A Cassino due "Sua Eccellenza", il vescovo diocesano e l'abate del monastero benedettino, hanno allestito un ring; vi hanno fatto salire a sfidarsi la Madonna e San Benedetto; hanno allestito le tifoserie così convinte che neppure il sindaco sta riuscendo a fare l'arbitro. Così la imminente festa dell'Assunta, invece che una festa del Popolo di Dio per la Madre rischia di essere vissuta come un censimento di tifosi. A meno che il Popolo di Dio non sia più saggio di chi vuol stargli davanti e non faccia quello che ha già confidato che farà il sindaco: essere presente alla mattina nell'abbazia e alla sera in cattedrale. Papa Francesco ripete spesso che il popolo ha "fiuto" in fatto di religiosità e "sente a naso" se lo si vuole accompagnare o invece indirizzare.
Il clericalismo è originariamente l'usurpazione della sovranità del santo popolo di Dio: il popolo costituito con il battesimo e con l'unzione dello Spirito Santo "per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo", afferma da oltre mezzo secolo la costituzione conciliare Lumen gentium (n. 50). Papa Francesco ne trae le conseguenze: Il Santo Popolo fedele di Dio è unto con la grazia dello Spirito Santo, e perciò, al momento di riflettere, pensare, valutare, discernere, dobbiamo essere molto attenti a questa unzione. E fa anche un esempio, rifacendosi all'esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, in cui Papa Paolo VI parla di "religione del popolo", di "pietà popolare": Credo che sia uno dei pochi spazi in cui il Popolo di Dio è stato libero dall'influenza del clericalismo. (…) È stato uno dei pochi spazi in cui il popolo (includendo i suoi pastori) e lo Spirito Santo si sono potuti incontrare senza il clericalismo che cerca di controllare e di frenare l'unzione di Dio sui suoi.
La "gerarchia" autentica della Chiesa. Usa parole del Vaticano II; usa parole di Paolo VI: il magistero è sempre quello; anche la speranza è ancora quella. "Il mio sogno è he ogni cristiano si renda conto della sua vocazione missionaria e che si sappia superare il clericalismo, cioè l'esclusività che il clero ritiene di avere nell'agire della comunità cristiana" ha confessato domenica scorsa 2 agosto ad Avvenire il vescovo mons. Luigi Bettazzi, che con i suoi 97 anni è l'ultimo padre conciliare italiano vivente. Mons. Bettazzi valuta nella linea del Concilio la sinodalità raccomandata nel magistero di Papa Francesco ne spiega: "La sinodalità è simile alla collegialità propugnata dal Concilio, che non è svalutazione della gerarchia (a cominciare dal compito del Sommo Pontefice), ma è rivalutazione del popolo di Dio e delle responsabilità di ogni battezzato e della missione della gerarchia stessa, che non è tanto quella di comandare quanto di servire, cioè di aiutare i battezzati ad essere profeti, sacerdoti e portatori di solidarietà e di pace".
"Ricordati di tua mamma e di tua nonna" (cfr. 2 Tim. 1,5) consigliava, del resto, già san Paolo al giovane vescovo Timoteo, suo discepolo: e non era un richiamo agli affetti familiari, ma l'ammonizione a vivere il suo servizio secondo la "gerarchia" autentica della Chiesa, che Francesco illustra così: La nostra prima e fondamentale consacrazione affonda le sue radici nel nostro battesimo. Nessuno è stato battezzato prete né vescovo. Ci hanno battezzati laici ed è il segno indelebile che nessuno potrà mai cancellare. Ci fa bene ricordare che la Chiesa non è una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi, ma che tutti formano il Santo Popolo fedele di Dio.
Questa "gerarchia ecclesiale" è capovolta e la sovranità del santo popolo di Dio è usurpata da chi confonde il "servizio" presbiterale con il "potere" presbiterale.
Papa Francesco spiega come avviene il capovolgimento, rispondendo alla domanda: "Come si fa a evitare di cadere nel clericalismo nel corso della formazione al ministero sacerdotale?", domanda che gli era stata posta da un confratello gesuita sul finire dell'estate scorsa in Mozambico: Il clericalismo è una vera perversione nella Chiesa. Il pastore ha la capacità di andare davanti al gregge per indicare la via, stare in mezzo al gregge per vedere cosa succede al suo interno, e anche stare dietro al gregge per assicurarsi che nessuno sia lasciato indietro. Il clericalismo invece pretende che il pastore stia sempre davanti, stabilisce una rotta, e punisce con la scomunica chi si allontana dal gregge. Insomma: è proprio l'opposto di quello che ha fatto Gesù. Il clericalismo condanna, separa, frusta, disprezza il popolo di Dio.
Sotto la rigidità ci sono seri problemi. Il clericalismo, dunque, non colpisce quasi mai da solo: la rigidità è un'altra offesa al Vangelo e al popolo di Dio. Nella stessa risposta al confratello gesuita in Mozambico, Papa Francesco ne dà una tagliente descrizione.
I grandi pastori danno alla gente molta libertà. Il buon pastore sa condurre il suo gregge senza asservirlo a regole che lo mortificano. (…) Invece il clericalismo ha come diretta conseguenza la rigidità. Non avete mai visto giovani sacerdoti tutti rigidi in tonaca nera e cappello a forma del pianeta Saturno in testa? Ecco, dietro a tutto il rigido clericalismo ci sono seri problemi. Ho dovuto intervenire di recente in tre diocesi per problemi che poi si esprimevano in queste forme di rigidità che nascondevano squilibri e problemi morali.
Una delle dimensioni del clericalismo è la fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento. Una volta un gesuita, un grande gesuita, mi disse di stare attento nel dare l'assoluzione, perché i peccati più gravi sono quelli che hanno una maggiore "angelicità": orgoglio, arroganza, dominio… E i meno gravi sono quelli che hanno minore angelicità, quali la gola e la lussuria. Ci si concentra sul sesso e poi non si dà peso all'ingiustizia sociale, alla calunnia, ai pettegolezzi, alle menzogne. La Chiesa oggi ha bisogno di una profonda conversione su questo punto.
9 agosto 2020