L'UMANITÀ

Mentre l'emarginazione sanitaria continua
anche nel nostro tempo e non utilizza solo dei lazzaretti

Dimostrare che la vita è possibile
a persone che si sono arrese alla morte

Sono molte le situazioni di emergenza e di urgenza nelle quali la Chiesa ospedale da campo impara ad accogliere, accompagnare e guarire

di Tino Bedin

L'ospedale da campo richiede di correre rischi, molti più rischi che negli ospedali stabili. Le persone che vi arrivano sono sconosciute, non hanno documenti, non hanno certificati medici. E non si possono isolare o selezionare: bisogna prenderli come sono.

L'emarginazione dei "pericolosi". San Francesco ha sintetizzato rischi e risposte nell'abbraccio al lebbroso: stare dalla parte dell'emarginato anche quando questo è rappresentato come un pericolo e magari lo è; anche quando "la società stessa lo espelle e lo costringe a vivere in luoghi distanti dai sani, lo esclude", perché la sola preoccupazione "è quella di salvare i sani, proteggere i giusti e, per salvaguardarli da ogni rischio, emarginare il pericolo trattando senza pietà il contagiato", ha riassunto Papa Francesco nella concelebrazione con i nuovi cardinali il 15 febbraio del 2015.
L'emarginazione sanitaria continua anche nel nostro tempo e non utilizza solo dei lazzaretti. Cito un caso, nel quale è emarginato chi è "pericoloso" per il profitto. Nel mondo un miliardo di persone sono affette da malattie neglette; altre persone (400 milioni) patiscono malattie rare. Nel primo e nel secondo caso sono malattie per le quali c'è poco interesse economico a mettere in campo ricerche e quindi medicinali; "neglette" sono dunque le persone malate prima che le loro malattie; malattie generalmente infettive, che trovano campo libere nelle aree del mondo nelle quali l'accesso ai servizi sanitari è insufficiente, in cui la potabilità dell'acqua è scarsa e le condizioni igienico-sanitarie e alimentari precarie. Periferie esistenziali, che diventano anche periferie assistenziali, a proposito delle quali Papa Francesco ha osservato nel novembre del 2016: "La considerazione su scala sociale di questo fenomeno sanitario richiama una chiara istanza di giustizia, nel senso di dare a ciascuno il suo, ovvero uguale accesso alle cure efficaci per uguali bisogni di salute indipendentemente dai fattori contestuali socio-economici, geografici, culturali".
Il fronte delle malattie neglette è solo uno dei campi di battaglia globali a bordo dei quali la Chiesa si realizza come ospedale da campo: queste persone sono tra i morti e i feriti di una "cultura dello scarto", che non riguarda solo loro; una cultura "pericolosa e inaccettabile, come conseguenza della crisi antropologica che non pone più l'uomo al centro, ma ricerca piuttosto l'interesse economico, il potere e il consumo sfrenato", l'ha definita il Papa.

Campi di battaglia globali. La sua predicazione ci aiuta ad individuare altri campi di battaglia: una "guerra mondiale a pezzi" che continua a produrre morti e feriti svalutati a danni collaterali, mentre arricchisce produttori e venditori di armi; le migrazioni e il traffico di esseri umani che parte della politica utilizza per alimentare la paura e la conseguente chiusura delle frontiere; il sistema economico che non pone al centro la persona ma l'interesse, al punto da mettere in pericolo lo stesso Creato; "i bambini che, a causa delle guerre e della fame, crescono senza speranza, privi di futuro e di assistenza sanitaria" e gli anziani "scartati dalla cultura egoistica, che mette da parte chi non è produttivo", ricordati nell'ultima Pasqua.
Sono tutte situazioni nelle quali la persona è importante solo per le sue ferite; tutto il resto eventualmente verrà dopo.
Succede così che la Chiesa cattolica del Bangladesh chieda di fare da ospedale da campo per i profughi musulmani Rohingya, fuggiti 400 mila dalla persecuzione nella loro terra, lo stato di Rakhine in Myanmar. C'è un messaggio molto bello del cardinale Patrick D'Rozario, arcivescovo di Dacca e primo porporato del Bangladesh:
"Il pianto dei Rohingya sofferenti ha raggiunto le nostre orecchie; i nostri occhi hanno visto la loro miseria; i nostri cuori sono stati colpiti da compassione: La Chiesa cattolica del Bangladesh (…) attende con urgenza il permesso (…) di poter andare presto in quell'area per stare a fianco delle vittime e rispondere con urgenza fornendo cibo, vestiti, acqua e medicine per la loro sopravvivenza. Soprattutto vogliamo offrire a tutti i nostri fratelli e sorelle nel bisogno un'amicizia di amore e di compassione". Prima di questo appello, nel messaggio del cardinale D'Rozario c'è la testimonianza di un intero popolo di essere ospedale da campo. Scrive l'arcivescovo: "Gli attacchi sono in corso, ma l'umanità non è del tutto distrutta. L'esempio per eccellenza è il Bangladesh che ha aperto le frontiere al flusso di umanità che soffre. Il Bangladesh non ha solo aperto le frontiere, ma ha aperto anche i cuori con amore e compassione verso bambini, donne, anziani, malati, feriti e persino le migliaia di persone non ancora nate. È un esempio di maternità verso l'umano che si è resa manifesta attraverso il primo ministro del Paese, Sheikh Hasina, e la popolazione. Il Bangladesh sta facendo ciò che può; per fuggire alla povertà, sta condividendo la sua ricchezza di valori umani, il tesoro della nostra cultura".
Un'altra mappa degli ospedali da campo da allestire, Papa Francesco l'ha disegnata a conclusione del Giubileo della Misericordia, nella lettera apostolica Misericordia et misera:
"Ancora oggi intere popolazioni soffrono la fame e la sete, e quanta preoccupazione suscitano le immagini di bambini che nulla hanno per cibarsi. Masse di persone continuano a migrare da un Paese all'altro in cerca di cibo, lavoro, casa e pace. La malattia, nelle sue varie forme, è un motivo permanente di sofferenza che richiede aiuto, consolazione e sostegno. Le carceri sono luoghi in cui spesso, alla pena restrittiva, si aggiungono disagi a volte gravi, dovuti a condizioni di vita disumane. L'analfabetismo è ancora molto diffuso e impedisce ai bambini e alle bambine di formarsi e li espone a nuove forme di schiavitù. La cultura dell'individualismo esasperato, soprattutto in occidente, porta a smarrire il senso di solidarietà e di responsabilità verso gli altri. Dio stesso rimane oggi uno sconosciuto per molti; ciò rappresenta la più grande povertà e il maggior ostacolo al riconoscimento della dignità inviolabile della vita umana".
Sono tutte situazioni di emergenza e di urgenza, nelle quali la Chiesa ospedale da campo impara ad accogliere, accompagnare e guarire. Impara anche ad assumersi quotidianamente le proprie responsabilità. In un ospedale da campo più che nelle strutture sanitarie stabili la capacità e la scelta del medico è una questione di vita o di morte per il ferito: il medico deve essere presente ad ogni costo e non può rinviare nel tempo e non può aspettare che intervenga uno più bravo di lui o più specialista di lui. E deve dimostrare, la Chiesa ospedale da campo, che la vita è ancora possibile a persone che si sono già arrese alla morte, avendo visto disastri e cadaveri attorno a sé.

10 febbraio 2019


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19 febbraio 2019
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Tino Bedin