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Romano Prodi al Senato l’8 ottobre 1997

I cinquecento giorni

che hanno ridato speranza all’Italia
Il governo dell’Ulivo, il Parlamento, la consapevolezza dei cittadini hanno portato il nostro paese ad un traguardo che sembrava irraggiungibile: la moneta unica e l’attenzione alla giustizia nella società e tra generazioni

di Romano Prodi

Signor Presidente, onorevoli senatori, quando a nome del Governo mi sono presentato di fronte a voi a chiedere la fiducia, al centro del mio programma stava la coscienza profonda della gravità della crisi economica e finanziaria d'Italia. Il rischio vero ed imminente di restare fuori dall'Europa e la fermissima volontà di garantire invece che il Paese non perdesse questo appuntamento è divenuto perciò l'impegno fondamentale del mio Governo, e tutta la nostra strategia da allora è stata profondamente, profondamente influenzata da questo nostro obbligo.
L'altro elemento forte è la convinzione che il Paese avesse bisogno di una stagione di profonde riforme: fin dall'inizio abbiamo infatti affermato che il risanamento economico doveva essere accompagnato da una grande opera di modernizzazione; il sistema italiano doveva essere finalmente in grado di dare il proprio contributo alla costruzione dell'Europa.
Il terzo grande elemento del programma riguardava, infine, la consapevolezza che nè il risanamento economico nè le grandi riforme di struttura e neppure lo stesso appuntamento con l'Europa potevano essere fini a se stessi ed esaurire da soli l'impegno del Governo. Si affermava infatti con assoluta chiarezza di voler affrontare le emergenze del Paese con una strategia di grande respiro per collegare il risanamento della finanza pubblica con una prospettiva di sviluppo economico.
Dissi infine fin d'allora che l'intera strategia sulla quale il Governo aveva costruito i suoi obiettivi e si presentava a chiedere la fiducia alle Camere si inseriva nella prospettiva di un'intera legislatura. Sottolineai infatti che la lunga e difficile transizione italiana non poteva essere definitivamente superata se non attraverso un impegno duraturo nel tempo, stabile nei propositi e determinato negli obiettivi; un Governo di legislatura, appunto, che potesse operare con i tempi e l'autorevolezza necessari a portare l'Italia fuori dalle anomalie e dalle difficoltà che tanto avevano pesato nella sua recente storia.
Oggi, a cinquecento giorni dall'entrata in carica di questo Governo, è possibile fare un primo bilancio del lavoro svolto; un lavoro duro e difficile, che è stato possibile grazie all'impegno dei parlamentari di tutta la maggioranza, ai quali va il mio ringraziamento ed apprezzamento, ma anche grazie al modo responsabile e attento con il quale l'opposizione ha svolto il suo ruolo.
Non dobbiamo però dimenticare che i risultati più importanti che il Paese ha ottenuto in questi mesi sono stati costruiti sui sacrifici dei nostri cittadini; un impegno che è stato non inutile, e infatti questi sono i dati dell'economia dopo cinquecento giorni: il tasso di inflazione dall'aprile '96 al 4,5 per cento è passato a settembre di quest'anno all'1,4 per cento. I tassi di interesse del mercato a lungo termine (oltre il 10 per cento all'epoca delle elezioni) oggi sono al 6 per cento; gli interessi sui mutui per l'acquisto della casa erano al 12-13 per cento e oggi sono all'8,5-9 per cento.
Il differenziale dei tassi di interesse (4 punti) oggi è tra mezzo punto e un punto; in questi mesi la Borsa valori è cresciuta del 50per cento e la lira è rientrata nello SME. L'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche - questo è il vero cambiamento - dal 7 per cento del 1995 è passato al 6,7 per cento del 1996 e al 3 per cento di quest'anno. La certezza del raggiungimento di quest'ultimo risultato è testimoniata dall'andamento del fabbisogno del settore statale, che nei primi otto mesi del 1997, aconferma di quanto detto, è più che dimezzato rispetto allo scorso anno. E tutto ciò è avvenuto con segnali di ripresa negli ultimi duecento dei cinquecento giorni.
Un solo dato, che riassume il miglioramento complessivo dell'economia: il prodotto interno lordo è cresciuto nel secondo trimestre del 1997 dell'1,9 per cento rispetto allo stesso trimestre del 1996, per cui noi contiamo che su base annuale si vada oltre l'1,2 per cento (quello che era ritenuto un obiettivo ottimista).
I sacrifici che i cittadini hanno sopportato dimostrano che sono stati perfettamente consapevoli della posta in gioco. Mentre infatti in alcuni Paesi è stato necessario tenere un combattuto referendum per sanzionare la scelta europea, in Italia milioni e milioni di cittadini hanno pagato senza esitazione il loro contributo di sacrifici per l'ingresso in Europa E tutte le strutture sociali, a cominciare dalle grandi organizzazioni sindacali, hanno concorso con le forze politiche a radicare nel Paese la convinzione che i sacrifici richiesti fossero necessari per non mancare al fondamentale appuntamento europeo.
Il senso della storia che abbiamo dimostrato in questi mesi e l'impegno per il risanamento nazionale hanno stupito tutti, italiani e stranieri. È bene a questo punto ritornare un attimo su questi problemi.
Per molti anni, infatti, l'Italia ha vissuto al di sopra dei propri mezzi, provocando l'aumento esponenziale del debito pubblico anche nelle fasi di favorevole congiuntura economica.
L'eredità negativa che abbiamo ricevuto è tutta riassunta in un debito pubblico di molto superiore alla ricchezza prodotta in un anno. Dopo questi tempi di spreco e di irresponsabilità è toccato a noi guidare il Paese sul sentiero stretto e difficile del risanamento, un risanamento imposto dai vincoli di Maastricht, ma che in ogni caso avremmo dovuto perseguire per senso di responsabilità verso noi stessi e soprattutto verso le nuove generazioni.
L'onere sul debito è un'ipoteca sul futuro e toglie ogni risorsa alla promozione dello sviluppo.
In cinquecento giorni abbiamo proposto una politica di bilancio che abbiamo perseguito con ostinata determinazione.
Tra il giugno 1996 ed il marzo 1997 abbiamo assunto provvedimenti correttivi per complessivi 100.000 miliardi; provvedimenti rigorosi, ma ispirati ad un senso di equità e giustizia sociale, come era ed è nell'impegno e nel sistema di valori che ispirano le forze politiche che hanno composto la maggioranza di Governo.
Quando questo Governo si è insediato, l'Italia era lontana dai cinque parametri di Maastricht e sembrava esclusa dall'Unionemonetaria: oggi possiamo dire che quattro dei cinque parametri sono stati conseguiti, mentre il quinto, cioè il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, ha segnato finalmente un'inversione di tendenza.
Come ha giustamente detto il ministro Ciampi nella relazione al Consiglio dei ministri che ha approvato il disegno di legge finanziaria, i risultati sono stati davvero eccezionali: l'inflazione è ridotta ai minimi storici ed i tassi di interesse sono tornati ai livelli degli anni '60.
Tutto questo ha dato all'Italia una rinnovata credibilità internazionale. È questo l'altro risultato dei mesi passati: non abbiamo solo risanato sostanzialmente la nostra economia, ma abbiamo anche ritrovato l'attenzione internazionale ed un giusto orgoglio nazionale in tutti i consessi.
Il ruolo stesso che ci è stato affidato in Albania è indice di questa ritrovata credibilità ed il modo con il quale abbiamo concorso a svolgere questo compito (modo per il quale ringrazio ancora una volta a nome di tutti le Forze armate) è testimonianza di questo prestigio. L'Italia sta tornando - e nei prossimi anni è impegnata a perseguire questa azione - ad occupare un posto importante nella scena del mondo.
Nel corso di questi mesi noi non soltanto abbiamo ottenuto questi risultati, ma abbiamo anche iniziato la sfida della modernizzazione del Paese attraverso l'attuazione di indispensabili riforme di settori strategici del nostro ordinamento statale.
Non mi riferisco solo al lavoro della Commissione bicamerale, lavoro importante, al quale il Governo guarda con estremo interesse e che si augura possa proseguire fino al pieno compimento della riforma, ma che è tutto nella responsabilità del Parlamento; mi riferisco alle innovazioni che incidono sulla legislazione e sulle strutture amministrative, degli apparati statali e degli stessi enti autonomi.
Abbiamo posto al centro, infatti, di tutto la riforma dell'amministrazione pubblica italiana, seguendo la filosofia che la via da seguire è quella di un ampio trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni ed alle autonomie locali, riservando all'amministrazione centrale una funzione di solo indirizzo e coordinamento.
A distanza di poco più di un anno sono state approvate due leggi, la n. 127 e la n. 59, che stanno trasformandol'amministrazione italiana secondo linee che questo Parlamento ha condiviso; a tali riforme affidiamo gran parte del nostro futuro e del futuro dell'amministrazione italiana.
L'unità nazionale non può in alcun modo essere messa in discussione ed è dovere di ciascuno di noi respingere ogni spinta alla secessione ed alla divisione del Paese. Ma non vi è dubbio che la migliore risposta ad ogni spinta secessionistica risiede nella capacità di saper finalmente dare all'Italia una struttura amministrativa articolata e flessibile, capace di esaltare le differenze e le specificità delle diverse aree del Paese.
Per questo il Governo considererebbe oggi di gravissimo danno ogni avvenimento che obbligasse ad interrompere il processo che è appena iniziato, facendo così perdere all'Italia un'occasione di importanza storica.
La riforma amministrativa e la costruzione di un autentico federalismo, anche a Costituzione invariata, non esauriscono tuttavia l'impegno del Governo; a tutto ciò si è infatti accompagnato il grande impegno rappresentato dalla preparazione della riforma del bilancio dello Stato, del sistema di contabilità pubblica e l'unificazione dei Ministeri del tesoro e del bilancio, provvedimenti tutti che concorrono a dotare lo Stato italiano di regole più certe e di un sistema più moderno di governo della spesa pubblica.
Essenziale è poi l'importanza della riforma del sistema tributario e fiscale.
Avevamo detto che ci impegnavamo a promuovere un federalismo fiscale cooperativo. Oggi, grazie alle deleghe contenute nella legge finanziaria dello scorso anno, abbiamo cominciato a dare attuazione a tali impegni. Di fatto è tutto il sistema fiscale italiano che viene ridisegnato.
L'impegno riformatore che il Governo ha promosso in questi mesi non si limita però a questi importantissimi settori: la riforma della scuola, della ricerca scientifica e del «pianeta giustizia» hanno valenza strategica di pari importanza, mentre il Governo ha approvato, o sta per approvare, importanti ed innovativi provvedimenti nell'ambito della sanità, dei trasporti, dell'ambiente, della politica della famiglia, dell'organizzazione del mercato del lavoro e della disciplina dell'attività industriale.
Nè minore importanza rivestono gli altri provvedimenti di riforma già avviati o presentati in Parlamento da tutti i Ministri, che quivoglio ringraziare per il lavoro che svolgono e per lo spirito di collaborazione che dimostrano, a cominciare dal ministro Veltroni che, come vice presidente del Consiglio, mi è sempre stato particolarmente vicino.
Particolare attenzione abbiamo sempre prestato per sostenere l'opera della magistratura nella difesa della legalità.
Possiamo adesso dire che il processo di ammodernamento del sistema Italia è finalmente partito e che tale occasione il Paese non può perdere in questa delicata fase della sua storia.
Su questo piano i prossimi mesi rivestono un'importanza particolare: durante questo periodo dovranno infatti essere completate le grandi riforme di cui il Paese ha assoluto bisogno per sfruttare a pieno la possibilità offerta dall'adesione all'Euro.
È questo il grande contributo che il Governo che presiedo ha dato e intende continuare a dare. Noi ci siamo mossi ed intendiamo continuare a muoverci nella linea del grande riformismo europeo ed occidentale.
Il nostro obiettivo infatti è lo sviluppo del Paese; il nostro scopo è fare in modo che esso, nel rispetto dell'equità e della gelosa difesa dei grandi valori della nostra tradizione democratica e sociale, possa concorrere a pieno titolo e a pari dignità con le altre grandi nazioni del mondo.
La riforma della seconda parte della Costituzione, quando sarà approvata definitivamente, potrà così trovare un Paese già molto avanti sul cammino delle riforme e pronto a sostenere con vantaggio il nuovo quadro istituzionale.
Onorevoli senatori, ho fin qui ricordato le linee essenziali del lavoro che con la vostra collaborazione e con il vostro sostegno il Governo sta compiendo. Il risanamento finanziario non è un fine in sè, così come non è un fine in sè la riforma dell'amministrazione. Queste sono solo tappe per garantire il raggiungimento di quello che deve restare il vero obiettivo che tutti dobbiamo avere presente: il rilancio dell'economia e la costruzione di un sistema capace di assicurare vera occupazione, vera ricchezza e vera solidarietà.
Per questo l'impegno per lo sviluppo, specialmente nelle aree come il Mezzogiorno che registrano oggi altissimi tassi di disoccupazione, ha per noi costituito il terzo grande pilastro dell'azione di Governo. Abbiamo posto chiaramente fra le priorità fondamentali la questione meridionale, rompendo l'epoca degli imbarazzi e dei silenzi, e abbiamo esplicitamente detto che intendiamo sostenere in ogni modo le classi dirigenti locali migliori del Meridione nello sforzo che tocca a loro fare affinchè finalmente anche queste regioni compiano un salto decisivo sul terreno dell'innovazione e della modernizzazione.
Abbiamo delineato così una nuova strategia incentrata sullo sviluppo dal basso e su politiche attive per il lavoro. Vogliamo puntare infatti sulla responsabilità degli attori locali dello sviluppo, accompagnando questo sforzo con infrastrutture di qualità materiali e immateriali, utilizzando i fondi comunitari, incidendo sul costo del lavoro, usando la leva fiscale per attrarre investimenti e per rendere il Mezzogiorno un'area in cui sarà conveniente investire anche in maniera competitiva rispetto ad altre aree europee.
Nuovi strumenti sono stati adottati per attuare questa strategia: gli strumenti previsti dal cosiddetto pacchetto Treu, i prestiti d'onore, le borse di lavoro, i patti territoriali e i contratti d'area.
È infatti primariamente nel Mezzogiorno che va creato un ambiente competitivo più moderno agendo sui fattori produttivi, iniziando da quello umano in grado di stimolare la nascita di nuovi insediamenti.
È in tale luce che si spiega la centralità che non da oggi attribuiamo alla scuola tecnica, una scuola che per definizione è legata alla vocazione produttiva del territorio sul quale nasce.
Riguardo ai provvedimenti concreti, elenchiamo rapidamente i patti territoriali, per i quali sono stati stanziati 1.700 miliardi, di cui oltre 900 già utilizzati, e il prestito d'onore, per cui sono state presentate 33.000 domande e sono stati attivati 60 corsi di formazione.
Soprattutto, in un anno la spesa dei fondi comunitari è più che triplicata nelle aree di obiettivo 1: questa è la grande sfida, non dimentichiamolo. Se queste tendenze venissero confermate, si potrebbe raggiungere il 35-38 per cento di spesa dello stanziamento comunitario complessivo a fine 1997 e questo consentirebbe di impiegare tutti i fondi a disposizione delle aree depresse entro il 1999 e di spenderli entro il 2001.
Il Governo ha inoltre confermato gli sgravi previdenziali totali per i nuovi assunti nel Sud e sono stati stanziati per questo 2.250 miliardi. Inoltre sono stati confermati gli incentivi alle imprese e il rifinanziamento delle leggi per l'innovazione tecnologica e della legge Ossola a favore degli esportatori; sono state avviate le trattative con l'Unione europea per introdurre un incentivo al lavoro nelle regioni comprese nell'obiettivo 1.
Signor Presidente, un Paese con un elevato debito pubblico non può permettersi di ridurre le imposte prima di aver riportato sotto controllo la spesa pubblica complessiva, così come non può rilanciare gli investimenti pubblici se prima non ha corretto l'andamento della spesa corrente. Questo è il criterio che ha guidato la politica di bilancio di questo anno e mezzo.
Per governare la spesa pubblica è stato necessario dotarsi di strumenti di intervento operativo sulla pubblica amministrazione e di un progetto di riforma di lungo respiro sulla spesa sociale. Tutto ciò ha richiesto tempo e, in una prima fase, è stato necessario chiedere agli italiani uno sforzo fiscale aggiuntivo.
Per consentire nel prossimo futuro una più equa redistribuzione del prelievo ed un allargamento della base imponibile, è stato necessario predisporre una riforma fiscale che ha coinvolto tutti i tipi di imposte e le procedure di accertamento e di soluzione del contenzioso fiscale.
Il tempo non è quindi trascorso inutilmente. La riforma della pubblica amministrazione e del bilancio dello Stato, già approvate, e il progetto di riforma della spesa sociale sono gli strumenti che il Governo ha utilizzato nel redigere la legge finanziaria per il 1998, per trasformare in permanenti i risultati raggiunti nel 1997.
Gli intenti di questo programma di lavoro sono stati pienamente percepiti dagli operatori economici e dalle famiglie, che hanno mostrato in questi mesi una fiducia crescente nel successo del programma di Governo.
Nel settembre dello scorso anno avevo promesso che la legge finanziaria 1997 sarebbe stata l'ultima con pesanti interventi, e così è stato. Le correzioni di bilancio che il Governo si propone di apportare nella nuova legge finanziaria sono di poco superiori ad un punto del PIL: un quarto dell'entità degli interventi effettuati tra il giugno 1996 e il marzo 1997.
In particolare, ci proponiamo dal lato delle entrate di redistribuire il prelievo da imposizione diretta ad imposizione indiretta, rafforzando la lotta all'evasione fiscale, semplificando il rapporto tra cittadino e fisco attraverso l'abolizione in concreto di diversi adempimenti fiscali e garantendo comunque una riduzione della pressione fiscale nel prossimo anno, anche se ancora a livello contenuto.
Ciò non impedisce di assegnare notevoli sgravi fiscali alle imprese localizzate in aree di disagio occupazionale che assumano nuovi occupati (10 milioni per il primo occupato e 8 per gli occupati successivi), di prevedere agevolazioni fiscali alle imprese che effettuino investimenti produttivi nelle aree dei contratti d'area e di prevedere, infine, misure a favore del patrimonio edilizio basate sullo strumento della detrazione di imposta pari al 41 per cento delle spese effettivamente sostenute fino ad un importo massimo di 150 milioni da ripartirsi nell'arco di cinque anni.
Dal lato della spesa il disegno di legge collegato al disegno di legge finanziaria avvia un'azione minuziosa di ricostruzione dei meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione, incentrata sul principio di responsabilità dei dirigenti e delle unità di bilancio. Questa impostazione consentirà di mantenere il fabbisogno finanziario delle diverse entità della pubblica amministrazione, compresi le regioni e gli enti locali, al livello raggiunto lo scorso anno e consentirà inoltre di incentivare con premi al personale i miglioramenti di efficienza. I risparmi così ottenuti saranno impiegati nelle politiche di sostegno agli investimenti pubblici che potranno quindi espandersi in termini reali.
Per il triennio 1998-2001 gli investimenti aggiuntivi ammontano a circa 38.500 miliardi. Per il prossimo quinquennio si prevedono inoltre per il Mezzogiorno e le aree depresse 11.000 miliardi in aggiunta ai 47.000 già stanziati fino al 2001.
Un'attenzione particolare è stata dedicata alle imprese di pubblica utilità, cioè le ferrovie e le poste.
Da ultimo, il Governo sta conducendo un ampio confronto con le parti sociali al fine di ridisegnare l'intera spesa sociale con un orizzonte pluriennale. Molti punti di intesa sono già stati raggiunti ed essi si raccordano a ciò che il Governo ha già fatto con il provvedimento relativo alla promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Vorrei ricordare che sono un milione e mezzo i bambini e gli adolescenti che vivono in condizioni disagiate e l'80 per cento di questi è localizzato nel Mezzogiorno.
L'accordo prevede una riforma più generale dell'assistenza con l'intento di rafforzare le politiche di sostegno alle famiglie con l'aumento dell'assegno al nucleo familiare, le norme sui congedi parentali e familiari, l'aiuto ai giovani che vogliano costruirsi una famiglia per acquistare o affittare una abitazione.
In quest'ambito va ricordata l'istituzione del fondo per le politiche sociali e la lotta alla povertà, finanziato con una dotazione di 550 miliardi di lire, e lo stanziamento di 300 miliardi per i disabili.
Il Governo e le parti sociali sono pienamente d'accordo nell'impiegare strumenti di selezione delle prestazioni assistenziali e sanitarie da erogare, pur nel rispetto delle impostazioni universalistiche cui si è ispirata, in questo ambito, tutta la nostra azione di Governo. Queste determinazioni troveranno un percorso legislativo in disegni di legge collegati ai provvedimenti di bilancio.
Sul terreno degli incentivi all'occupazione abbiamo proposto innanzitutto di utilizzare le risorse e le competenze tecnologiche dell'IRI, così che dalle ceneri di questa antica holding possa nascere una nuova IRI, in grado di sfruttare meglio, in funzione dello sviluppo del Sud, le competenze in materia di progettazione e di creazione ed organizzazione del lavoro.
Più in concreto, abbiamo proposto di creare una grande ed unica Agenzia che possa unificare in forma di società per azioni tutte le diverse attività che oggi sono sparse in numerose agenzie di promozione industriale operanti nel territorio. Questa Agenzia dovrebbe indirizzare le proprie attività in tre direzioni. Innanzitutto, operando attraverso le esistenti società di progettazione, dovrebbe realizzare grandi progetti, come la messa a punto del sistema delle acque nel Mezzogiorno, nonchè attività di progettazione specifica al servizio del territorio e delle autonomie locali. La ricaduta di questa attività, anche in termini di utilizzazione dei fondi strutturali europei, è evidente.
Il secondo intervento riguarda l'unificazione e la razionalizzazione delle attività di creazione di posti di lavoro e di promozione industriale. L'Agenzia dovrebbe operare affinchè nelle aree più svantaggiate vengano promossi nuovi investimenti produttivi. Le attività da intraprendere sono parecchie e vanno dall'analisi delle imprese alla fornitura di capitale di rischio, alla definizione di forme come l'aggiornamento delle banche dati per esaltare le opportunità localizzative del territorio.
Il terzo ramo di attività di questa Agenzia dovrebbe essere quello dell'organizzazione, secondo una logica più funzionale e diretta al risultato, dei lavori socialmente utili nel Sud. Secondo la proposta del Governo, questa Agenzia, che ha bisogno di un'ingente dotazione di capitali per far fronte ai compiti assegnati, potrà utilizzare alcune migliaia di miliardi che deriveranno all'IRI dal conguaglio relativo alla vendita della Telecom-Italia; conguaglio che deriva dal differente valore di borsa oggi esistente rispetto al momento in cui la STET fu acquistata dallo Stato.
Accanto a questa proposta, il Governo guarda poi con attenzione ad azioni che favoriscano l'investimento al Sud da parte di imprese del Centro-Nord. Si tratta di promuovere un grande sforzo all'insegna del Sud che chiama il Nord e del Nord che risponde in modo dinamico ed economicamente produttivo. Si tratta di snellire le procedure e rendere certi i tempi amministrativi, di assistere le imprese negli iter amministrativi, di assicurare le infrastrutture di base, di favorire la piena utilizzazione degli strumenti consensuali per l'elasticità del lavoro e di sviluppare un'intensa attività di formazione professionale, nonchè, infine, di garantire la sicurezza del territorio.
Il Governo pensa di sperimentare (ed è una sperimentazione che sta trovando un grande favore da parte delle associazioni imprenditoriali e delle comunità locali) una sorta di gemellaggio tra aree ed imprese del Nord ed aree ed imprese del Sud, utilizzando soprattutto i distretti industriali.
Per quanto riguarda infine la previdenza, l'accordo con le parti sociali non è ancora stato raggiunto. I princìpi sui quali va delineandosi una convergenza riguardano l'equiparazione dei trattamenti pensionistici dei dipendenti privati e dei dipendenti pubblici e delle rispettive condizioni di accesso alla pensione di anzianità, un'azione di revisione delle condizioni di privilegio che ancora permangono nelle regole di alcuni fondi pensionistici speciali, una moderata accelerazione delle condizioni di accesso alla pensione di anzianità previste dalla legge Dini, che salvaguardi le categorie operaie; la possibilità di lasciare condizioni dimaggiore flessibilità nel combinare pensione e lavoro nella difficile fase di uscita dal lavoro per chi ha già passato i cinquant'anni, il tutto nel rispetto del vincolo di non appensantire la spesa pensionistica; infine, la necessità che anche il lavoro autonomo dia il suo contributo alla stabilizzazione della spesa pensionistica nei prossimi anni.
Queste sono le proposte di completamento della finanziaria che il Governo si augura possano corrispondere alle attese della maggioranza e del Parlamento.
Il Governo è consapevole che il 21 aprile 1996 ha ricevuto un mandato dal suo elettorato, il cui contenuto principale era il risanamento economico nella salvaguardia della solidarietà sociale. Il Governo è altresì consapevole che uno Stato sociale si legittima agli occhi dei cittadini se i processi redistributivi che mette in atto presentano caratteristiche di efficienza operativa e di equità. Questa è l'azione che il Governo intende continuare a perseguire. Il Paese non capirebbe il suo abbandono ora che il processo di risanamento è avviato alla conclusione e che la ripresa della crescita apre nuove speranze al miglioramento dello standard di vita delle famiglie.
Il Paese non intende rotolare indietro verso nuove fasi di instabilità finanziaria e valutaria, verso tassi di interesse più elevati, verso un'inflazione più alta e verso un orizzonte indeterminato di nuove strette fiscali.
Onorevoli senatori, vi chiedo scusa di una certa, forse eccessiva, analiticità. È molto importante però che tutti sappiano di cosa si sta discutendo e che tutti abbiano piena consapevolezza non solo dei grandi valori in gioco, ma anche dei dettagli delle proposte del Governo. Quest'anno, infatti, noi presentiamo per la prima volta dopo molti anni una finanziaria che si caratterizza non solo per quanto «taglia», ma anche per quanto investe e promuove. E consideriamo questo come un segno importante di svolta per il Paese. In questa finanziaria infatti vi è il segnale che in Italia si può tornare a progettare anche in positivo il proprio futuro.
Peraltro, in questa strategia complessiva un posto rilevante lo assume anche la riforma dello Stato sociale.
Ho detto più volte, e in particolare in un intervento qui, al Senato della Repubblica, che «per dare ai nostri giovani, che ne hanno pieno ed irrinunciabile diritto, la garanzia che essi saranno in futuro protetti, dobbiamo oggi rivedere regole e tutele chesono state pensate e messe a punto in un diverso contesto storico». E aggiunsi: «A tal fine il Governo avvierà con le parti sociali colloqui per definire le linee di riforma della spesa sociale... Le conclusioni raggiunte troveranno la loro formulazione legislativa nel collegato alla legge finanziaria 1998». In sede di replica, sempre al Senato, dissi poi in modo ancora più netto: «e deve essere altrettanto chiaro che chi oggi ci darà la fiducia deve condividere il progetto di ampio respiro al quale abbiamo lavorato e che vogliamo portare a compimento».
È certamente vero che il nostro problema è quello di «andare in Europa salvaguardando gli elementi essenziali della tutela sociale e avviando una politica economica che dia risposte positive al disagio dei ceti popolari».
È vero, però, che la ridefinizione dello Stato sociale e il ridisegno del sistema della previdenza e dell'assistenza costituiscono l'ultima, ma indispensabile, condizione della nostra marcia verso l'Europa.
Per questo il Governo su questo punto non può assumere atteggiamenti di cedimento. E del resto il Governo ha buone ragioni per attendersi, in questo sforzo, sostegno dalla maggioranza che solo pochi mesi fa gli ha riconfermato proprio su questo la fiducia.
Noi vogliamo procedere alla ridefinizione dello Stato sociale col più ampio consenso possibile. Per questo ci siamo impegnati in un confronto serrato con le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori. Per questo, specialmente su questo terreno, siamo impegnati ad utilizzare tutti i possibili strumenti di concertazione e di accordo con le parti sociali. Per questo siamo disposti a discutere con le forze politiche che ci hanno sostenuto in questi mesi e con tutto il Parlamento ogni modifica alla nostra proposta che non metta a rischio l'obiettivo di fondo che dobbiamo raggiungere, e cioè il riequilibrio del bilancio che ci permetta di entrare e rimanere stabilmente in Europa.
In ogni caso, però, noi sentiamo di avere tutto intero, come Governo e come maggioranza politica, il dovere di procedere senza incertezze su questa via.
Una via che deve essere attentissima alle ragioni dell'equità e alla tutela dei più deboli ma che deve essere attenta anche alle ragioni dei giovani, che hanno diritto a vivere in un Paese che usa le sue risorse non solo per assistere gli anziani ma anche per costruire il futuro delle nuove generazioni, incentivando la ricerca, l'impresa e l'occupazione.
Con tali linee di politica economica e istituzionale è coerente la proposta di legge finanziaria 1998.
Onorevoli senatori, io posso solo dire questo: siamo ad un passo dal raggiungere in modo stabile e definitivo un traguardo di assoluta importanza storica per il Paese.
Come ho già detto, quando questo Governo iniziò il suo lavoro eravamo lontanissimi da questo obiettivo.
Noi, tutti noi oggi presenti in quest'Aula e tutti gli italiani che vivono nel nostro Paese, siamo stati e siamo protagonisti di un passaggio storico che può aprire a noi, ai nostri figli, alle generazioni future, la via dello sviluppo, del progresso, della dignità,del giusto e legittimo orgoglio di far parte di un Paese davvero grande, davvero moderno, davvero capace di competere, al pari degli altri, sulla scena mondiale.
E siamo stati capaci di fare questo nella sostanziale concordia nazionale, attenti a difendere i più deboli, a salvaguardare la sostanza preziosa di uno Stato sociale capace di garantire tutti dai grandi rischi della vita e i più deboli anche dai bisogni quotidiani che l'indigenza o le vere difficoltà della vita possono comportare.
La finanziaria 1998, presentata la settimana scorsa in Parlamento, si caratterizza innanzitutto per il fatto di prevedere tagli alla spesa sociale pari a circa la metà di quelli previsti nel Documento di programmazione economico-finanziaria, che pure questo Parlamento ha approvato nello scorso luglio.
Da questo punto di vista è una finanziaria obiettivamente «leggera», estremamente attenta a limitare, per quanto possibile, i tagli alla spesa in modo da non incidere eccessivamente sui ceti più deboli.
Sul piano dell'orario di lavoro, tema importante che molti altri Paesi stanno ponendosi, come del resto dimostra il recente vertice italo-francese di Chambéry, abbiamo proposto di presentare in Parlamento un disegno di legge che assuma lecaratteristiche della legge di indirizzo. Tale disegno di legge, in sintonia con il «libro bianco» di Delors e la risoluzione di Rocard, dovrebbe impegnare il Governo a ricercare in ambito europeo tutte le collaborazioni e gli accordi utili, nonchè a battersi per ottenere incentivi anche a livello comunitario che consentano l'avvio concreto di un percorso comune con gli altri partnerseuropei in ordine alla riduzione dell'orario di lavoro. Nel disegno di legge verrebbe istituita una Conferenza triennale permanente sulla questione dei tempi di lavoro, con la partecipazione dei lavoratori, dei datori di lavoro, nonchè dei Ministri più direttamente coinvolti, secondo un modello simile a quello suggerito in Francia. Alla Conferenza spetterebbe il compito di monitorare il processo di riduzione dell'orario di lavoro, verificando tempi, modalità applicative ed eventuali problemi; ogni singolo adeguamento dell'orario dovrebbe essere oggetto di valutazione e di approvazione delle parti sociali. Il disegno di leggeinoltre dovrebbe confermare la «batteria» degli incentivi previsti dalla legge Treu, eventualmente rafforzandola rispetto agli stessi stanziamenti previsti nella finanziaria 1998. È convinzione del Governo che se la convenienza degli incentivi fosse effettiva e visibile, concreti risultati potrebbero essere ottenuti sul fronte delle assunzioni, soprattutto con riferimento a imprese di nuova creazione e ad imprese che si insediano al Sud.
Infine, si potrebbe pensare ad introdurre agevolazioni dirette a favorire i contratti nazionali di lavoro che contemplino riduzioni dell'orario di lavoro direttamente collegate ad aumenti occupazionali. Si può pensare persino ad una sorta di progressività di questo strumento di incentivazione in sede di contrattazione nazionale: maggiore l'aumento di posti di lavoro, maggiore l'entità dello sgravio.
Come si vede, si tratta di un insieme articolato di proposte coerenti con le modalità ed i contenuti del dibattito che sul tempo di lavoro si sta svolgendo anche in altri Paesi.
Quando diciamo Europa, vogliamo dire sviluppo, occupazione, modernizzazione del Paese e capacità di reggere la concorrenza internazionale; quindi, la possibilità di tornare a progettare davvero il nostro futuro. Per questo siamo convinti di avere le carte a posto nei confronti del Paese. Solo con l'aiuto di tutti e con il senso di responsabilità di ognuno abbiamo potuto sviluppare in questi mesi una politica dura ma saggia, che ci ha rimesso finalmente sulla diritta via. Abbiamo ambizione ora di fare molto di più: abbiamo l'ambizione di aiutare l'Italia a diventare in tutti i suoi aspetti un Paese moderno e giusto. Per questo io e il Governo ci auguriamo che, al di là delle tensioni di questi giorni, l'azione intrapresa trovi il consenso della nostra maggioranza e del nostro Parlamento.
Guardando voi tutti, vedo attraverso di voi il nostro popolo, che ci ha seguito e che sta riacquistando voce, speranza ed orgoglio. Noi non possiamo tradire queste aspettative e non possiamo tornare indietro. Non possiamo e non abbiamo il diritto di rinunciare oggi a raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati e che anche questo Parlamento, approvando nel luglio scorso il Documento di programmazione economico-finanziaria 1997, ha solennemente sanzionato.
Ma quello che il Governo non può fare, quello che io non posso fare e che nessuno di quanti, un anno e mezzo fa, presentarono agli elettori il programma che diede poi vita a questo Governo può oggi fare, è di rinunciare ad andare avanti sulla via virtuosa del risanamento economico, della modernizzazione del Paese e della riforma di uno Stato sociale più equo e più giusto non solo nei confronti di chi oggi è vivo, ma anche di chi vedrà la luce domani.


02/01/1998
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