Cari amici,
"costretti" intanto a fare opposizione, ma con il cuore e la mente all'impegno di governare l'Italia: questo ha proposto Romano Prodi a noi parlamentari. Non è nata contro Berlusconi ma per l'Italia, per un progetto di Italia, la Grande Alleanza, sottoscritta a Roma da tutto il centrosinistra in una delle sedi della Camera dei deputati nella mattinata di lunedì 11 ottobre e subito dopo illustrataci da Romano Prodi all'assemblea dei senatori e dei deputati della Margherita. Certo serve a vincere le elezioni, ma lo strumento è pensato per governare: per governare il futuro e non solo per contrastare il declino; per governare la pace e non solo per combattere il terrorismo.
Ho risentito nelle parole di Romano Prodi ai parlamentari della Margherita un'idea dell'Italia disposta a scommettere su se stessa, a credere in se stessa e nella sua forza; l'Italia, in cui tutti fanno la loro parte perché non c'è "uno che sa fare" a nome di tutti. Era l'idea che tra il 1995 e il 1996 percorse la società italiana con il nome di Ulivo. Ora è l'idea della Grande Alleanza democratica.
So che lunedì i "politici" erano più attenti alle parole della politica, a misurare le differenze, a sottolineare i silenzi, a dare un nome ai candidati. Anche questo serve ad un'alleanza politica. Ma perché l'alleanza diventi "grande", come ambiziosamente è proclamato nel nuovo nome del centrosinistra, occorre che essa sia sottoscritta anche con i cittadini.
L'Italia nel crocevia della globalizzazione. Nei molti cittadini che tra il venerdì e il lunedì, settimana dopo settimana, incontro nei paesi del Padovano e del Veneto c'è un senso di scoramento, d'impotenza. Hanno la sensazione che nonostante inventiva e lavoro, preparazione e parsimonia, non riescano più a competere. Hanno paura dei "cinesi".
"I cinesi" sono per l'Italia globalizzata quello che sono stati "i marocchini" per l'Italia che passava dall'emigrazione all'immigrazione. Al tempo dei "marocchini" l'Italia aveva un progetto: l'europeizzazione, la modernizzazione, l'imprenditorialità personale e familiare. Al tempo dei "cinesi" l'Italia si ritrova un governo che riduce l'Europa, sbarra le frontiere, premia le rendite e precarizza il lavoro. Allora "i marocchini" sono stati tra i fattori di crescita della società italiana, ora "i cinesi" ne possono determinare il declino.
È soprattutto per questo, per vincere la sfida dei "cinesi" che occorre cambiare governo. Romano Prodi ha dedicato un passaggio non breve della presentazione della Grande Alleanza democratica a questo impegno di governo, di un governo che crede all'Italia che proprio grazie ai "cinesi" torna nel crocevia del mondo, nel crocevia dov'era prima della scoperta dell'America. Ora che, proprio per il peso crescente dell'economia dell'Estremo oriente, il pianeta non più sbilanciato ad Occidente il Mediterraneo diventa cruciale e l'Italia è al centro del Mediterraneo.
Come nel 1995-96 la proposta-sfida dell'Ulivo agli italiani fu di non farci mettere in coda all'Europa, così ora la proposta-sfida è di metterci alla testa della globalizzazione.
Non è solo un progetto. Nei cinque anni da presidente della Commissione Europea Romano Prodi ha realizzato l'allargamento dell'Unione, ma ha anche progettato ed in parte attuato un nuovo "circolo di amici" attorno all'Europa allargata, circolo costituito prevalentemente dai Paesi del Mediterraneo. Se avremo ragione di terrorismo e guerra, l'Italia potrà contare non solo su se stessa ma su una consolidata politica euromediterranea per vincere la sfida della nuova centralità globale.
Governare con la pace. Ora però c'è la guerra. C'è la guerra in Iraq, che sta rendendo ancora più infinita la guerra in Palestina ed in Israele. Abbiamo la guerra alle porte di casa. A volte la tragedia della guerra arriva fin dentro le case degli italiani.
Governare la pace è l'altro grande bisogno dei cittadini italiani.
Sarà per il tipo di persone che frequento, ma non ho incontrato nessuno che mi abbia chiesto di impegnarmi per "vincere la guerra". I nostri governanti attuali usano invece questa espressione abbastanza spesso. Credono forse di conquistare così gli italiani, come Bush ha tenuto insieme gli americani finché non è arrivato Kerry. Comunque sia, gli italiani non sono americani; gli italiani non si sentono in guerra. Vogliono bene ai loro militari tanto quanto vogliono bene alle loro "Simone" e vogliono che migliaia di militari e centinaia di "Simone" mostrino a tutti nel mondo lo spirito pacifico dell'Italia.
Anche per governare la pace ci vuole in Italia un altro governo. La Grande Alleanza democratica non si è sottratta a questo impegno nel giorno della sua presentazione. E lo ha fatto con una posizione di governo, non di sola opposizione. Come la grandissima maggioranza degli italiani, il centrosinistra ha sempre sostenuto che quella all'Iraq "è una guerra che non avrebbe mai dovuto cominciare". Ora la guerra c'è. La fine del regime di Saddam Hussein sta determinando oltre che condizioni per una democrazia in Iraq, anche la tragedia degli attentati quotidiani. E allora così dice la Grande Alleanza: "Di fronte alla situazione che si fa sempre più grave serve un profondo cambiamento. Tutti insieme proponiamo che l'Italia si attivi per la convocazione di una conferenza internazionale con la partecipazione di tutte le parti, tutte le parti interessate. La sostituzione delle forze di occupazione con forze multinazionali - chiaramente concepite come forze di pace e di assistenza umanitaria alla popolazione - è un passo essenziale di questo processo. In questo quadro va previsto il ritiro delle truppe italiane".
Ho riportato le testuali parole di Romano Prodi sull'Iraq perché sono tra i più chiari segnali di quel passaggio dall'opposizione al governo nel progetto del centrosinistra da cui sono partito. Su un tema che lo ha spesso diviso, il centrosinistra ora non rinvia né il giudizio né la soluzione. Il ritiro delle truppe italiane diventa una scelta di tutta la Grande Alleanza, perché questo ritiro è la conseguenza di una politica multilaterale che l'Italia deve riprendere se vuole contribuire alla pace nel mondo e alla propria pace.
Le politiche internazionali anche nella vita nazionale. Questa capacità di risposta unitaria del centrosinistra in politica estera è una delle esigenze che i cittadini manifestano non da oggi. È un'esigenza vera, non solo per il valore politico delle scelte internazionali. Spesso attraverso le politiche internazionali (Unione Europea, Nazioni Unite, Alleanza Atlantica, Euromediterraneo, Cooperazione allo sviluppo) si determinano o si rendono credibili anche molte politiche nazionali.
Faccio un esempio. Una delle bandiere dell'attuale maggioranza di governo è la "politica dell'immigrazione", con la legge Bossi-Fini o con il ponte aereo Lampedusa-Tripoli per il respingimento di centinaia di persone che hanno appena attraversato il Mediterraneo. Maniere forti, giustificate a parole con l'accompagnamento di misure a sostegno dei paesi di provenienza degli immigrati, in modo da ridurre le ragioni dell'immigrazione.
Ma basta passare dalla politica interna alla politica internazionale per vedere che l'immigrazione è per il governo solo una questione di ordine pubblico. Nell'ultimo assestamento del bilancio dello Stato per il 2004 il governo ha tagliato 250 milioni di euro destinati alla cooperazione allo sviluppo. Aveva bisogno di soldi ed è andato a prenderli lì. A parte i 50 milioni di euro che non arriveranno alle organizzazioni non governative, quelle stesse di cui Berlusconi e Frattini si sono gloriati durante la gestione del sequestro di Simona Pari e Simona Torretta, il taglio prevede che "saltino" 100 milioni di euro destinati al fondo mondiale per la lotta all'Aids, quello lanciato in grande schermo al G8 di Genova. Saltano anche 30 milioni di euro destinati alla ricostruzione dell'Iraq, dove davvero rischiano di restare solo i nostri militari.
La manifestazione del 6 novembre contro la Finanziaria. Sulla gestione del bilancio dello Stato la Grande Alleanza democratica ha dato la precedenza al suo compito di opposizione, perché queste sono le settimane della legge Finanziaria e così sabato 6 novembre ci sarà la manifestazione nazionale di tutto il centrosinistra contro la Finanziaria. Viste tutte le critiche che dalla stessa maggioranza sono piovute sulla Finanziaria, credo che saranno in molti gli italiani che il 6 novembre tiferanno per la Grande Alleanza e che spereranno di veder sparire almeno quella gigantesca tassa patrimoniale sulla casa che il governo introduce con una serie di provvedimenti nella Finanziaria e che manda i sindaci a riscuotere, per non sporcarsi le mani.
Il 6 novembre non sarà solo il giorno del "no". Sarà il giorno del rientro ufficiale di Romano Prodi nella politica italiana, dopo la firma del Trattato Costituzionale europeo del 29 ottobre a Roma e la scadenza del suo incarico europeo il 31 ottobre. Ed è quindi facile prevedere che sarà il giorno in cui la Grande Alleanza democratica dirà anche come rimettere in moto uno sviluppo di qualità, che rassicuri sul futuro perché serve a molti e non a pochi.