Mons. Alfredo Contran ha concluso la sua vita terrena il mattino di sabato 20 ottobre all'Opera della Provvidenza. Mons. Contran era stato per un periodo decisivo nella storia del settimanale, direttore di "La Difesa del Popolo", il giornale della diocesi di Padova.
Tino Bedin, che ha affiancato mons. Contran alla "Difesa, così lo ricorda.
di Tino Bedin
La vera "notizia" settimanale della "Difesa" diretta da don Alfredo Contran era l'articolo di fondo del direttore. I lettori che incontravi, i preti che venivano in redazione a testimonianza della loro attenzione per il settimanale diocesano citavano inesorabilmente il "fondo" di don Alfredo. Noi redattori potevamo aver confezionato l'inchiesta più impegnativa o aver inventato il titolo più suggestivo per la prima pagina: non serviva; nelle aspettative dei lettori tutto era secondario rispetto la "lettura della vita" che settimanalmente "A.C." (è stata la sigla mai cambiata del suo articolo di fondo) proponeva a decine di migliaia di persone.
Don Alfredo sapeva di questa attesa. Per questo "doveva" scrivere l'articolo di fondo. Egli vi si dedicava con una dedizione che né difficoltà di salute né impegni sacerdotali sono riusciti a scalfire, settimana dopo settimana, per anni, per decenni. Amava questa puntualità come uno spirito esigente ed obbediente sa amare il dovere. Da questa fedeltà tenace del direttore verso i propri lettori è nato il legame di decine di migliaia di persone con la "Difesa del Popolo" e l'immagine di mons. Contran nel cuore della gente.
L'attualità esistenziale. I "fondi" di don Alfredo non erano quasi mai commenti alla cronaca immediata. L'interesse che destavano non derivava dalla curiosità per i lettori di sapere "cosa pensava la Chiesa padovana" sull'argomento della settimana. La loro attualità era esistenziale. Parlavano di quello di cui migliaia di persone ogni settimana, proprio quella settimana, sentivano l'urgenza.
Bisogna essere contemporaneamente un bravo giornalista e un bravo prete per saperli scrivere. Con la curiosità del cronista e lo scandaglio del confessore ogni settimana don Alfredo riusciva ad individuare le domande e le incertezze dei suoi lettori e le traduceva in parole attese.
Aveva sulla scrivania una cartellina di plastica in cui buttava ritagli della montagna di giornali che leggeva ogni giorno. In gran parte erano piccole notizie: vita comune, singolarità quotidiane. La domenica pomeriggio, di solito, egli confrontava questa antologia settimanale della vita raccontata con l'antologia della vita vissuta che quella stessa settimana egli si era costruita in centinaia di colloqui con le persone che bussavano al suo ufficio.
Noi redattori non amavamo quelle persone che ogni giorno, ogni ora (bastava che il portoncino di via Dietro Duomo 13 fosse socchiuso) aspettavano pazientemente di parlare con don Alfredo. Quelle persone ci "rubavano" il direttore; ci toccava metterci in fila per sottoporgli un articolo, per discutere una pagina. Pensavamo che quello di ricevere la gente non fosse un lavoro giornalistico.
Più tardi capimmo - dopo averlo sperimentato nella pratica giornalistica di cui egli ci era maestro - che era proprio quel mettersi in ascolto che consentiva al nostro direttore di indirizzarci sempre verso l'attualità che durava, che non faceva invecchiare la "Difesa", anche se allora dalla chiusura in tipografia alla distribuzione passava dal martedì alla domenica.
Preziosa scelta delle parole. Non solo il contenuto, anche lo stile dei suoi articoli di fondo era la continuazione dei dialoghi di cui centinaia di persone riempivano la giornata di don Alfredo. Lo stile del "fondo" era specifico; diverso da quello che don Alfredo adottava per altri tipi di articoli. Ben costruito nella sintassi e impreziosito dalla sapiente scelta delle parole, non era però uno stile né dotto né difficile. Era lo strumento per dialogare.
In una delle sue prime "lezioni" di giornalismo mi aveva spiegato che lui scriveva per sua mamma: perché capisse, ma anche perché avesse le conoscenze per discutere le idee del figlio. Nello scrivere per la mamma c'è la sintesi del giornalismo popolare, di cui "La Difesa del Popolo" è da un secolo espressione e che don Alfredo ha aggiornato ed innovato, al punto che con lui la "Difesa" è stata anche una scuola di questo giornalismo.
I molti che l'hanno da lui imparato hanno ora un impegno maggiore a praticarlo.
20 ottobre 2007
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