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Articolo 19
(Disposizioni varie in materia fiscale)

Il comma 1 proroga al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1998 e ai due successivi una misura incentivante già prevista dal D.L. n. 566 del 1995, convertito, senza modificazioni, dalla legge n. 58 del 1996, a favore degli esercenti impianti di distribuzione di carburante, per la ristrutturazione delle reti distributive.
Il citato D.L. n. 566 ha previsto, per gli esercenti impianti di distribuzione di carburante per uso di autotrazione, che il reddito di impresa venisse ridotto, a titolo di deduzione forfetaria degli oneri connessi alla necessaria ristrutturazione delle reti distributive e delle perdite derivanti dai cali connessi alle caratteristiche del prodotto, di un importo pari alle seguenti percentuali dell'ammontare lordo dei ricavi di cui all'articolo 53, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917:
a) 1,1 per cento dei ricavi fino a lire 2 miliardi;
b) 0,6 per cento dei ricavi oltre lire 2 miliardi e fino a lire 4 miliardi;
c) 0,4 per cento dei ricavi oltre lire 4 miliardi.
La disposizione ha trovato applicazione per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 1995 e per i due periodi successivi.
Il comma 1 in esame ripropone, nella sostanza, la deduzione forfetaria introdotta dal D.L. n. 566 del 1995, anche se manca, nella disposizione in commento, il riferimento alle perdite derivanti dai cali connessi alle caratteristiche del prodotto. Inoltre, nel comma in esame, non viene specificato, come faceva il D.L. n. 566 del 1995, che il riferimento è agli impianti di distribuzione di carburante per autotrazione.

Il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce che la misura agevolativa si applica per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 1998 e per i due successivi.
La Commissione Bilancio del Senato ha soppresso il secondo periodo del comma 2 che, per il periodo d’imposta 2000, prevedeva che la misura della deduzione forfetaria venisse ridotta di un terzo.
Si osserva che anche per gli anni 1992 e 1993, per favorire la ristrutturazione della rete distributiva, è stata autorizzata - dall’articolo 8 del D.L. n. 16 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 75 del 1993 - rispettivamente la spesa di lire 50 miliardi e di lire 100 miliardi al fine di consentire, entro il limite di tale stanziamento, la concessione di un credito di imposta a favore delle imprese che gestiscono impianti di distribuzione di carburanti, da valere ai fini del pagamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell'imposta locale sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto. Tale credito non ha concorso alla formazione del reddito imponibile. L'ammontare del credito attribuibile per ciascun litro di carburante erogato è stato stabilito, sulla base del volume di carburante erogato nell'anno precedente, per l'anno 1992, con il decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro delle finanze, 4 giugno 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 145 del 22 giugno 1992, e, per l'anno successivo, con il DM 31 marzo 1993, n 2676. Il credito di imposta non competeva per il volume di carburante erogato superiore ai 10 milioni di litri. L'eccedenza del credito d'imposta, determinato annualmente, non assorbita per i versamenti da effettuare nel relativo periodo d'imposta, è stata resa scomputabile sui versamenti da effettuare nei periodi d'imposta successivi ma non oltre il periodo d'imposta 1994.

La Commissione Bilancio del Senato, inserendo il comma 3, ha disposto l'abrogazione del numero 2), della lettera d), del comma 134 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996.
Il citato comma 134, nell'ambito della complessiva semplificazione degli adempimenti tributari, prevede norme di delega per l'unificazione degli adempimenti dei contribuenti, il miglioramento del sistema di gestione delle dichiarazioni e la riorganizzazione del lavoro degli uffici finanziari.
In particolare, il criterio di delega di cui al n. 2) della lettera d) del comma 134, che viene abrogato dal comma 3 in esame, prevede la presentazione delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e dell'IVA, e dei relativi allegati, a mezzo di modalità che consentano l'esecuzione di controlli automatici, il cui esito deve essere comunicato al contribuente per consentire una immediata regolarizzazione degli aspetti formali, per evitare la reiterazione di errori e comportamenti non corretti e per effettuare tempestivamente gli eventuali rimborsi.

Il successivo comma 4, inserito dalla Commissione Bilancio del Senato, modifica il comma 9 dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998, concernente l'effettuazione degli accertamenti basati sugli studi di settore.
Il citato articolo 10 ha disciplinato le modalità applicative delle nuove procedure di accertamento: in particolare il comma 9 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 dello stesso articolo 10 si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta nel quale entrano in vigore gli studi di settore e comunque non anteriormente al 1° gennaio 1998.
Con il comma 1 dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998 viene disposta l'effettuazione degli accertamenti basati sugli studi di settore nei confronti dei soggetti con periodo di imposta pari a dodici mesi, definendone le modalità.
Il comma 2 fissa un limite soggettivo all'accertamento in base agli studi di settore stabilendo che questo trova applicazione nei confronti nei confronti degli esercenti attività di impresa in regime di contabilità ordinaria per effetto di opzione e degli esercenti arti e professioni soltanto se, nell'arco temporale di un triennio, risulti, in almeno due periodi d'imposta, un ammontare di ricavi o compensi dichiarati inferiore a quello determinabile sulla base degli studi di settore, con riferimento agli stessi periodi di imposta. Tuttavia, il comma 3 prevede una norma di salvaguardia anche nei confronti di questi soggetti stabilendo che, indipendentemente dal verificarsi delle condizioni richiamate nel comma 2, è comunque possibile procedere agli accertamenti sulla base degli studi qualora dal verbale d'ispezione di cui all'articolo 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 risulti l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o irregolarità delle scritture obbligatorie ovvero tra le scritture stesse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti con il regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 570: viene sostanzialmente ribadita la disciplina attualmente vigente con riferimento ai parametri introdotti dalla legge n. 549 del 1995. Si ricorda che con il D.P.R. n. 570 del 1996 sono stati determinati i criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercizi attività d'impresa, arti e professioni.
L'accertamento in base agli studi di settore trova in ogni caso applicazione, anche nei confronti degli esercenti attività di impresa in regime naturale di contabilità ordinaria, qualora risulti la menzionata inattendibilità in base ai criteri stabiliti dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1996.
Il comma 4 individua i soggetti esclusi dall'accertamento sulla base degli studi di settore. Si tratta dei soggetti che:
1) hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 53, comma 1 del TUIR, esclusi quelli di cui alla lettera c) (corrispettivi delle cessioni di azioni, quote di partecipazione in società ed enti, obbligazioni e titoli similari, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie e delle indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere a) e b) dell'articolo 53) o compensi di cui all'articolo 50 comma 1, del TUIR (cioè quelli percepiti nel periodo d'imposta nell'esercizio di arti e professioni) di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto ministeriale di approvazione da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 10 miliardi di lire;
2) hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta;
3) non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell'attività.

Il comma 5, confermando le stesse disposizioni contenute nel comma 183 dell'articolo 3 della legge n. 549 del 1995 con riferimento ai "parametri" di accertamento, dispone le modalità di determinazione, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, dell'aliquota media da applicare ai maggiori ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore. La norma prevede che l'aliquota media risulti dal rapporto tra l'imposta relativa alle operazioni imponibili, diminuita di quella relativa alle cessioni di beni ammortizzabili, ed il volume d'affari dichiarato, tenendo conto comunque dell'esistenza di operazioni non soggette all'imposta ovvero soggette a regimi speciali.

Il comma 6 ripropone, con riguardo ai nuovi studi di settore, le stesse disposizioni relative ai parametri già contenute nel comma 187 dell'articolo 3 della legge n. 549 del 1995, stabilendo che la determinazione di maggiori ricavi, compensi e corrispettivi, conseguente all'applicazione degli studi di settore, non costituisce notizia di reato ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale.
Infine, il comma 10, prevede, per il solo periodo d'imposta 1998, la possibilità per il contribuente di evitare l'accertamento basato sugli studi di settore adeguando i propri ricavi o compensi e il volume d'affari a quelli risultanti dagli studi stessi, senza applicazione di sanzioni e interessi. In tali casi trova applicazione la norma dell'art. 55, quarto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973 che prevede che non si faccia luogo all'applicazione delle pene pecuniarie nell'ipotesi di ricavi e compensi non annotati nelle scritture contabili che siano però indicati specificamente nella relativa dichiarazione dei redditi (solo qualora non sia già avvenuta la contestazione delle scritture contabili), a condizione che prima della presentazione della dichiarazione sia stato eseguito il versamento di una somma pari ad un ventesimo dei ricavi o dei compensi non annotati.
Il secondo periodo dell'articolo 10 prevede altresì che ai fini dell'IVA l'adeguamento spontaneo del contribuente al volume d'affari risultante dall'applicazione degli studi di settore può essere effettuato versando la relativa imposta entro il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi, senza applicazioni di sanzioni e interessi. I maggiori corrispettivi devono essere conseguentemente annotati entro lo stesso termine in un'apposita sezione del registro delle fatture o dei corrispettivi.

Il comma 4 in esame, inserito dalla Commissione Bilancio del Senato, riformulando il comma 9 dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998, stabilisce che i tempi e le modalità di applicazione degli studi di settore, anche in deroga al comma 10 dello stesso articolo 10, vengano disciplinati dai regolamenti delegati previsti dall'articolo 3, comma 136, della legge n. 662 del 1996.
Il citato comma 136, in particolare, prevede l'emanazione di regolamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, in materia di adempimenti contabili e formali, in un'ottica di razionalizzazione e semplificazione, e tenendo conto in particolare dell'adozione di nuove tecnologie per il trattamento e la conservazione delle informazioni e dello sviluppo degli studi di settore. Va peraltro segnalato che al comma 136 non sono stabiliti né i termini di emanazione dei regolamenti, né i criteri cui il Governo dovrà attenersi nella loro predisposizione. Si può tuttavia ritenere che a tal fine valgano i criteri indicati al successivo comma 137, anche se la formulazione dello stesso potrebbe ingenerare l'equivoco che in realtà si tratti di due distinte fattispecie laddove al medesimo comma 137 si riproduce la previsione, già contenuta al comma 136, del ricorso allo strumento dei regolamenti di cui all'articolo 17, comma 2, della legge n. 400/88. L'interpretazione prospettata risulta peraltro avvalorata dalla relazione governativa al disegno di legge originario, nella quale si evidenzia la funzione di specificazione del comma 137.

Il comma 5 dell’articolo in esame sopprime di diritto annuale di licenza per gli esercizi di vendita di prodotti alcolici, abrogando, con effetto dal 1° gennaio 1999, la disposizione contenuta nella lettera e) del comma 2 dell’articolo 63 del D.Lgs. n. 504 del 1995 (testo unico in materia di accise). La citata lettera e) stabilisce che per gli esercizi di vendita di prodotti alcolici il diritto annuale è dovuto nella misura di lire 65 mila.

Il comma 6 modifica le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati, relativamente ai sigari e sigaretti, attualmente fissate, dalle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 28 del D.L. n. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 427 del 1993, nelle seguenti misure:
b) sigari e sigaretti naturali 23 per cento;
c) sigari e sigaretti altri 46 per cento;
Il comma 6 unifica al 23 per cento la misura dell’aliquota di base dell’imposta di consumo per tutti i tipi di sigari e sigaretti.
Si ricorda che il citato articolo 28, comma 1, del D.L. n. 331/1993 ha ridefinito, nel rispetto della normativa comunitaria, la misura delle aliquote di base dell'imposta di consumo sui tabacchi lavorati, di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, e successive modificazioni; pertanto, a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo D.L. n. 331/1993, tali aliquote sono state stabilite come segue:
a) sigarette 57 per cento;
b) sigari e sigaretti naturali 23 per cento;
c) altri sigari e sigaretti 46 per cento;
d) tabacco da fumo 54 per cento;
e) tabacco da masticare 24,78 per cento;
f) tabacco da fiuto 24,78 per cento.
L'illustrata disciplina non è stata modificata dall'entrata in vigore del nuovo Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi (c.d. Testo unico sulle accise) approvato con il D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, in quanto, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, dall'ambito applicativo del medesimo Testo unico è espressamente esclusa l'imposizione indiretta sui tabacchi lavorati e sui fiammiferi.
Si ricorda che l'articolo 1, comma 84, della legge n. 662 del 1996 ha stabilito che il Ministro delle finanze potesse disporre, entro lo stesso termine del 28 febbraio 1997, l'aumento di un punto percentuale dell'aliquota prevista dal comma 1, lettera a), dell'articolo 28 del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 427/1993, e cioè l'aliquota base dell'imposta di consumo sulle sigarette. A tale aumento in Ministro ha provveduto con il DM 28 febbraio 1997: a decorrere dal 3 marzo 1997 l’aliquota di base per le sigarette è stata elevata al 58 per cento.

Il comma 7 dell’articolo in esame, infine, provvede a far fronte alle minori entrate derivanti dai commi 5 e 6 dell’articolo 19 in commento, stabilendo a tal fine l’utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall’aumento della componente specifica dell’imposta di consumo sulle sigarette, in applicazione dell’articolo 6 della legge n. 76 del 1985.
Il citato articolo 6 della legge n. 76 del 1985 stabilisce che sulle sigarette della classe di prezzo più richiesta l’imèposta di consumo venga calcolata applicando l’aliquota base (58%) al prezzo di vendita al pubblico. L’importo così ottenuto è definito importo di base.
Per le altre sigarette l’imposta di consumo è costituita da due elementi:
a) un importo specifico fisso (quello sul quale agisce il comma 7 in esame) pari al 5 per cento della somma dell’importo di base e dell’ammontare dell’IVA prelevata sulle sigarette della classe di prezzo più richiesta;
b) un importo ulteriore, risultante dall’applicazione di un’aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico, corrispondente all’incidenza percentuale dell’importo di base, diminuito dell’importo specifico fisso di cui alla precedente lettera a), sul prezzo di vendita al pubblico delle sigarette della classe di prezzo più richiesta.


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17/12/1998
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