Intervento in Senato sul "Futuro dell'Europa"
Con l'euro in tasca serve un "guardiano dei soldi" dei cittadini europei
Il rafforzamento politico della collaborazione economica e monetaria tra le materie della revisione dei Trattati dell'Unione
Il Senato ha dedicato la seduta del 28 novembre a discutere le prospettive dell'Europa e dell'Italia in Europa in preparazione del Consiglio europeo di Laeken, in Belgio, dal 14 al 15 dicembre. Qui si avvierà il cammino per la revisione del Trattati e si farà un altro passo per l'allargamento dell'Unione. Il senatore Tino Bedin, segretario della Giunta per gli Affari europei, ha portato nel dibattito il contributo del gruppo Margherita-L'Ulivo, con l'intervento che pubblichiamo.
di
Tino Bedin
segretario della Giunta per gli Affari europei del Senato
Il bisogno di Europa è cresciuto in questi mesi, in queste settimane. La tragedia dell'11 settembre ha avuto ed ha il suo peso nel mutamento. Ma non è solo questo fatto a cambiare lo scenario. È l'Europa che, tornando a scommettere su se stessa, diventa di nuovo oggetto e soggetto di speranza, di sfida per i suoi cittadini. E non solo per noi suoi cittadini. L'allargamento che il Consiglio europeo di Nizza ha reso praticabile e di cui il Consiglio europeo di Laeken fisserà - con ragionevole previsione il tempo di adesione di almeno 10 nuovi paesi - rappresenta un modello di integrazione, una strada possibile ad aree più vaste del pianeta. L'apporto che l'Unione Europea, parlando a nome degli Stati membri, ha dato alla recente sessione della trattativa sul commercio mondiale a Doha è un esempio di quello che l'Europa può dare e di quello che ci si attende da lei, non solo in Europa.
Ora - all'indomani di fatti tragici, come quelli dell'11 settembre e della guerra al terrorismo, o di fatti che aprono alla speranza, come le basi su cui è ripresa la trattativa per il commercio mondiale - i cittadini europei hanno più chiare le dimensioni che devono avere i soggetti chiamati a risolvere i problemi.
E sono cittadini ai quali l'Europa si riaffida. Ecco il punto di svolta; ecco la ragione della crescita del bisogno di Europa. L'Europa ha scelto per delineare il proprio futuro un ampio dibattito.
C'è bisogno della voce di molti
Il consiglio europeo di Nizza con la trattativa sulle procedure non era certo riuscito a coinvolgere le opinioni pubbliche. La ponderazione dei voti in Consiglio o il numero dei commissari europei o il minuzioso elenco delle codecisioni tra Parlamento e Consiglio non potevano infiammare gli animi. Certo, queste ed altre procedure dovevano essere definite per rendere possibile l'allargamento dell'Unione, ma le procedure vennero vissute come qualcosa che riguardava Bruxelles e non il futuro dei cittadini che votano in quindici paesi.
La stessa Carta dei diritti fondamentali - che rappresenta un passaggio storico della nostra Unione e che per il suo valore va integrata nei Trattati - proclamata in quella occasione, venne percepita come il frutto illuminato di una élite, mentre il desiderio diffuso era quello di partecipare al proprio futuro. Eppure per quella Carta l'Unione si inventò uno strumento nuovo, la Convenzione, con la partecipazione preponderante degli eletti nel Parlamento europeo e nei Parlamenti nazionali: uno strumento che ora noi riteniamo debba essere di nuovo utilizzato in vista della nuova revisione dei trattati e sul quale il consenso è ormai acquisito.
È la natura del processo in atto che richiede il superamento del metodo intergovernativo. Al di là delle parole, non è possibile confondersi: quando parliamo dei diritti fondamentali dei cittadini, delle competenze dell'Unione, delle procedure di decisione, siamo inevitabilmente impegnati in un processo di natura costituzionale.
Con questa consapevolezza il Consiglio europeo di Nizza ha deciso di far precedere la dichiarazione sul futuro dell'Unione, affidata alla presidenza belga, un ampio dibattito. L'Italia fu allora uno dei promotori di quel dibattito, assieme alla Germania, e lo sviluppo che esso ha avuto dimostra la necessità di quella iniziativa.
Questo processo deve ravvicinare l'Europa ai cittadini ; sta avvicinando l'Unione ai suoi concittadini. Il problema non era infatti d'informazione e di propaganda. È un problema politico. Oggi che si appresta a diventare più grande ; oggi che ha l'obbligo di diventare un attore globale, bisogna che l'Europa confermi la sua ragione per le generazioni attuali e per quelle future a partire da un dibattito politico, pubblico, con opzioni differenti. Potrà essere anche una battaglia ; alla fine però sarà ben chiaro per tutti chi siamo e dove andiamo come cittadini europei.
In Parlamento il cuore del dibattito italiano
La strada indicata da Italia e Germania a Nizza è ormai patrimonio condiviso. Lo si ricava anche dalle più recenti indicazioni sulla struttura generale della Dichiarazione di Laeken che la Presidenza Belga sta facendo circolare. Al primo punto c'è l'analisi politica sullo stato dell'Unione a partire dalla percezione che ne ha l'opinione pubblica e dalle attese dei cittadini.
In questa ottica va letto e inquadrato anche il fatto che noi oggi in Senato stiamo scrivendo un capitolo di questo dibattito. Certo la importante conclusione del nostro dibattito sarà un indirizzo al nostro Governo in vista del Consiglio di Laeken. Ma il nostro confronto ha destinatari anche diversi: i cittadini, le altre istituzioni repubblicane, gli altri parlamenti nazionali dell'Unione, con i quali ci siamo confrontati sia alla Cosac che in occasioni specifiche create sia dalla presidenza belga e che dal Parlamento europeo.
Questa nostra discussione sul futuro dell'Europa deve continuare anche dopo la dichiarazione di Laeken e deve accompagnare l'ormai sicuro lavoro della Convenzione. Di questo dibattito, ed è il punto che desidero ribadire con forza, deve essere il parlamento il motore.
Questa scelta noi la chiediamo al Governo. Come Margherita la proponiamo alla Presidenza del Senato.
I nostri presidenti, di Senato e Camera, hanno già assunto una iniziativa che condividiamo con l'appuntamento di venerdì prossimo dedicato formalmente al Futuro dell'Unione. Quell'appuntamento - non nella forma ma nella sostanza - non può restare un episodio.
L'esigenza è giustificata dal peso che la componente parlamentare dovrà avere nella Convenzione. Sottolineo poi che il Parlamento nazionale è il luogo nel quale le altre istituzioni repubblicane, a cominciare dalle Regioni, possono fare sintesi delle esigenze delle opinioni pubbliche.
Ci permettiamo di chiedere al governo di mettere il parlamento nelle condizioni di svolgere questo ruolo di sintesi delle istituzioni repubblicane e dell'opinione pubblica. Questo non sminuisce il ruolo del governo, che è determinante nella gestione dei rapporti europei e che sarà poi prevalente nella Cig vera e propria.
Del resto il ruolo dei parlamenti nazionali è uno dei quattro temi che Nizza ha affidato alla discussione sul futuro dell'Europa e che sarà oggetto della prossima Revisione dei trattati. Anche questo tema continua non solo ad essere centrale, ma - come ha rilevato la presidenza belga a conclusione dell'ultimo Consiglio Affari Generali del 19 novembre - la discussione fin qui svolta richiede di approfondire il rapporto che esiste tra la legittimità del Paerlamento europeo, l'articolazione parlamentare fra Parlamento europeo e parlamenti nazionali e l'accresciuto ruolo dei parlamenti nazionali.
I compiti dell'Europa nella sicurezza
Ma i parlamenti, quello europeo e quello nazionale, interpretano pienamente le loro opinioni pubbliche se ne parlano il linguaggio.
Per questo il nostro gruppo ritiene che il programma di lavoro della Convenzione e della successiva Cig non possa sfuggire a due temi molto sentiti dai cittadini: quello della sicurezza (come dimensione estera ed interna) e quello dell'euro (come autentica espressione di una unità economico-finanziaria).
La forza con cui sono balzate in primo piano la minaccia del terrorismo internazionale, la sua capacità di penetrazione e di offesa nelle nostre società, ha reso evidente per molti come le politiche di sicurezza debbano acquistare una dimensione europea.
I cittadini si aspettano che la lotta contro il terrorismo internazionale diventi un elemento centrale della politica estera e di sicurezza comune e che in tale ambito debbano venire integrati gli aspetti della sicurezza esterna e della sicurezza interna. Europol e Eurojust dovrebbero avere una base giuridica più perfezionata e maggiore operatività in modo da accrescere l'azione di contrasto contro il riciclaggio di denaro, il traffico di stupefacenti, la criminalità informatica e la tratta di esseri umani.
La sfida al terrorismo non è solo militare
La risposta alla sfida terroristica, vista in tutte le sue connessioni, non può essere però solo militare. Ebbene, sul piano delle relazioni internazionali, per il superamento dei più acuti motivi di conflitto e di tensione, l'Unione europea, in quanto "attore globale", può dare un contributo effettivo ad una strategia mondiale. L'Unione è in grado di contribuire al controllo di un'economia mondializzata difendendo le nozioni di solidarietà, di sviluppo sostenibile e di prosperità condivisa che ne hanno fondato la sua evoluzione. Deve inoltre aiutare la comunità delle nazioni a fronteggiare le nuove sfide che si accumulano e minacciano la stabilità mondiale: equilibrio ecologico, proliferazione delle armi di distruzione di massa, crisi finanziarie sistemiche, e così via.
Questa prospettiva dice quanto inadeguate siano iniziative che, secondo le recenti parole del presidente Ciampi a Berlino, potrebbero far pensare che si sente "l'incantesimo di ristrette aristocrazie di Stati".
Ma anche i rischi che si sono intravisti al pre-vertice di Gand, cui chiaramente Ciampi si riferiva, spingono l'Europa più avanti.
Le tante "idee" di Europa da far convivere
A Nizza è stato esteso il voto a maggioranza e le cooperazioni rafforzate hanno avuto la loro consacrazione formale. Ora dobbiamo proporre al consiglio europeo di Laeken una sfida ulteriore.
Nella prospettiva del dibattito aperto sul tema della costituzione europea e dell'idea di un'Europa a due o più velocità, è abbastanza evidente che il metodo della cooperazione rafforzata può essere utilizzato - pur con tutti i vincoli vecchi e nuovi previsti dai trattati - per consentire ad un gruppo di paesi di assumere una più alta velocità di integrazione all'interno dei trattati cosi come è avvenuto (anticipando nei fatti la cooperazione rafforzata) con la libera circolazione delle persone nell'ambito dell'accordo di Schengen o con il protocollo sociale adottato a 11 in occasione del Trattato di Maastricht o con la creazione dell'Euro.
Dobbiamo anche prendere atto che esistono in Europa volontà diverse ed ambizioni diverse. Sulla difesa comune, sulle questioni di asilo e di immigrazione, su una quantità di questioni che subiscono eccezioni e deroghe nei trattati, le differenze sono obiettive.
Con l'allargamento queste forze centrifughe aumenteranno meccanicamente e forse si estenderanno a settori protetti finora da questa frammentazione delle politiche: finanziamento dell'Unione, politica di solidarietà tra le regioni e gli Stati, politica agraria comune, politica della concorrenza.
Occorre quindi interrogarsi su quello che unisce gli Stati europei, ma anche su quello che può dividerli. Lo strumento delle cooperazioni rafforzate potrebbe alla fine far emergere soprattutto le diversità. Occorre invece che l'Unione continui ad esercitarsi nell'individuare i nuovi bisogni dell'Europa, utilizzando la formula "dell'avanguardia aperta", che potrebbe essere più strutturata, più coerente e trasparente rispetto al meccanismo delle cooperazioni rafforzate.
Mentre l'euro arriva nelle nostre tasche
Che ci sia bisogno di far fare un passo istituzionale in avanti alle cooperazione rafforzate lo dimostra un tema che non potrà mancare a Laeken, per il quasi concomitante avvio della circolazione dell'euro.
Il tema non è urgente, ma in tempi medi è necessaria una revisione profonda dell'Unione economica e monetaria. L'organizzazione dell'Unione economica e monetaria deve avere un posto preponderante nel dibattito sul futuro dell'Unione, con una zona euro dotata di una struttura di governo solida nell'ambito di una futura revisione dei Trattati.
Proprio la vigilia della circolazione dell'euro ci mostra le insufficienze istituzionali del polo economico dell'UEM, che non hanno permesso progressi, pure necessari, nel coordinamento delle politiche economiche. Occorrerà che i paesi che hanno una stessa valuta e una stessa politica monetaria dispongano dei mezzi per gestire l'interdipendenza delle loro politiche.
L'Eurogruppo dovrebbe svolgere regolarmente il compito di "Consiglio di orientamento", e "stabilire orientamenti e indirizzi di massima comuni" che servano da quadro di riferimento alle politiche economiche applicate dagli Stati membri della zona.
Occorre nel contempo che la Commissione Europea sia messa nella condizione di rappresentare l'interesse comune in questa materia e che ne assuma la rappresentanza. L'idea di un "signor euro", come abbiamo avuto un "mister Pesc", sarebbe un ulteriore fattore di confusione, perché ci sarebbero "due signori euro": il presidente della BCE, per gli affari monetari, e il rappresentante dell'Eurogruppo, per le questioni politiche. La complicazione che oggi va superata nel settore della sicurezza e della difesa non va ripetuta.
L'allargamento per diffondere i valori della democrazia solidale
Ho accennato all'allargamento, in più occasioni. Il presidente Romano Prodi ne ha fatto il filo conduttore della sua presidenza della Commissione europea, così come aveva fatto dell'euro il filo conduttore della sua presidenza del governo italiano.
L'allargamento è la nostra sfida storica più immediata; per molti aspetti.
L'Europa ha oggi una grande occasione per mostrare che è possibile entrare nel blocco di testa superando anche forti divari di reddito. Realizzando il "ritorno in Europa" dei Paesi dell'Est indicherà a tutti che si può essere cooptati al centro del mondo anche partendo da molto lontano.
Per l'Italia questa sfida ha un altro risvolto. Essa va accompagnata dalla centralità della politica euromediterranea. Fra le priorità dell'Unione da mettere nella dichiarazione di Laeken, occorrerà che la dimensione meridionale dell'Unione sia ben presente, specialmente in questa fase. Naturalmente non è facile, ma è necessario.
Così come l'Italia si trova al centro di una terza sfida che l'allargamento propone, quella della solidarietà.
La solidarietà è un valore a cui l'Europa possa rinunciare. La solidarietà è il valore che alcuni Stati membri vorrebbero mettere da parte eliminando la politica regionale e di coesione che è stata uno degli elementi di crescita dell'Unione.
Jacques Delors ha recentemente osservato che la lista divalori su cui si basa la costruzione europea (pace, prosperità condivisa, solidarietà, democrazia, rispetto delle identità, rispetto dei diritti fondamentali) è un indissolubile insieme se uno viene tolto l'insieme crolla.
È questa Europa di pacifica prosperità condivisa, di democrazia e di identità rispettate, l'Europa che vogliamo.
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