L'UMANITÀ

Lettura sociale e politica dell'enciclica Laudato si' - 4
La menzogna sulla disponibilità infinita dei beni del pianeta
Siamo ad un crinale della storia dell'uomo sulla terra che impone scelte, revisioni, capacità di profezia, saggezza

di Tino Bedin

La responsabilità del custodire la terra non è ancora assunta nel nostro tempo come atteggiamento personale e collettivo.
Del resto la sostenibilità è un problema recentissimo del pianeta. Prendendo l'invenzione della scrittura come il fatto che conclude la preistoria, la storia dell'uomo sulla terra ha circa seimila anni, ma solo negli ultimi trenta sono iniziati i problemi veri e sono appena dieci anni che gli scienziati ne stanno discutendo sul serio. Evidentemente la consapevolezza delle opinioni pubbliche non può che essere ancora bassa.
È una delle due ragioni per le quali il Papa scrive l'enciclica Laudato si' proprio adesso.

14. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno dalla negazione del problema all'indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche.
Sono atteggiamenti che è difficile modificare, perché "siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla" (2). Il riferimento è alla terra.
Al contrario, scrive il Papa, "San Francesco d'Assisi (…) ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei" (1-2).

L'idea della crescita infinita o illimitata. Sono atteggiamenti che diventano dirompenti in presenza di un problema fondamentale, "ancora più profondo", lo definisce l'Enciclica: "Il modo in cui di fatto l'umanità ha assunto la tecnologia e il suo sviluppo. (…) È come se il soggetto si trovasse di fronte alla realtà informe totalmente disponibile alla sua manipolazione" (106).

107. All'origine di molte difficoltà del mondo attuale vi è anzitutto la tendenza, non sempre cosciente, a impostare la metodologia e gli obiettivi della tecnoscienza secondo un paradigma di comprensione che condiziona la vita delle persone e il funzionamento della società. Gli effetti dell'applicazione di questo modello a tutta la realtà, umana e sociale, si constatano nel degrado dell'ambiente, ma questo è solo un segno del riduzionismo che colpisce la vita umana e la società in tutte le loro dimensioni. Occorre riconoscere che i prodotti della tecnica non sono neutri, perché creano una trama che finisce per condizionare gli stili di vita e orientano le possibilità sociali nella direzione degli interessi di determinati gruppi di potere. Certe scelte che sembrano puramente strumentali, in realtà sono scelte attinenti al tipo di vita sociale che si intende sviluppare.
Dentro il percorso della Dottrina sociale della Chiesa ci sono encicliche che - come la prima, la Rerum novarum di Leone XIII - si situano nei crinali della storia dell'umanità. Le ricordo, anche se le ho già citate. Una di queste è la Pacem in terris scritta Papa Giovanni XXIII nel 1963 quando il mondo era sul crinale dell'olocausto nucleare. Un'altra è la Populorum progressio, profezia di Papa Paolo VI, che nel 1967 guardava alla globalizzazione incipiente come strumento di riduzione degli squilibri, indicando lo sviluppo come obiettivo del progresso.
Oggi siamo ad un altro crinale della storia dell'uomo sulla terra, cioè ad un punto che impone scelte, revisioni, capacità di profezia, saggezza nell'individuare la menzogna. È questa la seconda ragione per cui Papa Francesco scrive proprio oggi la Laudato si'.
106. L'intervento dell'essere umano sulla natura si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l'imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per questo l'essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti. Da qui si passa facilmente all'idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia. Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a "spremerlo" fino al limite e oltre il limite.
Nel tempo di una generazione la globalizzazione ha strappato un miliardo di esseri umani dalla fame. Un risultato straordinario. Altrettanto straordinario il consumo ambientale.
Ho letto che in quattro anni, dal 2010 al 2014, la Cina ha consumato più cemento armato di quello utilizzato dagli Stati Uniti in tutto il XX secolo. Insomma, se lo sviluppo di pochi era forse sostenibile, oggi lo sviluppo va armonizzato con il Creato.
La crescita legata alla globalizzazione sta facendo aumentare in tutto il mondo il consumo di carne. Perché un chilo di carne arrivi sulla nostra tavola occorrono 15 metri cubi di acqua. Per far arrivare un chilo di cereali serve un metro cubo di acqua. Questo vuol dire che l'attuale crescita sta mettendo in crisi le risorse idriche mondiali che non sono infinite e la crisi idrica si sente prima là dove scarseggia la tecnologia.
25. Per esempio, i cambiamenti climatici danno origine a migrazioni di animali e vegetali che non sempre possono adattarsi, e questo a sua volta intacca le risorse produttive dei più poveri, i quali pure si vedono obbligati a migrare con grande incertezza sul futuro della loro vita e dei loro figli. È tragico l'aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa.
"Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un'altra rotta" (53), annota l'Enciclica.

Una sola e complessa crisi socio-ambientale. Papa Francesco propone due indicazioni di metodo per mettersi in ascolto dei gemiti della terra e degli abbandonati del mondo.
La prima: "Cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta, significa isolare cose che nella realtà sono connesse, e nascondere i veri e più profondi problemi del sistema mondiale" (111).
La seconda indicazione: "Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un'altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale" (139).

111. La cultura ecologica non si può ridurre a una serie di risposte urgenti e parziali ai problemi che si presentano riguardo al degrado ambientale, all'esaurimento delle riserve naturali e all'inquinamento. Dovrebbe essere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all'avanzare del paradigma tecnocratico. Diversamente, anche le migliori iniziative ecologiste possono finire rinchiuse nella stessa logica globalizzata.

139. Quando parliamo di "ambiente" facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un'analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. (…) Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.

L'approccio integrale è necessariamente un approccio collettivo, che utilizza gli strumenti tipici di una comunità: la politica, l'educazione, la finanza, il mercato; solo per citarne alcuni che ricorrono nell'enciclica.

4. Continua
6 dicembre 2015


um-012
30 dicembre 2015
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Tino Bedin