SICUREZZA E DIFESA

Accanto alla partecipazione alle missioni militari
Urgente un'azione politica
dell'Italia in Medio Oriente

Richiamo alla maggioranza: non mettere sullo stesso piano Forze armate e Polizia

Mercoledì 30 gennaio il Senato ha esaminato ed approvato con alcune modifiche il decreto legge che proroga la partecipazione italiana ad azioni militari internazionali. La posizione del gruppo Margherita-L'Ulivo è stata sostenuta dal senatore Tino Bedin, capogruppo in Commissione Difesa. Pubblichiamo la dichiarazione di voto di Tino Bedin a nome del gruppo Margherita-L'Ulivo.

dichiarazione di voto in Senato di Tino Bedin
capogruppo in Commissione Difesa

Confermo il voto favorevole del Gruppo della Margherita-L'Ulivo alla conversione del decreto-legge sulla proroga delle missioni internazionali delle Forze armate italiane. Alcune delle perplessità politiche che avevo indicato nell'introduzione a questa discussione hanno avuto una risposta soddisfacente da parte del Governo. Mi riferisco all'assicurazione, più volte fatta dal sottosegretario Bosi, del lavoro che il Governo sta svolgendo per formulare una legge quadro sulla partecipazione italiana ad azioni militari internazionali. Al riguardo devo osservare, però, che il Governo nell'ultima occasione in cui ha annunciato questa intenzione, ha fatto cenno alla possibilità che il nuovo ordinamento venga adottato per decreto. Annuncio all'Esecutivo che, se questa sarà la strada, avrà l'opposizione ferma del Gruppo della Margherita-L'Ulivo, perché riteniamo sia necessario uno strumento che abbia tutte le caratteristiche di una legge ordinaria. Una seconda sottolineatura riguarda la necessità che la nostra partecipazione militare sia accompagnata da una forte presenza politica. Su questo versante non è accettabile politicamente che, 24 ore dopo le prime notizie, il Governo dichiari di non essere riuscito ad avere informazioni su un'eventuale attività militare in Somalia. Per fortuna l'Esecutivo non parla solo in quest'Aula, e questo ci dispiace molto, ma anche in altre sedi e un altro rappresentante, il sottosegretario Mantica, da Mogadiscio ci ha assicurato, attraverso le agenzie di stampa, che in Somalia devono prevalere le soluzioni politiche. Speravamo che quest'annuncio fosse reso formalmente al Parlamento, sia per le ragioni che ho detto prima sia perché non vorremmo trovarci nella spiacevole situazione in cui il Governo ha messo l'Italia all'inizio dell'operazione "Libertà duratura". All'inizio di quell'operazione l'Esecutivo si era messo a rincorrere altri Governi europei che avevano accettato la partecipazione. Qui abbiamo due di quei tre protagonisti, la Germania e l'Inghilterra, che secondo fonti giornalistiche sia inglesi sia italiane sono già presenti; non vorremmo assistere ad una nuova rincorsa del nostro Governo. Preferiamo discuterne qui, preferiamo prendere insieme le decisioni. Riguardo l'attività politica che deve accompagnare lo sforzo militare, uno sforzo di persone e di finanze, essa, in questo momento, deve essere principalmente riferita alla situazione israelo-palestinese. L'Italia è presente nel difficile scacchiere indicato a Hebron con i carabinieri, che purtroppo non sono in quella sede in una situazione di pace, bensì in una situazione di guerra vera. L'Italia è presente anche attraverso l'Unione europea, che su questa materia sta dimostrando un'attenzione notevole, al punto da chiedere ad Israele di rispondere della distruzione di interventi finanziati dall'Unione stessa nei territori palestinesi. Al Consiglio affari generali, che si è svolto lunedì, non è stata espressa una decisione sull'attività diplomatica da parte dell'Unione europea, anche se si è distinta dagli Stati Uniti rispetto alla posizione sull'autorità palestinese. Proprio in virtù della nostra presenza anche militare a Hebron, chiediamo al Governo di essere parte attiva in quest'azione. Ho richiamato la necessità che, accanto all'azione militare, ci sia continuamente quella dello strumento politico, perché la finalità delle azioni militari è e resta comunque la pace e lo strumento per realizzarla non deve essere, alla fine, quello militare. L'Europa lo ha dimostrato nell'ultimo mezzo secolo costruendo una condizione di stabilità e di pace senza le armi, ed è a questo che noi dobbiamo collaborare. Per questo, confermando il nostro voto favorevole, devo dire che restano tutte intere le nostre perplessità sull'articolo 14, non solo e non tanto per le ragioni formali che avevo sottolineato, ma per il suo contenuto. Esso è estraneo alla logica di questo decreto-legge e tende a mettere sullo stesso piano agli occhi dell'opinione pubblica le Forze armate e la Polizia. Lo scopo di questi due strumenti nelle democrazie italiana ed europee è completamente diverso: le Forze armate servono quando lo strumento della pace, cioè la Polizia, non è sufficiente. Vogliamo sottolineare questa nostra perplessità, pur esprimendo un voto favorevole, e ci auguriamo che nel disegno di legge - insisto: disegno di legge e non decreto-legge - generale sull'intervento delle Forze armate in operazioni militari internazionali questo aspetto non sia trattato.

30 gennaio 2002



 INTERVENTO IN DISCUSSIONE GENERALE

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3 febbraio 2002
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