VECCHIAIA
Una buona notizia per tutta la società
Abbiamo cominciato a vivere meglio
la vita che si allunga

Uno dei dati pubblicati dal "Rapporto sulla non autosufficienza in Italia 2010"


di Tino Bedin

Non solo viviamo più a lungo, ma abbiamo cominciato a vivere meglio la vecchiaia. In dieci anni ilo numero di anziani non autosufficienti è certamente aumentato in cifra assoluta, ma il tasso di non-autosufficienza per età è diminuito di un punto percentuale. Poiché questa cifra è il risultato dei progressi della scienza e della qualità della vita, è prevedibile che il tasso di miglioramento della condizione di salute nella vecchiaia acceleri nei prossimi anni almeno fino a pareggiare il ritmo del tasso di incremento dell'età media.
Quest'ultimo tasso è particolarmente accelerato. In un quindicennio l'aspettativa di vita media in Europa è aumentata di 2 anni per gli uomini e di 3 per le donne. L'Italia, con i paesi scandinavi, ha la più elevata aspettativa di vita che supera gli ottant'anni. E non ci si ferma qui: il numero degli ultraottantenni italiani triplicherà a qui al 2050, che diventeranno la classe di età di gran lunga più numerosa rispetto a tutte le altre. In particolare le donne ultraottantenni saranno più del doppio - ad esempio - delle donne sessantenni e il triplo delle bambine fino a 10 anni.

Il Ministero fa domande invece di dire risposte
Questi ed altri dati sono contenuti nel "Rapporto sulla non autosufficienza in Italia 2010" presentato a fine luglio dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. A dire il vero la definizione di "Rapporto" è - a mio giudizio - eccessiva perché non coordina i dati e gli approfondimenti tematici sono interessanti ma né verificati sul campo né riferiti - sia pure a campione - all'insieme della realtà della non-autosufficienza per età. Ad esempio non ci sono approfondimenti sull'esperienza delle Ipab, che pure rappresentano la forma più diffusa di risposta alla residenzialità.
Il "Rapporto" poi si conclude con due paginette di "interrogativi": trattandosi di una produzione del Ministero delle Politiche sociali, ci si poteva magari aspettare sia le domande che le risposte.
I dati ed i numeri del Rapporto sono comunque utili e anche gli interrogativi sono importanti, in una società che non sembra ancora porsi a livello comunitario il tema delle conseguenze non solo personali dell'allungamento della vita.

La disabilità esplode dopo gli ottant'anni
Una di queste conseguenze è la riduzione e in moltissimi casi la perdita dell'autosufficienza. Proprio per questo sono partito dalla più buona "notizia" contenuta nel "Rapporto": il miglioramento delle condizioni di salute nei grandi vecchi.
È certamente una notizia buona per le persone che si aspettano di vivere a lungo, ma che sperano di poterlo fare in buona salute, tanto che spesso l'augurio di salute (specie mentale) supera l'augurio di vita. E numeri danno ragione della preoccupazione che questa preferenza evidenzia. La disabilità - conferma il Rapporto - cresce ovviamente con l'età: è pari al 9,7 % della fascia di popolazione dai 70 ai 74 anni, si eleva al 17,8 % nella fascia da 75 ai 79 anni, esplode al 44, 5 negli ultraottantenni.

La grande maggioranza vive a casa propria
È certamente una buona notizia anche per le famiglie, considerati che secondo un'indagine dell'Istat sono due milioni le persone anziani disabili che vivono in famiglia. La gran parte, almeno 1.700.000, hanno disabilità motorie. Ma sono altre mezzo milione le persone che hanno invalidità mentale a volte associata anche alla disabilità motoria.
All'evoluzione sanitarie è interessato direttamente anche l'IRA che, al pari dell'insieme dei servizi residenziali per anziani, ha negli ultimi due decenni realizzato una rivoluzione organizzativa spostando la sua missione dall'ospitalità agli anziani autosufficienti all'assistenza e alla protezione di anziani non autosufficienti, per i quali la componente sanitaria è sempre più forte e generalizzata. E lo ha fatto in proprio come riconosce lo stesso rapporto che non può non rilevare l'assorbimento di risorse finanziarie pubbliche da parte del sistema ospedaliero a scapito dei servizi territoriali ed in particolare di quelli residenziali.
Probabilmente è anche per questo che l'Italia - secondo una tabella pubblicata dal Rapporto - con il minor numero di persone anziane disabili assistite in strutture residenziali: l'8,7 per cento contro 19,2 per cento della Germania (la media europea è del 14,6 per cento).

25 luglio 2010


22 agosto 2010
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