VECCHIAIA

Cinque anni non sono bastati
per attuare la legge sulla non-autosufficienza

La vecchiaia non è diventata
una sfida per il Veneto

Mezzo milione i veneti
che stanno facendo fronte a crescenti carichi di cura ed economici

di Tino Bedin

Il Veneto è diventato un po' più vecchio negli ultimi cinque anni: ora le persone che superano i 65 anni sono un milione e 300 mila (un abitante su cinque della regione). Gli anziani vivono ancora più a lungo e quindi sono più numerosi quelli che ad un certo punto non ce la fanno più da soli: la non-autosufficienza da età in Veneto riguarda 135 mila persone direttamente; e altrettanto direttamente almeno altre 300 mila, cioè i loro familiari che se ne prendono cura. Quindi quasi mezzo milione di persone stanno già vivendo in Veneto in una situazione destinata a diffondersi: si vivrà più a lungo, ma si conviverà più a lungo anche con malattie croniche. E già ora questo mezzo milione di veneti verifica che i soldi non bastano.
Mentre questo succedeva e succede la giunta regionale del Veneto, presieduta da Luca Zaia, e la maggioranza di Destra del Consiglio regionale hanno fatto passare questi cinque anni di legislatura senza fare nulla. Non sono riuscite neppure a dare attuazione alle leggi che hanno votato.
La giunta Zaia aveva ereditato dalla precedente (dove lo stesso Zaia era vicepresidente) una buona legge: la legge 30 del 2009, una delle primi leggi sulla non-autosufficienza in Italia. È una legge quadro, ottenuta su pressione dei sindacati dei pensionati, che doveva essere riempita di contenuti e di risorse finanziarie, sulla base di una programmazione che seguisse l'evoluzione demografica del Veneto. Invece di applicarla la Destra l'ha svuotata, non garantendo la certezza delle risorse finanziarie e quindi impedendo ogni programmazione.

Famiglie più sole. Da esempio di lungimiranza politica, la legge veneta sulla non-autosufficienza è ridotta sei anni dopo a specchio dell'abbandono in cui sono lasciate le famiglie che vivono la non-autosufficienza. Il problema è loro; la Regione magari vede poi cosa può fare.
A far da sole le famiglie hanno imparato da tempo.
Quando nelle case di riposo non c'era posto sono arrivate le badanti: senza regole né per loro né per le famiglie, ma una convenienza per entrambi i soggetti. Solo molto più tardi sono arrivate le regole. Più recentemente la ristrutturazione del servizio ospedaliero veneto, con la riduzione dei posti letto e dei tempi di degenza, sta riversando nuovi costi economici e personali sulle famiglie con anziani. La documentata insufficienza della rete territoriale, prevista sulla carta ma non attuata e neppure finanziata, mette in capo alle famiglie il peso di dimissioni ospedaliere che richiedono riabilitazione e assistenza "leggera" ma indispensabile e continuativa. Le famiglie hanno trovato a loro spese un appoggio nelle case di riposo, che si sono trasformate sempre più in lungodegenze.

Senza scelte regionali. La Regione in questi cinque anni non ha fatto nulla. Meglio: ha approvato il Piano sociosanitario regionale 2012-2016, ma non lo sta attuando. "Secondo il Piano - osservano i sindacati del pensionati - l'assistenza territoriale sarà garantita con il potenziamento dei distretti, delle medicine integrate, degli ospedali di comunità e della domiciliarietà. Tutti obiettivi rimasti lettera morta, con la domiciliarietà mal finanziata e relegata ad un ruolo del tutto marginale".
Per l'assistenza residenziale la Regione non ha aggiornato i "profili" assistenziali delle persone ospiti delle case di riposo; non ha adeguato la valutazione del carico sanitario che le famiglie sostengono, come se in termini di salute fosse lo stesso avere ottant'anni o novanta o cento. Negli ultimi anni la giunta regionale ha addirittura bloccato il valore del rimborso, fermo da cinque anni, mettendo a rischio i bilanci delle case di riposo e i bilanci delle famiglie per il peso delle rette.
Ancora una volta le famiglie si organizzano. Qualche mese fa ha fatto notizia un "nido di vecchiaia" attrezzato da un privato a casa propria; un po' come erano stati i primi "nidi d'infanzia domestici" di un decennio fa. Se una badante non basta e la casa di riposo costa e l'assistenza domiciliare promessa dalla Regione non si vede, ecco la "protezione di vicinato". Il consiglio regionale uscente si è buttato a capofitto sulla materia: battimani e norme legislative a scena aperta. In fondo alla Regione non costa nulla.

Merce per il libero mercato. Non entro ora nella valutazione di esperienze sulla vecchiaia, che per la sua fragilità abbisogna certamente di professionalità oltre che di cuore. Resto sul tema delle politiche regionali. Anche quest'ultimo episodio rientra infatti nella scelta, l'unica scelta, adottata dalla giunta Zaia in questi cinque anni a proposito di non autosufficienza da età: la scelta di affidare l'assistenza agli anziani al libero mercato. Vantandosene, la giunta Zaia ha messo in concorrenza le strutture residenziali per anziani, autorizzando un numero di posti superiore alla domanda. Si tratta di strutture che sono nella stragrande maggioranza o pubbliche o gestite da enti no-profit e che quindi non hanno come finalità il profitto ma il servizio. Ora queste strutture hanno molti posti non occupati, con un ulteriore appesantimento dei costi.
L'aver considerato l'anziano non autosufficiente una merce da affidare al mercato è la più pesante eredità che la giunta Zaia lascia al nuovo governo del Veneto. Nel dare finalmente attuazione alla legge regionale del 2009 sulla non-autosufficienza bisognerà dunque ricostruire una cultura della vecchiaia e dell'assistenza ricentrata sulle persone e non sul profitto.

Domenica 5 aprile 2015


29 aprile 2015
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