VENETO
Per la Venezia Orientale il Parlamento non ha avuto tempo
La strana storia della Provincia che non c'è
da raccontare a milioni di turisti

È difficile spiegare perché Barletta sì e San Donà-Portogruaro no

di Tino Bedin senatore Margherita-L'Ulivo

In queste settimane d'agosto Jesolo, Eraclea, Caorle e Bibione costituiscono un tutt'uno per milioni di persone. Sono circa 20 milioni ogni anno i turisti che vivono più o meno a lungo in questa parte della provincia di Venezia, che ha in San Donà e Portogruaro i riferimenti urbani ed amministrativi. Basta un dato come questo per giustificare la scommessa dei 200 mila abitanti della Venezia orientale ad organizzarsi in una provincia autonoma. Basta per loro, per la regione del Veneto, ma non basta per il Parlamento nazionale, che ancora una volta ha rinviato la decisione.
Tra le scelte singolari prese dal Parlamento repubblicano nella prima parte del 2004 c'è la decisione di istituire tre nuove province: le province di Monza, Fermo e Barletta. La Venezia orientale no. Definire "singolare" la decisione è usare un aggettivo che non sminuisca troppo la più alta istituzione rappresentativa italiana.
Intanto si tratta di una istituzione a futura memoria: le nuove province si faranno ma nel 2008, quando il parlamento che le ha decise sarà già concluso da due anni, quando ci sarà probabilmente una nuova organizzazione delle autonomie all'interno della Repubblica, quando probabilmente ci sarà una maggioranza parlamentare diversa, quando la situazione economica e finanziaria pubblica chissà se lo consentirà.
Poi si tratta di una istituzione del tutto parziale. Sì a tre nuove province e no ad alcune altre che, come è il caso di quella della Venezia orientale, hanno almeno gli stessi requisiti: in questa maniera si tiene aperto un contenzioso che finirà con lo scaricarsi sul prossimo Parlamento, nel momento in cui diventerà operativa la decisione presa in questo 2004.
A dire il vero c'era una possibile provincia che aveva un requisito in più rispetto a tutte le altre, ed era quella di Monza e della Brianza. Quella provincia doveva servire a far fare l'alleanza tra Polo e Lega per la riconquista della provincia di Milano alle elezioni del 13 giugno. Le altre due province, quella di Fermo e quella di Barletta (una del Centro e una del Sud) servivano solo a trovare in Parlamento le alleanze necessarie per far passare questo scambio tra istituzione e alleanze elettorali. In queste condizioni a noi senatori non è stato concesso di dire nulla: né chi è in maggioranza né chi è all'opposizione ha potuto far fare legittime ragioni. Ci hanno chiesto di votare le tre province decise dalla Camera, perché le elezioni amministrative incombevano.
Viste come sono andare le cose, con la signora Ombretta Colli clamorosamente sconfitta dal centrosinistra, tutta l'operazione è risultata in perdita per la Destra italiana, che ha perso a Milano ed ha scontentato i cittadini di molte altre zone d'Italia. Gli abitanti della Venezia orientale, tanto per restare a casa nostra, probabilmente staranno ben attenti la prossima volta a mandare in parlamento candidati catapultati dall'alto a rappresentare la Destra invece che il territorio che gli li ha eletti. Ma questi sono affari della politica. Ai cittadini interessano i loro Comuni ed interessa che nell'ambito del quadro istituzionale veneto, che prevede che prevede che il Veneto orientale non farà parte della Città metropolitana di Venezia, si possa organizzare in questa parte della regione una nuova provincia.
Gli abitanti di qui la loro parte l'hanno fatta, come ho detto. I Comuni si sono espressi. La programmazione regionale dal 1970 ha evidenziato l'omogeneità sociale, economica e culturale di quest'area. Trasporti, turismo, bonifica, conferenza dei sindaci, patto territoriale sono già organizzati secondo i confini della futura provincia.
In modo particolare, quest'ultima legge che si riferisce alle iniziative per il decentramento amministrativo e per lo sviluppo economico e sociale del Veneto orientale è sempre stata considerata dalle forze sociali, dagli amministratori e dalle forze politiche, prodromo e palestra di preparazione della costituenda nuova Provincia della Venezia orientale. Ci sono due poli urbani, San Donà di Piave e Portogruaro, di consistente rilievo, sia per popolazione che per dotazione di servizi e di uffici. C'è la storia costituita dalla ricchezza dei beni storici, architettonici e ambientali dell'entroterra e dei suoi centri.
Bisognerà trovare il modo perché anche la Venezia orientale sia riconosciuta provincia, senza passare per merce di scambio politico.

8 agosto 2004


9 agosto 2004
ve-012
scrivi al senatore
Tino Bedin