L'UMANITÀ

Lettura sociale e politica dell'enciclica Laudato si' - 6
L'attuale crescita non è sviluppo:
fa aumentare le diseguaglianze

La fiducia fa parte dello spirito rivoluzionario di un Papa senza mezze misure, quale è quello che l'Enciclica conferma

di Tino Bedin

Se al posto del paradigma del mercato si mette il paradigma del bene comune succede una rivoluzione.
Papa Francesco è chiaro fin dall'inizio dell'Enciclica Laudato si': "Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli "stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società"" (5).
Nella individuazione delle linee d'azione è altrettanto chiaro nei confronti dell'economia: "Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso" (194).

Ci sono stati meno soldi per le diseguaglienze. Per l'atteggiamento nei confronti del mercato ha ancora un consiglio senza titubanze: "Conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni?" (190).
Anche il ruolo della finanza va rivisto. Ha subito fatto discutere - appena pubblicata l'enciclica - l'affermazione che il prezzo della crisi delle banche è stato pagato dai poveri. Chi si è limitato a leggere i titoli dei giornali ha immediatamente bacchettato il Papa. Il candidato repubblicano alla presidenza Usa, Jeb Bush, ha detto che non intende farsi dettare l'agenda dal Papa. E l'ex senatore repubblicano Usa Rick Santorum, cattolico che sogna la Casa Bianca 2016, intima al Pontefice: "Lascia la scienza agli scienziati".
Ma Francesco fa un'analisi di quello che è avvenuto: il salvataggio delle banche è stato fatto con soldi pubblici; le politiche pubbliche nel loro insieme, comprese quelle che si spendono per ridurre le diseguaglianze, sono state così ridimensionate e i poveri hanno avuto minori opportunità.
Ha osservato l'economista Stefano Zamagni: "Sarebbe il caso che le banche oggi tornate in buona salute restituissero almeno una parte di quanto hanno ricevuto. Basterebbe un 25 per cento e avremmo molti fondi per ridare fiato a chi fatica a sbarcare il lunario. Non un'elemosina, ma un atto di giustizia. D'altronde, se si chiede alla Grecia di restituire il proprio debito, perché non chiederlo ai signori della finanza".

Non far conto sulle mezze misure. Insomma è un Papa senza mezze misure, quello che l'Enciclica conferma. E a proposito della casa comune egli chiede proprio di non far conto sulle mezze misure.

194. (…) Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell'ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. D'altra parte, molte volte la qualità reale della vita delle persone diminuisce - per il deteriorarsi dell'ambiente, la bassa qualità dei prodotti alimentari o l'esaurimento di alcune risorse - nel contesto di una crescita dell'economia. In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all'interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine.
Poi occorre che politica ed economia facciano di nuovo il loro lavoro, senza scambi di ruoli e soprattutto di finalità: "La politica non deve sottomettersi all'economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l'economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana" (189).
196. Qual è il posto della politica? Ricordiamo il principio di sussidiarietà, che conferisce libertà per lo sviluppo delle capacità presenti a tutti i livelli, ma al tempo stesso esige più responsabilità verso il bene comune da parte di chi detiene più potere. È vero che oggi alcuni settori economici esercitano più potere degli Stati stessi. Ma non si può giustificare un'economia senza politica, che sarebbe incapace di propiziare un'altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi attuale. La logica che non lascia spazio a una sincera preoccupazione per l'ambiente è la stessa in cui non trova spazio la preoccupazione per integrare i più fragili.
Per ripensare l'economia, volendo rispettare la casa comune, occorre aver chiara la distinzione fra sviluppo e crescita. Papa Francesco dice chiaramente che l'attuale crescita non è sviluppo, perché fa aumentare le diseguaglianze e perché mette in capo i costi maggiori ai più poveri. Quando era arcivescovo di Buenos Aires ha visto migliaia di contadini argentini finire nelle "villas miserias" perché le tecnologie avevano triplicato la produzione agricola ma tolto lavoro agli agricoltori.
190. All'interno dello schema della rendita non c'è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall'intervento umano. Inoltre, quando si parla di biodiversità, al massimo la si pensa come una riserva di risorse economiche che potrebbe essere sfruttata, ma non si considerano seriamente il valore reale delle cose, il loro significato per le persone e le culture, gli interessi e le necessità dei poveri.

Riflessione insieme gioiosa e drammatica. La fiducia fa parte dello spirito rivoluzionario; per questo la fiducia "inquadra" tutta l'enciclica. Fin dall'introduzione il Papa scrive: "Spero che questa Lettera enciclica ci aiuti a riconoscere la grandezza, l'urgenza e la bellezza della sfida che ci presenta".
E nel capitolo conclusivo egli ci rassicura: "Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente" (n. 212).
A cinquant'anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, la Laudato si' ne riprende lo spirito di apertura verso il mondo contemporaneo, di gioia e speranza.
"Il Santo Padre Francesco, alla fine di questa Enciclica, prima di proporre le due preghiere conclusive (bellissima ed epocale la Preghiera per la nostra terra al n. 246), sostiene di aver compiuto una riflessione insieme gioiosa e drammatica. Mi sento di dire, però, che è la gioia a prevalere - e lo affermo da lettore non credente - seppur i presupposti siano profondamente dolorosi. È la gioia di poter credere in un cambiamento rivoluzionario, e in una nuova umanità. È la gioia che profondono le parole di Francesco, piene di speranza anche quando descrivono i peggiori disastri in cui versiamo".
È il primo capoverso della Guida alla Lettura di Carlo Petrini all'edizione ufficiale della Laudato si'. Carlo Petrini è il fondatore del movimento Slow Food, di cui resta ispiratore e leader. Anche questo un segno dello stile dell'Enciclica: un segno di come tenere tutti connessi.

6. Fine
30 dicembre 2015


um-014
28 dicembre 2015
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Tino Bedin