i-p103

Articolo 3
(Incentivi per le imprese)

L’articolo in esame - introdotto dalla Camera, nel corso dell’esame in Commissione - reca disposizioni di agevolazione delle attività produttive e sostegno all’occupazione:
A. Incentivi operanti sull’intero territorio nazionale
riduzione degli oneri contributivi per le imprese del settore industriale, nella misura massima dello 0,47% (derivante dalla soppressione dei c.d. "oneri impropri" relativi ai contributi per la costruzione di asili nido, ex-Enaoli e assicurazione contro la tubercolosi) (comma 1); nei settori diversi da quello industriale, per i quali altre aliquote contributive di finanziamento della "Gestione prestazioni temporanee" siano inferiori rispetto a quelle a carico del settore industriale stesso, tale riduzione opera dall'anno 2000 (comma 3);
riduzione del 50%, fino a tutto il 2000 e per un periodo di tre anni, dei contributi dovuti dai giovani che avviino nuove attività commerciali o artigiane (comma 9).
Va osservato che la riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro disposta dal comma 1 si sommerà a regime con quella derivante dalla naturale scadenza, al 31 dicembre prossimo, del contributo ex Gescal dello 0,35%. Peraltro, gli interventi di cui al comma 1 sono posti in diretta correlazione con l’aumento delle entrate realizzato tramite l’incremento delle accise sugli oli minerali disposto dal successivo art. 8; la riduzione dei contributi da essi derivante non è pertanto destinata ad essere applicata sin dal momento dell’entrata in vigore della presente legge, ma è rinviata fino all’entrata in vigore dei D.P.C.M. con cui saranno progressivamente aumentate le predette accise.
B. Incentivi per il Mezzogiorno:
la proroga fino a tutto il 2001 e un contestuale aumento dello sgravio contributivo in forma di contributo capitario, istituito per ogni lavoratore occupato a tempo indeterminato dall’art. 4, commi 17-20, della L. n. 449/1997 (collegato alla finanziaria per il 1998) (comma 4);
lo sgravio contributivo totale, fino a tutto il 2001 e per un periodo di tre anni, per i nuovi assunti a tempo indeterminato da tutti i datori di lavoro (con esclusione di quelli agricoli) (commi 5 e 6).
Dalle dichiarazioni rese dal Ministro del tesoro nel corso della sua audizione presso la Commissione bilancio della Camera in occasione dell’avvio dell’esame del presente ddl collegato, risulta che la nuova e più favorevole disciplina degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno viene proposta sulla base degli accordi raggiunti in sede comunitaria. Peraltro va osservato che l'efficacia degli sgravi contributivi parziali e di quelli totali di cui ai commi 4-6 in esame è espressamente subordinata all’autorizzazione da parte della Commissione europea (comma 7).
Vengono inoltre destinati 200 miliardi (a valere sul Fondo per l’occupazione) al finanziamento di agevolazioni contributive per la riduzione dell’orario di lavoro (comma 8), e rinviata al 1° gennaio 2000 l’applicazione della riclassificazione, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni contributive vigenti per il settore, delle zone agricole svantaggiate secondo i criteri comunitari (comma 2).

Commi 1, 3, 10 e 14 – Soppressione di contributi previdenziali
Il comma 1 dell’articolo in esame dispone – in attesa del riordino generale della materia – la soppressione di alcune voci contributive afferenti al Fondo gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti dell’INPS, con una conseguente generalizzata riduzione degli oneri contributivi a carico del datore di lavoro pari allo 0,47% della retribuzione; nei settori diversi da quello industriale, per i quali le aliquote contributive risultano inferiori a quelle a carico del settore industriale stesso, tale riduzione opera dall'anno 2000 ai sensi del successivo comma 3).
Come già ricordato, tale riduzione, si sommerà a regime, a quella derivante dalla naturale scadenza del contributo dello 0,35% ex-GESCAL (la cui ultima proroga, disposta dall’art. 3, comma 24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, scade appunto il 31 dicembre 1998), determinando così una riduzione complessiva degli oneri a carico del datore di lavoro pari allo 0,82%.
Peraltro, la soppressione di cui al comma 1 non è applicabile a partire dal 1° gennaio 1999. Infatti, l’ultima parte dell’alinea del comma 1 prevede che essa abbia effetto dall’entrata in vigore dei D.P.C.M. con cui, ai sensi dell’art. 8, comma 5, saranno progressivamente incrementate le aliquote delle accise sugli oli minerali per adeguarle (entro il 2004) ai livelli necessari a garantire il contenimento delle emissioni di anidride carbonica nei limiti prefissati a seguito della Conferenza di Kyoto del 1°-11 dicembre 1997. Va osservato peraltro che non è posto alcun termine preciso per l’emanazione di tali decreti, prevedendosi solo (art. 8, comma 6) che essi siano emanati annualmente, fino al 31 dicembre 2004 (data oltre la quale scatteranno le aliquote stabilite direttamente dal comma 4 del medesimo articolo e dalla relativa tabella).
Le voci soppresse sono in particolare:
il contributo destinato al finanziamento degli asili nido, pari, per tutti i datori di lavoro, allo 0,10%;
i contributi destinati alle finalità dell’Ente nazionale per l’assistenza agli orfani dei lavoratori italiani (ENAOLI, soppresso dalla L. n. 70 del 1975), pari allo 0,16% (per gli operai agricoli, 0,01%);
il contributo per l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, pari allo 0,21% (per gli operai agricoli, 0,01%).
Va rilevato che per quest’ultima fattispecie il successivo comma 14 stabilisce espressamente che le relative prestazioni (oltre a quelle sanitarie, sono previste prestazioni economiche consistenti in un’indennità giornaliera sanatoriale e postsanatoriale) restano confermate e sono poste a carico dello Stato.
Il comma 3 dispone che, nei confronti dei settori per i quali altre aliquote contributive di finanziamento della "Gestione prestazioni temporanee" siano inferiori rispetto a quelle a carico del settore industriale, la soppressione delle aliquote di cui al comma 1 ha effetto dall'anno 2000 (ovvero naturalmente in data successiva qualora i D.P.C.M. richiamati dal precedente comma 1 entrino in vigore dopo il 1° gennaio 2000).
Tale previsione sembra riguardare in particolare i seguenti settori:
artigianato, laddove i datori di lavoro sono soggetti a un contributo per la Cassa unica per gli assegni familiari (CUAF) pari allo 0,43%, contro il 2,48% previsto per il settore industriale;
commercio, per cui il contributo CUAF è pari allo 0,43% (contro il 2,48% dell’industria), e quello per la maternità è pari allo 0,44% (contro lo 0,66% dell’industria);
credito, assicurazioni e servizi di riscossione, per cui il contributo di maternità è dello 0,33% (contro lo 0,66% dell’industria);
pesca locale, per cui il contributo CUAF è pari allo 0,01% (contro il 2,48% dell’industria);
professionisti, per cui il contributo di maternità è dello 0,44% (contro lo 0,66%);
proprietari di fabbricati e servizi di culto, per cui il contributo di maternità è dello 0,44% (contro lo 0,66% dell’industria);
agricoltura, dove sono inferiori i contributi relativi alla Cassa integrazione (1,50% contro l’1,90%), alla CUAF (0,43% contro il 2,48%) e alla maternità (0,23%, per gli operai agricoli, e 0,63%, per gli impiegati, contro lo 0,66% dell’industria).
Per il settore dell’industria edile e lapidea, invece, non dovrebbe trovare applicazione la disposizione in esame sulla decorrenza dall'anno 2000, poiché i contributi relativi alle diverse voci sono in questi settori uguali o superiori (è questo il caso in particolare dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria e della cassa integrazione guadagni) a quelli dell’industria in senso stretto.
Va rilevato che nell'originario testo del comma 3 approvato dalla Commissione bilancio della Camera, il beneficio derivante dalla soppressione delle voci contributive in parola veniva compensato, per i settori diversi da quello industriale, da un corrispondente incremento delle aliquote contributive relative ad altre voci afferenti alla medesima "Gestione prestazioni temporanee".
In tal senso, il dettato letterale della norma prevedeva un recupero totale del beneficio derivante dalla soppressione dei contributi di cui al comma 1, indipendentemente dall’entità del vantaggio relativo di cui attualmente godono i settori che abbiano almeno un’aliquota contributiva inferiore a quelle industriali. Ciò significava che tali aliquote contributive dovevano essere comunque incrementate non solo fino al livello attualmente vigente per l’industria, ma anche al di sopra di esso, fino a compensare interamente il beneficio accordato dal comma 1.
Va infine ricordato che il comma 10 dell’articolo in esame dispone la riduzione degli stanziamenti di bilancio relativi alle amministrazioni e agli enti pubblici che beneficino della soppressione dei contributi di cui al comma 1.

Comma 2 - Rinvio riclassificazione zone agricole svantaggiate
Il comma 2 dispone il rinvio al 1° gennaio 2000 della decorrenza della riclassificazione delle zone agricole svantaggiate - nonché, si dovrebbe intendere, di quelle montane-, prevista per il 1° gennaio 1998 dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, "Attuazione della delega conferita dall’art. 2, comma 24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di previdenza agricola", con il risultato di prolungare di due anni l’attuale distribuzione delle agevolazioni contributive previste per il settore.
L’art. 2 del D.Lgs. n. 146/1997 citato si propone di ridistribuire i vantaggi delle agevolazioni contributive vigenti mediante una nuova classificazione delle zone svantaggiate (e montane), di cui si prevede l’operatività a decorrere dal 1° gennaio 1998 (comma 1). La rideterminazione dei territori suddetti comporterà una ridistribuzione delle agevolazioni contributive previste dalla vigente normativa per le imprese ivi operanti.
La classificazione delle zone svantaggiate e la misura delle agevolazioni è attribuita (comma 2) al CIPE (su proposta del Ministro delle risorse agricole d'intesa con il Comitato permanente delle politiche agroalimentari e forestali, di concerto con i Ministri del lavoro e del tesoro, sentite le organizzazioni sindacali di categoria), sulla base dei seguenti criteri:
a) zone di cui all'Obiettivo n. 1 (art. 8) del regolamento (CEE) n. 2081/1993 e cioè regioni il cui PIL pro capite risulti, in base ai dati degli ultimi tre anni, inferiore al 75% della media comunitaria;
b) zone, comprese quelle di cui alla precedente lettera a), svantaggiate in relazione alle condizioni socio-economiche e fisico-ambientali. Tra queste caratteristiche deve essere attribuito particolare rilievo, anche ai fini della misura dell'agevolazione, al parametro altimetrico. Tra tali zone di cui alla lettera b) rientrano comunque quelle di cui all'Obiettivo n. 5b (art. 11-bis) del regolamento (CEE) n. 2081/1993.
Il comma 3 stabilisce infine che il CIPE, in sede di prima applicazione, dovrà tener conto della necessità di graduare l'introduzione delle nuove aliquote, qualora esse si discostino, in positivo o in negativo, da quelle attualmente applicate.
La norma di cui al comma 2 dell'art. 3 in esame rinvia al 1° gennaio 2000 l’applicazione della nuova classificazione delle zone agricole svantaggiate (peraltro non ancora disposta dal CIPE), determinando quindi per l’anno in corso e per il prossimo il mantenimento della vigente distribuzione delle agevolazioni contributive.

Commi 4-7 - Sgravi contributivi nel Mezzogiorno
I commi 4-7 dell'art. 3 in esame dettano un nuovo regime di sgravi contributivi in favore delle aziende collocate nelle regioni del Mezzogiorno.
In particolare, i commi 5 e 6 ridisciplinano lo sgravio contributivo totale per i nuovi assunti "incrementali" negli anni 1999, 2000 e 2001 nelle regioni Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna (per il solo 1999, anche in Molise ed Abruzzo), portando da uno a tre anni il periodo di decontribuzione ed estendendone l’operatività a tutti i datori di lavoro privati.
Il comma 4, invece, prevede la proroga fino al 31 dicembre 2001 e la conseguente rimodulazione del contributo capitario istituito dall’art. 4, commi 17-20, della L. n. 449/1997 (in luogo del previgente sgravio generale parziale disciplinato da ultimo dall’art. 27, comma 1, del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669) per ogni lavoratore occupato presso imprese operanti in Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.
Si ricordi che il comma 17 dell'art. 4 della L. n. 449/1997 ha concesso alle imprese operanti nelle suddette regioni un contributo in forma capitaria per ogni lavoratore occupato alla data del 1/12/1997 (data di scadenza del precedente provvedimento di sgravio parziale generale) con retribuzione imponibile ai fini pensionistici inferiore a 36.000.000 l'anno. Il contributo (comma 18) è corrisposto in quote mensili, mediante conguaglio di ogni quota con i contributi dovuti all'INPS, fino a concorrenza di determinati importi. Il contributo spetta inoltre per i lavoratori assunti dopo il 1/12/1997 in sostituzione di altri lavoratori cessati dal servizio, purché non a seguito di licenziamenti effettuati nei dodici mesi precedenti.
Il comma 19 disciplina quindi i casi di esclusione e limitazione del contributo di cui sopra dovuti al rispetto delle disposizioni comunitarie.
In particolare:
- per le imprese dei settori della costruzione navale e dei settori disciplinati dal Trattato CECA il contributo non trova applicazione;
- per le imprese operanti nei settori automobilistico e delle fibre sintetiche il contributo si applica alle seguenti condizioni: la concessione del contributo dovrà avvenire in conformità alla disciplina cd. degli aiuti "de minimis" definita dall'U.E. (al proposito, vedi sopra in nota); il contributo non potrà eccedere, per ciascuna impresa, il tetto massimo di 50.000 ECU; la somma del contributo e di qualsiasi altro aiuto supplementare concesso alla medesima impresa in base alla citata disciplina "de minimis" non potrà eccedere l'importo di 100.000 ECU in un periodo di tre anni.
Il comma 20 disciplina invece i casi di esclusione dal contributo di cui al comma 17 per violazione da parte del datore di lavoro della normativa in materia di versamento dei contributi previdenziali e di minimi retributivi contrattuali.
Il contributo non spetta infatti (per effetto del richiamo alle disposizioni contenute nell'art. 6, commi 9, 10, 12 e 13, del D.L. n. 338/1989, convertito con modificazioni dalla legge n. 389/1989):
- per i lavoratori non denunciati agli istituti previdenziali;
- per i lavoratori denunciati con orari inferiori a quelli effettivi o con retribuzioni inferiori a quelle minime contrattuali;
- per i lavoratori retribuiti con retribuzioni inferiori a quelle minime contrattuali;
- ai datori di lavoro che non diano comunicazione all'INPS del contratto collettivo nazionale di lavoro da loro applicato;
- ai datori di lavoro nei cui confronti siano state accertate definitivamente violazioni di leggi a tutela dell'ambiente che abbiano comportato un danno ambientale.
Ai sensi della normativa citata, il contributo capitario spetta per i periodi di paga dal 1° dicembre 1997 fino al 31 dicembre 1999 (comma 17) ed è corrisposto (comma 18) in quote mensili, mediante conguaglio di ogni quota con i contributi mensilmente dovuti all'INPS, fino a concorrenza dei seguenti importi: lire 1.600.000 fino al 31 dicembre 1998; lire 1.050.000 fino al 31 dicembre 1999.
Su tali disposizioni interviene il comma 4, in esame, che dispone (ferme restando le disposizioni relative alle modalità applicative del contributo e ai casi di esclusione e limitazione di esso):
la sostituzione del termine finale del 31 dicembre 1999 con quello del 31 dicembre 2001 (prorogando quindi la corresponsione del contributo per i periodi di paga relativi agli anni 2000 e 2001);
la conseguente rimodulazione degli importi massimi relativi ai diversi anni in cui il contributo è corrisposto, secondo il seguente scaglionamento: 1.400.000 lire fino al 31/12/1999, 1.150.000 fino al 31/12/2000, 1.050.000 fino al 31/12/2001.
Ai sensi del successivo comma 7 dell'articolo 3 in esame, l’efficacia delle nuove misure agevolative è espressamente subordinata all’autorizzazione da parte della Commissione europea (riguardo alle dichiarazioni del Governo al proposito della compatibilità tra le agevolazioni disposte e la disciplina comunitaria, vedi sopra).
L’art. 4, comma 21, della L. n. 449/1997 ha inoltre confermato, per il periodo dal 1° dicembre 1997 al 31 dicembre 1999 e nelle stesse regioni di cui sopra, con l'aggiunta dell'Abruzzo e del Molise, lo sgravio totale per un anno relativamente ai nuovi assunti ad incremento delle unità effettivamente occupate: le date di riferimento sono quelle del 30 novembre 1997 e del 30 novembre 1998. Il beneficio è concesso alle medesime categorie di imprese di cui al comma 17.
I commi 5 e 6 modificano tale disciplina, senza peraltro intervenire direttamente sul testo della L. n. 449. Le novità più significative riguardano:
la proroga del termine entro cui vanno effettuate le nuove assunzioni per beneficiare dello sgravio, che viene spostato dal 1999 al 2001 per le imprese operanti in Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna (mentre rimane fissato al 1999 per Molise e Abruzzo);
il prolungamento del periodo di vigenza dello sgravio totale, portato da uno a tre anni dalla data di assunzione di ogni singolo lavoratore (tale beneficio interessa anche le imprese operanti in Molise ed Abruzzo, per le quali pure il termine entro cui vanno effettuate le nuove assunzioni rimane fissato al 1999 come nella vigente disciplina della L. n. 449);
l’ampliamento a tutti i datori di lavoro privati, nonché agli enti pubblici economici, dell’ambito entro cui si applica lo sgravio;
il beneficio viene riconosciuto anche alle società cooperative di lavoro, relativamente ai nuovi soci lavoratori con i quali venga instaurato un rapporto di lavoro assimilabile a quello di lavoratori dipendenti (questa specificazione è stata introdotta con un emendamento approvato dall'Assemblea della Camera);
- il divieto di cumulo dello sgravio in esame - con riferimento al medesimo lavoratore - con il beneficio del credito di imposta per nuove assunzioni di cui all'art. 4, comma 1, della L. 27 dicembre 1997, n. 449.
Si ricorda che quest'ultimo beneficio trova applicazione, limitatamente ad alcune aree delle regioni rientranti nel suddetto obiettivo 1 nonché della regione Abruzzo, in favore delle piccole e medie imprese per le assunzioni effettuate ad incremento della base occupazionale (ovvero anche in seguito alla costituzione dell'impresa stessa) nel periodo 1° ottobre 1997-31 dicembre 2000. Tali assunzioni devono essere a tempo pieno e indeterminato; tuttavia, è riconosciuto un incentivo in forma ridotta per i contratti di lavoro di durata almeno triennale e per quelli a tempo parziale e indeterminato.
Il beneficio in esame - concesso a partire dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 1998 - è pari a 10 milioni per il primo nuovo dipendente e a 8 milioni per ciascuno dei successivi. Per ogni lavoratore il beneficio è attribuito per un solo anno (come chiarisce anche la circolare del Ministero delle finanze n. 219/E del 18 settembre 1998). Il credito non può superare l'importo complessivo di 60 milioni per ciascuno dei tre periodi di imposta considerati (1998, 1999 e 2000) - come confermato dalla citata circolare n. 219/E (la lettera della norma non era del tutto perspicua) -.
l’introduzione di specifiche e dettagliate condizioni in relazione alle caratteristiche delle nuove assunzioni, della natura e delle condizioni del rapporto di lavoro istituito, nonché al rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro e di compatibilità ambientale.
A proposito dell’ambito soggettivo entro cui si applica lo sgravio va osservato che, nella disciplina vigente, in forza del richiamo operato dal comma 21 dell’art. 4 della L. n. 449, lo sgravio totale si applica alle medesime imprese che beneficiano altresì dello sgravio parziale generale ai sensi del comma 17 (su cui vedi sopra). Si tratta quindi, in entrambi i casi, delle imprese industriali e artigiane in genere, alberghiere, marittime, fornitrici di servizi all'impresa, nonché delle cooperative di produzione e lavoro e delle aziende che trasferiscono nel Mezzogiorno unità produttive con non meno di duecento dipendenti a seguito di processi di riconversione produttiva e tecnologica. Prima dell’entrata in vigore della L. n. 449, lo sgravio totale era invece limitato a una più ristretta platea (individuata dalla delibera CIPE 31/5/1977) di imprese propriamente industriali (dei settori estrattivo e manifatturiero, di elaborazioni dati, di produzione e manutenzione impianti, di allevamento zootecnico), con esclusione delle aziende artigiane, delle imprese alberghiere, dei pubblici esercizi, delle imprese di navigazione.
La nuova disciplina dello sgravio totale, dettata dal comma 5 dell’art. 3 in esame, amplia ulteriormente e significativamente il novero dei beneficiari, facendo riferimento a tutti i datori di lavoro privati e agli enti pubblici economici.
Le agevolazioni di cui al comma 5 in esame non sono cumulabili, in capo allo stesso lavoratore, con quella di cui all'articolo 4, comma 1, della legge n. 449 del 1997. Si tratta delle disposizioni che hanno previsto la concessione di un credito d'imposta a favore delle piccole e medie imprese situate in alcune delle aree rientranti nell'obiettivo 1 dei fondi strutturali comunitari, in relazione alle assunzioni effettuate ad incremento della base occupazionale nel periodo 1° ottobre 1997-31 dicembre 2000.
In base al comma 7, anche l'efficacia delle agevolazioni previste dal comma 5 in esame è subordinata all'autorizzazione da parte della Commissione delle Comunità europee ai sensi degli articoli 92 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Quanto alle condizioni cui è subordinata la concessione dell’agevolazione in parola, esse sono individuate dettagliatamente dal comma 6.
Oltre a prevedere che, in ogni caso, le nuove assunzioni debbano essere a tempo indeterminato (lett. f), esse concernono:
A. I criteri per la valutazione del requisito che le nuove assunzioni siano effettivamente ad incremento dell’organico.
In particolare (lett. a), primo periodo, e b), viene esplicitamente stabilito che lo sgravio interessa anche le imprese di nuova costituzione, purché esse realizzino effettivamente un incremento degli occupati a tempo pieno e indeterminato e non assorbano nemmeno in parte attività precedentemente esercitate da imprese giuridicamente preesistenti.
In relazione alle imprese già costituite, viene ribadito che l’incremento è commisurato al numero di dipendenti esistenti al 31 dicembre 1998 (lett. a).
Il livello occupazionale raggiunto non deve subire diminuzioni nel corso del periodo in cui viene concesso il beneficio (lett. c).
L’incremento è considerato al netto delle riduzioni occupazionali in società controllate ai sensi dell'art. 2359 del Codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto (lett. d); appare opportuna peraltro l'estensione di quest'ultima condizione anche alle imprese individuali.
B. I requisiti dei neo assunti. La lett. e) richiede che essi siano iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità ovvero fruiscano del trattamento di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria) nei territori di cui al comma 5. Si dovrebbe intendere che la fattispecie di iscrizione nelle liste di collocamento concerna, in realtà, esclusivamente la prima classe delle medesime.

C. Le condizioni normative che devono essere rispettate dai datori di lavoro.
Viene richiesto il rispetto:
dei contratti collettivi nazionali - con riferimento, almeno letteralmente, ai soli soggetti assunti - (lett. g);
delle prescrizioni sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori previste dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni e integrazioni (lett. h);
dei parametri delle prestazioni ambientali come definiti nell'art. 6, comma 6, lettera f), del decreto del Ministro dell'industria 20 ottobre 1995, n. 527. Peraltro i parametri ambientali sono previsti tra i criteri in base ai quali attribuire un punteggio alle iniziative produttive da agevolare, senza che sia indicata una soglia minima di rispetto dei parametri stessi. Il requisito richiesto dalla lett. i) non individua, dunque, un punteggio minimo da raggiungere che consenta di stabilire se una impresa ha rispettato in modo soddisfacente tali parametri.

Come detto, il comma 7 subordina l'efficacia degli sgravi contributivi parziali e totali di cui ai commi 4-6 all’autorizzazione da parte della Commissione europea.


Comma 8 - Rifinanziamento Fondo per l’occupazione per riduzione dell’orario
Il comma 8 dell’art. 3 in esame incrementa di 200 miliardi annui, a decorrere dal 1999, il Fondo per l’occupazione, finalizzando tale somma ad agevolazioni contributive a fronte di progetti di riduzione dell’orario.
Si ricorda che il Fondo per l’occupazione è stato istituito dall’art. 1, comma 7, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148 (L. 19 luglio 1993, n. 236) per iniziative di sostegno per l’occupazione, nonché (ai sensi dell’art. 13, comma 6, della L. 24 giugno 1997, n. 196 - c.d. "pacchetto Treu") per finanziare misure di riduzione e rimodulazione delle aliquote contributive, da adottarsi con decreto del Ministro del lavoro di concerto con quello del tesoro, in funzione dell’entità della riduzione o rimodulazione dell’orario di lavoro definite contrattualmente, nonché per determinati contratti a tempo parziale.
La dotazione finanziaria del Fondo, inizialmente stabilita in complessivi 1.350 miliardi per il triennio 1993-1995, è stata incrementata di complessivi 400 miliardi per il triennio 1994-1996, e di ulteriori 72 miliardi per il 1997, ad opera degli articoli 12 e 17 del D.L. n. 299/1994 (L. n. 451/94). Il D.L. n. 510/1996 (L. n. 608/1996) ha poi previsto: 1) un incremento del Fondo, pari per il 1995 a 669 miliardi, per il 1996 a 685,6 miliardi, per il 1997 a 591,3 miliardi e per gli anni 1998 e seguenti a 691,3 miliardi; su tali risorse è stabilito un beneficio di priorità nella ripartizione a favore dei progetti di lavori socialmente utili e dei piani per l’inserimento professionale dei giovani (art. 1, comma 4); 2) un ulteriore incremento - pari a 400 miliardi per l’anno 1996 – da finanziarsi mediante la stipulazione di mutui quindicennali con la Cassa depositi e prestiti (art. 1, comma 22).
Il successivo D.L. n. 669/1996 (L. n. 30/1997) ha a sua volta previsto: 1) una riduzione del Fondo per 600 miliardi per il 1997, con un incremento compensativo dello stesso di 300 miliardi (art. 27, comma 3, lett. b) per far fronte agli sgravi contributivi disposti dal comma 1 dello stesso articolo; 2) un’ulteriore riduzione per complessivi 90 miliardi (15 mld. per il 1997, 30 mld. per il 1998 e 45 mld. per il 1999) per far fronte alla riduzione delle entrate contributive INPS conseguenti alla possibilità, riconosciuta (dal co. 2 dello stesso art. 27) a determinati soggetti, di rimanere iscritti all'INPDAI (art. 27, co. 4); 3) un incremento di complessivi 2.101 miliardi (868 mld. per il 1997, 494 mld. per il 1998 e 739 mld. per il 1999) (art. 29-quater). Si ricorda inoltre che l'articolo 6-ter del medesimo D.L. n. 669/1996 stabilisce che le eventuali maggiori entrate, rispetto alle previsioni del bilancio 1997, che derivino da dividendi delle società per azioni possedute direttamente dallo Stato, siano destinate ad incrementare nella misura del 10% la già citata autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, co. 4, del D.L. n. 510/1996.
In seguito l'art. 3, co. 3, del D.L. n. 67/1997 (L. n. 135/1997), allo scopo di prorogare alcuni trattamenti di integrazione salariale, ha incrementato il Fondo di 43 miliardi per l'anno 1997, mentre l'articolo 3 del D.L. 20 gennaio 1998, n. 4 (L. 20 marzo 1998, n. 52), ha disposto un ulteriore incremento di complessivi 2.603 miliardi nel triennio 1998-2000 (di cui 976 mld. per il 1998, 913 mld. per il 1999 e 714 mld. per il 2000.
Va infine ricordato che l’art. 1, comma 2, del D.L. 29 settembre 1998, n. 335, "Disposizioni urgenti in materia di lavoro straordinario", attualmente all’esame dell’Assemblea alla Camera, prevede che le somme derivanti dalle sanzioni comminate dall’art. 5-bis del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, come sostituito dal comma 1 del medesimo articolo, per la violazione delle norme in materia di limiti massimi di ricorso al lavoro straordinario e obblighi di comunicazione all’Ispettorato del lavoro per le imprese industriali, siano destinate al Fondo dell’occupazione. Con una modifica introdotta nel corso dell’esame al Senato è stato previsto, analogamente a quanto avviene nel comma 5 dell’art. 3 in esame, che tali somme siano destinate al finanziamento di misure di riduzione e rimodulazione delle aliquote contributive allo scopo di favorire riduzioni dell’orario di lavoro e il ricorso al lavoro a tempo parziale, come previsto dal citato art. 13 della L. n. 196/1997.

Commi 9 e 12 - Agevolazioni contributive per i giovani imprenditori
Il comma 9 dell’art. 3 in esame prevede una particolare forma di agevolazione contributiva per i giovani che avviino, negli anni 1999 e 2000, nuove attività commerciali o artigiane. L’agevolazione consiste nell’esonero dal versamento del 50% dei contributi previdenziali dovuti per i tre anni successivi alla loro prima iscrizione nelle rispettive gestioni previdenziali.
L’agevolazione riguarda l’intero territorio nazionale. Beneficiari sono i soggetti di età inferiore ai 32, che si iscrivono per la prima volta alla gestione speciale artigiani o a quella degli esercenti attività commerciali dell’INPS. Il periodo nel quale deve avvenire tale prima iscrizione per poter beneficiare dell’esonero contributivo va dal 1° gennaio 1999 al 31 dicembre 2000.
Le nuove disposizioni si sovrappongono, quanto all’ambito dei beneficiari, all’agevolazione concessa dall’art. 4, comma 16, della L. n. 449/1997.
Ai sensi del comma 16, i soggetti di età inferiore ai 32 anni iscrittisi per la prima volta alla gestione previdenziale degli artigiani o a quella dei commercianti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1998 ed il 31 dicembre 1999 possono rinviare, a domanda, il pagamento di una quota pari al 50% dei contributi previdenziali dovuti per i due anni successivi all'iscrizione; il pagamento deve essere effettuato nei quattro anni successivi alla scadenza del predetto biennio, in misura uniforme per ciascuno degli anni considerati, con applicazione di un tasso di interesse da definire (tenendo conto del tasso medio di interesse sui titoli del debito pubblico) con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il citato decreto ministeriale - che non è stato ancora emanato - stabilisce altresì le modalità di attuazione delle disposizioni di cui sopra.
Le differenze tra la disciplina vigente e quella proposta dal comma in esame comportano essenzialmente la trasformazione del semplice rinvio del pagamento in un definitivo esonero da esso. Data la sovrapposizione tra le due diverse normative, l’ultimo periodo del comma 9 in esame interviene sul testo del comma 16 dell’art. 4 citato, prevedendo che l’agevolazione ivi disciplinata si applichi solo alle nuove iscrizioni effettuate entro il 31 dicembre 1998. Per quelle effettuate nel 1999 si applica il nuovo più favorevole regime previsto dal comma in esame.

In relazione alla nuova forma di agevolazione istituita dal comma 9, il successivo comma 12 sopprime il credito di imposta per le nuove iniziative produttive nelle aree depresse istituito dall’art. 2, commi 210-213, della L. 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato per il 1997), rivolto ad una platea di beneficiari sostanzialmente analoga.
La L. n. 662/1996 disciplina un’agevolazione in forma di credito d’imposta per le nuove iniziative produttive intraprese a decorrere dal 1° gennaio 1997 nelle aree depresse del territorio nazionale da persone fisiche esercenti imprese, arti o professioni (comma 210) o da società di persone ed equiparate e aziende coniugali non gestite in forma societaria (comma 212).
Ai sensi del comma 210 citato (nel testo sostituito dall’art. 18 del D.Lgs. n. 446/1997, istitutivo dell’IRAP), il credito d’imposta, riconosciuto per 3 anni (6 nelle aree di cui all’obiettivo n. 1), è pari, per ciascun anno, al 50% dell’IRPEF "sui redditi riferibili proporzionalmente al reddito d’impresa o derivante dall’esercizio di arti o professioni dell’anno cui compete", con il limite di 5 milioni per anno (elevato a 7 milioni per le iniziative intraprese in forma associata: comma 212). Per le medesime iniziative e con i medesimi limiti è altresì riconosciuta la riduzione del 50% dell’Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Il comma 211 individua le categorie di soggetti a cui si applica l’agevolazione in esame, mentre il successivo comma 213 esclude i soggetti di cui all'articolo 87 del TUIR nonché i settori esclusi di cui alla Comunicazione della Commissione delle Comunità europee 96/C 68/06 (siderurgia e industria del carbone, costruzione navale, trasporti, agricoltura, pesca).

Comma 11 - Destinazione delle risorse derivanti dalla riduzione del saggi di interessi sul debito pubblico

Il comma 11 - introdotto dalla Camera - modifica il comma 2 dell'art. 64 della L. 27 dicembre 1997, n. 449.
Tale comma 2 concerne la destinazione dell’eventuale risparmio derivante dalla differenza tra la spesa per interesse sul debito pubblico risultante a consuntivo per il 1998 e la spesa prevista per il medesimo anno dalla Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa. Si prevede che tale risparmio - compatibilmente con il conseguimento degli obiettivi fissati dal Piano di stabilità approvato dall’Unione Europea per il triennio 1998-2000 - sia destinato nell’anno 1999 prioritariamente alla riduzione del prelievo tributario sui redditi.
Il comma 11 in esame aggiunge, quale altro vincolo prioritario di destinazione di tali risorse, la riduzione degli oneri socilai gravani sul costo del alvoro.

Comma 13 - Copertura
Il comma 13 dispone la copertura di parte degli oneri complessivamente derivanti dall’attuazione dell’articolo tramite le maggiori entrate derivanti dall’attuazione delle misure di cui all’art. 8 del presente ddl - articolo che ha subito notevoli modificazioni nel corso dell’esame presso la Camera -. Si tratta di disposizioni concernenti la c.d. "fiscalità ecologica", con cui è previsto (allo scopo di ridurre le emissioni di anidride carbonica, conformemente alle conclusioni della Conferenza di Kyoto del dicembre 1997) il graduale incremento del carico tributario gravante sulle emissioni di anidride carbonica, ed anzitutto una rideterminazione della misura delle accise gravanti sugli oli minerali, sulla base del principio secondo il quale "chi inquina paga", da tempo affermato in ambito comunitario.
In particolare, la correlazione tra l’elevazione delle accise sugli oli minerali e la riduzione degli oneri contributivi gravanti sui datori di lavoro è ribadita dall’art. 8, comma 2, che dispone che la variazione delle accise non debba determinare un aumento della pressione fiscale, prevedendo, a tal fine, che debbono essere adottate misure compensative, consistenti in particolare nella riduzione dei "prelievi obbligatori sulle prestazioni di lavoro".
Gli oneri sono valutati in 1.419 miliardi per il 1999, 2.410 miliardi per il 2000, 2.706 miliardi per il 2001, 1.464 miliardi per il 2002, 1.327 miliardi a decorrere dall’anno 2003. Le maggiori entrate di cui sopra sono destinate alle agevolazioni disciplinate da questo articolo in misura differenziata di anno in anno: per 1.319 miliardi nel 1999, per 1.590 miliardi nel 2000, per 1.986 miliardi per il 2001 e per 1.434 miliardi nel 2002. A partire dal 2003 l’intero onere previsto (1.327 miliardi) sarà coperto dalle entrate relative all’articolo 8.

NOTE

Va qui inoltre ricordato, per completare il quadro dei nuovi interventi di incentivo per le imprese, che il successivo art. 4 istituisce un credito di imposta in favore delle piccole e medie imprese operanti nelle province confinanti con le aree obiettivo 1, nelle quali si registri un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale.

2 L’art. 24 della L. 9 marzo 1989, n. 89, di ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL, ha disposto la fusione, a decorrere dal 1989, in un’unica "Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti" delle previgenti gestioni per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, compreso il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto e per l’assicurazione contro la tubercolosi, la cassa integrazione guadagni, la cassa unica per gli assegni familiari, la cassa per il trattamento di richiamo alle armi, la gestione per i trattamenti economici di malattia e maternità, il Fondo rimpatrio lavoratori extracomunitari, e di ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni.

3 Va osservato che per gli operai agricoli il beneficio è pari non allo 0,47% ma allo 0,12%, poiché alcuni dei contributi soppressi sono dovuti in misura inferiore rispetto agli altri settori (in particolare, il contributo relativo all’assicurazione contro la tubercolosi è pari allo 0,01% invece che allo 0,21%, e quello per l’ENAOLI è pari allo 0,01% invece che allo 0,16%).

4 Si ricordi che l’istituzione dell'aliquota ex Gescal risale all'art. 1, comma 1, lett. b) e c) della L. 14 febbraio 1963, n. 60 (Liquidazione del patrimonio edilizio della gestione INA-Casa e istituzione di un programma decennale di costruzione di alloggi per lavoratori). L'aliquota ammontava allo 0,35% della retribuzione mensile a carico dei lavoratori dipendenti (sia pubblici che privati) e nello 0,70% a carico dei datori di lavoro (escluse le amministrazioni pubbliche). La Gestione case per i lavoratori (Gescal) è stata soppressa dall'art. 10 del D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, mentre il contributo, inizialmente destinato a cessare nel 1970, è stato varie volte prorogato, da ultimo fino alla data del 31 dicembre 1995 (art. 1, comma 10, L. 23 dicembre 1992, n. 498).
La scadenza del periodo di proroga dell'obbligo contributivo in oggetto non ha comportato una conseguente riduzione del carico contributivo per gli interessati, poiché il comma 24 dell’art. 3 della L. n. 335/1995 citata ha previsto, a decorrere dal 1 gennaio 1996, che le aliquote contributive dovute all'assicurazione generale obbligatoria ed alle altre forme previdenziali fossero aumentate dello 0,35% per quanto concerne i lavoratori dipendenti, e dello 0,35% per i datori di lavoro, e che, per i medesimi datori di lavoro il contributo ex Gescal venisse prorogato, nella misura dello 0,35%, appunto fino al 31 dicembre 1998.

5 La correlazione tra riduzione dei contributi e l’aumento delle accise sugli oli minerali è ribadita dall’art. 8,
comma 2, che dispone che la variazione delle accise non debba determinare un aumento della pressione fiscale, prevedendo, a tal fine, che debbono essere adottate misure compensative, consistenti in particolare nella riduzione dei "prelievi obbligatori sulle prestazioni di lavoro". Si ricordi inoltre che il comma 11 dell’art. 3 in esame, recante la copertura finanziaria dell’intero articolo, prevede che ai maggiori oneri si provveda con quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’art. 8.

6 Di cui all’art. 8 della L. 6 dicembre 1971, n. 1044 ("Piano quinquennale per l’Istituzione di asili-nido con il concorso dello Stato").

7 Il contributo per l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi è stato rideterminato dal D.M. 21/2/1996, che, in attuazione dell’art. 3, commi 23-24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, ha disciplinato l’elevazione al 32% dell’aliquota contributiva dei finanziamento del FPLD dell’INPS e la contestuale riduzione delle aliquote dovute alla gestione prestazioni temporanee in oggetto. In seguito a tale intervento, il contributo per l’assicurazione contro la tubercolosi è stato ridotto dal 2,01 (di cui una quota parte pari allo 0,35% destinata al finanziamento delle prestazioni economiche erogate dall’INPS e la restante parte devoluta al Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’art. 27 della L. n. 88/1989) all’1,87% per la generalità dei datori di lavoro (dallo 0,11 allo 0,1% per gli operai agricoli). Da ultimo, l’art. 36, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (istitutivo dell’Imposta regionale sulle attività produttive – IRAP) ha abolito la quota di contributo per l’assicurazione contro la tubercolosi devoluta al Servizio sanitario nazionale (pari all’1,66%), riducendo quindi tale contributo alla misura prevista per il finanziamento delle sole prestazioni economiche della predetta gestione INPS (lo 0,21% suddetto).

8 Disposto con decreto del Ministro del lavoro di concerto con quello del Tesoro.

9 Ad esempio, nel caso del settore del credito, in cui il contributo dovuto per il trattamento di maternità è inferiore dello 0,33% rispetto a quello previsto per l’industria, tale aliquota contributiva doveva essere elevata non allo 0,66% (attuale livello nel settore industriale) ma allo 0,80% (0,33% vigente più 0,47% corrispondente al beneficio derivante dalla soppressione di contributi di cui al comma 1).

10 Dal tenore letterale della norma si dovrebbe ritenere che la revisione possa riguardare esclusivamente la individuazione delle "zone agricole svantaggiate", poiché tale termine nel linguaggio legislativo assume un preciso significato tecnico, ferme restando pertanto la individuazione e le agevolazioni previste per i "territori montani". Tale interpretazione non sembra peraltro conforme alle finalità dell'articolo, sia in relazione al riferimento ivi contenuto al comma 27, dell'art. 11, L. 537/1993 (che detta una regime agevolativo riferito sia alle zone montane che a quelle svantaggiate), sia in relazione al particolare rilievo attribuito al parametro altimetrico dal successivo comma 2, lett. b) che farebbe ritenere superata la precedente individuazione dei comuni montani, venendosi in tal modo ad individuare nella disposizione in esame un intervento di riordino di tutta l'attuale "mappatura" agevolativa della previdenza agricola.
I territori montani, ai sensi dell'art. 9 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, sono: a) quelli situati, anche in parte, ad un'altitudine non inferiore ai 700 metri sul livello del mare; b) quelli compresi nell'elenco dei territori montani compilato dalla Commissione Censuaria Centrale; c) quelli facenti parte di comprensori di bonifica montana.
Le zone agricole svantaggiate sono individuate dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), ai sensi dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984. Tale articolo contiene uno specifico riferimento ai "terreni di collina e di montagna" e pertanto le agevolazioni contributive non possono essere concesse ai terreni di pianura, anche quando gli stessi siano stati dichiarati ad altri fini come "svantaggiati" o "depressi" (circolare SCAU n. 10 dell'8/4/1982).

11
Si ricordi che l'art. 2, comma 24, della L. n. 335/1995 prefigura - nell'ambito di un più generale intervento di armonizzazione sul sistema previdenziale - un intervento di riassetto complessivo del settore previdenziale agricolo, mediante delega al Governo ad emanare un provvedimento che renda compatibili con le specifiche caratteristiche dell'attività dei lavoratori dell'agricoltura, i nuovi criteri dettati per il sistema pensionistico generale, con riferimento al calcolo dei trattamenti ed alla corrispondenza tra contributi versati ed importi percepiti.
Tra i principi direttivi per l'attuazione della delega è prevista tra l’altro la razionalizzazione delle agevolazioni contributive, per garantire le zone che presentino situazioni di obiettiva difficoltà.

12 Ai sensi dell'art. 9, comma 5, della L. 11 marzo 1988, n. 67, nel testo sostituito dall'art. 11, comma 27, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, i datori di lavoro agricolo operanti nelle zone montane beneficiano di una riduzione pari al 70% dei contributi dovuti (75% fino al 31 marzo 1997), mentre quelli operanti nelle zone svantaggiate beneficiano di una riduzione pari al 40% (50% fino al 31 marzo 1997). Si ricorda che le misure più elevate valide fino al 31 marzo 1997 sono state stabilite dall'art. 01, comma 51, del D.L. 31 gennaio 1997, n. 11, convertito, con modificazioni, nella L. 28 marzo 1997, n. 81.

13 Si tratta di un comitato istituto, ai sensi dell'art. 2, co. 6 della Legge 4 dicembre 1993, n. 491, nell'ambito della Conferenza permanente Stato-regioni e composto dai presidenti delle regioni e delle province autonome, o da loro delegati, e presieduto dal Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali.

14 Si tratta di: a) zone rurali, al di fuori di quelle di cui all'obiettivo n. 1, caratterizzate da uno scarso livello di sviluppo socioeconomico e dalla presenza di almeno due elementi tra tasso elevato dell'occupazione agricola su quella totale, basso livello di reddito agricolo e scarsa densità di popolazione e/o tendenza allo spopolamento; b) zone rurali, al di fuori di quelle di cui all'obiettivo n. 1, caratterizzate da un basso livello di sviluppo socioeconomico e dalla presenza di almeno un elemento tra posizione periferica rispetto ai grandi centri di attività economica e commerciale della Comunità, sensibilità della zona all'evoluzione del settore agricolo, struttura delle aziende agricole e struttura dell'età della popolazione attiva agricola, pressioni esercitate sull'ambiente e sullo spazio rurale, zone situate all'interno di zone di montagna o svantaggiate, impatto socioeconomico della ristrutturazione del settore della pesca nella zona.

15 Per una ricostruzione della previgente disciplina degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, si può consultare la scheda relativa all’art. 4, commi 17-22, del Dossier Provvedimento n. 570/6 del marzo 1998, dedicato appunto alla L. n. 449/1997.

16 Si noti che l’organico cui va fatto riferimento per determinare se le nuove assunzioni sono incrementali è in ogni caso quello costituito dalle unità effettivamente occupate al 31 dicembre 1998.

17 L’ obiettivo 1 concerne le regioni che presentano, nell'ultimo triennio, un PIL pro-capite inferiore al 75% di quello della media comunitaria. Le regioni italiane interessate sono (per il periodo 1994-1999): la Basilicata, la Calabria, la Campania, il Molise, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia (l'Abruzzo ne ha fatto parte fino al 31 dicembre 1996).
In tale ambito, oltre che nella regione Abruzzo, le zone interessate dal beneficio in esame sono:
a) le aree rientranti nei patti territoriali, di cui all'art. 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. I patti approvati fino ad ora riguardano le seguenti zone: Enna; Siracusa; Benevento; Caserta; Lecce; Nuoro; Vibo Valentia; comprensorio delle Madonie; Brindisi; Palermo; comprensorio del Miglio D'Oro (esso ricomprende i Comuni di Ercolano, Portici, S. Giorgio a Cremano e Torre del Greco), Caltanissetta.
b) le aree urbane svantaggiate dei Comuni con popolazione superiore a 120.000 abitanti che presentano indici socio-economici inferiori rispetto sia alla media nazionale sia a quella del relativo Comune di appartenenza; esse sono individuate dal CIPE, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali (di cui all'art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281), secondo i criteri posti dal comma 2, lett. b), dell'art. 4 in esame. La delibera CIPE 9 luglio 1998 ha ricompreso nell'ambito di applicazione tutti i comuni dell'obiettivo 1 con popolazione superiore alla predetta soglia - Napoli; Palermo; Bari; Catania; Taranto; Messina; Cagliari; Reggio di Calabria; Foggia; Salerno; Siracusa; Sassari -, ad eccezione delle seguenti circoscrizioni di Napoli: Arenella, Fuorigrotta, Vomero;
c) i comuni che rientrano nelle "aree di sviluppo industriale" (ASI) e nei nuclei industriali - di cui al D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, e alla L. 14 maggio 1981, n. 219, e successive modificazioni e integrazioni - nonché i comuni montani.
Si ricorda, al riguardo, che la circolare del Ministero delle finanze n. 219/E del 18 settembre 1998 riporta un elenco delle aree e dei comuni interessati al beneficio in esame; tuttavia, tale elenco - come ricorda la medesima circolare - non è esaustivo, in quanto, ai fini dell'individuazione dei comuni montani, occorre fare riferimento anche alle leggi regionali - non è chiaro peraltro se siano ricompresi anche i comuni parzialmente montani -. L'elenco deve altresì intendersi integrato dalle aree interessate dai patti territoriali che verranno successivamente approvati;
d) le isole, con esclusione della Sicilia e della Sardegna; i territori di queste ultime possono naturalmente rientrare nelle fattispecie di cui alle precedenti lettere a)-c).

18 Ai fini della definizione di piccole e medie imprese, il comma 1 dell'art. 4 in esame rinvia al decreto del Ministro dell'industria 18 settembre 1997, emanato in conformità alla disciplina comunitaria, posta dalla raccomandazione della Commissione n. 96/280 del 3 aprile 1996 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee del 30 aprile 1996) - poi recepita nella comunicazione della medesima Commissione, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee del 23 luglio 1996 -.
Si ricorda che a tale disciplina gli Stati membri - nonché la Banca Europea per gli investimenti e il Fondo europeo per gli investimenti - devono uniformarsi per i nuovi regimi di aiuto (quelli già autorizzati dalla Commissione - alla data di pubblicazione suddetta del 23 luglio 1996 - restano validi, salvo possibilità di riesame). Il citato D.M. 18 settembre 1997 ha demandato a successivi decreti ministeriali la fissazione della data di applicazione delle nuove definizioni ai regimi agevolativi previgenti.
In base alla normativa in esame, i parametri relativi alla piccola e media impresa - o alla media impresa quando debba essere distinta dalla piccola - sono: un numero di dipendenti inferiore a 250; un fatturato annuo non superiore a 40 milioni di ECU o un totale dello stato patrimoniale non superiore a 27 milioni di ECU; il possesso del requisito di indipendenza - in base a quest'ultimo, il capitale dell’impresa o i diritti di voto non devono essere detenuti per una quota pari o superiore a un quarto da una o, congiuntamente, da più imprese che non rientrino nei precedenti parametri, ad eccezione delle società finanziarie pubbliche, di quelle a capitale di rischio e degli investitori istituzionali, purché essi non esercitino alcun controllo, individuale o congiunto -. Ai fini della verifica del requisito di indipendenza, occorre dunque sommare tutte le partecipazioni al capitale sociale e i diritti di voto detenuti da imprese di dimensioni superiori. Qualora sia impossibile, a causa della sua dispersione, determinare da chi sia detenuto il capitale sociale, l'impresa deve dichiarare di poter legittimamente presumere la sussistenza delle condizioni di indipendenza.
Quando occorra distinguere la piccola impresa anche da quella media, i parametri relativi - non si opera distinzione tra settori - sono i seguenti: un numero di dipendenti inferiore a 50; un fatturato annuo non superiore a 7 milioni di ECU ovvero un totale dello stato patrimoniale non superiore a 5 milioni di ECU; il possesso del requisito di indipendenza suddetto.

19 In ogni caso, l'assunzione deve determinare un incremento del numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato esistente al 30 settembre 1997. Tuttavia, per le imprese di costituzione successiva l'effetto di incremento non si commisura su una data rigida; riguardo a queste ultime, sono escluse quelle che assorbano, sia pure in parte, attività di imprese giuridicamente preesistenti - tale condizione non si applica alle attività sottoposte a limite numerico o di superficie -.
Il livello di occupazione conseguito con le nuove assunzioni non deve subire riduzioni nel corso del periodo oggetto dell'agevolazione.
I nuovi dipendenti devono essere iscritti nelle liste di collocamento o di mobilità ovvero fruire del trattamento di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria) nelle regioni di cui all'obiettivo 1.
Altre condizioni sono poste dalle lett. d), g), h) ed i) del comma 5 dell'art. 4 in esame.

20 Il credito di imposta in esame non concorre alla formazione del reddito imponibile ed è riportabile, in caso di impossibilità di pieno utilizzo, nei periodi di imposta successivi. Esso può essere fatto valere ai fini del versamento dell'IRPEF, dell'IRPEG e dell’IVA, mediante compensazione, anche ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241. Il credito non è rimborsabile; tuttavia è precluso il diritto al rimborso di imposte ad altro titolo spettante.

21 Per le isole minori (di cui alla lett. d) della precedente nota 3), possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze, previa deliberazione del CIPE, maggiorazioni della misura dei crediti di imposta in esame, avuto riguardo ai maggiori costi di trasporto a carico delle imprese ivi operanti. Al riguardo, la delibera CIPE del 5 agosto 1998 ha previsto un aumento della misura base pari - a seconda delle isole - al 5% o al 10%; tale decisione deve ora, come detto, essere recepita con decreto del Ministro delle finanze.

22 Sono invece escluse, ai sensi del comma 19 dell’art. 4 in oggetto, le imprese del settore delle costruzioni navali e carbosiderurgico, mentre ai settori delle fibre sintetiche e automobilistico lo sgravio capitario trova applicazione, con riferimento a ciascuna impresa nel suo comlpesso, fino a un tetto massimo di 50.000 ECU. Questi ultimi settori sono invece completamente esclusi dallo sgravio totale disciplinato dal comma 21, come chiarisce la circolare INPS n. 129 del 16 giugno 1998 (alla stregua delle clausole contenute nel provvedimento autorizzativo della Commissione UE n. SG(98)D/2708 dell'1°aprile 1998).

23 L'iniziale esclusione dal beneficio per il settore agricolo, prevista nel testo approvato dalla Commissione bilancio della Camera, è stata eliminata a seguito dell'esame da parte dell'Assemblea della Camera.

24 L’incentivo è stato esteso anche ai territori per i quali la Commissione europea, nel 1997, ha riconosciuto la necessità di intervento e, quindi, in particolare, all'Abruzzo.

25 Sono considerate società controllate quelle in cui un'altra società: disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria ovvero detenga voti o diritti contrattuali sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria. Ai fini in esame, si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta, mentre si escludono i voti spettanti per conto di terzi.

26 Si ricorda che le liste di collocamento - ai sensi dell’art. 10, comma 1, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni e integrazioni - sono articolate nelle seguenti classi: a) prima classe, alla quale sono iscritti i lavoratori disoccupati o in cerca di prima occupazione ovvero i dipendenti a tempo parziale con orario non superiore a 20 ore settimanali nonché quelli a tempo determinato per non più di 4 mesi nell’anno solare; b) seconda classe, che concerne i lavoratori occupati - esclusi quelli assegnati alla prima classe - che aspirino a diversa occupazione; c) terza classe, relativa ai titolari di trattamenti pensionistici di vecchiaia o di anzianità.

27 DM 527/95, modificato dal DM 31 luglio 1997, n. 319, disciplina le modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni ordinarie (di cui all'art. 1 del D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, nella L. 19 dicembre 1992, n. 488) in favore delle attività produttive nelle aree depresse del Paese. In particolare, l’articolo 6 fissa le procedure per l’istruttoria e per la formazione delle graduatorie delle imprese candidate alle agevolazioni. Ai fini della formazione della graduatoria il comma 4 dell’articolo 6 prevede cinque indicatori, tra cui, appunto, il punteggio complessivo conseguito dall’iniziativa sulla base delle prestazioni ambientali. L’articolo 6 al comma 6, lett. f), prevede che tali prestazioni ambientali si riferiscono al contenimento e/o alla riduzione degli impatti ambientali e/o dei consumi di risorse naturali.

28 Tra cui l’erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto alle unità occupate alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 148/1993 e il finanziamento dei lavori socialmente utili e dei piani per l’inserimento professionale dei giovani privi di occupazione (di cui all’art. 15 del D.L. n. 299 del 1994, convertito nella L. n. 451 del 1994, e successive modificazioni e integrazioni).

29 La risultante riduzione di 300 miliardi grava sulle risorse concesse in base al sopra citato art. 1, co. 4, del D.L. n. 510 del 1996.

30 Anche in questo caso la riduzione grava sulle risorse di cui al già citato art. 1, co. 4, del D.L. n. 510 del 1996.

31 Esse sono costituite dai soggetti che: 1) avendo età inferiore ai 32 anni, presentano per la prima volta la dichiarazione di inizio dell’attività ai fini IVA; 2) fruiscono dei trattamenti di integrazione salariale (ordinaria e straordinaria), purché non siano in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia o di anzianità; 3) sono disoccupati ai sensi dell’art. 25, comma 5, lett. a) e b), della legge 23 luglio 1991, n. 223; fanno parte di questa categoria i lavoratori iscritti nella lista di mobilità ed i lavoratori, iscritti da più di due anni nella prima classe delle liste di collocamento e che risultano non iscritti da almeno tre anni negli elenchi ed albi degli esercenti attività professionali o commerciali, degli artigiani e dei coltivatori diretti; 4) sono portatori di handicap ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e cioè i soggetti che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione; 5) che iniziano un’attività nel campo dell’efficienza energetica e della promozione delle fonti rinnovabili di energia o assimilate di cui alla legge 9 gennaio 1991, n. 9; 6) che iniziano un’attività nei settori: della raccolta differenziata e del riciclaggio dei rifiuti, del risanamento idrogeologico, del ripristino ambientale e della progettazione di interventi per la riqualificazione, la manutenzione o il restauro dei centri storici; della produzione di prodotti, infine, ai quali è assegnato il marchio di qualità ecologica di cui al regolamento CEE 23 marzo 1992, n. 880/92 del Consiglio.


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6/12/1998
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