L'UMANITÀ |
La missione nella visione di Papa Francesco / 3 I "poveri maestri" insegnano ascolto non proselitismo La missione non è mai conclusa, purché si proponga di arrivare "fino ai confini estremi dell'uomo", dove abitano le risposte alle domande più profonde
di Tino Bedin È stato Papa Benedetto XVI a richiamare la capacità attrattiva della missione: "La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione", ha detto il 13 maggio 2007 sulla spianata del Santuario dell'Aparecida in Brasile. All'inizio del suo pontificato, il cui documento programmatico è l'esortazione apostolica Evangelii gaudium, Papa Francesco ripete quasi le stesse parole: "La Chiesa cresce non per proselitismo, ma per attrazione" e rincara: "Non c'entra qui il proselitismo, non abbiamo un prodotto da vendere, ma una vita da comunicare" (1 giugno 2018, discorso). Il proselitismo è trasformare "Dio, la sua vita divina, il suo amore misericordioso, la sua santità" in un prodotto da cui guadagnare in numero di proseliti religiosi o addirittura in potere e ricchezza, è utilizzare profondi bisogni spirituali o gravi bisogni materiali per manipolare la libertà personale.
Immensa opera di misericordia. Il rischio di incorrere nel proselitismo è incombente perché - secondo il mandato affidato al servo per il Grande Banchetto - i destinatari della missione sono principalmente i poveri, sono gli abitanti delle periferie: persone che vivono situazioni difficili, pericolose, umilianti e che hanno bisogno di risposte, di conforto, di vicinanza. Comunicare una vita significa dunque "guardare alla missione ad gentes come una grande, immensa opera di misericordia sia spirituale che materiale. (…) La fede infatti è frutto di Dio e non proselitismo; cresce però grazie alla fede e alla carità degli evangelizzatori (…) nel prendersi cura della vita, con una spiccata attenzione alle persone più che alle strutture e mettendo in gioco ogni risorsa umana e spirituale nel costruire armonia, relazioni, pace, solidarietà, dialogo, collaborazione e fraternità, sia nell'ambito dei rapporti interpersonali sia in quello più ampio della vita sociale e culturale, e in particolare della cura dei poveri": sono citazioni dal Messaggio di Papa Francesco per la Giornata missionaria mondiale del 2016.
Un secolo fa tra evangelizzazione e colonizzazione. Questi "poveri maestri", che richiedono non proselitismo ma ascolto e dialogo, ci fanno risalire al principio della missione, che Papa San Paolo VI ha così riassunto: "Evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l'evangelizzare se stessa. Comunità di credenti, comunità di speranza vissuta e partecipata, comunità d'amore fraterno, essa ha bisogno di ascoltare di continuo ciò che deve credere, le ragioni della sua speranza, il comandamento nuovo dell'amore. Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare 'le grandi opere di Dio', che l'hanno convertita al Signore, e d'essere nuovamente convocata e riunita da lui. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno d'essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo".
Autentica conversione missionaria. Oggi siamo arrivati "fino agli estremi confini della terra" ed ancora una volta il rapporto tra la Chiesa e la sua missione va ridefinito. 19 maggio 2019 |
um-029 21 maggio 2019 |
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