VECCHIAIA
La casa di riposo risponde soprattutto ad esigenze sanitarie
È la famiglia il luogo di vita nella terza età
La richiesta di residenzialità si fa forte attorno agli 85 anni


di Tino Bedin

Gli anziani vanno più veloci della società di cui fanno parte e che contribuiscono a condizionare.
Sono di sicuro più veloci dei giovani, la cui trasformazione non corrisponde né alle loro speranze né alle aspettative delle altre generazioni.
Sono più veloci perfino dei bambini, che pure sono lo specchio più immediato dei cambiamenti in ogni epoca.
Una misura della velocità degli anziani si ha nelle parole: ultimamente un intero vocabolario è diventato inadeguato: la parola anziano è imprecisa (è come se usassimo la parola "bambina" per definire una persona da 0 a 30 anni); la dizione terza età è altrettanto imprecisa, anche se più recente.

Scomparsa la cultura dell'ospizio. Se il vocabolario tarda, si è però progressivamente e profondamente modificata la visione, comune fino a non molto tempo fa, secondo la quale l'invecchiamento era accomunato a connotati negativi in conseguenza di una cultura che emarginava tutte le persone impossibilitate a dare un efficace contributo economico alla società.
In questa evoluzione culturale un'altra parola ormai inadeguata è "ospizio". La nuova composizione della popolazione anziana e una serie di scelte pubbliche e familiari hanno consolidato un costume sociale che ha determinato la definitiva scomparsa del concetto stesso di "ospizio". La parola sopravvive ormai sono nei titoli dei giornali, un po' per brevità ("casa di riposo" è troppo lunga, per non parlare di "residenza sanitaria assistenziale" impossibile da utilizzare) ed in parte per sensazionalismo.
Ma a parte i titoli dei giornali, l'ospizio non esiste più culturalmente, oltre che esistenzialmente. La casa di riposo non è più il luogo dei fuorisciuti dal lavoro casalingo o dipendente, non è più l'alloggio collettivo cui si ricorre per lasciare la propria casa ad un altro familiare.

Non prima dei 75 anni. Oggi la scelta della residenza protetta per gli anziani avviene sempre più tardi e quasi sempre è una scelta necessitata non da ragioni economiche od abitative ma da ragioni sanitarie.
L'Ulss di Padova ha documentato da tempo che la richiesta di residenzialità si concentra nelle fasce di età più alte, che vanno oltre i 75 anni, con un picco dopo gli 85 anni.
Dunque la terza età viene ormai vissuta in famiglia e anche oltre è la famiglia il luogo normale di vita. Ovviamente a condizione che la complessiva viota familiare non ne risulti compromessa. È estremamente significativo che solamente l'8 per cento delle persone proposte per l'accesso in struttura residenziale presentasse una rete familiare in grado di garantire una buona assistenza, mentre il rimanente 92 per cento presentava una rete parentale in difficoltà o addirittura assente.

5 luglio 2009


15 agosto 2009
ve-038
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Tino Bedin