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Prendiamo atto di un distacco
di cui non ci nascondiamo la portata
Prodi si mette in proprio
Un’ennesima frammentazione, che porta alla necessità di competere: i Popolari sono pronti
di Leopoldo Elia

Il tentativo di Marini per dissuadere Prodi dal presentare un’altra lista alle elezioni europee è stata una cosa seria: non soltanto le due ore di colloquio, i principali argomenti trattati (criteri per la formazione della lista, legge elettorale) ed il comunicato reso più cauto dal segretario del PPI rispetto al testo più ottimistico di Prodi testimoniano l’importanza riconosciuta da entrambe le parti al raggiungimento dell’intesa. Non si è dunque trattato di un gesto a giochi fatti, né tantomeno di un passaggio del cerino per scarico di responsabilità. Malgrado questo buon inizio Prodi, (con nostro profondo rammarico), ha esercitato venerdì il suo "diritto protestativo" di fondare una nuova formazione politica: è probabile che sia stato richiamato all’osservanza di impegni presi con altri soggetti saliti su un treno che si stava già muovendo sia pure con la lentezza propria dell’uscita dalla stazione di partenza.
Preso atto di un distacco di cui non ci nascondiamo la portata, mette conto di riflettere sui comportamenti non lineari assunti da chi ha reso parziale e, per così dire, unilaterale l’esperienza dell’Ulivo finora caratterizzante l’intera coalizione di maggioranza.
Dapprima si è detto che Prodi voleva riunire tutte le componenti non identificate con il partito DS, per bilanciare meglio la preponderanza di questa forza politica: in questo senso si prospettava un rafforzamento del centro nel centro-sinistra. Poi la formula della "gamba di centro" prodiana, che conteneva una sfida diretta soprattutto al PPI, è apparsa riduttiva ed impropria: ed è stata sostituita dl motto "riunire tutti i riformisti" presenti in tutte le componenti della coalizione del 21 aprile. E così la sfida si estendeva anche al partito DS. Se era prevedibile che la ricerca dei voti da parte dei prodiani si allargasse senza limitazioni prestabilite come è proprio di ogni forza presente nella competizione elettorale, non sfugge a nessuno la gravità del motivo implicito nell’appello ai riformisti. Così si nega la capacità riformatrice al PPI e ai DS e si rivendica alla nuova formazione il monopolio della capacità di riformare la Repubblica.
Tutti gli altri sarebbero riformatori a parole: nulla salus al di fuori del secondo Ulivo, depositario del nuovo e del bello, insomma della nuova politica.
La risposta a questa pretesa esorbitante (ritorna d’attualità il lessico di Martinazzoli) è che noi siamo altrettanto (e anche di più) coerenti sostenitori della bipolarizzazione del sistema politico; che lo dimostreremo anche nella prossima elaborazione delle leggi elettorali, più avanzate in senso bipolare del lunatico testo risultante dall’approvazione del referendum, che per reagire\ alla ulteriore frammentazione prodiana del sistema faremo nascere nuovi istituti per stabilizzare governi di legislatura con un Premier sostenuto dall’investitura popolare.
Saremo dunque fedeli alle proposte riformatrici contenute nel libro verde di programma che abbiamo tutti insieme presentato agli elettori.
Frattanto è lecito constatare la differenza tra le esperienze dei borgomastri e dei presidenti dei Lander tedeschi rispetto a quelle dei sindaci italiani protagonisti delle centocittà. Gli Adenauer e i Kohl partirono da Colonia e dalla Renania per fare grande politica nazionale inserendosi in un partito già esistente; i sindaci italiani dell’elezione diretta si sono affrettati a fondare un nuovo partito. Insomma non hanno avuto la pazienza e l’umiltà dei colleghi tedeschi vogliosi come sono (gli italiani) di utilizzare subito, mentre sono ancora in carica, quel capitale di simpatie e di voti che i vecchi partiti avevano contribuito incautamente a formare.
Prodi dice di essere sicurissimo della volontà di "ricomporre" subito dopo le lezioni europee; ma non siamo più ai tempi del comporre e dello scomporre moroteo nell’ambito della molteplice Democrazia Cristiana. Ora i rischi della frantumazione da personalizzazione del potere sono assi più forti, e molto dipenderà dalla tenuta a livello di maggioranza e di Governo.
Auguriamoci che la ricomposizione non sia sopraffatta dalla competizione. Ma ora competere è necessario; e noi non ci sottrarremo.

9 febbraio 1999


13/2/1999
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