La Destra cambia la missione della scuola italiana
Da docenti a selezionatori
Insegnanti, sempre più scoraggiati, dovranno verificare al più presto le attitudini dei ragazzi, invece che "promuovere" la loro personalità e stimolare il desiderio di sapere
di Tino Bedin
Il primo appuntamento che la legge delega sulla scuola dà al governo e al parlamento è con il piano programmatico degli interventi finanziari. Sarà un appuntamento … interessante per una legge che, per ammissione della stessa maggioranza, non ha stanziato un euro in più.
La legge è stata approvata il 12 marzo 2003 definitivamente dal Senato, con 146 voti favorevoli e 101 contrari. Nelle intenzioni della Casa delle Libertà, essa dovrà ridisegnare la struttura dell'insegnamento nel nostro paese. Il precedente parlamento aveva approvata una legge di riforma (n. 30 del 2000) e di riordino dei cicli scolastici, pronta per entrare in vigore; l'attuale Governo l'ha bloccata e sostituita con la nuova legge.
Ho provato a sintetizzare la legge di riforma e a commentarla.
I punti della riforma Moratti
Le novità. Alle elementari a cinque anni e mezzo, e fino a 18 anni nel sistema dell'istruzione. La riforma Moratti ridisegna i cicli scolastici del futuro. Prevede un percorso comune per tutti fino alla terza media; poi bisognerà scegliere tra scuola superiore (divisa in otto licei) o formazione professionale. Altri punti centrali della riforma sono: la lingua straniera e l'uso del computer obbligatori già dalle elementari, valutazione del profitto fatta ogni due anni (chi non raggiunge il minimo viene bocciato), alternanza scuola-lavoro nella formazione professionale.
I decreti attuativi entro 24 mesi. Il governo viene delegato ad attuare la riforma nei 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge.
Limiti all'anticipo dell'iscrizione. Per gli anni scolastici 2003-2004, 2004-2005 e 2005-2006 possono iscriversi, secondo criteri di gradualità e in forma di sperimentazione, compatibilmente con la disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei comuni, secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità, al primo anno della scuola dell'infanzia i bambini e le bambine che compiono i tre anni di età entro il 28 febbraio 2004. Per l'anno scolastico 2003-2004 possono iscriversi al primo anno della scuola primaria, sempre nei limiti delle risorse finanziarie, i bambini e le bambine che compiono i sei anni di età entro il 28 febbraio 2004
Scuola dell'infanzia. Durerà tre anni. Potranno iscriversi i bambini di due anni e mezzo (quelli che compiranno i tre anni entro il 28 febbraio per il 2004 e il 30 aprile per gli anni successivi).
Il primo ciclo di otto anni. Il primo ciclo dell'istruzione durerà in tutto otto anni: cinque per le elementari e tre per le medie. Possono iscriversi i bambini di cinque anni e mezzo (quelli che compiranno sei anni entro il 28 febbraio per il 2004 e il 30 aprile per gli anni successivi). Al termine delle elementari non ci sarà più l'esame di Stato, ma si passerà direttamente alle medie. Sin dal primo anno delle elementari si studierà una lingua straniera; i bambini saranno anche introdotti all'uso del computer. Nei successivi tre anni (scuola media) è previsto l'insegnamento obbligatorio di una seconda lingua straniera e si continuerà ad approfondire l'informatica. Al termine del primo ciclo di otto anni ci sarà l'esame di Stato.
La scelta tra liceo e formazione professionale. Al termine del primo ciclo, cioè a tredici anni, i ragazzi dovranno scegliere se continuare gli studi nella scuola superiore o se scegliere il canale della formazione professionale.
Diritto-dovere fino ai diciotto anni. Per tutti i ragazzi è previsto il diritto-dovere (questo termine sostituisce quello di "obbligo" previsto dalla Costituzione) di seguire i corsi di istruzione o di formazione per almeno dodici anni o, in ogni caso, fino al conseguimento di una qualifica entro i diciotto anni.
Gli otto licei. Al termine del primo ciclo chi proseguirà negli studi accederà al sistema dei nuovi licei, che comprenderanno tutti gli indirizzi delle superiori. Si potrà scegliere tra liceo artistico, classico, delle scienze umane, economico, linguistico, musicale, scientifico e tecnologico. In tutto, dunque, otto indirizzi. Lo studio sarà organizzato in due bienni più un quinto anno di approfondimento e di orientamento per gli studi universitari. Il ciclo sarà chiuso con l'esame di Stato, titolo necessario per l'accesso all'università.
Formazione professionale. Per chi, dopo il primo ciclo, sceglierà questo canale, sono previsti quattro anni di frequenza degli istituti professionali. A partire dai quindici anni di età si potrà continuare alternando periodi di frequenza a periodi di stage lavorativi. Previsto anche un quinto anno facoltativo al termine del quale il superamento di un esame consentirà di accedere all'università. I ragazzi potranno cambiare indirizzo all'interno dei licei e anche passare dal sistema dei licei a quello della formazione professionale e viceversa.
Il ruolo delle regioni. La riforma prevede che i programmi scolastici abbiano un nucleo fondamentale omogeneo su tutto il territorio nazionale. Ma è prevista anche una quota da riservare alle Regioni: nei programmi scolastici potranno dunque essere inserite materie di interesse specifico collegate alle realtà locali.
Promossi o bocciati ogni due anni. Con la riforma viene introdotta nel sistema scolastico la valutazione biennale dei periodi didattici. Chi non raggiungerà il livello minimo sarà bocciato. Resta, comunque, la valutazione periodica e annuale che però non comporterà bocciature. Nella valutazione degli studenti entrerà anche il comportamento, espresso dal voto di condotta.
Copertura finanziaria. La legge non ha copertura finanziaria, ma rimanda ai decreti attuativi. I decreti legislativi attuativi che determinano nuove spese potranno essere emanati solo dopo l'entrata in vigore di "provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie" e dopo aver ottenuto il parere delle commissioni bilancio di Camera e Senato. Sotto questa luce, il piano di investimenti che deve essere presentato entro 90 giorni al Consiglio dei ministri relativo, tra l'altro, alla valorizzazione dei docenti, appare problematico: infatti "alla sua attuazione, si provvede, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria". Il triennio di copertura per la materna statale e la scuola elementare statale è 2003-2005, ed è limitato a 12.731 migliaia di euro per l'anno 2003, 45.829 migliaia di euro per l'anno 2004 e 66.198 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2005.
Avvio. La maggioranza, contestualmente alla riforma ha votato anche degli ordini del giorno, che vincolano i prossimi decreti attuativi su questioni di merito. Per esempio, l'ordine del giorno presentato dall'Udc che vincola il governo a ritardare l'attuazione dell'anticipo dell'età di accesso alle scuole materne ed elementari, un punto che, nelle stesse parole della Moratti, era uno dei più "rilevanti". Sulla questione ci sarebbe il consenso del ministro: "Questo odg - ha osservato Moratti - chiede di graduare la riforma in funzione dell'organizzazione scolastica, in modo coerente con la possibilità di anticipare le iscrizioni; è una gradualità necessaria".
Il commento
Anticipo dell'iscrizione: non ci sono soldi per tutti. L'ordine del giorno presentato dall'Udc che vincola il governo a ritardare l'attuazione dell'anticipo dell'età di accesso alle scuole materne ed elementari dimostra che il sistema scolastico non è pronto a recepire questa modifica. La stessa Moratti ha ammesso che l'ingresso anticipato, "è un'opportunità offerta alle famiglie che decideranno liberamente se utilizzarla". Ciò significa che l'anticipo diverrà realtà in alcune zone del Paese e non in altre, aprendo la strada a forme di discriminazione tra le famiglie. I fondi indicati nella legge di riforma sono sufficienti solo per una parte degli aventi diritto: il ministero dell'Istruzione ha stimato che circa 80mila bambini potrebbero iscriversi in anticipo alla prima elementare. L'anticipo dell'ingresso nella scuola dell'infanzia e nella scuola elementare, compiuto in modo improvvisato, senza adeguate risorse finanziarie, scaricherà sui comuni il peso di un cambiamento estremamente significativo nell'organizzazione degli studi. Invece era meglio sancire per tutti i bambini e le bambine dai tre ai sei anni il diritto di accesso alla scuola dell'infanzia, mantenendo l'attuale modello pedagogico ed educativo, finanziato con i fondi stanziati dal governo per l'anticipo dell'ingresso alla scuola dell'infanzia. I soldi ora serviranno a mandare all'asilo solo una parte di quelli di due anni e mezzo che lo chiederanno.
Riduzione dell'obbligo scolastico. Un aspetto molto grave è quello di avere abrogato la legge (n. 30 del 2000) che stabiliva la elevazione dell'obbligo scolastico a 15 anni, per arrivare poi a 16 anni, approvata dai governi di centrosinistra. L'Italia è l'unico Paese che diminuisce l'obbligo scolastico, per prevedere soltanto quello formativo. Il primo ciclo è il più corto in Europa: solo otto anni. Positivi sono l'inserimento delle lingue straniere e dell'uso del computer fin dalle elementari, e un legame più stretto tra scuola elementare e media, come del resto erano previsti dalla riforma del ministro Berlinguer. Si possono nutrire fondati dubbi sul fatto che sia meglio decidere la eventuale bocciatura di uno studente soltanto al termine di un biennio, come stabilisce la riforma. Ma sulle bocciature (o meglio sulle "non bocciature") sarebbe bene fare una riflessione.
A tredici anni si sceglie il proprio futuro. Il Ministro parla di due canali di eguale dignità per gli studi superiori. In realtà, il sistema proposto tende a selezionare i ragazzi e a dividerli prima possibile, tra coloro che a tredici anni decidono di scegliere uno degli otto licei e coloro che scelgono la formazione professionale. La legge prevede per gli studenti la successiva possibilità di passare dall'istruzione alla formazione e viceversa: ma, realisticamente, chiunque operi nella scuola può dire che, se qualcuno passerà da un liceo alla formazione professionale, ben più raramente avverrà il contrario. Pertanto, chi ha scelto la formazione professionale - ed è invitato a farlo a 13 anni - difficilmente poi sarà nelle condizioni di cambiare. Saranno ridotte le materie e le ore di insegnamento per i vari tipi di scuole superiori e ciò è condivisibile. Lo è molto meno, allorché si prevede che ulteriori corsi di altre discipline potranno essere frequentate dagli studenti, ma su loro richiesta e perciò a pagamento. Mancano, almeno per ora, i nuovi contenuti dei vari corsi di studio. Ciò significa che li deciderà il Ministro, senza passare né per il voto, né per il parere del Parlamento. Era meglio mantenere la continuità curricolare della scuola di base e la valorizzazione dell'esperienza degli istituti comprensivi, in cui già oggi si collegano scuola dell'infanzia, scuola elementare e scuola media. In questo modo si poteva arrivare al diploma a 18 anni, come negli altri paesi dell'Unione europea.
Gli insegnanti si vedono abbandonati. Sparisce ogni riferimento alla comunità educante, che era alla base della scuola dell'obbligo. Non è perciò indicato il ruolo da riservare ai docenti, studenti, genitori, alla comunità locale. Non c'è motivazione per i docenti, mediante impegni ben definiti e incentivi adeguati. Il piano di investimenti, che deve essere presentato al Consiglio dei ministri entro 90 giorni dall'entrata in vigore, relativo, tra l'altro, alla valorizzazione dei docenti, non prevede finanziamenti specifici ma rimanda agli stanziamenti ordinari previsti dalle leggi finanziarie. La finanziaria 2003, anno in cui entra in vigore la riforma, prevede meno risorse dell'anno prima e quindi non potrà consentire nulla al piano degli investimenti. Ogni riforma, per essere applicata, ha bisogno di adeguate risorse finanziarie. Occorrono perciò dei provvedimenti essenziali per il finanziamento dei decreti attuativi della legge. Nella scuola reale è oggi palpabile, tra gli insegnanti, lo stato di scoramento derivante dalla precarietà del proprio lavoro e dalla constatazione che, finora, dal progetto di riforma non emerge alcuna qualità didattica e pedagogica. Alcuni interventi di sostanza, decisivi per la qualità della scuola, sono passati - a scopo di risparmio - tramite finanziarie e decreti taglia-spese, ma certamente non hanno valorizzato il lavoro dei docenti né incrementato le opportunità per gli studenti. L'esame di Stato svolto dai soli docenti interni ha fatto cadere il valore del titolo di studio, tanto che l'università Bocconi ha deciso di selezionare gli studenti senza tenerne conto.
Autonomia alle scuole svuotata di significato. L'autonomia scolastica riconosciuta dalla Costituzione era stata introdotta dal precedente Governo e su questa nuova caratterizzazione era stato molto investito. Bastava adeguare le norme al nuovo ruolo dei comuni e delle province, responsabili non solo dei servizi forniti ai bambini e alle loro famiglie, come il trasporto e le mense, ma anche di veri e propri progetti didattici. Il Governo attuale non lascia capire come intenda comportarsi riguardo alla difesa e al potenziamento della autonomia dei singoli istituti, la quale oggi appare fortemente minacciata da questa legge e dai tagli nelle risorse stabiliti dalle due ultime leggi finanziarie.
18 marzo 2003 |