i-u15

Appunti per discutere il presente e realizzare il futuro
Ancora in Europa,
ancora nei Comuni
la prossima sfida
dell'Italia moderna
Relazione all'assemblea dell'Ulivo dei colli Euganei

di Tino Bedin

Sull'analisi del voto del 16 aprile per le Regioni credo possa essere sufficiente quanto si è detto finora. Non per considerare superate le questioni che il voto ha poste, ma perché quello che ci interessa è davanti a noi.
Ci sono due modi di interrogarci sul futuro.
Per il primo la domanda è: dati i risultati del 16 aprile, come affrontare (per giocarla, per vincerla) la sfida delle elezioni politiche prossime?
Per il secondo la domanda è: dati i risultati del 16 aprile, come cambia la nostra organizzazione, dando per persa la prossima battaglia dell'Ulivo?
La scelta del tipo di domanda non è solo culturale od organizzativa. Riguarda il comportamento presente: nello stile, nella proposta. Possiamo giocare come la Lazio che ha continuato a fare la sua parte ed alla fine ha vinto un campionato che era già delle Juve. Possiamo fare come l'Inter…

Non è una questione di ottimismo o di realismo
Non credo che siamo di fronte ad una scelta fra essere ottimisti o essere ottimisti. In campo non è un atteggiamento individuale o di gruppo di tipo psicologico.
Certo è una scelta anche di etica pubblica: diciamo che comunque noi siamo "tenuti" a fare la nostra proposta, a motivarla, a sostenerla, nella convinzione che sia utile alla società italiana.
La testimonianza è però solo una parte della attività politica per la quale ci siamo portati e motivati. Al fondo la scelta è infatti completamente politica.
Proviamo a porci la prima domanda.
1) Si parte dal centro-sinistra come aggregazione; se ne cercano tutti i possibili punti di dialogo con altre parti della società; ad esempio, tra il 1996 ed oggi risulta chiaro che non abbiamo un rapporto di reciproco confronto ed arricchimento con la Chiesa (e dico anche la nostra Chiesa, quella che si esprime sui Colli Euganei) e con la Scuola (sulla quale pure abbiamo con le Tesi dell'Ulivo puntato); dialogando con queste ed altre parti della società si rimette in moto una aggregazione che per molti versi non siamo ancora in grado di immagine, ma che dobbiamo avere il coraggio comunque di sentire nostra.
2) Si elabora il programma comune, che sia caratteristico ed alternativo a quello del centro-destra non in negativo, ma come proposta di condizioni di vita comunitaria migliore per tutti, per chi ha condizioni positive da difendere, per chi le deve raggiungere, puntando sui temi della sicurezza, dell'utilizzo e della quantità del prelievo fiscale, della valorizzazione delle territori all'interno dell'Europa ormai unificata.
3) Si studia contemporaneamente la proposta che le singole componenti sociali e politiche del nuovo Ulivo possono rivolgere a specifici settori dell'elettorato; ed in funzione di questa risposta si organizza la coalizione. E' stato ed è questo uno dei limiti dell'attività politica dell'Ulivo, da una parte spinto dal desiderio di una proposta politica omogenea (e quindi difficilmente comprensibile da un elettorato che aveva scelto l'Ulivo anche per la sua complessità), dall'altra fermato da comportamenti di frammentazione e di "visibilità" individuale.
4) Si individua il leader attorno al quale e con il quale dialogare con tutto l'elettorato italiano, anche quello che non ha votato centro-sinistra,alle condizioni che si sono create con i risultati elettorali.
Proviamo a porci la seconda domanda.
1) Il modo di procedere è quello della preparazione all'opposizione, nella quale ciascuna forza punta a rafforzare la propria originalità in vista della vittoria futura.
2) il dialogo con il resto della società si affievolisce, in quanto lo si considera non immediatamente produttivo.
3) Non ci si preoccupa degli alleati politici e del loro ruolo.
4) Le scelte programmatiche più che corrispondere ai bisogni dell'opinione pubblica, rispondono ai bisogni della parte politica.

Le scelte fatte nella costituzione del governo
Potrebbe apparire, dalla dichiarazioni, che nessuno si ponga come base di partenza in questa fase la seconda domanda. Analizzando i comportamenti, questa sicurezza viene meno.
Una avvertenza: l'analisi, anche dura, che sto per fare nasce dalla consapevolezza che la scelta tra la prima e la seconda domanda è dirimente per il futuro dell'Ulivo e per la capacità della coalizione solidarista di incidere nella società italiana. L'analisi deve evidenziare i rischi dei comportamenti (e far emergere - se ci sono - anche motivazioni non dichiarate di questi comportamenti). Il lavoro nel territorio infatti dipende in buona parte da noi, ma i risultati - al di là dell'impegno personale e solidale di ciascuno di noi - derivano dai messaggi nazionali che arrivano all'opinione pubblica attraverso la televisione.
Analizziamo le scelte fatte nella costituzione e poi nella composizione del governo. Esse possono far pensare che a livello nazionale, senza dirlo - anzi continuando ad affermare il contrario - si sia partiti dalla seconda formulazione della domanda:
a) la accentuazione partitica (e di schieramento) all'interno della coalizione; un capitolo particolare di questa accentuazione è la sovraesposizione socialista, non giustificata dai numeri parlamentari ma spiegabile con la riaggregazione a sinistra in vista dell'opposizione);
b) l'allontanamento di ministri che, con caratteristiche diverse avevano segnato le ragioni della coalizione riformista (Rosy Bindi, Luigi Berlinguer, Paolo De Castro, Edo Ronchi: tutte le componenti hanno avuto il loro sacrificato e quindi non è stata una scelta solo interna alle singole forze);
c) la riduzione programmatica alla conclusione della legislatura (scelta evidentemente realistica, corretta) e non anche alla conferma esplicita di un percorso che vive il governo Amato come una tappa, che segue quelle percorse dal 1995 ad oggi e ci consente di metterci tenere la maglia rosa per le tappe del prossimo… campionato d'Italia (come sarebbe stato altrettanto corretto, visto che il centro-sinistra a parole si candida a governare l'Italia); certo, occorreva evitare di precostituire la candidatura di Amato alle elezioni del 2001, ma per questo bastava il richiamo esplicito alla proposta dell'Ulivo e un riferimento alla riforma elettorale non di semplice esecuzione del referendum, ma di proposta innovativa, ad esempio sulla scelta del presidente del Consiglio;
d) l'assenza del Nordest nel discorso programmatico e nella struttura del governo; non è la sola questione della rappresentanza fisica nella compagine governativa, che pure ha la sua rilevanza; si tratta del tema più complessivo che la società del Nordest propone all'azione della politica e all'azione del governo: autoimpresa, sussidiarietà non solo delle istituzione ma anche dei corpi sociali, cultura della solidarietà.
Non voglio ridurre la soluzione della crisi di governo solo agli aspetti negativi. Non c'è solo da temere da questo governo, anzi. Credo che le ragioni della sua nascita siano valide; due soprattutto: la riaffermazione della centralità della rappresentanza parlamentare e il rispetto per l'autonomia delle istituzioni repubblicane. Anche sui contenuti, il programma di governo è positivo e magari ci tornerò per una aspetto.

Le scelte da fare per la prima domanda
Torno all'inizio e provo a tentare di guardare avanti partendo dalla prima domanda.
Innanzi tutto: i dati dimostrano che non c'è stato lo sfondamento del centro-destra. Siamo tornati alla condizione del 1994: l'alleanza Polo-Lega ha prodotto lo stesso effetto. Non siamo noi che abbiamo perso, ma loro che hanno vinto. Il problema più che il Veneto, riguarda semmai altre regioni dove la Lega non è così forte come da noi.
Consolazione da poco, certo. Se cinque anni di governo con la partecipazione delle forse riformiste e solidariste non hanno scalfito questa base, è difficile che questo avvenga in meno di un anno.
E' vero, è difficile. Ma le condizioni per giocare la partita ci sono e sono dentro al risultato del voto e alla sua formazione.
I numeri sono quelli dell'alleanza Polo-Lega del 1994, ma i contenuti non sono gli stessi.
Quella di allora era una alleanza numerica, realizzata da entrambe le parti per precostituire una base parlamentare sufficiente a progetti alternativi. Lo si è visto subito, con la crisi del governo Berlusconi.
Ora questa alleanza è invece la rappresentazione di un blocco sociale di centro-destra. Essa segna la sconfitta del disegno bossiano di affrancarsi dal blocco sociale della destra e di essere comprensivo dell'intera società del Nord come i numeri potevano fargli progettare. La Lega come partito del Nord è finita ed essa assume i connotati di una corrente all'interno della coalizione liberista, come del resto enunciano i capi e come dimostra la scelta relativa ai referendum.
Proprio per queste caratteristiche l'alleanza Polo-Lega non creato preoccupazione al sud. Anche in quella parte dell'Italia è stata chiara la fine del progetto leghista e un elettorato che vuole rassicurazioni di tipo personale piuttosto che comunitario ha scelto senza timore la destra.
Razionalmente questo blocco sociale che partendo dal Nord ha trovato espressione politica anche al Sud è una difficoltà in più per il centro-sinistra. Mi pare però che lo possiamo vivere come una opportunità.
La riduzione della Lega a sola componente liberista, l'emergere di linguaggi fascisti e di comportamenti arroganti nel polo di centro-destra dopo l'omologazione della Lega, fa nascere possibili interlocutori:
- nell'elettorato leghista di massa, nell'elettorato operaio e giovanile, che vede venir meno riferimenti territoriali e di semplificazione, e contemporaneamente emergere quasi esclusivamente contenuti liberisti;
- nell'elettorato di massa di Forza Italia che in parte rischia di perdere ogni identità cattolica e solidarista e quindi di civile convivenza, che ha da sempre caratterizzato il Veneto.

Lo sviluppo delle regioni e dell'euro
Altro scenario interessante è quello determinato dalle scelte politiche, parlamentari ed istituzionali realizzate in questi quattro anni dall'Ulivo:
a) il maggiore potere alle regioni, attraverso la realizzazione del regionalismo costituzionale e anche attraverso una modifica costituzionale per rendere è possibile l'elezione diretta dei presidenti regionali;
b) la stabile partecipazione dell'Italia all'area economico-politica dell'euro, con l'affievolirsi del peso delle questioni interne, anche politiche, sulla moneta e sull'economia.
Si tratta di due condizioni che rappresentano una ulteriore, grande opportunità per le imprese, a condizione che non si rischi di paralizzare tutto con il frazionamento regionalistico derivante dal condizionamento leghista al nord. La tentazione è forte visto il peso economico che il Nord italiano ha in Europa. La tentazione può essere poi stimolata dal peso politico che ora hanno i presidenti regionali e che può determinare competizioni nella coalizione di centro-destra: pensiamo all'alternativa tra Berlusconi e Formigoni.
Questa opportunità euro-regionale è un tema sul quale investire a livello locale, con l'azione dei consiglieri regionali del centro-sinistra, e a livello nazionale con una scelta precisa per una gestione agibile del federalismo.

Le azioni positive
Oltre alle condizioni che sia il voto, sia le riforme realizzate dall'Ulivo ci offrono come opportunità, ci sono alcune azioni positive che è comunque indispensabile fare.
1) Ho già detto della necessità di rafforzare l'Ulivo caratterizzando meglio le sue singole componenti e contemporaneamente semplificando il quadro. L'immagine televisiva delle 17 persone che a nome del centro-sinistra sono andate da Ciampi a proporre Amato (molte delle quali vogliose di mettersi in prima fila letteralmente… per farsi vedere), questa immagine non è sopportabile dall'opinione pubblica, anche da quella che vota l'Ulivo e le sue componenti.
Ciò vale al centro: è il tema sul quale maggiormente si insiste, anche per le dimensioni delle singole forse politiche di quest'area. In Veneto siamo al riguardo già oltre l'esperimento, siamo alla concreta realizzazione di espressioni istituzionali come il gruppo consiliare unico in regione.
Per quanto riguarda quest'area, essa poi è chiamata a rispondere ad un altro dato che particolarmente in Veneto è rilevante: mi riferisco alla cosiddetta "rinascita della Dc", fenomeno in parte già realizzato in Forza Italia e comunque in grado di richiamare una parte dell'elettorato di massa leghista (di cui dicevo prima come opportunità per l'Ulivo) se nella coalizione solidarista non si realizza un soggetto politico in grado di bilanciare la strumentale proposta di un riferimento per unitario per i cattolici.
Questa attenzione alle azioni positive del centro ha la sua giustificazione nel fatto che è in questa parte della società che si determinano storicamente i maggiori movimenti.
Credo però che il comportamento elettorale abbia posto e ponga analogo tema anche per la sinistra. La sua riaggregazione, attraverso una non facile ma produttiva dialettica interna, è probabilmente la condizione per sottrarre all'assenteismo una parte degli elettori che hanno molte ragioni per non votare centro-destro, ma non ne hanno a sufficienza per votare centro-sinistra.
2) Questa osservazione introduce il secondo pacchetto di azioni positive, quelle che è necessario compiere nei confronti dell'elettorato operaio e solidarista. Ne dovrebbe emergere la apertura dell'Ulivo (finché non troviamo un altro nome, teniamoci caro questo) come casa ospitale: facendo vedere i costi comuni della solidarietà, ma anche i costi che tutti insieme dobbiamo pagare per la non-solidarietà.
Faccio un solo esempio. In questi anni abbiamo dato molte risposte alle imprese in tema di flessibilità del lavoro, in particolare per quanto riguarda l'ingresso al lavoro. Contemporaneamente però non abbiamo offerto gli stessi strumenti ai lavoratori, in particolare ai giovani, cioè a coloro che più "naturalmente" votano Ulivo. Essi hanno finito per sentirsi insicuri, non attrezzati alla competizione fortemente cresciuta nel mercato del lavoro. La loro condizione di insicurezza esistenziale è un presso della non-solidarietà che si scarica su tutta la società.
Tocca all'Ulivo dare risposte positive, portando in avanti la società italiana e non tanto mediando tra le parti. Avevo detto che sarei tornato sugli aspetti positivi del governo. Eccone appunto uno su questa questione: Giuliano Amato annuncia che intende utilizzare risorse aggiuntive "per la misura più importante al fine di rendere flessibile il mercato del lavoro: la formazione". "Il mercato del lavoro - ha detto nel discorso programmatico - diventa flessibile nel momento in cui la forza contrattuale delle parti è comparabile, nel momento in cui chi cerca lavoro incontra un bisogno di lavoro e, quindi, è nella negoziabilità delle due posizioni che si trova la prima ragione della flessibilità. Si può ipotizzare un grande sforzo pubblico e privato di formazione ed educazione, che – ripeto – non deve essere soltanto pubblico. Una formula che dobbiamo irrobustire è quella del cofinanziamento anche per soggetti privati e del non profit che realizzino centri aperti al pubblico per la formazione- non di elevatissimo livello, che spetta alle università - e del cofinanziamento per i comuni che realizzino analoghi centri e programmi. Si tratta di iniziative che possiamo e dobbiamo adottare: sono le prime – ripeto – necessarie per rendere flessibile un mercato del lavoro il cui principale problema è l’ottimizzazione nell’impiego del capitale umano e la cui principale necessità è avere lavori flessibili che non siano caratterizzati da un dislivello tale tra offerta e domanda da trasformare la flessibilità in precarietà, in insicurezza, in illegalità".

L'attività locale
Ci sono anche iniziativa da parte dei comuni, con le quali si danno risposte positive. Anche in questo caso partendo dalle realizzazioni dell'Ulivo e dalle condizioni della società.

1) Il cambiamento del "welfare state", per quando necessario, determina condizioni (sia concretamente economiche che psicologiche) di insicurezza e di incertezza. Ad esse può in parte rispondere un nuovo ed originale "welfare municipale" (costruito attorno ai municipi, magari in consorzio). Alcuni strumenti sono contenuti nella riforma sanitaria promossa dal ministro Rosy Bindi. Adoperare questi strumenti è anche un modo per riaffermare la continuità politica di quelle scelte.
E' un esempio, importante, di politiche positive degli enti locali: ma altre possono essere fatte in tema di politiche giovanili (anche qui utilizzando magari la riforma sull'autonomia scolastica promossa dal ministro Berlinguer); in tema di sicurezza; in tema di trasparenza fiscale, ad esempio sulla casa di abitazione.
2) Una parte rilevante delle azioni positive deve riguardare l'Europa. La centralità di questa dimensione è stata fra gli elementi di originalità apprezzati nel 1996 e negli anni seguenti da un'opinione pubblica più vasta di quella "naturalmente" ulivista. Anche come continuità, questa azione merita di essere compiuta, ma non solo.
Il tema "nuovo" (cioè da rendere familiare e concreto alle opinioni pubbliche) è quello dell'allargamento dell'Unione Europea. Esso è rilevante per il Veneto che con questo processo diventarà non più regione di confine, ma regione centrale dell'Unione con tutte le conseguenze positive che ne possono derivare da una azione politiche veramente europeista e capace (come è successo con l'euro) di gestire le difficoltà e di diffondere i benefici.
Ci sono poi alcune scelte che possiamo fare qui a livello di Collegio Euganeo. Ne sottolineo due
1) Investire nei comuni in cui si vota. Nel 2001, in concomitanza con le elezioni politiche, si svolgeranno nel collegio degli Colli Euganei elezioni municipali rilevanti: si voterà ad Abano Terme, Lozzo Atestino, Montegrotto Terme, Rovolon. Credo che dovremo impegnarci, e personalmente mi impegnerò, perché emerga tempestivamente la proposta politica del centro-sinistra (in ciascun comune in forme locali, autonome ed originali), capace di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e di essere "apprezzabile" per l'elettorato non berlusconiano.
2) Adoperare strumenti di comunicazione nuovi. Il tema della comunicazione è uno di quelli aperti nell'Ulivo, sia per i contenuti (come si è visto), sia per gli strumenti (sempre inadeguati), sia per il confronto con Berlusconi (…inavvicinabile). Non lo possiamo svolgere da soli questo tema. Qui però possiamo fare qualcosa; ad esempio, utilizzare meglio le tecnologie informatiche (dalla posta elettronica ad internet), che non richiedono grandi capitali economici e che dipendono dal capite umano che siamo in grado di metterci. Oltre che strumento per un dialogo interno, l'utilizzo dell'informatica ha anche una "cifra" politica di modernità, di trasparenza e di immediatezza, che può farci apprezzare da una parte dell'opinione pubblica che si sente allontanata (uso volutamente questo aggettivo passivo e non quello attivo "lontana") dalla politica.
Anche in questo ritorna, come sempre, il tema centrale delle partite che vogliamo giocare per vincere il campionato d'Italia della politica nella primavera prossima: assumere comportamenti e contenuti che diano motivazioni per votare ai molti che non hanno votato. Oltre a rafforzare la squadra, con il dialogo con la società, è infatti determinante creare il tifo.

15 maggio 2000


22 maggio 2000
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Tino Bedin