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Lettera dal Senato. 16
9 ottobre 1997
Il senso del centro-sinistra
anche nei giorni della crisi di governo
Il primo governo dell'Ulivo è finito. Ce ne sarà un secondo?
In questa legislatura? In quella che verrà?
E' giovedì. Alla Camera il presidente Violante ha annunciato che
i deputati saranno convocati a domicilio: si dice così quando
non si sa cosa far fare ai parlamentari. Dal Senato abbiamo
assistito per televisione (oltre alla Rai c'è un circuito
televisivo interno) allo sciogliersi della alleanza elettorale
che aveva consentito la vittoria del 21 aprile e la nascita del
primo governo con le sinistre dentro o nella maggioranza. Anche
per i senatori non c'è un calendario nella prossima settimana.
Non è il governo dei comunisti
Adesso qui pochi azzardano previsioni. Nel centro-sinistra
l'idea prevalente è che l'interesse della gente corrisponda con
un ravvicinato, immediato turno elettorale che dia una
maggioranza in due mesi e che consenta la stabilità che è la
condizione per l'Europa. Paradossalmente sono nel centro-destra
le spinte a cercare altre soluzioni: anche in questo caso per
assicurare l'Europa attraverso la stabilità. Vedremo. Vedrà
Scalfaro, per primo.
Un'informazione intanto credo che in questo autunno gli italiani
abbiano avuta ben chiara: quello di Romano Prodi non è, non era,
il governo dei comunisti. Berlusconi ce l'aveva sempre in bocca
questa accusa: "Governa Bertinotti", diceva, "non
Prodi". Ogni tanto commentatori e politici dicevano che
c'era un asse Prodi-Bertinotti, che spingeva a sinistra un
D'Alema che voleva stare al centro. A volte la propaganda
arrivava ad immaginare che, se non Stalin, almeno Gorbaciov fosse
l'immagine che Prodi teneva sul tavolino.
Ora gli italiani hanno saputo la verità. L'hanno sentita in
diretta dalla bocca di Bertinotti, quando ha elencato tutti i
motivi per i quali non era stato d'accordo con il governo
dell'Ulivo nei suoi cinquecento giorni: una lista lunga, densa di
momenti cruciali, di decisioni importanti prese dal governo e dal
parlamento, fatta di passaggi che con coerenza con il suo
programma Prodi ha costruito.
E' una "verità" che gli italiani hanno appreso, a
partire dalle ultime settimane, anche dai loro giornali, quelli
che numerosi hanno passato 490 dei 500 giorni di Prodi ad
elencarne i difetti e che negli ultimi dieci giorni hanno
"scoperto" che era il miglior governo possibile per
l'Italia di oggi e che era conveniente tenercelo.
"Avete sbagliato a stare con Bertinotti"
Il fatto è che per mesi Rifondazione Comunista ha consentito
al governo dell'Ulivo di attuare un programma che, avendo al
centro il lavoro e la giustizia, poteva con coerenza essere
"adattato" alle specifiche esigenze politiche di
Rifondazione.
Dunque il risanamento del bilancio pubblico senza il
dissanguamento delle famiglie, la ripresa della produzione senza
il crollo di occupazione (anzi con l'inizio della crescita anche
per questo aspetto), il raggiungimento degli obiettivi che la
moneta unica europea ci propone (ed impone) sono anche il frutto
di Rifondazione comunista, che non potrà distinguersi dall'Ulivo
perché i suoi parlamentari hanno alzato la mano assieme a me in
tutto, tranne che per la missione di pace in Albania (la prima
volta; nel voto di conferma della missione sono passati
dall'opposizione all'astensione).
Però in questo passaggio essenziale Rifondazione ha rotto. E
adesso che la destra e l'informazione riconoscono che l'Ulivo non
è fatto di comunisti, forte e burbero si alza il rimprovero:
"Avete sbagliato ad allearvi con Bertinotti; la desistenza
elettorale era un pastrocchio".
Sfortunatamente (per l'Italia, per le nostre famiglie) non è
passato gran tempo dalla campagna elettorale dell'aprile 1996.
Tutti ricordiamo che l'Ulivo non aveva una grande scelta: in
attesa di costruire con pazienza le condizioni del bipolarismo,
era indispensabile avere un programma e su quello vedere chi
aveva disponibilità. L'alternativa per gli italiani era tra
Bertinotti e Buttiglione, tra Cossutta e Previti: basta
ripensarci e pensare anche ai mesi successivi per capire il senso
di un apparentamento reso indispensabile dal sistema elettorale
maggioritario.
Senza quell'apparentamento non avremmo avuto il governo Prodi e
tutti i suoi risultati positivi; tra questi la concertazione
sociale e la condivisione popolare per l'Europa non sono
risultati secondari.
L'ultima ideologia
C'era nella scelta dell'alleanza Ulivo-Prc anche una sfida,
almeno in una parte dell'Ulivo, quella che appartiene alla lunga
tradizione del cattolicesimo democratico: "sconfiggere"
l'ultima ideologia coinvolgendola nel duro lavoro del confronto
con i risultati di governo.
Invece l'ultima ideologia, il comunismo, ha dimostrato nei suoi
sostenitori tutta la sua pericolosità, facendo emergere il ruolo
che storicamente e socialmente il cattolicesimo democratico ha
avuto in Italia nel bloccarla e poi nel ridurla a forza marginale
dello schieramento politico.
Il "senso" della crisi sta infatti tutto nella
ideologia. La prevalenza dello schema classista ha impedito
qualsiasi mediazione. Il rischio di impoverire larghe fasce della
popolazione italiana non solo non ha fermato i comunisti, ma
probabilmente ha fatto loro intravedere un nuovo possibile spazio
di consenso sociale ed elettorale. La prospettiva di un'Europa
solida e costruita sulla concertazione deve essere apparsa
insostenibile all'ideologia del contrasto sociale. L'attacco
conclusivo al sindacato, proprio nella sera di mercoledì, quando
ancora si trattava, ha finalmente svelato il senso della manovra
di Rifondazione comunista: appunto una manovra comunista.
Di fronte ad una scelta, appunto, comunista, la ragionevolezza,
la mediazione, l'accentuazione di aspetti di solidarietà anche
con il ricorso ad un "vocabolario" specifico hanno
certamente aiutato l'Ulivo a chiarire meglio il senso della
propria missione politica e sociale, ma non sono serviti a
convincere Prc. L'orgoglio di una finanziaria che, dopo i
sacrifici, comincia a costruire attraverso le risorse una nuova
solidarietà nel campo della sanità, della previdenza, della
scuola, non è bastato a dare uno sbocco.
L'Ulivo è più rappresentativo
Proprio questa diffusa consapevolezza di rappresentanza
sociale, che l'Ulivo ha rafforzato in queste due settimane,
giorno dopo giorno, è un aspetto positivo della crisi.
L'Ulivo ne esce rafforzato all'esterno per la consapevolezza
diffusa nel paese dei buoni risultati raggiunti; per l'esperienza
di un progetto politico capace di concertazione ma anche di
serietà programmatica. Dopo anni ed anni, questo era il primo
governo di cui gli italiani non hanno fatto volentieri a meno:
nella ancor diffusa crisi della politica, un risultato del tutto
insperato.
Ma l'Ulivo si è rafforzato anche al proprio interno: ha ora la
consapevolezza che c'è davvero nelle sue componenti un sentire
comune, fatto di equità e di volontà di costruire un futuro
adatto ai ragazzi e ai giovani. E' da qui che si riparte: non
solo a Roma, ma paese per paese.
Tino Bedin
02/01/1998 webmaster@euganeo.it |
il collegio senatoriale
di Tino Bedin |