T.U..


Commi 17-18
(Destinazione degli accantonamenti del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici
per il finanziamento di forme di previdenza complementare)

Quadro normativo
L'art. 2, comma 5, della L. 8 agosto 1995, n. 335, ha disposto per i soggetti assunti dal 1° gennaio 1996 alle dipendenze di pubbliche amministrazioni l'applicazione della normativa sul trattamento di fine rapporto relativo ai lavoratori privati.
Il comma 6 dello stesso art. 2 della L. n. 335 ha demandato alla contrattazione collettiva nazionale dei comparti pubblici la definizione - entro il 30 novembre 1995 - delle norme attuative, ai fini delle conseguenti modificazioni della struttura contributiva e retributiva del personale. Per il recepimento delle misure stabilite dai contratti, si prevede l'adozione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro della funzione pubblica, entro trenta giorni dalla data di conclusione dei contratti collettivi contenenti le predette indicazioni.
Il successivo comma 7 dell'art. 2 della L. n. 335 ha altresì previsto che i contratti collettivi nazionali (sempre dei comparti pubblici) definiscano le modalità di applicazione della nuova disciplina ai lavoratori pubblici già in servizio alla data del 31 dicembre 1995. Anche tali norme attuative devono essere recepite con decreto del Presidente del Consiglio, emanato secondo la procedura di cui al precedente comma 6.
In attesa che venga attuata l'equiparazione prevista dai suddetti commi 6 e 7 dell'art. 2 della L. n. 335, l'art. 59, comma 56, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, ha concesso la possibilità di richiedere la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto. In caso di opzione in tal senso, una quota - pari a 1,5 punti percentuali - della vigente aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio, prevista dalla gestione di appartenenza del dipendente, verrà devoluta al finanziamento di forme di previdenza complementare. Le modalità e la gradualità di tale destinazione sono demandate ad una specifica trattativa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori. Non è chiaro se tale quota di 1,5 punti percentuali sia relativa alla contribuzione a carico del datore di lavoro pubblico o del dipendente ovvero ad entrambe. Inoltre si dovrebbe precisare se l'opzione per il trattamento di fine rapporto da parte del dipendente determini l'obbligo di adesione alla forma di previdenza complementare.

 

Contenuto dei commi 17 e 18
Il comma 17 specifica che la somma complessivamente attribuita alle forme di previdenza complementare in base alla quota contributiva di 1,5 punti percentuali, di cui all'art. 59, comma 56, della L. n. 449/1997, non può superare i 200 miliardi annui. Tale importo - ricorda la relazione illustrativa - corrisponde a quello già scontato nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente.
Il primo periodo del comma 18 demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il recepimento degli accordi contrattuali - di cui al citato art. 59, comma 56 -, relativi alla rivalutazione e alla gestione della quota di 1,5 punti percentuali - per il periodo antecedente all'attribuzione alle forme di previdenza complementare - e ai criteri per la destinazione delle somme a queste ultime. Il decreto è emanato (in base al rinvio ai commi 6 e 7 dell'art. 2 della L. n. 335) su proposta del Ministro della funzione pubblica.
Il secondo periodo - introdotto dalla V Commissione del Senato - prevede che il medesimo decreto definisca: 1) gli adeguamenti della struttura retributiva e contributiva relativi all'applicazione del trattamento di fine rapporto; 2) i criteri per l'erogazione di quest'ultimo al personale a tempo determinato; 3) le modalità del passaggio al nuovo sistema per i soggetti assunti dal 1° gennaio 1996 alle dipendenze di pubbliche amministrazioni (il comma 2 dell'art. 5 della L. n. 335 del 1995, ha disposto per essi, come detto, l'applicazione della normativa sul trattamento di fine rapporto relativo ai lavoratori privati).
Riguardo al punto n. 1), si osserva che gli adeguamenti si rendono necessari soprattutto a seguito della soppressione della contribuzione relativa all'indennità di fine servizio; tale contribuzione, come ricordato, nella precedente nota 1, è in parte a carico del dipendente.

NOTE

1 Nel sistema vigente, l'indennità di fine servizio riconosciuta ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni ha natura previdenziale (con eccezione dei dipendenti del parastato, per i quali opera un sistema simile a quello privatistico), consistendo in una prestazione - determinata su parametri costituiti dalla base contributiva e dal periodo di servizio computabile - a cui concorrono, in misura diversa, i dipendenti, con contributi trattenuti mensilmente dallo stipendio, e le singole amministrazioni di appartenenza. La base contributiva è costituita dall'80% dello stipendio annuo lordo (compresa la tredicesima mensilità nonché - nella misura del 60% per i dipendenti statali - l'indennità di contingenza). L'aliquota contributiva non risulta identica nelle varie gestioni; in quella relativa ai dipendenti dello Stato, la misura è pari al 9,60%, ripartita tra lavoratore (2,50%) e datore di lavoro (7,10%); quote differenti vigono nella gestione per i dipendenti degli enti locali, ove il contributo è del 6,10%, di cui 3,60 punti percentuali a carico dell'ente e 2,50 a carico del dipendente.
L'importo dell'indennità si determina moltiplicando per il numero degli anni di servizio computabili il dodicesimo (il quindicesimo nella gestione relativa ai dipendenti degli enti locali) della base contributiva dell'ultimo stipendio (proiettato su scala annua).
Il trattamento di fine rapporto del settore privato, regolato dall'art. 2120 del codice civile, come sostituito dall'art. 1 della L. 29 maggio 1982, n. 297, si configura invece come una sorta di retribuzione differita, costituita attraverso l'accantonamento, da parte del datore di lavoro, di una somma, pari al 7,407% della retribuzione del dipendente (tale percentuale costituisce il quoziente del rapporto tra la suddetta base retributiva - fatta pari a 100 - e il fattore 13,5). L'indicizzazione del capitale accantonato viene effettuata in base ad un tasso fisso annuo pari all'1,5%, ed al 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'ISTAT rispetto all'anno precedente. Dall'omologazione tra settore pubblico e privato deriverà pertanto, per i dipendenti pubblici, un calcolo non più basato sull'ultima retribuzione, ma sull'entità degli accantonamenti annuali (con conseguente penalizzazione per i soggetti la cui carriera risulti caratterizzata da una progressione retributiva particolarmente elevata e con effetti migliorativi nel caso opposto). Un'importante fattispecie - non prevista nel vigente regime dei dipendenti pubblici - è rappresentata dalla possibilità dell'anticipazione del trattamento dovuto - nella misura massima del 70% - in costanza di rapporto, purché l'interessato abbia un'anzianità di servizio di almeno 8 anni presso lo stesso datore di lavoro; la richiesta è consentita per spese sanitarie relative a terapie e interventi straordinari o per l'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli. L'importo anticipato viene poi detratto dal totale del trattamento erogato alla cessazione del rapporto di lavoro.
2 Si ricorda che l'art. 8, comma 2, del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, prevede la possibilità di destinare una quota degli accantonamenti relativi al trattamento di fine rapporto al finanziamento dei fondi di previdenza complementare. Per i lavoratori assunti successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 (28 aprile 1993), il comma 3 del medesimo art. 8 prevede, in caso di iscrizione del soggetto alla forma di previdenza complementare, l'integrale destinazione a quest'ultima degli accantonamenti in esame, posteriori all'iscrizione medesima.
Una disciplina di delega per la ridefinizione di tali forme di destinazione è ora prevista dall'art. 32 del disegno di legge governativo A.S. 3593-A (collegato cosiddetto ordinamentale alla manovra di finanza pubblica per il triennio 1999-2001).


Comma 19
(Fondi previdenziali e assistenziali di dipendenti pubblici)

Il presente comma 19 è stato introdotto dalla V Commissione del Senato.

 

Quadro normativo
L'art. 55, comma 2, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 1998, la possibilità per le amministrazioni pubbliche (come individuate dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29) di attribuire risorse finanziarie o di impiegare pubblici dipendenti in favore di: 1) associazioni e organizzazioni di dipendenti pubblici aventi natura previdenziale e assistenziale; 2) enti con finalità assistenziale in favore del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Tale possibilità era prevista dall'art. 10 del D.L. 8 agosto 1996, n. 437, convertito, con modificazioni, nella L. 24 ottobre 1996, n. 556, in deroga al divieto generale per le pubbliche amministrazioni. Quest'ultimo era stato posto dall'art. 9, comma 1, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, con effetto dal 1° gennaio 1994. Il citato art. 10 del D.L. n. 437 del 1996 aveva corrispondentemente conferito (al comma 2) carattere retroattivo - dalla medesima data del 1° gennaio 1994 - alla deroga (in modo, cioè, che per le suddette categorie di soggetti il divieto non fosse risultato mai operante).

 

Contenuto del presente comma 19
Il comma 19 modifica la decorrenza dell'abrogazione disposta dall'art. 55, comma 2, della L. n. 449 del 1997. Il termine è differito dal 1° gennaio 1998 alla data di trasformazione in forme di previdenza complementare dei trattamenti erogati da associazioni, enti ed organismi aventi (in favore di dipendenti pubblici) natura o finalità previdenziale o assistenziale.
In conseguenza di tale differimento, viene riammessa, in via transitoria, la possibilità per le amministrazioni pubbliche (come individuate dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29) di attribuire risorse finanziarie o di impiegare pubblici dipendenti in favore delle summenzionate associazioni, enti ed organismi.


Comma 21
(Trattamento tributario delle indennità corrisposte
ai lavoratori coinvolti nei processi di riduzione degli esuberi
di personale nel settore creditizio)

Il comma 21 - introdotto dalla Camera - contiene una norma di interpretazione autentica in ordine al trattamento tributario delle somme corrisposte, a titolo di sostegno al reddito, ai lavoratori coinvolti nei processi di riduzione degli esuberi di personale nel settore creditizio.
La materia è disciplinata dall'articolo 59, comma 3, periodi dal secondo al sesto, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
In sintesi, le disposizioni citate prevedono la possibilità di una deroga alla nuova disciplina sui requisiti e sulle decorrenze del trattamento previdenziale integrativo (introdotta dal primo periodo dello stesso art. 59, comma 3, della legge n. 449/1997), limitatamente ai regimi aziendali integrativi degli enti pubblici creditizi o società per azioni bancarie ex-enti pubblici, al fine di gestire processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale che determino esuberi di personale.
In presenza di tali esuberi, si prevede il ricorso ad accordi con le organizzazioni maggiormente rappresentative del personale iscritto ai regimi integrativi di cui al D.Lgs. n. 357/1990, stipulati anteriormente alla costituzione dei fondi di sostegno del reddito e dell’occupazione per i settori sprovvisti del sistema degli ammortizzatori sociali, di cui all’art. 2, comma 28, della L. n. 662/1996 (collegata alla legge finanziaria per il 1997) e comunque entro il 31 marzo 1998. Con tali accordi:
a) per agevolare l’esodo del personale, si possono prevedere apposite indennità, da erogare anche ratealmente. Quanto al regime fiscale da applicare alle indennità suddette, nel rispetto dei requisiti di età ivi previsti, si richiama l’art. 17 del T.U. delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917/1986, come modificato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 314/1997), per cui, per le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori che abbiano superato l’età di 50 anni se donne e di 55 anni se uomini, l’imposta si applica con l’aliquota pari alla metà di quella applicata per la tassazione del trattamento di fine rapporto, a norma dei commi 1 e 2 dell'articolo 17. Si ricorda che il comma 4 dell'articolo 17 dispone, come criterio generale - quindi per le ipotesi diverse da quella suddetta che riguarda le somme corrisposte al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori che rientrino nei suddetti requisiti di età - la tassazione delle anticipazioni e degli acconti relativi al TFR e alle indennità equipollenti, nonché delle anticipazioni relative alla altre indennità e somme in genere, nella stessa misura prevista per il TFR e salvo conguaglio all'atto della liquidazione definitiva.
Le indennità erogate in base alla lettera a) inoltre, sono escluse dalla base imponibile contributiva, in conformità con quanto stabilito dall’art. 6, comma 4, lett. b) del D.Lgs. n. 314/1997 per qualunque somma corrisposta in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori. La lett. a) in commento specifica che il suddetto regime fiscale è da applicarsi alle analoghe prestazioni che eventualmente saranno erogate per il settore del credito dai fondi nazionali di cui alla L. n. 662/1996 citata;
b) in via prioritaria per l’attribuzione delle suddette indennità potrà essere adottato il criterio della maggiore età ovvero della maggiore prossimità alla maturazione del diritto alla pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria; contestualmente vanno previste forme di sostegno del reddito, comprensive della corrispondente contribuzione figurativa, a carico del datore di lavoro, erogabili, anche in soluzione unica, nel limite massimo dei quattro anni previsti per l’indennità di mobilità, di cui all’art. 7 della L. n. 223/1993. In base al rinvio all’art. 1, comma 3-bis, del D.L. 14 agosto 1992, n. 364, convertito, con modificazioni, nella L. 19 ottobre 1992, n. 406, il contributo a carico del datore può essere imputato, anche agli effetti dei conti consolidati, per l’intero ammontare al conto dei profitti e delle perdite dell’esercizio nel quale si considera sostenuto ovvero, in quote costanti, a quello dell’esercizio stesso e ai 4 successivi.
Una volta costituiti per il settore del credito i fondi nazionali di cui alla L. n. 662/1996, la gestione dei rapporti attivi e passivi derivanti dagli accordi sindacali stipulati anteriormente a tale costituzione è trasferita ai fondi stessi, che provvedono a riscuotere anticipatamente dai datori di lavoro obbligati le prestazioni residue da erogare.
Le disposizioni dell'art. 59, comma 3, della legge n. 449/1997 sopra richiamate precisano dunque il trattamento tributario (naturalmente agevolativo) applicabile alle indennità corrisposte per incentivare l'esodo del personale in esubero (lettera a), ma non invece quello relativo alle somme percepite dal medesimo personale a titolo di sostegno al reddito, ai sensi della lettera b); il comma 21 pone rimedio a questa lacuna normativa, dichiarando applicabile il regime fiscale previsto con riferimento alla lettera a), che consiste, si ricorda, nell'applicazione delle imposte sui redditi con aliquota pari alla metà di quella vigente per la tassazione del trattamento di fine rapporto.

NOTE

1 La norma citata dispone che, con uno o più regolamenti (che avrebbero dovuto essere adottati dal Ministro del lavoro entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge) siano definite misure di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito di processi di ristrutturazione aziendale e per fronteggiare crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità, nonché per le categorie e i settori d'impresa tuttora non ricompresi nel sistema degli ammortizzatori sociali. Quanto ai criteri della delega, alla contrattazione collettiva è demandata la costituzione di appositi fondi, finanziati mediante un contributo sulla retribuzione non inferiore allo 0,50%, rispetto a cui si può prevedere una partecipazione dei lavoratori con una quota non superiore al 25% del contributo stesso (lett. a e lett. c). Alla contrattazione collettiva è demandata, parimenti, la definizione degli specifici trattamenti e dei relativi criteri, entità e modalità, nell'ambito delle risorse disponibili e con determinazione degli importi al lordo dei relativi contributi figurativi (lett. b). Nel caso di ricorso al trattamento, è obbligatoria una contribuzione addizionale, non superiore a tre volte l’importo di quella ordinaria (lett. d). Si prevede, inoltre, la costituzione presso l'INPS di appositi fondi gestiti con le parti sociali. Il regolamento è stato emanato con il D.M. 27/11/1997, n. 477 (G.U. 13/1/1998, n. 9).

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13/12/1998
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