VENETO

Don Luca Passi proclamato beato nella basilica di San Marco
La carità vissuta e diffusa
genera la beatitudine

A Venezia una cerimonia espressione del carisma doroteo

di Tino Bedin

Pellegrini li ha definiti madre Teresa Simionato, superiora delle Suore Dorotee, che conosce bene quanti sono convenuti a Venezia per la beatificazione di Don Luca Passi. Eravamo migliaia: i primi di un'interminabile processione che lungo gli anni si snoderà sulle strade della vita, ora che "ufficialmente" la Chiesa ci affida a Don Luca. "I santi - ha ricordato il Patriarca di Venezia riferendosi al nuovo beato - si propongono come compagnia cordiale e discernimento critico del loro tempo".
Prima ancora di ascoltare mons. Francesco Moraglia, i convenuti alla cerimonia di sabato 13 aprile hanno assunto questo stile di "compagnia cordiale" nei confronti di Venezia. Veneziani e turisti non hanno potuto non notare per le calli le sciarpe gialle e rosse indossate da un numero crescente di persone mano a mano che ci si avvicinava alla Basilica di San Marco. Molti non avranno avuto il tempo di capirne il significato, ma non sarà sfuggito ai più che quella sciarpa non serviva a distinguersi ma a comunicare una gioia, non era una bandiera ma un segnale da seguire, magari in... futuro, dopo essersi chiesto cosa avevano in comune - oltre alla sciarpa - suore e ragazze, papà e ragazzi.
Lo hanno saputo subito veneziani e turisti che sono passati per piazza San Marco. Qui i pellegrini avevano necessariamente il loro spazio. Per la Burocrazia municipale era lo "spazio riservato". Per l'Organizzazione patriarcale era lo "spazio mancante" in basilica. La Provvidenza ne ha fatto lo "spazio missionario" secondo il carisma e lo stile del beato Luca Passi. Soprattutto la tv - meglio dei singoli occhi - ci rimanda l'immagine di piazza San Marco che continua la sua vita di sempre con al centro un evento straordinario, che non zittisce il resto della piazza ma sembra volersi "aggiungere" alle voci della piazza; proprio una "compagnia cordiale".

L'incendio d'amore. "Ardere per accendere", commenterebbe ancora Don Luca se continuasse a adoperare con madre Teresa Simionato i bigliettini che soleva inviare alle superiore delle Case dell'Istituto di Santa Dorotea.
Ci ha pensato però il cardinale Angelo Amato, Delegato pontificio e Prefetto della Congregazione vaticana delle Cause di Santi. Nell'omelia il cardinale ha detto che il nuovo beato "consegna anzitutto alle sue figlie spirituali il prezioso tesoro della sua santità, fatta di fede viva, di gioiosa speranza, di ardente carità e di eccezionale zelo apostolico". Ed ha subito ricordato che il suo motto, "ardere per accendere", è "un invito alla carità e alla diffusione di questo fuoco d'amore. Chi non ama non incendia, soleva ripetere". Da questo incendio di amore "deve scaturire il servizio della carità, declinato in molteplici modi dalla vostra creatività pastorale: nella catechesi, nella proclamazione della Parola di Dio, nell'educazione e nell'istruzione dei giovani alla vita buona del Vangelo, nella missio ad gentes, nell'impegno alla propria e altrui santificazione".

Don Luca era visibilmente contento. Così diceva il cardinale dal pulpito. Ma proprio sopra di lui, più grande di lui - cosicché non potevi non incrociare il suo sguardo mentre ascoltavi il celebrante - era "apparso" da poco il volto sorridente del Beato Luca. Volto noto a tutti coloro che erano lì, in basilica e in piazza, perché i ritratti dell'epoca di Don Luca ci rimandano il viso di un uomo sorridente, un viso molto buono, ma qui ancor più emozionante per una luminosità inconsueta che traduceva direttamente il sorriso in messaggio: "La vita dei santi è una buona notizia; comunica un messaggio positivo. Le vite dei santi fanno bene e invitano a fare bene", spiegava intanto dal pulpito il cardinale Amato.
Era visibilmente contento Don Luca mentre "guardava" quell'assemblea variegata (e variopinta) ma profondamente coesa. Ecco come l'ha presentata madre Teresa Simionato: "Sono presenti numerose sorelle dell'Istituto; ci sono molte suore di altre Congregazioni e i Consigli generali degli Istituti che portano il nome di "S. Dorotea". Tante le famiglie, giovani e ragazzi, collaboratori, insegnanti, provenienti da tutta l'Italia: dalle parrocchie, scuole, comunità socio-educative, dove operiamo. Ci sono i rappresentanti delle comunità provenienti da diversi Paesi. Tra i partecipanti c'è una presenza significativa di "cooperatori dell'Opera di Santa Dorotea". Non potevano mancare a questa festa, quelli che potremmo considerare i "familiari" di Don Luca Passi, cioè quanti provengono, direttamente e per legami di parentela, da questa radice santa e benemerita dalla famiglia Passi".
Poiché per Don Luca la "beatitudine" è "la carità vissuta e diffusa", quell'assemblea veneziana lo rendeva particolarmente contento perché gli consentiva ancora una volta di "farsi mediatore tra Dio e l'umanità, maestro e guida del popolo; riconciliare i ravveduti, consigliare i dubbiosi, difendere i piccoli dai lupi rapaci; essere il pastore buono che piange con chi piange, soffre con chi soffre", ha efficacemente riassunto il cardinale Angelo Amato.

Giovani competenti e responsabili. Anche per la Chiesa è questa la beatitudine di Don Luca. Papa Francesco, nella Lettera apostolica - letta nella basilica di San Marco - con cui concede che "d'ora in poi sia chiamato Beato", motiva la decisione con il fatto che Don Luca Passi è stato "testimone infaticabile dell'amore di Dio per i piccoli e i poveri". E il giorno dopo, in una piazza ancora più grande, quella di San Pietro a Roma, dopo il "Regina Coeli", Papa Francesco ha ricordato la beatificazione di Don Luca Passi ed ha aggiunto un'esortazione: "Rendiamo grazie a Dio per la testimonianza di questo Beato!".
Per una delle coincidenze che la Provvidenza quotidianamente propone, Papa Francesco ha subito dopo ricordato padre Agostino Gemelli, che attraverso l'Università Cattolica del Sacro Cuore "ha preparato migliaia e migliaia di giovani ad essere cittadini competenti e responsabili, costruttori del bene comune". La formazione dei giovani può assumere i contenuti dell'economia domestica, come è avvenuto nel Conventino di Calcinate ad opera di Don Passi, o quelli della scienza medica come al Policlinico Gemelli: in ogni caso la finalità prima è la competenza e la responsabilità da esercitare nella cittadinanza, nel proprio tempo.
Il tempo del Beato Luca Passi non fu un tempo facile, ha ricordato il Patriarca Francesco Moraglia nell'intervento di ringraziamento a conclusione della cerimonia di beatificazione; ad inquadrare le difficoltà bastano le date della vita del nuovo Beato: nasce a Bergamo nel 1789, anno della Rivoluzione francese, muore a Venezia nel 1866, anno della terza Guerra d'indipendenza e del Veneto che diventa Italia. "Luca Passi - colpito dalle idee della Rivoluzione e dal clima culturale da esse prodotto - intraprese, nei confronti del suo tempo, un dialogo/annuncio attento e disponibile ricercando ogni mezzo per offrire, soprattutto alle classi più deboli, una valida proposta evangelizzatrice", ha commentato mons. Moraglia.
La parola e l'opera di Don Luca Passi sono infatti parte di ampio movimento cattolico che percorre tutto l'Ottocento e che ha come finalità la predisposizione di strumenti culturali e sociali che consentano alle popolazioni rurali e al nuovo proletariato urbano ("i piccoli e i poveri", di cui scrive Papa Francesco) di non essere schiacciati nella fede e nei diritti dalle soverchianti forze illuministe e borghesi.

Strumento di identità e di comunità. Il Movimento cattolico ottocentesco è più riconosciuto per il suo contenuto sociale, ma decisivo è stato il contenuto culturale e formativo, quello cui si è dedicato prevalentemente il nuovo Beato, che costruendo identità e comunità ha fatto sviluppare la socialità. Un'impostazione che mantiene la sua attualità nel tempo e che è in grado di adattarsi a comunità nuove. La conferma è venuta proprio dalle presenze alla cerimonia di beatificazione e in particolare dalla proposta in lingue diverse della Preghiera dei fedeli. Non c'è stata traduzione delle preghiere (neppure nel libretto della celebrazione): segno che ciascuna comunità è importante per sé, con la sua identità e con la persona che in quel momento la rappresentava. Non si è documentata l'internazionalizzazione dell'Opera di Santa Dorotea e dell'Istituto delle Suore di Santa Dorotea, ma capacità del carisma doroteo di essere strumento di identità e di comunità in luoghi diversi. Le specificità sono state del resto coltivate fin dall'inizio dallo stesso Don Luca Passi.
La sintesi è in quella che il cardinale Amato ha definito "sollecitudine apostolica", capace con Don Luca Passi di "dare vita ad iniziative concrete e durature per consolidare la fede nelle generazioni più giovani". Sollecitudine ripresa nell'ultima strofa canto finale della cerimonia di beatificazione "Camminiamo tutti insieme, / cuore e sguardo al fratello. / Tu, Don Luca, ci sostieni, / doni forza, pace e gioia".

13 aprile 2013


12 maggio 2013
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Tino Bedin