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Il 24 gennaio nel calendario dei Santi è la festa di san Francesco di Sales. Per la generalità dei cattolici è un santo poco noto, anche se molti conoscono i padri salesiani e le suore salesie, che proprio da questo santo prendono il nome, non perché sia stato lui a fondare queste congregazioni, ma perché a san Francesco di Sales si è ispirato san Giovanni Bosco, fondatore dei salesiani.
Per me è invece un santo noto, perché dal 1923 san Francesco è stato dichiarato patrono dei giornalisti ed è quindi anche mio patrono.
In tutta Italia la festa di San Francesco di Sales è da decenni l'occasione per incontri dei vescovi e delle Chiese locali con gli operatori dell'informazione. Succede anche quest'anno, per esempio a Padova con l'arcivescovo mons. Mattiazzo e a Venezia con il patriarca mons. Moraglia.
Oggi il dialogo tra Chiesa e informazione è consueto e costante. Quando ho cominciato questa professione, la festa del patrono dei giornalisti era l'unica occasione il cui il vescovo di Padova mons. Girolamo Bortignon apriva la sua casa all'informazione: ci radunava nella piccola cappella privata del vescovado per la santa messa che celebrava lui stesso. Era quello il momento essenziale della festa. A seguire don Alfredo Contran, il direttore del settimanale diocesano "La Difesa del Popolo", faceva un le presentazioni e mons. Bortignon - essendo nel primo mese dell'anno - ci congedava con auguri sempre molto paterni. Solo con il suo successore, l'arcivescovo mons. Filippo Franceschi, la seconda parte dell'incontro si sarebbe trasformata in un dialogo sulla Chiesa e sulla comunità locale. Non era ancora la conferenza stampa attuale, ma la Chiesa diventava oggetto di comunicazione sociale.
Anche Papa Francesco ha legato strettamente la figura di san Francesco di Sales all'informazione: ha infatti datato il suo messaggio per la quarantanovesima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali (si celebrerà il 17 maggio) "23 gennaio, vigilia della festa di San Francesco di Sales". Di sicuro oggi molti vescovi citano questo messaggio nell'incontro con i giornalisti. Papa Francesco vi sviluppa questo tema: "Comunicare la famiglia. Ambiente privilegiato dell'incontro nella gratuità dell'amore". È una bella sfida per gli operatori dell'informazione, che in questa fase sociale e culturale sono più interessati alle forme di famiglia che al suo contenuto.
Nel suo messaggio il pontefice la presenta così: "La sfida che oggi ci si presenta è reimparare a raccontare, non semplicemente a produrre e consumare informazione. È questa la direzione verso cui ci spingono i potenti e preziosi mezzi della comunicazione contemporanea. L'informazione è importante ma non basta, perché troppo spesso semplifica, contrappone le differenze e le visioni diverse sollecitando a schierarsi per l'una o l'altra, anziché favorire uno sguardo d'insieme".
"Reimparare a raccontare" non è una sfida solo per gli operatori dell'informazione. Oggi ci sono una produzione ed un consumo di informazione "individuale". Papa Francesco ci avverte di questa rivoluzione ed avverte: "Oggi i media più moderni, che soprattutto per i più giovani sono ormai irrinunciabili, possono sia ostacolare che aiutare la comunicazione in famiglia e tra famiglie. La possono ostacolare se diventano un modo di sottrarsi all'ascolto, di isolarsi dalla compresenza fisica, con la saturazione di ogni momento di silenzio e di attesa… La possono favorire se aiutano a raccontare e condividere, a restare in contatto con i lontani, a ringraziare e chiedere perdono, a rendere sempre di nuovo possibile l'incontro".
In queste "applicazioni" contemporanee quanto può servire un insegnamento di quasi mezzo millennio fa? Il santo patrono dei giornalisti è infatti vissuto tra il Cinquecento e il Seicento.
Francesco è nato nel castello di Sales, nell'Alta Savoia, tra Francia e Svizzera, nel 1567; la sua è una famiglia di nobili, che dopo di lui avrebbero avuto altri 12 figli. Va a scuola a Parigi, ma la sua formazione culturale la compie soprattutto a Padova, nella cui università si laurea in diritto. A Padova si completa anche la sua formazione spirituale: qui incontra infatti il gesuita Antonio Possevino, che diventa la sua guida spirituale e che contemporaneamente gli trasmette la sua cultura umanistica ricca di esperienze diplomatiche in quasi tutta l'Europa, Russia compresa.
"San Francesco di Sales è un testimone esemplare dell'umanesimo cristiano" ha scritto papa Benedetto XVI. L'umanesimo è un bisogno della nostra cultura e della nostra informazione contemporanea.
Dall'umanesimo e dalla sua spiritualità ricava la sua concezione della libertà. In una lettera del 1604 scrive: "Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l'obbedienza… ma quello che esclude la violenza".
Non c'è infatti violenza nella sua comunicazione: nella predicazione, negli incontri personali, negli innumerevoli scritti. In un tempo in cui il genere letterario più voga è l'invettiva il vescovo Francesco di Sales adopera parole pacate, si serve dell'argomentazione, condivide la ricerca.
Nella storia della Chiesa siamo nel tempo della Controriforma. Questo vescovo umanista che crede nella comunicazione, nella parola condivisa, che alla comunicazione dedica la sua missione (lascia ad altri la conduzione amministrativa della sua diocesi per dedicarsi esclusivamente a scrivere, a predicare, insomma a divulgare) viene da subito sentito come un modello e quando muore nel 1622 la Chiesa lo venera subito come santo e lo iscrive tra i propri "Dottori".
Un santo così lo sento proprio un patrono per chi si dedica alla divulgazione.
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