SCUOLA

Il mondo nuovo era già cominciato: il Sessantotto ne fu insieme la sintesi e la proclamazione
Una minoranza per un fenomeno planetario di massa
Universitari nati e cresciuti dentro un bisogno che non era loro,
ma dei loro genitori e dei loro nonni: salvaguardare i figli dall'abisso
della guerra in cui loro era precipitati nella prima metà del secolo

di Tino Bedin

Nel Sessantotto il mondo nuovo è già cominciato. La diffusione dell'informazione e delle libertà ha la meglio su molti tipi di barriere. Un numero crescente di persone ha a disposizione risorse un tempo impensabili. Il colonialismo regredisce velocemente e lascia il posto ad una mondializzazione che coinvolge le culture prima delle economie. Il Concilio Vaticano II mostra una Chiesa capace di confrontarsi con la nuova umanità e che nella costituzione pastorale "Gaudium et Spes" (anno 1965) invita a leggere in positivo la storia come profezia comunitaria e promuove "la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo".
Il mondo nuovo, appunto: il Sessantotto ne fu insieme la sintesi e la proclamazione.

Fiato e gambe in un decennio. Le contestazioni italiane, ma anche quelle d'oltralpe e dell'oltreoceano avevano fatto fiato e gambe lungo quasi tutti gli anni Sessanta.
È il 1964 quando all'università di Berkeley in California gli studenti cominciano le prime manifestazioni; chiedono sostanzialmente due cose: di poter intervenire sui metodi dell'insegnamento e sulle finalità della ricerca scientifica e di poter utilizzare gli spazi universitari per discutere della società americana. Sono due esigenze che accompagnano tutto il lungo Sessantotto. Per gli universitari americani portare nel campus universitario l'attualità significa introdurre il tema dei diritti civili che sta infiammando gli Stati Uniti (il presidente John Kennedy era stato assassinato a Dallas l'anno prima) e discutere della guerra che gli Stati Uniti stavano facendo in Vietnam. Altri due temi che dureranno lungo tutto il Sessantotto in Europa, in Italia.
Le università sono protagoniste del Sessantotto anche in Italia. Si comincia nel 1967, con una prima prova a Torino, ma è soprattutto l'occupazione dell'Università Cattolica di Milano il 19 novembre a dare il via al movimento studentesco del Sessantotto in Italia. Gli universitari della Cattolica protestano contro il raddoppio delle tasse deciso in luglio dall'ateneo. Uno dei leader è Mario Capanna.
All'inizio del 1968, il 5 gennaio, in Cecoslovacchia Alexander Dubcek viene eletto alla segreteria del Partito comunista, con il sostegno di un gruppo di giovani intellettuali: il vento del Sessantotto che spira anche nell'Est europeo prova a coniugare libertà e comunismo. La cronologia è ovviamente molto lunga e la geografia planetaria vastissima.

Un inedito bisogno della storia. I "campi di gara" cambiavano a seconda delle condizioni dei singoli paesi: guerra e pace, dovere o diritto di studio, fame nel mondo e aumento dei consumi, classi sociali e stabilità, comunismo e democrazia, il Concilio e la sua attuazione.
I "giocatori" erano sempre gli stessi: i giovani, più precisamente: i giovani studenti, ancora più precisamente: i giovani studenti universitari. Un fenomeno planetario di massa ha come promotori i componenti di un gruppo sociale limitato nel numero (mezzo secolo fa le università - non solo in Italia - non erano certo accessibili a tutti i giovani), senza potere economico, con un bagaglio culturale in formazione. Non c'era internet a far da moltiplicatore ai messaggi e la tv, più o meno a seconda dei Paesi, era una "questione di Stato". È tuttavia successo.
Quegli universitari erano nati e cresciuti dentro un inedito bisogno della storia, un bisogno che non era loro, ma dei loro genitori e dei loro nonni: salvaguardare i figli dall'abisso in cui loro era precipitati nella prima metà del secolo, l'abisso della guerra mondiale, l'abisso della guerra nucleare. C'era un'umanità che aveva bisogno di credere nel futuro e per assicurarselo immaginava che la diffusione del benessere e della sicurezza sociale fossero antidoti sufficienti alla violenza e alla guerra. Questa umanità aveva anche investito in progetti ambiziosi: le Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo, l'unificazione europea. A livello sociale in Italia la sfida decisiva era in corso con la scolarizzazione di massa, la cui data d'inizio è proprio negli anni Sessanta con l'istituzione della scuola media unica (1962), che avrebbe progressivamente avvicinato prima alla scuola superiore e poi all'università classi sociali fino ad allora quasi escluse e soprattutto le ragazze.
Quella generazione aveva immaginato che il benessere fosse sufficiente a garantire il futuro dell'umanità. Si costruivano case e si impiantavano officine, si riduceva l'emigrazione e cresceva il lavoro, ma ai giovani (pochi) che andavano all'università l'etica delle "tre emme": mestiere, moglie, macchina appariva del tutto inadeguata alle opportunità che il mondo nuovo già iniziava a offrire.

17 giugno 2018


sc-044
4 ottobre 2018
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Tino Bedin