Nell'esame del disegno di legge 1547 "Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro tra la Repubblica francese, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana, il Regno di Spagna, il Regno di Svezia e il Regno Unito della Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell'industria europea per la difesa, con allegato, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000, nonché modifiche alla legge 9 luglio 1990, n. 185", alle commissioni riunite Esteri e Difesa del Senato, il gruppo Margherita-L'Ulivo ha presentato numerosi emendamenti, sia di merito, sia di procedura. Altri emendamenti, come ha detto il senatore Tino Bedin, capogruppo nella commissione Difesa, hanno finalità ostruzionistiche.
Natura procedurale ha l'emendamento soppressivo dell'articolo 3, punta infatti a sottolineare la distinzione tra l'Accordo di Farnborough e la modifica della legge 185/1990, come illustra qui di seguito il senatore Bedin.
Già fin dall'esame dell'articolo 3, cioè del primo degli articoli che modificano la legge 185 del 1990, si evidenzia nei fatti una condizione che vado illustrando ormai da settimane, senza un ragionevole riscontro da parte della maggioranza. La condizione è questa: è possibile un lavoro comune sull'aggiornamento e l'integrazione della legge 185; siamo pronti a farlo; a condizione che ci sia dibattito, che ci si confronti; la premessa è che si sgomberi il campo dagli equivoci, con la immediata ratifica dell' Accordo di Farnborough, che ci vede concordi.
L'articolo 3 ne è subito una conferma, come dicevo.
Noi abbiamo presentato l'emendamento 3.1 soppressivo dell'articolo nell'ambito dell'azione per la separazione dell'esame dei due argomenti che ho citata, ma anche perché l'articolo contiene una precisazione sui diritti umani che consideriamo pericolosa se è scritta, mentre valutiamo che nulla venga compromesso degli obiettivi del governo se è tolta. Inoltre il contenuto dell'articolo è carente: tiene conto di alcune novità che rispetto al 1990 sono intervenute, ma ne ignora altre: mi riferisco ad esempio alla condizionalità dell'Aiuto pubblico allo sviluppo a politiche di pace dei paesi cooperanti; condizionalità che in questo decennio si è affermata non solo a livello di opinione pubblica nazionale, ma anche nelle scelte di istituzioni sovranazionali.
Su questi aspetti si eserciterà la nostra proposta emendativa, ove la maggioranza decidesse di continuare la modifica della legge 185 attraverso questo disegno di legge.
Più competenze all'Unione in politica estera
Accanto a questi limiti, l'articolo 3 contiene però elementi interessanti, alcuni di completamento efficace della legge 185.
Ritengo ad esempio che l'alinea a) rappresenti un passo in avanti per il controllo dell'esportazione di armi verso aree e paesi in cui si consumano violazioni dei diritti umani.
Questo articolo muta l'articolo 1 della legge n. 185 del 1990, che prevede il divieto di esportazione o transito di armi nei confronti di paesi verso i quali è decretato l'embargo da parte dell'Onu. Questa norma aggiunge l'espressione: "o dell'Unione europea". Diventa quindi più severa perché, oltre all'embargo decretato dall'Onu, anche l'embargo dichiarato in alternativa dall'Unione europea sarà motivo di divieto di esportazione e transito di armi.
Faccio notare che si dà competenza all'Unione Europea in una materia di chiara politica estera, oltre che di sicurezza e di difesa, quale è la proclamazione di un embargo. Noi che lavoriamo perché l'Europa diventi un attore globale non possiamo che essere d'accordo. Siamo perciò meravigliati che non abbiano niente da dire coloro che all'interno della maggioranza temono il super-stato europeo: non perché qui ce ne sia un'espressione, ma perché vi si anticipa un trasferimento di sovranità dal livello nazionale a quello europeo, senza che sia contemporaneamente previsto lo strumento di esercizio della sovranità (indirizzo, giudizio, controllo popolare), messa in capo ad un livello diverso delle istituzioni.
Un quadro giuridico più europeo
Questo trasferimento di sovranità è accentuato, questa volta dal punto di vista giuridico e non più politico, nella restante parte dell'articolo.
Il secondo punto in cui viene modificato l'articolo 1 della legge 185 riguarda il divieto per i paesi i cui governi compiono violazioni dei diritti umani. La novità è nella previsione delle istituzioni preposte all'accertamento dell'esistenza di queste violazioni.
La norma oggi vigente è scarsamente efficace, come l'esperienza dimostra a chiunque voglia verificare i comportamenti dei governi nell'esportazione di armi. Essa, non prevedendo alcun organismo né alcuna istituzione che dichiari l'esistenza dello stato di violazione dei diritti umani, lascia gli effetti alla discrezionalità dei singoli Stati e dei singoli governi. La norma proposta prevede che scatti automaticamente il divieto di cedere o trasferire armi in paesi in cui si consumino violazioni dei diritti umani non appena l'Onu o il Consiglio d'Europa o l'Unione europea abbia dichiarato che lì si consumano violazioni.
Anche in questo caso siamo di fronte ad una scelta opportuna, che noi condividiamo, di trasferimento di sovranità, specificatamente giuridica; ma ancora una volta il trasferimento avviene in assenza di un quadro che consenta ai cittadini italiani di controllare l'esercizio della sovranità trasferita.
Un trasferimento di sovranità senza controlli
É in base a queste osservazioni che si possano giustificare le perplessità che le organizzazioni non governative hanno manifestato su questo punto. Le associazioni giudicano che il trasferimento di livello di decisione porterà a considerare ininfluente la denuncia delle organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani.
Non credo sia così; ritengo piuttosto che affidare senza ambiguità il compito dell'accertamento ad organismi internazionali, senza con questo escludere l'apporto delle organizzazioni non governative nel denunciare la violazione dei diritti umani, costituisca un passo in avanti ed una garanzia affinché le norme siano applicate con maggiore rigore. Se è vero, infatti, che l'indefinitezza della legge n. 185 nell'attribuire competenze specifiche per la verifica del rispetto dei diritti umani lascia un più ampio margine di intervento alle organizzazioni non governative, è anche realistico ammettere che ciò dà maggiori possibilità di eludere il controllo a quanti siano intenzionati a violare la normativa.
Resta però il punto che non riguarda le organizzazioni non governative ma il parlamento italiano e quindi l'organo istituzione e costituzionale che i cittadini italiani hanno titolo di interpellare: è il punto di un trasferimento di sovranità senza garanzie per i cittadini. In queste condizioni, una decisione utile alla materia che stiamo affrontando; una scelta opportuna per il rafforzamento giuridico dell'Europa; un contributo dell'Italia a questo rafforzamento, diventano discutibili perché non sufficientemente accompagnati da una riflessione parlamentare, che non si è verificata alla Camera e che per ora non è avviata al Senato.
Le proposte di modifica dell'articolo
Nella illustrazione dei successivi emendamenti avrò occasione di ritornare su altre contraddizioni che il testo del governo contiene.
Ma proprio perché l'obiettivo nostro non è l'ostruzionismo, ma la compartecipazione a scelte che potrebbero non essere una questione di maggioranza, io faccio una proposta ulteriore ai relatori, alle commissioni e al governo.
Noi siamo pronti a ritirare tutti gli emendamenti all'articolo 3, ove ci sia la disponibilità del governo e della maggioranza ad accogliere gli emendamenti 3.12 e 3.30.
Si tratta per il 3.12 di un completamento della norma prevista dal governo per quanto riguarda i paesi protagonisti di violazioni dei diritti umani, evitando di fossilizzarci sull'aggettivo "gravi", che risulta del tutto pleonastico proprio nella logica del trasferimento di sovranità giuridica ad organismi che hanno dei criteri propri di valutazione.
L'emendamento 3.30 invece aggiunge un ulteriore criterio, che non potrà che essere apprezzato dal governo, in quanto collega questo disegno di legge con le politiche sul debito estero dei paesi poveri, che si stanno continuando sulla spinta data dalla precedente legislatura.
Chiederei che il presidente ci concedesse qualche spazio di valutazione, prima di procedere al voto.