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Veronelli insiste nella difesa dell'olio italiano
Denominazioni d'origine
affidate ai sindaci
Il riconoscimento del "giacimenti gastronomici" ha però bisogno di dimensioni più ampie

Caro Bedin,
la situazione dell'olivicoltura è ancora peggiorata. A un buon olivicoltore, un litro d'olio d¹oliva non può - subito dopo la frangitura e prima di essere imbottigliato - costare meno di 13/15.000 lire (secondo Regione). Molti non hanno effettuato il raccolto (il mercato offriva una somma insufficiente a coprire la sola spesa).
Sono in vendita nella grande distribuzione oli nominalmente extra vergini d'oliva a prezzi indefinibili, anche 3.850 lire la bottiglia!
Oltre a verificare la legittimità di queste proposte, La prego di sollecitare uno studio sulla nocività degli oli in commercio, prevenendo un possibile "olio pazzo".
Sulla legittimità i Verdi hanno presentato, mercoledì 13 dicembre, un¹interpellanza parlamentare (spero vi convergano tutti i Gruppi, al di là del colore).
Per risolvere la "questione olio" e degli altri giacimenti gastronomici, ho proposto - con l¹appoggio dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani - le Denominazioni Comunali di Origine (DE.C.O.), con le quali si intende consentire ai Comuni la facoltà di disciplinare la valorizzazione delle proprie risorse e assumerne la responsabilità. L¹origine e trasformazione di un prodotto, espressa da un'etichetta veritiera, è sostanziale.
Ho saputo che il suo Gruppo ha controfirmato (mercoledì 6 dicembre) il progetto di legge DE.C.O. presentato alla Camera. La ringrazio. Ora ne attendo l¹attuazione.
Importante! Lunedì 20 novembre (Corriere della Sera), l'economista Bruno Caizzi ha scritto che la sicurezza alimentare e la bontà dei prodotti sarà garantita non dall'agroindustria e dalla grande distribuzione, ma dai piccoli produttori e dai negozi specializzati, risolvendo anche problemi occupazionali. Concludeva: ³il rischio è che gli alimenti sicuri costino inizialmente molto cari...", ma "per calmierare i prezzi basterebbe indirizzare tutti i sussidi agricoli dell'U.E. sulle nuove produzioni di
cibo al cento per cento sano".
Last. Ero assente nei giorni caldi della "mucca pazza" e non so quali siano state le prese di posizione dei politici e dei giornalisti sul costo dello smaltimento delle farine animali. Dovrebbe essere pagato dalle multinazionali che le hanno progettate e brevettate. Non dai consumatori dell'U.E.
Grato di un Suo riscontro, anche telegrafico (che pubblicherò), La saluto e auguro un sereno e prospero 2001.

Luigi Veronelli
giornalista

27 dicembre 2000


Risponde Tino Bedin

Caro Veronelli,
ho seguito sia come presidente della Giunta per gli Affari europei del Senato che come membro della Commissione Agricoltura la questione dell'olio d'oliva e quella delle denominazioni d'origine.
Sulla prima abbiamo registrato, per ora, una sconfitta, ma non credo che sia definitiva. Ho infatti la convinzione che si tratti di una sentenza che "viene dal passato" dell'Unione Europea. Il presente e più ancora il futuro fanno intravvedere una Unione che - nell'interesse dei produttori e dei consumatori (in buona sostanza di coloro che con il voto e con le tasse la tengono in vita) - si dedica più alla qualità che alla concorrenza.
Qui si lega il tema delle denominazioni di origine. Avevo letto a suo tempo, sul periodico dell'Anci, la proposta relativa alla denominazioni di origine comunali. Ne comprendo sia il contenuto che la motivazione. Va però approfondita. I "giacimenti gastronomici" sono strettamente legati al loro territorio e al loro ambiente, ma il riconoscimento e soprattutto la garanzia devono essere assicurate da strumenti che il consumatore riconosca come imparziali. Inoltre la "dimensione" del giacimento deve essere tale da consentire un investimento significativo nella tutela, nella ricerca e nella conoscenza. Per questo ritengono che le denominazioni comunale possano svolgere una interessante funzione, ma all'interno di denominazioni o comunque di sistemi più ampi.
Sono solo opinioni, che dimostrano la consapevolezza dell'utilità della proposta e non certo remore per affossarla.


2 gennaio 2001
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Tino Bedin