Lettura sociale e politica dell'enciclica Laudato si' - 4
La menzogna sulla disponibilità infinita dei beni del pianeta
Siamo ad un crinale della storia dell'uomo sulla terra che impone scelte, revisioni, capacità di profezia, saggezza
di Tino Bedin
La responsabilità del custodire la terra non è ancora assunta nel nostro tempo come atteggiamento personale e collettivo.
Del resto la sostenibilità è un problema recentissimo del pianeta. Prendendo l'invenzione della scrittura come il fatto che conclude la preistoria, la storia dell'uomo sulla terra ha circa seimila anni, ma solo negli ultimi trenta sono iniziati i problemi veri e sono appena dieci anni che gli scienziati ne stanno discutendo sul serio. Evidentemente la consapevolezza delle opinioni pubbliche non può che essere ancora bassa.
È una delle due ragioni per le quali il Papa scrive l'enciclica Laudato si' proprio adesso.
Sono atteggiamenti che è difficile modificare, perché "siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla" (2). Il riferimento è alla terra. Al contrario, scrive il Papa, "San Francesco d'Assisi (…) ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei" (1-2).
L'idea della crescita infinita o illimitata. Sono atteggiamenti che diventano dirompenti in presenza di un problema fondamentale, "ancora più profondo", lo definisce l'Enciclica: "Il modo in cui di fatto l'umanità ha assunto la tecnologia e il suo sviluppo. (…) È come se il soggetto si trovasse di fronte alla realtà informe totalmente disponibile alla sua manipolazione" (106).
Dentro il percorso della Dottrina sociale della Chiesa ci sono encicliche che - come la prima, la Rerum novarum di Leone XIII - si situano nei crinali della storia dell'umanità. Le ricordo, anche se le ho già citate. Una di queste è la Pacem in terris scritta Papa Giovanni XXIII nel 1963 quando il mondo era sul crinale dell'olocausto nucleare. Un'altra è la Populorum progressio, profezia di Papa Paolo VI, che nel 1967 guardava alla globalizzazione incipiente come strumento di riduzione degli squilibri, indicando lo sviluppo come obiettivo del progresso.
Oggi siamo ad un altro crinale della storia dell'uomo sulla terra, cioè ad un punto che impone scelte, revisioni, capacità di profezia, saggezza nell'individuare la menzogna. È questa la seconda ragione per cui Papa Francesco scrive proprio oggi la Laudato si'.
Nel tempo di una generazione la globalizzazione ha strappato un miliardo di esseri umani dalla fame. Un risultato straordinario. Altrettanto straordinario il consumo ambientale.
Ho letto che in quattro anni, dal 2010 al 2014, la Cina ha consumato più cemento armato di quello utilizzato dagli Stati Uniti in tutto il XX secolo. Insomma, se lo sviluppo di pochi era forse sostenibile, oggi lo sviluppo va armonizzato con il Creato.
La crescita legata alla globalizzazione sta facendo aumentare in tutto il mondo il consumo di carne. Perché un chilo di carne arrivi sulla nostra tavola occorrono 15 metri cubi di acqua. Per far arrivare un chilo di cereali serve un metro cubo di acqua. Questo vuol dire che l'attuale crescita sta mettendo in crisi le risorse idriche mondiali che non sono infinite e la crisi idrica si sente prima là dove scarseggia la tecnologia.
"Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un'altra rotta" (53), annota l'Enciclica.
Una sola e complessa crisi socio-ambientale. Papa Francesco propone due indicazioni di metodo per mettersi in ascolto dei gemiti della terra e degli abbandonati del mondo.
La prima: "Cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta, significa isolare cose che nella realtà sono connesse, e nascondere i veri e più profondi problemi del sistema mondiale" (111).
La seconda indicazione: "Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un'altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale" (139).
L'approccio integrale è necessariamente un approccio collettivo, che utilizza gli strumenti tipici di una comunità: la politica, l'educazione, la finanza, il mercato; solo per citarne alcuni che ricorrono nell'enciclica.
4. Continua
6 dicembre 2015 |