i-u05
Romano Prodi al Senato l8 ottobre 1997
I cinquecento giorni
che
hanno ridato speranza allItalia
Il governo dellUlivo, il
Parlamento, la consapevolezza dei cittadini hanno portato il
nostro paese ad un traguardo che sembrava irraggiungibile: la
moneta unica e lattenzione alla giustizia nella società e
tra generazioni
di Romano Prodi
Signor Presidente, onorevoli
senatori, quando a nome del Governo mi sono presentato di fronte
a voi a chiedere la fiducia, al centro del mio programma stava la
coscienza profonda della gravità della crisi economica e
finanziaria d'Italia. Il rischio vero ed imminente di restare
fuori dall'Europa e la fermissima volontà di garantire invece
che il Paese non perdesse questo appuntamento è divenuto perciò
l'impegno fondamentale del mio Governo, e tutta la nostra
strategia da allora è stata profondamente, profondamente
influenzata da questo nostro obbligo.
L'altro elemento forte è la convinzione che il Paese avesse
bisogno di una stagione di profonde riforme: fin dall'inizio
abbiamo infatti affermato che il risanamento economico doveva
essere accompagnato da una grande opera di modernizzazione; il
sistema italiano doveva essere finalmente in grado di dare il
proprio contributo alla costruzione dell'Europa.
Il terzo grande elemento del programma riguardava, infine, la
consapevolezza che nè il risanamento economico nè le grandi
riforme di struttura e neppure lo stesso appuntamento con
l'Europa potevano essere fini a se stessi ed esaurire da soli
l'impegno del Governo. Si affermava infatti con assoluta
chiarezza di voler affrontare le emergenze del Paese con una
strategia di grande respiro per collegare il risanamento della
finanza pubblica con una prospettiva di sviluppo economico.
Dissi infine fin d'allora che l'intera strategia sulla quale il
Governo aveva costruito i suoi obiettivi e si presentava a
chiedere la fiducia alle Camere si inseriva nella prospettiva di
un'intera legislatura. Sottolineai infatti che la lunga e
difficile transizione italiana non poteva essere definitivamente
superata se non attraverso un impegno duraturo nel tempo, stabile
nei propositi e determinato negli obiettivi; un Governo di
legislatura, appunto, che potesse operare con i tempi e
l'autorevolezza necessari a portare l'Italia fuori dalle anomalie
e dalle difficoltà che tanto avevano pesato nella sua recente
storia.
Oggi, a cinquecento giorni dall'entrata in carica di questo
Governo, è possibile fare un primo bilancio del lavoro svolto;
un lavoro duro e difficile, che è stato possibile grazie
all'impegno dei parlamentari di tutta la maggioranza, ai quali va
il mio ringraziamento ed apprezzamento, ma anche grazie al modo
responsabile e attento con il quale l'opposizione ha svolto il
suo ruolo.
Non dobbiamo però dimenticare che i risultati più importanti
che il Paese ha ottenuto in questi mesi sono stati costruiti sui
sacrifici dei nostri cittadini; un impegno che è stato non
inutile, e infatti questi sono i dati dell'economia dopo
cinquecento giorni: il tasso di inflazione dall'aprile '96 al 4,5
per cento è passato a settembre di quest'anno all'1,4 per cento.
I tassi di interesse del mercato a lungo termine (oltre il 10 per
cento all'epoca delle elezioni) oggi sono al 6 per cento; gli
interessi sui mutui per l'acquisto della casa erano al 12-13 per
cento e oggi sono all'8,5-9 per cento.
Il differenziale dei tassi di interesse (4 punti) oggi è tra
mezzo punto e un punto; in questi mesi la Borsa valori è
cresciuta del 50per cento e la lira è rientrata nello SME.
L'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche - questo è
il vero cambiamento - dal 7 per cento del 1995 è passato al 6,7
per cento del 1996 e al 3 per cento di quest'anno. La certezza
del raggiungimento di quest'ultimo risultato è testimoniata
dall'andamento del fabbisogno del settore statale, che nei primi
otto mesi del 1997, aconferma di quanto detto, è più che
dimezzato rispetto allo scorso anno. E tutto ciò è avvenuto con
segnali di ripresa negli ultimi duecento dei cinquecento giorni.
Un solo dato, che riassume il miglioramento complessivo
dell'economia: il prodotto interno lordo è cresciuto nel secondo
trimestre del 1997 dell'1,9 per cento rispetto allo stesso
trimestre del 1996, per cui noi contiamo che su base annuale si
vada oltre l'1,2 per cento (quello che era ritenuto un obiettivo
ottimista).
I sacrifici che i cittadini hanno sopportato dimostrano che sono
stati perfettamente consapevoli della posta in gioco. Mentre
infatti in alcuni Paesi è stato necessario tenere un combattuto
referendum per sanzionare la scelta europea, in Italia milioni e
milioni di cittadini hanno pagato senza esitazione il loro
contributo di sacrifici per l'ingresso in Europa E tutte le
strutture sociali, a cominciare dalle grandi organizzazioni
sindacali, hanno concorso con le forze politiche a radicare nel
Paese la convinzione che i sacrifici richiesti fossero necessari
per non mancare al fondamentale appuntamento europeo.
Il senso della storia che abbiamo dimostrato in questi mesi e
l'impegno per il risanamento nazionale hanno stupito tutti,
italiani e stranieri. È bene a questo punto ritornare un attimo
su questi problemi.
Per molti anni, infatti, l'Italia ha vissuto al di sopra dei
propri mezzi, provocando l'aumento esponenziale del debito
pubblico anche nelle fasi di favorevole congiuntura economica.
L'eredità negativa che abbiamo ricevuto è tutta riassunta in un
debito pubblico di molto superiore alla ricchezza prodotta in un
anno. Dopo questi tempi di spreco e di irresponsabilità è
toccato a noi guidare il Paese sul sentiero stretto e difficile
del risanamento, un risanamento imposto dai vincoli di
Maastricht, ma che in ogni caso avremmo dovuto perseguire per
senso di responsabilità verso noi stessi e soprattutto verso le
nuove generazioni.
L'onere sul debito è un'ipoteca sul futuro e toglie ogni risorsa
alla promozione dello sviluppo.
In cinquecento giorni abbiamo proposto una politica di bilancio
che abbiamo perseguito con ostinata determinazione.
Tra il giugno 1996 ed il marzo 1997 abbiamo assunto provvedimenti
correttivi per complessivi 100.000 miliardi; provvedimenti
rigorosi, ma ispirati ad un senso di equità e giustizia sociale,
come era ed è nell'impegno e nel sistema di valori che ispirano
le forze politiche che hanno composto la maggioranza di Governo.
Quando questo Governo si è insediato, l'Italia era lontana dai
cinque parametri di Maastricht e sembrava esclusa
dall'Unionemonetaria: oggi possiamo dire che quattro dei cinque
parametri sono stati conseguiti, mentre il quinto, cioè il
rapporto tra debito e prodotto interno lordo, ha segnato
finalmente un'inversione di tendenza.
Come ha giustamente detto il ministro Ciampi nella relazione al
Consiglio dei ministri che ha approvato il disegno di legge
finanziaria, i risultati sono stati davvero eccezionali:
l'inflazione è ridotta ai minimi storici ed i tassi di interesse
sono tornati ai livelli degli anni '60.
Tutto questo ha dato all'Italia una rinnovata credibilità
internazionale. È questo l'altro risultato dei mesi passati: non
abbiamo solo risanato sostanzialmente la nostra economia, ma
abbiamo anche ritrovato l'attenzione internazionale ed un giusto
orgoglio nazionale in tutti i consessi.
Il ruolo stesso che ci è stato affidato in Albania è indice di
questa ritrovata credibilità ed il modo con il quale abbiamo
concorso a svolgere questo compito (modo per il quale ringrazio
ancora una volta a nome di tutti le Forze armate) è
testimonianza di questo prestigio. L'Italia sta tornando - e nei
prossimi anni è impegnata a perseguire questa azione - ad
occupare un posto importante nella scena del mondo.
Nel corso di questi mesi noi non soltanto abbiamo ottenuto questi
risultati, ma abbiamo anche iniziato la sfida della
modernizzazione del Paese attraverso l'attuazione di
indispensabili riforme di settori strategici del nostro
ordinamento statale.
Non mi riferisco solo al lavoro della Commissione bicamerale,
lavoro importante, al quale il Governo guarda con estremo
interesse e che si augura possa proseguire fino al pieno
compimento della riforma, ma che è tutto nella responsabilità
del Parlamento; mi riferisco alle innovazioni che incidono sulla
legislazione e sulle strutture amministrative, degli apparati
statali e degli stessi enti autonomi.
Abbiamo posto al centro, infatti, di tutto la riforma
dell'amministrazione pubblica italiana, seguendo la filosofia che
la via da seguire è quella di un ampio trasferimento di funzioni
amministrative dallo Stato alle regioni ed alle autonomie locali,
riservando all'amministrazione centrale una funzione di solo
indirizzo e coordinamento.
A distanza di poco più di un anno sono state approvate due
leggi, la n. 127 e la n. 59, che stanno
trasformandol'amministrazione italiana secondo linee che questo
Parlamento ha condiviso; a tali riforme affidiamo gran parte del
nostro futuro e del futuro dell'amministrazione italiana.
L'unità nazionale non può in alcun modo essere messa in
discussione ed è dovere di ciascuno di noi respingere ogni
spinta alla secessione ed alla divisione del Paese. Ma non vi è
dubbio che la migliore risposta ad ogni spinta secessionistica
risiede nella capacità di saper finalmente dare all'Italia una
struttura amministrativa articolata e flessibile, capace di
esaltare le differenze e le specificità delle diverse aree del
Paese.
Per questo il Governo considererebbe oggi di gravissimo danno
ogni avvenimento che obbligasse ad interrompere il processo che
è appena iniziato, facendo così perdere all'Italia un'occasione
di importanza storica.
La riforma amministrativa e la costruzione di un autentico
federalismo, anche a Costituzione invariata, non esauriscono
tuttavia l'impegno del Governo; a tutto ciò si è infatti
accompagnato il grande impegno rappresentato dalla preparazione
della riforma del bilancio dello Stato, del sistema di
contabilità pubblica e l'unificazione dei Ministeri del tesoro e
del bilancio, provvedimenti tutti che concorrono a dotare lo
Stato italiano di regole più certe e di un sistema più moderno
di governo della spesa pubblica.
Essenziale è poi l'importanza della riforma del sistema
tributario e fiscale.
Avevamo detto che ci impegnavamo a promuovere un federalismo
fiscale cooperativo. Oggi, grazie alle deleghe contenute nella
legge finanziaria dello scorso anno, abbiamo cominciato a dare
attuazione a tali impegni. Di fatto è tutto il sistema fiscale
italiano che viene ridisegnato.
L'impegno riformatore che il Governo ha promosso in questi mesi
non si limita però a questi importantissimi settori: la riforma
della scuola, della ricerca scientifica e del «pianeta
giustizia» hanno valenza strategica di pari importanza, mentre
il Governo ha approvato, o sta per approvare, importanti ed
innovativi provvedimenti nell'ambito della sanità, dei
trasporti, dell'ambiente, della politica della famiglia,
dell'organizzazione del mercato del lavoro e della disciplina
dell'attività industriale.
Nè minore importanza rivestono gli altri provvedimenti di
riforma già avviati o presentati in Parlamento da tutti i
Ministri, che quivoglio ringraziare per il lavoro che svolgono e
per lo spirito di collaborazione che dimostrano, a cominciare dal
ministro Veltroni che, come vice presidente del Consiglio, mi è
sempre stato particolarmente vicino.
Particolare attenzione abbiamo sempre prestato per sostenere
l'opera della magistratura nella difesa della legalità.
Possiamo adesso dire che il processo di ammodernamento del
sistema Italia è finalmente partito e che tale occasione il
Paese non può perdere in questa delicata fase della sua storia.
Su questo piano i prossimi mesi rivestono un'importanza
particolare: durante questo periodo dovranno infatti essere
completate le grandi riforme di cui il Paese ha assoluto bisogno
per sfruttare a pieno la possibilità offerta dall'adesione
all'Euro.
È questo il grande contributo che il Governo che presiedo ha
dato e intende continuare a dare. Noi ci siamo mossi ed
intendiamo continuare a muoverci nella linea del grande
riformismo europeo ed occidentale.
Il nostro obiettivo infatti è lo sviluppo del Paese; il nostro
scopo è fare in modo che esso, nel rispetto dell'equità e della
gelosa difesa dei grandi valori della nostra tradizione
democratica e sociale, possa concorrere a pieno titolo e a pari
dignità con le altre grandi nazioni del mondo.
La riforma della seconda parte della Costituzione, quando sarà
approvata definitivamente, potrà così trovare un Paese già
molto avanti sul cammino delle riforme e pronto a sostenere con
vantaggio il nuovo quadro istituzionale.
Onorevoli senatori, ho fin qui ricordato le linee essenziali del
lavoro che con la vostra collaborazione e con il vostro sostegno
il Governo sta compiendo. Il risanamento finanziario non è un
fine in sè, così come non è un fine in sè la riforma
dell'amministrazione. Queste sono solo tappe per garantire il
raggiungimento di quello che deve restare il vero obiettivo che
tutti dobbiamo avere presente: il rilancio dell'economia e la
costruzione di un sistema capace di assicurare vera occupazione,
vera ricchezza e vera solidarietà.
Per questo l'impegno per lo sviluppo, specialmente nelle aree
come il Mezzogiorno che registrano oggi altissimi tassi di
disoccupazione, ha per noi costituito il terzo grande pilastro
dell'azione di Governo. Abbiamo posto chiaramente fra le
priorità fondamentali la questione meridionale, rompendo l'epoca
degli imbarazzi e dei silenzi, e abbiamo esplicitamente detto che
intendiamo sostenere in ogni modo le classi dirigenti locali
migliori del Meridione nello sforzo che tocca a loro fare
affinchè finalmente anche queste regioni compiano un salto
decisivo sul terreno dell'innovazione e della modernizzazione.
Abbiamo delineato così una nuova strategia incentrata sullo
sviluppo dal basso e su politiche attive per il lavoro. Vogliamo
puntare infatti sulla responsabilità degli attori locali dello
sviluppo, accompagnando questo sforzo con infrastrutture di
qualità materiali e immateriali, utilizzando i fondi comunitari,
incidendo sul costo del lavoro, usando la leva fiscale per
attrarre investimenti e per rendere il Mezzogiorno un'area in cui
sarà conveniente investire anche in maniera competitiva rispetto
ad altre aree europee.
Nuovi strumenti sono stati adottati per attuare questa strategia:
gli strumenti previsti dal cosiddetto pacchetto Treu, i prestiti
d'onore, le borse di lavoro, i patti territoriali e i contratti
d'area.
È infatti primariamente nel Mezzogiorno che va creato un
ambiente competitivo più moderno agendo sui fattori produttivi,
iniziando da quello umano in grado di stimolare la nascita di
nuovi insediamenti.
È in tale luce che si spiega la centralità che non da oggi
attribuiamo alla scuola tecnica, una scuola che per definizione
è legata alla vocazione produttiva del territorio sul quale
nasce.
Riguardo ai provvedimenti concreti, elenchiamo rapidamente i
patti territoriali, per i quali sono stati stanziati 1.700
miliardi, di cui oltre 900 già utilizzati, e il prestito
d'onore, per cui sono state presentate 33.000 domande e sono
stati attivati 60 corsi di formazione.
Soprattutto, in un anno la spesa dei fondi comunitari è più che
triplicata nelle aree di obiettivo 1: questa è la grande sfida,
non dimentichiamolo. Se queste tendenze venissero confermate, si
potrebbe raggiungere il 35-38 per cento di spesa dello
stanziamento comunitario complessivo a fine 1997 e questo
consentirebbe di impiegare tutti i fondi a disposizione delle
aree depresse entro il 1999 e di spenderli entro il 2001.
Il Governo ha inoltre confermato gli sgravi previdenziali totali
per i nuovi assunti nel Sud e sono stati stanziati per questo
2.250 miliardi. Inoltre sono stati confermati gli incentivi alle
imprese e il rifinanziamento delle leggi per l'innovazione
tecnologica e della legge Ossola a favore degli esportatori; sono
state avviate le trattative con l'Unione europea per introdurre
un incentivo al lavoro nelle regioni comprese nell'obiettivo 1.
Signor Presidente, un Paese con un elevato debito pubblico non
può permettersi di ridurre le imposte prima di aver riportato
sotto controllo la spesa pubblica complessiva, così come non
può rilanciare gli investimenti pubblici se prima non ha
corretto l'andamento della spesa corrente. Questo è il criterio
che ha guidato la politica di bilancio di questo anno e mezzo.
Per governare la spesa pubblica è stato necessario dotarsi di
strumenti di intervento operativo sulla pubblica amministrazione
e di un progetto di riforma di lungo respiro sulla spesa sociale.
Tutto ciò ha richiesto tempo e, in una prima fase, è stato
necessario chiedere agli italiani uno sforzo fiscale aggiuntivo.
Per consentire nel prossimo futuro una più equa redistribuzione
del prelievo ed un allargamento della base imponibile, è stato
necessario predisporre una riforma fiscale che ha coinvolto tutti
i tipi di imposte e le procedure di accertamento e di soluzione
del contenzioso fiscale.
Il tempo non è quindi trascorso inutilmente. La riforma della
pubblica amministrazione e del bilancio dello Stato, già
approvate, e il progetto di riforma della spesa sociale sono gli
strumenti che il Governo ha utilizzato nel redigere la legge
finanziaria per il 1998, per trasformare in permanenti i
risultati raggiunti nel 1997.
Gli intenti di questo programma di lavoro sono stati pienamente
percepiti dagli operatori economici e dalle famiglie, che hanno
mostrato in questi mesi una fiducia crescente nel successo del
programma di Governo.
Nel settembre dello scorso anno avevo promesso che la legge
finanziaria 1997 sarebbe stata l'ultima con pesanti interventi, e
così è stato. Le correzioni di bilancio che il Governo si
propone di apportare nella nuova legge finanziaria sono di poco
superiori ad un punto del PIL: un quarto dell'entità degli
interventi effettuati tra il giugno 1996 e il marzo 1997.
In particolare, ci proponiamo dal lato delle entrate di
redistribuire il prelievo da imposizione diretta ad imposizione
indiretta, rafforzando la lotta all'evasione fiscale,
semplificando il rapporto tra cittadino e fisco attraverso
l'abolizione in concreto di diversi adempimenti fiscali e
garantendo comunque una riduzione della pressione fiscale nel
prossimo anno, anche se ancora a livello contenuto.
Ciò non impedisce di assegnare notevoli sgravi fiscali alle
imprese localizzate in aree di disagio occupazionale che assumano
nuovi occupati (10 milioni per il primo occupato e 8 per gli
occupati successivi), di prevedere agevolazioni fiscali alle
imprese che effettuino investimenti produttivi nelle aree dei
contratti d'area e di prevedere, infine, misure a favore del
patrimonio edilizio basate sullo strumento della detrazione di
imposta pari al 41 per cento delle spese effettivamente sostenute
fino ad un importo massimo di 150 milioni da ripartirsi nell'arco
di cinque anni.
Dal lato della spesa il disegno di legge collegato al disegno di
legge finanziaria avvia un'azione minuziosa di ricostruzione dei
meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione,
incentrata sul principio di responsabilità dei dirigenti e delle
unità di bilancio. Questa impostazione consentirà di mantenere
il fabbisogno finanziario delle diverse entità della pubblica
amministrazione, compresi le regioni e gli enti locali, al
livello raggiunto lo scorso anno e consentirà inoltre di
incentivare con premi al personale i miglioramenti di efficienza.
I risparmi così ottenuti saranno impiegati nelle politiche di
sostegno agli investimenti pubblici che potranno quindi
espandersi in termini reali.
Per il triennio 1998-2001 gli investimenti aggiuntivi ammontano a
circa 38.500 miliardi. Per il prossimo quinquennio si prevedono
inoltre per il Mezzogiorno e le aree depresse 11.000 miliardi in
aggiunta ai 47.000 già stanziati fino al 2001.
Un'attenzione particolare è stata dedicata alle imprese di
pubblica utilità, cioè le ferrovie e le poste.
Da ultimo, il Governo sta conducendo un ampio confronto con le
parti sociali al fine di ridisegnare l'intera spesa sociale con
un orizzonte pluriennale. Molti punti di intesa sono già stati
raggiunti ed essi si raccordano a ciò che il Governo ha già
fatto con il provvedimento relativo alla promozione dei diritti
dell'infanzia e dell'adolescenza. Vorrei ricordare che sono un
milione e mezzo i bambini e gli adolescenti che vivono in
condizioni disagiate e l'80 per cento di questi è localizzato
nel Mezzogiorno.
L'accordo prevede una riforma più generale dell'assistenza con
l'intento di rafforzare le politiche di sostegno alle famiglie
con l'aumento dell'assegno al nucleo familiare, le norme sui
congedi parentali e familiari, l'aiuto ai giovani che vogliano
costruirsi una famiglia per acquistare o affittare una
abitazione.
In quest'ambito va ricordata l'istituzione del fondo per le
politiche sociali e la lotta alla povertà, finanziato con una
dotazione di 550 miliardi di lire, e lo stanziamento di 300
miliardi per i disabili.
Il Governo e le parti sociali sono pienamente d'accordo
nell'impiegare strumenti di selezione delle prestazioni
assistenziali e sanitarie da erogare, pur nel rispetto delle
impostazioni universalistiche cui si è ispirata, in questo
ambito, tutta la nostra azione di Governo. Queste determinazioni
troveranno un percorso legislativo in disegni di legge collegati
ai provvedimenti di bilancio.
Sul terreno degli incentivi all'occupazione abbiamo proposto
innanzitutto di utilizzare le risorse e le competenze
tecnologiche dell'IRI, così che dalle ceneri di questa antica
holding possa nascere una nuova IRI, in grado di sfruttare
meglio, in funzione dello sviluppo del Sud, le competenze in
materia di progettazione e di creazione ed organizzazione del
lavoro.
Più in concreto, abbiamo proposto di creare una grande ed unica
Agenzia che possa unificare in forma di società per azioni tutte
le diverse attività che oggi sono sparse in numerose agenzie di
promozione industriale operanti nel territorio. Questa Agenzia
dovrebbe indirizzare le proprie attività in tre direzioni.
Innanzitutto, operando attraverso le esistenti società di
progettazione, dovrebbe realizzare grandi progetti, come la messa
a punto del sistema delle acque nel Mezzogiorno, nonchè
attività di progettazione specifica al servizio del territorio e
delle autonomie locali. La ricaduta di questa attività, anche in
termini di utilizzazione dei fondi strutturali europei, è
evidente.
Il secondo intervento riguarda l'unificazione e la
razionalizzazione delle attività di creazione di posti di lavoro
e di promozione industriale. L'Agenzia dovrebbe operare affinchè
nelle aree più svantaggiate vengano promossi nuovi investimenti
produttivi. Le attività da intraprendere sono parecchie e vanno
dall'analisi delle imprese alla fornitura di capitale di rischio,
alla definizione di forme come l'aggiornamento delle banche dati
per esaltare le opportunità localizzative del territorio.
Il terzo ramo di attività di questa Agenzia dovrebbe essere
quello dell'organizzazione, secondo una logica più funzionale e
diretta al risultato, dei lavori socialmente utili nel Sud.
Secondo la proposta del Governo, questa Agenzia, che ha bisogno
di un'ingente dotazione di capitali per far fronte ai compiti
assegnati, potrà utilizzare alcune migliaia di miliardi che
deriveranno all'IRI dal conguaglio relativo alla vendita della
Telecom-Italia; conguaglio che deriva dal differente valore di
borsa oggi esistente rispetto al momento in cui la STET fu
acquistata dallo Stato.
Accanto a questa proposta, il Governo guarda poi con attenzione
ad azioni che favoriscano l'investimento al Sud da parte di
imprese del Centro-Nord. Si tratta di promuovere un grande sforzo
all'insegna del Sud che chiama il Nord e del Nord che risponde in
modo dinamico ed economicamente produttivo. Si tratta di snellire
le procedure e rendere certi i tempi amministrativi, di assistere
le imprese negli iter amministrativi, di assicurare le
infrastrutture di base, di favorire la piena utilizzazione degli
strumenti consensuali per l'elasticità del lavoro e di
sviluppare un'intensa attività di formazione professionale,
nonchè, infine, di garantire la sicurezza del territorio.
Il Governo pensa di sperimentare (ed è una sperimentazione che
sta trovando un grande favore da parte delle associazioni
imprenditoriali e delle comunità locali) una sorta di
gemellaggio tra aree ed imprese del Nord ed aree ed imprese del
Sud, utilizzando soprattutto i distretti industriali.
Per quanto riguarda infine la previdenza, l'accordo con le parti
sociali non è ancora stato raggiunto. I princìpi sui quali va
delineandosi una convergenza riguardano l'equiparazione dei
trattamenti pensionistici dei dipendenti privati e dei dipendenti
pubblici e delle rispettive condizioni di accesso alla pensione
di anzianità, un'azione di revisione delle condizioni di
privilegio che ancora permangono nelle regole di alcuni fondi
pensionistici speciali, una moderata accelerazione delle
condizioni di accesso alla pensione di anzianità previste dalla
legge Dini, che salvaguardi le categorie operaie; la possibilità
di lasciare condizioni dimaggiore flessibilità nel combinare
pensione e lavoro nella difficile fase di uscita dal lavoro per
chi ha già passato i cinquant'anni, il tutto nel rispetto del
vincolo di non appensantire la spesa pensionistica; infine, la
necessità che anche il lavoro autonomo dia il suo contributo
alla stabilizzazione della spesa pensionistica nei prossimi anni.
Queste sono le proposte di completamento della finanziaria che il
Governo si augura possano corrispondere alle attese della
maggioranza e del Parlamento.
Il Governo è consapevole che il 21 aprile 1996 ha ricevuto un
mandato dal suo elettorato, il cui contenuto principale era il
risanamento economico nella salvaguardia della solidarietà
sociale. Il Governo è altresì consapevole che uno Stato sociale
si legittima agli occhi dei cittadini se i processi
redistributivi che mette in atto presentano caratteristiche di
efficienza operativa e di equità. Questa è l'azione che il
Governo intende continuare a perseguire. Il Paese non capirebbe
il suo abbandono ora che il processo di risanamento è avviato
alla conclusione e che la ripresa della crescita apre nuove
speranze al miglioramento dello standard di vita delle famiglie.
Il Paese non intende rotolare indietro verso nuove fasi di
instabilità finanziaria e valutaria, verso tassi di interesse
più elevati, verso un'inflazione più alta e verso un orizzonte
indeterminato di nuove strette fiscali.
Onorevoli senatori, vi chiedo scusa di una certa, forse
eccessiva, analiticità. È molto importante però che tutti
sappiano di cosa si sta discutendo e che tutti abbiano piena
consapevolezza non solo dei grandi valori in gioco, ma anche dei
dettagli delle proposte del Governo. Quest'anno, infatti, noi
presentiamo per la prima volta dopo molti anni una finanziaria
che si caratterizza non solo per quanto «taglia», ma anche per
quanto investe e promuove. E consideriamo questo come un segno
importante di svolta per il Paese. In questa finanziaria infatti
vi è il segnale che in Italia si può tornare a progettare anche
in positivo il proprio futuro.
Peraltro, in questa strategia complessiva un posto rilevante lo
assume anche la riforma dello Stato sociale.
Ho detto più volte, e in particolare in un intervento qui, al
Senato della Repubblica, che «per dare ai nostri giovani, che ne
hanno pieno ed irrinunciabile diritto, la garanzia che essi
saranno in futuro protetti, dobbiamo oggi rivedere regole e
tutele chesono state pensate e messe a punto in un diverso
contesto storico». E aggiunsi: «A tal fine il Governo avvierà
con le parti sociali colloqui per definire le linee di riforma
della spesa sociale... Le conclusioni raggiunte troveranno la
loro formulazione legislativa nel collegato alla legge
finanziaria 1998». In sede di replica, sempre al Senato, dissi
poi in modo ancora più netto: «e deve essere altrettanto chiaro
che chi oggi ci darà la fiducia deve condividere il progetto di
ampio respiro al quale abbiamo lavorato e che vogliamo portare a
compimento».
È certamente vero che il nostro problema è quello di «andare
in Europa salvaguardando gli elementi essenziali della tutela
sociale e avviando una politica economica che dia risposte
positive al disagio dei ceti popolari».
È vero, però, che la ridefinizione dello Stato sociale e il
ridisegno del sistema della previdenza e dell'assistenza
costituiscono l'ultima, ma indispensabile, condizione della
nostra marcia verso l'Europa.
Per questo il Governo su questo punto non può assumere
atteggiamenti di cedimento. E del resto il Governo ha buone
ragioni per attendersi, in questo sforzo, sostegno dalla
maggioranza che solo pochi mesi fa gli ha riconfermato proprio su
questo la fiducia.
Noi vogliamo procedere alla ridefinizione dello Stato sociale col
più ampio consenso possibile. Per questo ci siamo impegnati in
un confronto serrato con le organizzazioni rappresentative dei
datori di lavoro e dei lavoratori. Per questo, specialmente su
questo terreno, siamo impegnati ad utilizzare tutti i possibili
strumenti di concertazione e di accordo con le parti sociali. Per
questo siamo disposti a discutere con le forze politiche che ci
hanno sostenuto in questi mesi e con tutto il Parlamento ogni
modifica alla nostra proposta che non metta a rischio l'obiettivo
di fondo che dobbiamo raggiungere, e cioè il riequilibrio del
bilancio che ci permetta di entrare e rimanere stabilmente in
Europa.
In ogni caso, però, noi sentiamo di avere tutto intero, come
Governo e come maggioranza politica, il dovere di procedere senza
incertezze su questa via.
Una via che deve essere attentissima alle ragioni dell'equità e
alla tutela dei più deboli ma che deve essere attenta anche alle
ragioni dei giovani, che hanno diritto a vivere in un Paese che
usa le sue risorse non solo per assistere gli anziani ma anche
per costruire il futuro delle nuove generazioni, incentivando la
ricerca, l'impresa e l'occupazione.
Con tali linee di politica economica e istituzionale è coerente
la proposta di legge finanziaria 1998.
Onorevoli senatori, io posso solo dire questo: siamo ad un passo
dal raggiungere in modo stabile e definitivo un traguardo di
assoluta importanza storica per il Paese.
Come ho già detto, quando questo Governo iniziò il suo lavoro
eravamo lontanissimi da questo obiettivo.
Noi, tutti noi oggi presenti in quest'Aula e tutti gli italiani
che vivono nel nostro Paese, siamo stati e siamo protagonisti di
un passaggio storico che può aprire a noi, ai nostri figli, alle
generazioni future, la via dello sviluppo, del progresso, della
dignità,del giusto e legittimo orgoglio di far parte di un Paese
davvero grande, davvero moderno, davvero capace di competere, al
pari degli altri, sulla scena mondiale.
E siamo stati capaci di fare questo nella sostanziale concordia
nazionale, attenti a difendere i più deboli, a salvaguardare la
sostanza preziosa di uno Stato sociale capace di garantire tutti
dai grandi rischi della vita e i più deboli anche dai bisogni
quotidiani che l'indigenza o le vere difficoltà della vita
possono comportare.
La finanziaria 1998, presentata la settimana scorsa in
Parlamento, si caratterizza innanzitutto per il fatto di
prevedere tagli alla spesa sociale pari a circa la metà di
quelli previsti nel Documento di programmazione
economico-finanziaria, che pure questo Parlamento ha approvato
nello scorso luglio.
Da questo punto di vista è una finanziaria obiettivamente
«leggera», estremamente attenta a limitare, per quanto
possibile, i tagli alla spesa in modo da non incidere
eccessivamente sui ceti più deboli.
Sul piano dell'orario di lavoro, tema importante che molti altri
Paesi stanno ponendosi, come del resto dimostra il recente
vertice italo-francese di Chambéry, abbiamo proposto di
presentare in Parlamento un disegno di legge che assuma
lecaratteristiche della legge di indirizzo. Tale disegno di
legge, in sintonia con il «libro bianco» di Delors e la
risoluzione di Rocard, dovrebbe impegnare il Governo a ricercare
in ambito europeo tutte le collaborazioni e gli accordi utili,
nonchè a battersi per ottenere incentivi anche a livello
comunitario che consentano l'avvio concreto di un percorso comune
con gli altri partnerseuropei in ordine alla riduzione
dell'orario di lavoro. Nel disegno di legge verrebbe istituita
una Conferenza triennale permanente sulla questione dei tempi di
lavoro, con la partecipazione dei lavoratori, dei datori di
lavoro, nonchè dei Ministri più direttamente coinvolti, secondo
un modello simile a quello suggerito in Francia. Alla Conferenza
spetterebbe il compito di monitorare il processo di riduzione
dell'orario di lavoro, verificando tempi, modalità applicative
ed eventuali problemi; ogni singolo adeguamento dell'orario
dovrebbe essere oggetto di valutazione e di approvazione delle
parti sociali. Il disegno di leggeinoltre dovrebbe confermare la
«batteria» degli incentivi previsti dalla legge Treu,
eventualmente rafforzandola rispetto agli stessi stanziamenti
previsti nella finanziaria 1998. È convinzione del Governo che
se la convenienza degli incentivi fosse effettiva e visibile,
concreti risultati potrebbero essere ottenuti sul fronte delle
assunzioni, soprattutto con riferimento a imprese di nuova
creazione e ad imprese che si insediano al Sud.
Infine, si potrebbe pensare ad introdurre agevolazioni dirette a
favorire i contratti nazionali di lavoro che contemplino
riduzioni dell'orario di lavoro direttamente collegate ad aumenti
occupazionali. Si può pensare persino ad una sorta di
progressività di questo strumento di incentivazione in sede di
contrattazione nazionale: maggiore l'aumento di posti di lavoro,
maggiore l'entità dello sgravio.
Come si vede, si tratta di un insieme articolato di proposte
coerenti con le modalità ed i contenuti del dibattito che sul
tempo di lavoro si sta svolgendo anche in altri Paesi.
Quando diciamo Europa, vogliamo dire sviluppo, occupazione,
modernizzazione del Paese e capacità di reggere la concorrenza
internazionale; quindi, la possibilità di tornare a progettare
davvero il nostro futuro. Per questo siamo convinti di avere le
carte a posto nei confronti del Paese. Solo con l'aiuto di tutti
e con il senso di responsabilità di ognuno abbiamo potuto
sviluppare in questi mesi una politica dura ma saggia, che ci ha
rimesso finalmente sulla diritta via. Abbiamo ambizione ora di
fare molto di più: abbiamo l'ambizione di aiutare l'Italia a
diventare in tutti i suoi aspetti un Paese moderno e giusto. Per
questo io e il Governo ci auguriamo che, al di là delle tensioni
di questi giorni, l'azione intrapresa trovi il consenso della
nostra maggioranza e del nostro Parlamento.
Guardando voi tutti, vedo attraverso di voi il nostro popolo, che
ci ha seguito e che sta riacquistando voce, speranza ed orgoglio.
Noi non possiamo tradire queste aspettative e non possiamo
tornare indietro. Non possiamo e non abbiamo il diritto di
rinunciare oggi a raggiungere gli obiettivi che ci siamo
prefissati e che anche questo Parlamento, approvando nel luglio
scorso il Documento di programmazione economico-finanziaria 1997,
ha solennemente sanzionato.
Ma quello che il Governo non può fare, quello che io non posso
fare e che nessuno di quanti, un anno e mezzo fa, presentarono
agli elettori il programma che diede poi vita a questo Governo
può oggi fare, è di rinunciare ad andare avanti sulla via
virtuosa del risanamento economico, della modernizzazione del
Paese e della riforma di uno Stato sociale più equo e più
giusto non solo nei confronti di chi oggi è vivo, ma anche di
chi vedrà la luce domani.
02/01/1998 webmaster@euganeo.it |
il collegio senatoriale
di Tino Bedin |