ULIVO
SABATO 23 NOVEMBRE 2002

Milano (piazza del Duomo) e Bari (piazza della Prefettura)
Si può e si deve cambiare, con l'Ulivo
Manifestazione per il lavoro, i diritti e le libertà, lo sviluppo
Sabato 23 novembre l'Ulivo promuove, con lo slogan "Si può e si deve cambiare. Con l'Ulivo per il lavoro, i diritti e le libertà, lo sviluppo", una giornata di mobilitazione nazionale con due manifestazioni di piazza a Milano (piazza del Duomo) e Bari (piazza della Prefettura).
L'iniziativa intende mobilitare la società civile, i militanti e i sostenitori del centrosinistra per una nuova politica economica e sociale per l'Italia, contro i guasti del governo Berlusconi e la Finanziaria 2003. Lo slogan della manifestazione sarà lo sfondo del palco allestito nelle due città, mentre viene lasciato largo spazio alla creatività dei partecipanti nella creazione di slogan tematici (su sanità, lavoro, enti locali, giustizia, università, scuola, ricerca…) con cui realizzare gli striscioni del corteo.
Tutti i soggetti afferenti all'Ulivo saranno attivati perché la partecipazione alla manifestazione sia la più piena e numerosa possibile. A livello nazionale e regionale verranno coinvolti i movimenti sindacali, le associazioni di categoria e i movimenti della società civile.
Si punta fortemente al coinvolgimento degli enti e delle amministrazioni locali: si chiede perciò la partecipazione di sindaci, assessori e consiglieri che diano una forte caratterizzazione al corteo confermando l'impegno dell'Ulivo in affiancamento alla protesta degli enti locali contro la Finanziaria 2003.
Riassumiamo le ragioni della manifestazione.
Il governo Berlusconi, dopo 500 giorni, presenta un bilancio decisamente negativo. Il governo ha sbagliato tutte le previsioni: sul tasso di crescita, sulle entrate, sulle spese, sull’inflazione. Il disordine dei conti pubblici nasce da qui e da quella sedicente finanza creativa che in realtà è servita a pagare i debiti elettorali del centro destra e in particolare del capo dell’esecutivo.
Le risorse pubbliche si stanno pericolosamente assottigliando e cresce nuovamente il debito pubblico rispetto al PIL, che calava dal 1994. Il disavanzo finanziario – lo ha detto anche la Corte dei Conti – è ben superiore a quello previsto dalla finanziaria 2003. I conti veri dunque li faremo nella prossima primavera e saranno sorprese molto amare.
La legge finanziaria del governo è in larga parte inattendibile. Nelle disposizioni e nelle cifre. Infatti a poco più di un mese dalla presentazione già è stata radicalmente modificata dallo stesso governo. Un solo esempio: la tanto sbandierata riduzione delle tasse per i ceti meno abbienti in realtà è di poco superiore al mancato recupero del drenaggio fiscale, dovuto per legge, è inferiore alla diminuzione di un punto dell’aliquota programmata dai governi di centro sinistra e tenderà a tradursi in un aumento delle tasse, se si sommeranno le addizionali IRPEF che le Regioni e i Comuni saranno costretti a maggiorare dato il taglio dei trasferimenti da parte del governo.
Il fallimento della politica del governo Berlusconi sta trascinando il Paese in una fase di incertezza e di precarietà e si ripercuote sulle istituzioni democratiche e sulla coesione sociale. I rischi di declino strutturale dell’Italia, che l’Ulivo, nel precedente quinquennio, aveva fronteggiato con significativi successi, stanno nuovamente prorompendo. La grave crisi della FIAT ne è il simbolo sul piano produttivo. Nella finanziaria non si trova una sola idea di politica industriale. L’economia e la società italiana, che erano state sbloccate negli anni precedenti e agganciate all’Europa, hanno perso competitività e oggi arrancano affannosamente. Significativo è l’aumento sempre più preoccupante dell’inflazione, notevolmente più elevato di quello degli altri paesi europei: un altro peso che si aggiunge alle difficoltà competitive che colpiscono piccole imprese, commercio e artigianato.
Chi paga maggiormente il prezzo di questa politica sbagliata è il Mezzogiorno, con la drastica riduzione delle risorse pubbliche destinate all’aumento dell’occupazione, agli investimenti nell’industria e nell’agricoltura, ad accrescere la dotazione delle infrastrutture sia materiali che immateriali. Il terremoto nel Molise ancora una volta ci ha messo di fronte alla dura realtà. L’Ulivo è disposto a fare la sua parte. Ma basta con la propaganda a buon mercato e le sparate populistiche. Specialmente in situazioni come questa deve prevalere il rispetto delle istituzioni democratiche, a partire da quelle delle comunità locali, e il senso dello Stato.
L’Italia avrebbe bisogno di riforme profonde, ma questo governo non è in grado di porvi mano. Anzi lesina gli investimenti in quei settori, come la ricerca scientifica e tecnologica e in generale la scuola, l’ambiente, la salvaguardia e la valorizzazione del territorio, che sono fondamentali per accrescere la qualità dello sviluppo e la competitività. Così vengono penalizzati soprattutto i giovani, sia quelli che ancora studiano che quelli che cercano lavoro. In generale tutto il campo dei servizi sociali – dalla istruzione alla sanità, all’assistenza, alle politiche del lavoro- viene colpevolmente colpito dalla politica del centro destra, non soltanto sul piano quantitativo (meno risorse), ma soprattutto per l’orientamento complessivo che informa la maggioranza, teso a privatizzare e a favorire i ceti più ricchi e quindi a produrre servizi di serie A e di serie B, anche per i diritti universali e costituzionalmente garantiti. Sul fronte del federalismo, anziché dare attuazione al titolo V della Costituzione, ratificato dal referendum popolare, il governo oscilla senza costrutto tra l’inseguire l’irresponsabile devolution di Bossi e gli interventi minutamente prescrittivi della finanziaria 2003, centralistici e gravemente lesivi dell’autonomia finanziaria delle Regioni, dei Comuni e delle Province.
In questi 500 giorni l’attuale maggioranza è stata assiduamente impegnata a proteggere l’interesse privato del Presidente del Consiglio e la sua cerchia, attraverso le cosiddette leggi vergogna, l’ultima delle quali - la legge Cirami- è stata appena varata, nonostante la forte opposizione in Parlamento e nel Paese. Ciò ha generato un clima di insicurezza anche civile, a causa del conflitto tra i poteri dello Stato e soprattutto a causa della convinzione ormai diffusa in larga parte dell’opinione pubblica, italiana e internazionale, che nel nostro Paese i confini tra legalità e illegalità siano sempre più labili e che rischi di venire meno il principio della certezza del diritto e dell’uguaglianza di ogni cittadino di fronte alla legge.
Anche sul piano della politica internazionale il nostro Paese deve maggiormente caratterizzarsi, nell’ambito e sotto l’egida delle Nazioni Unite, per una più decisa e coerente azione a difesa della pace, contro il terrorismo e contro la guerra.
Per tutte queste ragioni noi diciamo agli Italiani, a tutti gli italiani, a quelli che hanno votato per l’Ulivo e a quelli che non l’hanno votato, che CAMBIARE E’ NECESSARIO.
Le due grandi manifestazioni che l’Ulivo promuove per sabato 23 novembre – una al nord a Milano e una al Sud, a Bari - hanno questo significato: irrobustire e estendere l’opposizione civile, sociale, politica e soprattutto far crescere l’alternativa programmatica e politica al governo Berlusconi.
Noi siamo convinti che non soltanto CAMBIARE SI DEVE, MA CAMBIARE SI PUO’.
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31 ottobre 2002
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